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CAPITOLO 7: LE ALTRE INFORMAZIONI OBBLIGATORIE NEL DIRITTONAZIONALE
1. Le indicazioni nazionali obbligatorie complementari
L'art. 39 del Reg. 1169/2011 consente agli Stati membri la possibilità di disciplinare l'informazione imponendo ai produttori alcune indicazioni complementari che in tal modo si aggiungono a quelle obbligatorie previste e che sono anch'esse obbligatorie. Il funzionamento di un unico mercato interno impone di eliminare qualsiasi discriminazione sulla base della nazionalità, nel senso che le merci, i servizi e gli operatori economici devono poter rispettivamente circolare o operare in ogni Stato membro diverso da quello di origine, e ciò alle stesse condizioni previste per le merci, i servizi e gli operatori nazionali. Se ciascuno Stato membro dell'UE potesse dettare regole tecniche diverse, innalzerebbe barriere non tariffarie ai prodotti degli altri Stati membri.
Protezione delle indicazioni geografiche protette. La commercializzazione degli alimenti rende uniformi i processi produttivi e i criteri distributivi, consentendo l'unificazione del mercato europeo. Tuttavia, l'Unione Europea consente agli Stati di intervenire, riservando alla Commissione la valutazione della forza dell'ostacolo che la normativa nazionale potrebbe rappresentare per il mercato interno. Si ritengono giustificate le limitazioni all'importazione quando riguardano la salute pubblica e la protezione della proprietà industriale e commerciale. L'articolo 39 prescrive che gli Stati membri possono adottare disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: a) Protezione della salute pubblica; b) Protezione dei consumatori; c) Prevenzione delle frodi; d) Protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale; e) Protezione delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine controllata; f) Protezione delle indicazioni geografiche protette.nazionale obbligatoria del luogo d'origine o di provenienza è un elemento importante nella repressione della concorrenza sleale nel settore alimentare. Secondo l'articolo 39 del Regolamento 1169/2011, gli Stati membri hanno il potere di rendere obbligatorie ulteriori indicazioni, diverse da quelle già previste dall'Unione Europea, da riportare sull'etichetta degli alimenti. Tuttavia, l'obbligo di indicare il paese d'origine o il luogo di provenienza degli alimenti spetta allo Stato membro solo se può dimostrare che esiste una connessione tra la qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza, e che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo all'informazione sul paese d'origine o sul luogo di provenienza. L'obiettivo di questa indicazione obbligatoria è garantire una maggiore trasparenza e informazione per i consumatori, consentendo loro di fare scelte consapevoli e di evitare pratiche commerciali ingannevoli o sleali. In conclusione, l'indicazione nazionale obbligatoria del luogo d'origine o di provenienza degli alimenti è uno strumento importante per contrastare la concorrenza sleale nel settore alimentare e garantire la tutela dei consumatori.“Made in Italy”: l’evoluzione della legislatura penale sulle indicazioni false e fallaci Molti produttori non italiani hanno interesse ad agganciare all’Italia le proprie produzioni di qualità, sicchè segnalano con parole e immagini che le loro merci sono Made in Italy. Ma tali operazioni sono contraffazioni e in pubblicità ingannevole, per cui il nostro Stato ha cercato di mettere in opera strumenti di lotta di carattere penale in aggiunta alle disposizioni in materia di concorrenza sleale. Mentre il nostro c.p. punisce la frode in commercio, successivi interventi hanno dato luogo ad una disciplina avente ad oggetto la falsa comunicazione del termine Italia come luogo di produzione del prodotto. È classificabile come made in Italy il prodotto per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano; la legge afferma che la provenienza è data, non già dalluogo geografico della produzione, bensì da luogo dove si sono realizzate le fasi fondamentali come, appunto, la progettazione e il know how: si potrà fregiare del made in Italy anche l'industria che, dislocando la lavorazione all'estero, dirige la propria attività dall'Italia.
Invece, i prodotti agricoli e alimentari sono identificabili in relazione all'origine geografica in quanto in essi incidono fattori ambientali e umani.
