vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Importante anche la prassi – riconosciuta anche dalla giurisprudenza- che crea una routine per assicurare l'uniforme trattazione degli affari per evitare ingiustizie. Alle amministrazioni sono attribuiti poteri giuridici, potestà pubbliche, quindi, definite – in passato – "esorbitanti" perché possono limitare una serie di libertà c.d. "protette" come la libertà personale, e consentono alle amministrazioni di agire "in via amministrativa" utilizzando la forza ("derogando" il principio generale della previa verifica giurisdizionale delle pretese, in virtù del quale nessuno può farsi giustizia da sé). Ma questo è un sistema di poteri diverso rispetto a quello del diritto privato. Potestà che prima erano giustificate in nome della "plenitudo potestatis" dello Stato, cioè dalla sovranità dello Stato. Oggi, invece, la potestà
La pubblica amministrazione è giustificata dalla protezione e promozione degli interessi pubblici, cioè di tutti. Gli interessi pubblici sono individuati dalla Costituzione e dalle leggi. Inoltre, non vi è alcuna supremazia dell'amministrazione rispetto ai cittadini. Lo Stato è, a sua volta, assoggettato al diritto e al controllo giurisdizionale. L'insieme di tutte le attività amministrative, essendo autonome, non hanno bisogno di deroghe di altri principi, ma hanno bisogno di un complesso di principi sé stanti. A volte, questi ultimi, coincidono con quelli del diritto privato: è il caso della buona fede. Altre volte, gli amministratori pubblici hanno maggiori vincoli rispetto ai privati. Altre volte ancora, il diritto amministrativo persegue l'obiettivo di proteggere i funzionari pubblici per evitare che essi abbiano paura di prendere decisioni per la "res publica". Diritto privato. Alcune volte le potestà amministrative richiedono più
distanza dalle regole dei privati. Altre volte vi sono organismi privati che sono sottoposti a regole di tipo pubblicistico, ciò accade quando – per esempio – si parla di servizi pubblici erogati da operatori economici privati (sottoposti a trasparenza e accesso ai documenti). Sono i famosi soggetti privati che svolgono attività di pubblico interesse. Ma vi sono anche attività svolte da P.A. che non differiscono dalle attività svolte dagli analoghi organismi privati (gestione degli impianti di illuminazione). Qui le questioni sono rette dal diritto privato. In generale, quando le P.A. adottano atti di natura non autoritativa, possono agire secondo le norme di diritto privato, “salvo che la legge non disponga diversamente” (art. 1 co. 1 bis, legge n. 241/1990). Diritto costituzionale. Il maggiore pubblicista del Novecento Santi Romano definì il diritto costituzionale come un tronco da cui si diramano i vari diritti. Metafora cheperò presenta inconvenienti. In primis, la Costituzione non stabilisce le norme d'apice del d.am. Non vi è neanche un chiaro conferimento al legislatore affinché stabilisca alcune norme generali, valide per tutte le attività amministrative. In secundis, nell'odierna realtà si deve rendere conto anche alle norme d'apice stabilite nei trattati dell'Unione. Diritto penale. Vi è più di una radice comune tra i procedimenti di tipo disciplinare e i giudizi penali per alcuni reati contro la P.A. C'è una connessione anche tra i procedimenti sanzionatori e quelli penali, segnata dal principio "ne bis in idem". Ma i principi e i criteri direttivi del d.am sono in buona parte diversi. Nei giudizi sulla responsabilità amministrativa che si svolgono davanti alla Corte dei Conti, al giudice è richiesto di tenere conto, oltre che il danno, anche il vantaggio derivato da quella condotta. Il giudice, quindi,dispone di un potere riduttivo, a differenza di quello penale. Il d.am è per alcuni tratti un diritto originale, frutto di storia, decisioni politiche. Come in altri sistemi, l'organizzazione, via via che il d.am prendeva anche il campo dell'economia per realizzare istanze speciali, è diventata parte integrante dell'attività di Governo. Presenta, invece, caratteri originali, la disciplina dell'attività amministrativa. Per quanto riguarda l'attività di tipo autoritativo, l'Italia si è distostata dalla tradizione francese. È stata emanata una legge sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241) guardando all'esperienza austriaca e tedesca, ma, a differenza di queste, la legge italiana stabilisce principi applicabili a tutte le forme di attività amministrativa (non solo all'atto amministrativo individuale). L'ordinamento italiano si è discostato da quello francese
anche nel campo delladisciplina dei servizi pubblici, che sono considerati distintamente dalle funzioni. Idem perla giustizia amministrativa, che se si fa un’analisi, si possono trovare due differenze conl’assetto francese:- Il giudice ordinario italiano ha una giurisdizione più estesa
- InFrancia esiste il Tribunal des conflit – organo apposito composto da giudici del Consigliodi Stato e giudici di Cassazione– per decidere i conflitti tra le due giurisdizioni. In Italiac’è solo la Cassazione.
