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IL PRINCIPIO DI LIBERA CONCORRENZA.
Il principio e le regole di libera concorrenza sono nati nel diritto commerciale e valgono, in primo luogo, per
le imprese. Secondo tale principio vanno assicurate eguali chances alle imprese efficienti che intendano
entrare o permanere in un mercato e si declina in varie regole: ci sono norme comunitarie (specie artt. 101
e 102 TFUE) e norme nazionali (legge n. 287/1990) che, in armonia con il principio, vietano le intese tra
imprese che restringono la concorrenza, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni che
ostacolano sostanzialmente il gioco concorrenziale. Tuttavia, negli ultimi anni è divenuto principio generale
applicabile anche a soggetti e poteri pubblici: si applica non solo alle imprese gestite dalla mano pubblica,
anche a poteri pubblici quali le P.A. e le legislatori. La norma più rilevante si trova nell’art. 119 TFUE, che
obbliga le istituzioni dell’U.E. e gli Stati membri a conformarsi, nelle loro politiche economiche e nelle
relative regolazioni (normative o amministrative), al principio di “ un’economia di mercato aperta e in
libera concorrenza”. Se non lo fanno, possono scattare le procedure comunitarie d’inflazione o, se vi è
violazione di regole di concorrenza immediatamente efficaci, le autorità giudiziali o amministrative
nazionali possono e debbono disapplicare le misure interne contrastanti con le norme comunitarie. Nel
nostro paese, la Costituzione (Titolo V) stabilisce che i legislatori statali e regionali devono rispettare i
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (art. 117, comma 1) e attribuisce in via esclusiva alla
legislazione statale la materia della “tutela della concorrenza” (art. 117, comma 2): per cui, se le Regioni,
nella loro legislazione concorrente o residuale, penetrano nei territori di tale materia, vi è spazio per il
sindacato della Corte costituzionale, che ha avviato sul punto un’interessante giurisprudenza. Il principio,
dunque, condiziona non solo l’attività delle imprese (pubbliche/private), anche l’azione legislativa, valendo
per le P.A. pure al di fuori della loro attività imprenditoriale, in materia di contratti. Ergo, anche la
concorrenza è diventato canone generale delle attività delle P.A. di natura pubblicistica e privatistica.
IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA.
Il principio di trasparenza ha trovato grande sviluppo nel diritto commerciale e dell’economia, soprattutto
riguardo i mercati finanziari. Le imprese che operano nel settore bancario, valori mobiliari, prodotti
assicurativi, sono tenute a rispettare un obbligo di trasparenza a favore di risparmiatori, investitori,
assicurati, i quali trovano nell’esistenza di tale obbligo una garanzia necessaria per compensare
l’asimmetria informatica che li pone in posizione di debolezza. Così, i rischi legati a certe azioni od
obbligazioni devono essere chiaramente evidenziati a tutela del “consumatore”, il cui rispetto è posto
sotto la vigilanza di apposite autorità di regolazione, come la CONSOB. Recentemente, la trasparenza è
divenuta principio operante anche per le attività delle P.A., il cui canone risulta consolidato dalla legge n.
190/2012 in materia di prevenzione e repressione della corruzione: in particolare, il decreto legislativo di
attuazione della legge ha stabilito che le amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare determinate
informazioni, relative soprattutto ad atti incidenti sulla spesa pubblica e ha riconosciuto a “chiunque” un
diritto di “accesso civico” alle informazioni risultanti non pubblicate dalle amministrazioni, in violazione di
tale obbligo (art. 5, d.lgs. n. 33/2013). Si tratta, comunque, di uno strumento molto diverso dall’accesso ai
documenti amministrativi, in quanto non si fonda sulla titolarità dell’interesse. In definitiva, anche questo
principio è canone di diritto generale per la P.A. sia per soggetti/attività pubbliche e private.
La diversa portata.
Questi 2 differenti tipi di principi hanno una diversa portata: i principi propri dell’amministrazione pubblica
tendenzialmente si applicano solo a quella parte dell’attività amministrativa che ha natura autoritativa e
pubblicistica e trovano il loro fondamento nell’essere contrappesi a favore dell’amministrato nei confronti
dell’esercizio del potere amministrativo di natura pubblicistica. Invece, i principi del secondo tipo, ovvero
di diritto generale e comune, nel diritto amministrativo hanno un ruolo preminente, quanto la portata,
rispetto ai primi. Sono canoni generali dell’azione amministrativa, applicabili a tutte le attività
amministrative pubblicistiche/privatistiche: servono sia da contrappeso all’autorità, al potere
amministrativo di tipo pubblicistico, alla potestà, sia da criteri equilibratori dell’attività privatistica della
pubblica amministrazione.
Le funzioni. 3 sono le funzioni principali dei principi giuridici: a) la funzione interpretativa delle disposizioni
(l’interprete legge le norme alla luce dei principi); b) la funzione integrativa delle norme (se vi sono lacune
e queste non si possono colmare facendo ricorso all’analogia, l’interprete e applicatore di norme fa ricorso
ai principi); c) la funzione limitativa del potere (contrappeso al potere pubblicistico della P.A. oltre ad
equilibrarne l’attività privatistica).