4. Il segno Italia nella legislazione italiana
Il legislatore penale non è riuscito, nella materia di produzione agricola, a reprimere pienamente queste operazioni di agganciamento; il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali MIPAAF, insieme al Ministero dello sviluppo economico, ha pensato di istituire d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il marchio identificativo della produzione agroalimentare nazionale, di cui potranno fregiarsi i prodotti con solo materie prime italiane o prodotti
direttamente realizzai daimprese agricole italiane. Inoltre, nel settore tessile c'è un sistema di etichettatura obbligatoria, stabilendo che l'indicazione Made in Italy è permessa solo per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione hanno avuto luogo prevalentemente in Italia. In etichetta dei prodotti alimentari è obbligatorio riportare l'indicazione del luogo di origine o provenienza, precisando che, per i prodotti trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale. CAPITOLO 8: LE INFORMAZIONI VOLONTARIE- Le indicazioni volontarie di qualità
gradimento. Quindi se la qualità serve a vincere la gara nel mercato i veri requisiti di qualità devono essere requisiti ulteriori oltre quelli che tutti i prodotti devono avere per legge.
2. Le indicazioni volontarie di qualità espresse con segni disciplinati dal diritto comunitario
Nel mercato dei prodotti alimentari ricorrono le ipotesi dei segni dop, igp, stg e del biologico, che sono segni comunitari. Questi rientrano tra i segni di qualità degli alimenti perché danno conto o di un particolare collegamento col territorio o di una specifica tecnica di produzione. Come abbiamo detto questi segni sono segni indicativi di qualità degli alimenti, che i produttori possono liberamente e volontariamente utilizzare: perciò essi sono indicazioni volontarie, i cui requisiti sono individuati e prescritti dalla stessa UE con la loro registrazione. Quindi, tali indicazioni sono volontarie quanto all'uso, ma normate quanto al contenuto.
3. Le
di qualità espresse con termini definiti da regole comunitarie Ci sono altre indicazioni che i produttori possono avere interesse a riportare volontariamente nell'etichetta dei propri prodotti, e cioè il suo valore e il suo pregio che il produttore ha perseguito sotto la spinta della gara concorrenziale e che dopo averlo realizzato vuole segnalare ai consumatori per conquistarne la scelta. Queste altre specifiche indicazioni di pregi di solito sono già diffuse nella società, ma per talune di esse l'UE ritiene che devono essere comunicate solo secondo un regime di prescrizioni istituito dalla stessa Unione: sono cioè le indicazioni facoltative di qualità. Nella gara concorrenziale il produttore è libero di servirsi di tutti gli escamotages possibili, con l'unico limite della veridicità delle affermazioni e con il divieto di comportamenti decettivi. Quindi, il titolo sulle indicazioni facoltative.Rappresenta una novità significativa se si considerano e resistenze che la Commissione ha di regola opposto alle indicazioni supplementari in etichetta.
L'art.28 del Reg. 1151/2012 garantisce la validità delle indicazioni facoltative di qualità che già gli Stati membri abbiano formulato. Infatti, gli Stati membri possono mantenere le disposizioni nazionali sulle indicazioni facoltative di qualità non disciplinate dal presente regolamento, purché tali disposizioni siano conformi al diritto dell'Unione.
Lo stesso regolamento prevede, ad esempio, l'indicazione "prodotto di montagna", che già alcuni Stati avevano cominciato a prevedere e che, nel mercato europeo, è diventata un'indicazione legale.
L'art. 27 prevede che è istituito un regime relativo alle indicazioni facoltative di qualità per agevolare la comunicazione, da parte dei produttori, al mercato interno delle caratteristiche.
Le proprietà dei prodotti agricoli conferiscono a questi un valore aggiunto; l'art. 29 precisa che le indicazioni devono soddisfare precisi requisiti, riferirsi ad una caratteristica di una o più categorie di prodotti o ad una modalità di produzione o di trasformazione applicabili in zone specifiche. Da una iniziale libertà di utilizzo dei termini del vocabolario da parte degli imprenditori per descrivere i propri prodotti, si passa ad un sistema in cui vi è la necessità di un intervento normativo onde in tutto il mercato i consumatori sappiano il significato del termine che designa una specifica e particolare qualità del prodotto. La scelta spetta alla Commissione, la quale stabilisce anche le condizioni del loro utilizzo.
Le indicazioni volontarie di rilievo religioso o di rilievo etico. Altri segni diretti ad indicare un pregio dell'alimento allocato sul mercato è opportuno fare anche un accenno a quei segni che in Europa,
Ormai multietnica, rispondono ad esigenze religiose di determinate categorie di consumatori, i quali, vengono conquistati proprio dalla presenza di una certa indicazione.