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CAPITOLO SECONDO
LE LIBERTÀ COSTITUZIONALI
1.Libertà personale
Inizialmente la LIBERTÀ PERSONALE è stata intesa come libertà negativa, cioè di non subire ingerenze
altrui sul proprio corpo (c.d. libertà dagli arresti). Tale espressione trova spazio già nella Magna Charta
libertatum del 1215 ed è sempre presente nei documenti del costituzionalismo moderno quali: Habeas corpus
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act (1679), IV e V emendamento della costituzione statunitense (1787), art.7 e ss. Della Dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino (1789) e numerose disposizioni di costituzioni ottocentesche (francese, belga,
di Weimar e Francoforte, spagnola).
Con riferimento all’ordinamento italiano, l’art.26 dello Statuto Albertino disponeva che “La libertà
individuale è garantita; nessuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla
legge, e nelle forme che essa prescrive”.
La Costituzione repubblicana all’art.13 qualifica inviolabile la libertà personale e pone una serie di garanzie
che costituiscono la base di tale libertà.
ART.13: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa nessuna forma di detenzione, ispezione,
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato
dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi stabiliti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed
urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti
provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li
convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita
ogni violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i
limiti massimi della carcerazione preventiva”.
L’art.13 riconosce l’inviolabilità della libertà personale senza però darne una definizione, quanto piuttosto
elencando alcune forme di restrizione a titolo esemplificativo. Inoltre tutela da ogni forma di coercizione
fisica e morale, quest’ultima quale libertà di autodeterminazione dell’individuo. Sono pertanto ritenute
lesive della libertà personale misure che incidano negativamente sulla dignità della persona pur non
operando alcuna coercizione fisica.
L’art.13 Cost. pone a tutela della libertà personale una DOPPIA RISERVA poiché prevede che
provvedimenti restrittivi della libertà possano essere adottati solo con atto motivato dall’autorità
giudiziaria (RISERVA DI GIURISDIZIONE) e nei soli casi e modi stabiliti dalla legge (RISERVA DI
LEGGE). tali riserve sono RISERVE ASSOLUTE in quanto non è ammessa alcuna possibilità per le fonti di
grado secondario di intervenire in materia, se non con norme di mera esecuzione.
Il principio della riserva di giurisdizione trova la sua fonte nell’Habeas corpus, che era l’ordine impartito dal
giudice per arrestare una persona, adottato al fine di evitare arresti arbitrari. La necessità di motivazione
dell’atto giurisdizionale risponde, oltre che ad un’esigenza intrinseca dell’atto medesimo, anche ad
un’ulteriore norma costituzionale posta dall’art.111 Cost. secondo cui contro i provvedimenti
giurisdizionali che incidono sulla libertà personale è sempre ammesso ricorso davanti alla Corte di
cassazione. La motivazione dell’atto limitativo della libertà personale viene a costituire il principale oggetto
dell’esame che la Cassazione è chiamata a svolgere.
La decisione quadro 2002/584 del Consiglio dell’Unione Europea, attuata in Italia con legge n.69/2005 ha
istituito il mandato di arresto europeo che è un provvedimento giudiziario emesso da uno Stato membro
dell’Ue per consentire l’arresto e la consegna da parte di un altro Stato membro di un soggetto ricercato per
l’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena ovvero di una misura di sicurezza. L’art.2 della
legge n. 69/2005 specifica che l’Italia dà esecuzione al mandato d’arresto europeo nel rispetto dei diritti e
principi stabiliti dalla Costituzione (relativi a giusto processo, libertà personale, diritto di difesa, principio di
eguaglianza, responsabilità penale e qualità delle sanzioni penali) e dalla Convenzione Edu (artt.5/6 relativi
al diritto alla libertà e alla sicurezza e diritto ad un processo equo). È previsto inoltre il diritto dell’Italia di
rifiutare la consegna dell’imputato o del condannato in caso di grave e persistente violazione dei predetti
principi da parte dello Stato richiedente. È ribadito il rispetto della garanzia giurisdizionale giacché la
consegna di un imputato o di un condannato all’estero non può essere concessa senza la decisione favorevole
della corte di appello territorialmente competente. L’esecuzione del mandato di arresto europeo avviene solo
nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge italiana ed il fatto deve essere punito dalla
legge dello Stato di emissione con una pena o con una misura di sicurezza privativa della libertà personale
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con durata max. non inferiore ai 12 mesi. In caso di esecuzione di una sentenza di condanna, la pena o la
misura di sicurezza dovranno avere una durata non inferiore a 4 mesi.