CAPITOLO 3. L’organizzazione amministrativa.
Problematica dell’organizzazione amministrativa
Il diritto amministrativo nasce e si sviluppa attorno alla problematica dell’attività amministrativa. Si
comincia dall’attività d’imperium, autoritativa, di puissance publique e si passa all’attività di prestazione,
al service public. La problematica dell’organizzazione amministrativa comincia a manifestarsi solo in un
secondo momento (ad es. in Italia negli anni Trenta del XX sec.) e interessa il concetto di PA come
apparato; il rapporto tra politica e amministrazione; le figure soggettive che fanno parte della PA; le
strutture che operano nell’ambito di queste figure; i rapporti organizzativi tra strutture; i nessi tra
organizzazione dello Stato e degli altri enti territoriali.
Pubblica Amministrazione: concetto ed ambito
Per inquadrare il concetto di PA è necessario guardare al diritto positivo. Nonostante la legge regoli anche i
privati e i loro rapporti, assume un ruolo più importante in relazione alle PA ed ai loro uffici perché
provvede alla loro organizzazione. L’art. 97 Cost. dispone che i pubblici uffici sono organizzati secondo le
disposizioni di legge e che alle PA si accede mediante concorso salve le eccezioni previste dalla legge. Il
legislatore ordinario per evidenziare le PA indica figure soggettive ricondotte alla sfera della pubblica
amministrazione, al fine di applicare ad esse determinati regimi giuridici. Assume centralità l’elenco
dell’art. 1 del d.lgs. 165/2001 che ai fini dell’individuazione della PA dispone che: le amministrazioni
pubbliche tenute all’applicazione del regime d’impiego pubblico previsto da tale decreto legislativo, sono
tutte quelle dello stato, quindi istituti di ogni ordine e grado, le regioni, le province, i comuni, le comunità
montane, ecc. Tale elenco non comprende al suo interno le figure soggettive che applicano ai loro
dipendenti un regime d’impiego pubblico difforme da quello del d.Lgs. 165/2001 e regolato da norme
speciali come le autorità amministrative indipendenti, alle quali si applica pur sempre un regime di
pubblico impiego anche se speciale. La legge n. 241/90 menziona le pubbliche amministrazioni che sono
tenute ad applicare i principi e le regole procedurali da essa dettate in particolare: le amministrazioni
statali e gli enti pubblici nazionali sono tenuti a conformarsi a tutte le norme della l. 241, mentre le società
con totale o prevalente capitale pubblico sono tenute ad applicare la legge solo se svolgono funzioni
amministrative. Alcune norme di questa legge si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche (norme sul
danno da ritardo, sugli accordi, ecc.). L’art. 22 della l. 241/90 stabilisce che per PA s’intendono tutti i
soggetti di diritto pubblico e di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse
disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. Le autorità indipendenti sono tenute al rispetto delle norme
sul procedimento amministrativo, con alcune flessibilità riconosciute dal legislatore. A livello comunitario
non sussiste una nozione condivisa di amministrazione pubblica. L’art. 45 TFUE stabilisce una deroga alla
libertà di circolazione dei lavoratori per gli impieghi nella PA. Si considerano PA solo quelle strutture che
svolgono funzioni pubbliche di particolare rilievo (ministeri giustizia e interno), per le quali siano da
garantire gli interessi nazionali e la loro impermeabilità rispetto all’ingresso di funzionari di altri stati.
Sempre in sede comunitaria il regolamento CE 2223/96 che ha per oggetto l’istituzione del sistema
europeo dei conti 1995, ha demandato agli Istituti nazionali di statistica il compito di predisporre
annualmente l’elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore amministrazioni pubbliche e che
costituiscono il punto di riferimento per la costruzione del conto consolidato del settore pubblico. Secondo
tale regolamento le unità istituzionali comprese nel settore d’amministrazioni pubbliche sono •gli
organismi pubblici che gestiscono e finanziano un insieme di attività principalmente consistenti nel fornire
alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; •le istituzioni senza scopo di lucro dotate di
personalità giuridica che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, controllate e
finanziate da amministrazioni pubbliche; •i fondi pensione. Infine, il codice del processo amministrativo
nello stabilire che alla giurisdizione del giudice amministrativo sono devolute le controversie concernenti
l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo riguardanti provvedimenti, atti, accordi, include
nelle PA anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento
amministrativo. In tal caso vengono ad essere affiancati a PA soggetti che possono avere natura sia
pubblica che privata.
Rapporti tra politica e amministrazione Nella separazione dei poteri, la PA era stata collocata nel potere
esecutivo e questo comportava supremazia del governo e dei ministri sulla PA. Vi fu però, a causa di un
aumento di funzione svolte, una progressiva autonomizzazione del potere amministrativo rispetto a quello
esecutivo e questo era già evidente tra 800 e 900. Governo e ministri non riuscivano più a seguire tutti gli
affari amministrativi. La Costituzione repubblicana sembrò riassumere l’evolu