rilievo a condotte che, pur non violando la legge, ne tradiscono lo spirito. E c'è la pessima abitudine di non fornire chiari e tempestivi riscontri a istanze dei cittadini e deviare i principi di trasparenza e pubblicità. Se per il diritto privato subito furono scritti i codici Civile (1865) e di Commercio (1882) per regolare diritti dei privati e obbligazioni con contratti commerciali, così non fu per il diritto amministrativo. Per il d.am la fonte legislativa rimase circoscritta. Anche la legge 31 marzo 1889, n.5992, che ridisegnò l'assetto della giustizia amministrativa, si limitò a stabilire poche disposizioni: configurò tre tipi di motivi per impugnare gli atti e i provvedimenti amministrativi, ossia l'incompetenza, l'eccesso di potere e la violazione di legge. Nei decenni successivi il giudice amministrativo svolse un'opera fondamentale sotto tre profili. → Ampliò il concetto di "interesse"
(numerosi sono i rapporti tra i cittadini e lo Stato) → Diede corpo alle vie del ricorso, definendo le figure sintomatiche dell’eccesso del potere → Elaborò una serie di principi generali. Nel fare ciò, il Consiglio di Stato fece riferimento al concetto di “Stato di diritto”, che fu posto al centro del d.am. (anche il potere amministrativo, come quello governativo, era sottoposto alle norme stabilite dal legislativo). Il principale strumento operativo utilizzato dal giud.am. fu il sindacato sull’eccesso di potere. Tale sindacabilità non richiedeva al giud.am. di limitarsi a effettuare un raffronto tra fattispecie astratta e concreta, ma consentiva di sindacare l’esercizio della discrezionalità. Nel corso del Novecento il giud.am. ha completato e integrato le norme stabilite da innumerevoli leggi speciali nate sulla base di compromessi. Così facendo, il giud.am. ha creato nuovo diritto (pretore) qualora fosse stato necessario.
E dopo l'entrata in vigore della Costituzione, si è adeguato a essa, traendo gli scopi da perseguire dai suoi articoli, in particolare, tra tutti, dagli artt. 23, 97 e 113. Da qui, si trae la conseguenza che dev'essere la legge a determinare lo scopo pubblico da perseguire. Il diritto amministrativo è formalmente legislativo, ma formalmente giurisprudenziale, che deve adeguarsi alla Costituzione e alle direttive UE. Con la Costituzione, il legislativo svolge una funzione di controllo e partecipa a pieno titolo nella determinazione dell'indirizzo politico e amministrativo. Il suo strumento è la legge. Tra le leggi negli anni, nel 1990 il Parlamento ha ridefinito l'ordinamento degli enti locali e il procedimento amministrativo. Alla fine del decennio ha modificato il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario. Sul piano sistematico, la mancanza del codice ha comportato una mancanza di punti di riferimento, poca certezza deldiritto, anche per gli stessi amministratori pubblici. La giurisprudenza provvede dando interpretazioni alle leggi. In particolare, alla legge sul procedimento amministrativo (art.1, co. 1, legge n. 241/1990) e alle disposizioni del codice del processo amministrativo (art. 1, d. lgs, 2 luglio 2010, n. 140). Un'altra caratteristica del d.am. italiano è la ricerca dell'uniformità fin dall'unificazione. Tale ricerca è stata effettuata negli anni, è un processo storico. Alla metà dell'Ottocento si prestava attenzione a due modelli, quello francese (accentrato e uniforme, assicurato dai prefetti) e quello inglese (fondato sull'attribuzione di compiti limitati al governo centrale, gli enti locali godevano di ampi poteri). Fu quello francese a prevalere per il timore di spinte centrifughe. Dopo pochi anni, nel 1859, una legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia configurò gli organi (sindaco, giunta),
Un segretario comunale, lo svolgimento di compiti per delega dello Stato e i bilanci con spese obbligatorie. Alla fine dell'Ottocento, il ruolo dei comuni cambiò. Nuovi compiti riguardanti i servizi pubblici codificati dalla legge del 1903 sulle municipalizzazioni. Ulteriore cambiamento con il regime fascista. Alla vigilia della Costituzione, il sistema aveva un'impronta accentrata. Con la Costituzione, poi, si è passati dalla regionalizzazione alla riforma costituzionale del 2001, con cui è stata confermata l'unità della Repubblica. La Costituzione ha sancito i principi di autonomia e decentramento e istituito le regioni. Configurato un sistema di controlli "a cascata" (Stato controllava regioni, etc.). Questo fino al 1991. Nel decennio successivo, elezione diretta per il sindaco e per le regioni. Dal 1992 soppressione dei controlli "a cascata" delle regioni sugli enti locali. Riforma del 2001. Concezione ascendente del potere pubblico.
ali e locali. La decentralizzazione amministrativa. La partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. La semplificazione dei procedimenti amministrativi. La trasparenza e l'accessibilità delle informazioni. La digitalizzazione dei servizi pubblici. La promozione della cultura dell'innovazione e dell'efficienza. La tutela dei diritti dei cittadini. La lotta alla corruzione. La promozione della sostenibilità ambientale. La valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. La promozione del turismo e dello sviluppo economico. La promozione dell'inclusione sociale e della parità di genere. La promozione della partecipazione attiva dei giovani. La promozione della cooperazione tra enti locali e tra regioni. La promozione della pace e della solidarietà internazionale.