Ritornando all'art. 13 Cost., la regola della necessità del previo provvedimento dell'autorità giudiziaria trova
un affievolimento nell'art.13, comma 3 Cost. nei soli casi eccezionali di necessità ed urgenza, che devono
essere indicati tassativamente dalla legge, nei quali l'autorità di pubblica sicurezza può adottare
provvedimenti provvisori che devono essere, entro 48 ore, comunicati all'autorità giudiziaria e da questa
convalidati nelle 48 ore successive. Se non vengono convalidati, tali provvedimenti si intendono revocati e
restano privi di ogni effetto. Pertanto la Costituzione, pur prevedendo la possibilità del c.d. fermo di polizia,
lo circonda di una serie di limiti molto stringenti rappresentati dalla necessaria previsione legislativa la quale
deve innanzitutto individuare tassativamente i casi in cui la pubblica sicurezza può operare il fermo e, in
secondo luogo, dalla previsione che tali casi devono essere circoscritti a quelli eccezionali e caratterizzati
dalla necessità ed urgenza del provvedere (limitando così la discrezionalità del legislatore; riserva di legge
rinforzata).
Il vigente codice di procedura penale distingue l'arresto in flagranza e il fermo di indiziato di delitto. Lo stato
di flagranza ricorre quando la persona viene colta nell'atto di commettere il reato o si dia alla fuga subito
dopo la commissione del reato o sia sorpresa con cose o tracce dalle quali appaia che abbia appena
commesso il reato. Il fermo, fuori dei casi di flagranza, può essere operato (dagli agenti e ufficiali di polizia
giudiziaria) in caso di sussistenza di specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga di chi sia
gravemente indiziato di un delitto punito con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni.
Dell'eseguito arresto o fermo deve essere data immediata notizia al pubblico ministero il quale, entro 48 ore,
chiede al giudice la convalida dell'arresto (o del fermo) la quale deve avvenire entro 48 ore dal momento di
esecuzione del provvedimento limitativo della libertà personale (pena l'inefficacia dell'arresto o del fermo).
La disciplina posta dal codice di procedura penale è dunque più garantistica di quella posta dalla
Costituzione che invece prevede che l'autorità di pubblica sicurezza deve comunicare entro 48 ore l'avvenuto
fermo e l'autorità giudiziaria convalida l'arresto nelle successive 48 ore. L'art. 13, comma 3, Cost. pone
dunque una riserva di legge rinforzata, giacché introduce principi di disciplina che vincolano fortemente
innanzitutto lo stesso legislatore e, a seguire, l'autorità di polizia cui viene conferito un rilevante potere,
limitativo della libertà dell'individuo, potere che pertanto è stato circoscritto dal costituente da un'importante
serie di limiti e garanzie.
L’art. 13 Cost. si pone in stretta correlazione anche con gli artt. 25 e 27 Cost. Quest'ultima disposizione,
oltre ad affermare che la responsabilità penale è personale, pone il divieto della pena di morte e specifica che
le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato, mentre l'art. 25 Cost. pone il principio di legalità dei reati e delle pene (giacché nessuno può
essere punito se non in forza di una legge entrata ni vigore prima del fatto commesso) e delle misure di
sicurezza.
L'ultimo comma dell'art. 13 Cost. consente la carcerazione preventiva e rimette alla legge il compito di
stabilirne i limiti massimi. L'istituto della carcerazione preventiva si pone tendenzialmente in contrasto con li
principio posto dall'art. 27, comma 2, Cost., secondo cui l'imputato, fino alla condanna definitiva, non può
essere considerato colpevole, ed è dunque ammissibile solo per oggettive e comprovate ragioni di sicurezza
della collettività. Ed infatti il codice di procedura penale ammette il ricorso alla carcerazione preventiva solo
qualora esistano a carico della persona gravi indizi di colpevolezza ed inoltre vi sia, da parte dell'imputato,
pericolo di inquinamento delle prove o di fuga o di reiterazione del delitto.
Può li codice di autoregolamentazione degli avvocati incidere sulla libertà personale dell'imputato?
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 180 del 2018 ha dichiarato incostituzionale l'art. 2-bis della
legge 13 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e
sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati), nella parte in cui consente che il
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codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati interferisca con la disciplina
della libertà personale dell'imputato.
La norma dichiarata incostituzionale (art. 2-bis della legge n. 146/1990) assegna alla Commissione di
garanzia il potere di verificare l’idoneità dei codici di autoregolamentazione per l'esercizio del diritto di
sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tale valutazione di idoneità del codice di autoregolamentazione
dell'astensione collettiva dalle prestazioni di una determinata categoria di lavoratori consente a tale "codice"
di produrre effetti nell’ordinamento giur