IL METODO DELLA LETTURA
Divenne preminente negli anni Venti nelle università americane. I promotori di tale
metodo supponevano che gli studenti universitari avessero poco tempo a loro
disposizione per imparare le quattro abilità linguistiche (ascoltare, parlare, leggere,
scrivere) con competenze equivalenti; perciò, si puntò all’abilità della lettura in L2
come unico obiettivo raggiungibile in un corso universitario. Diede nuova vita a
modelli di insegnamento pre-riformistici, poiché adottò le tecniche principali della
didattica di tipo grammaticale-traduttivo, modificandole secondo le seguenti tecniche:
L’insegnamento della grammatica era strutturato in modo da facilitare la lettura
 e le spiegazioni della grammatica erano strutturate sulla base di un’analisi
scientifica della lingua obiettivo
L’insegnamento del lessico era strutturato in maniera simile
 La traduzione tornò ad essere considerata come la tecnica più idonea per la
 comprensione della lingua scritta
I testi letterari erano graduati in una sequenza di complessità grammaticale
 crescente
Si insisteva su una pronuncia corretta, considerata cruciale per la comprensione
 della L2
Come il suo antecedente, il metodo della lettura non era ispirato da una teoria
psicologica.
IL METODO ORALE-SITUAZIONALE
Negli anni Trenta un’equipe di linguisti britannici propose un’alternativa al metodo
della lettura, il metodo orale-situazionale (i cui principi si ritroveranno nel metodo
situazionale ispirato all’approccio comunicativo). Il metodo era un’elaborazione o
un’estensione del paradigma induttivo che caratterizzava il metodo diretto. Le
tecniche proposte erano:
L’insegnamento tematico del vocabolario, i vocaboli venivano insegnati in base
 alla loro appartenenza allo stesso campo semantico (i colori, l’abbigliamento)
L’organizzazione sequenziale delle strutture grammaticali, che il discente
 doveva indurre attraverso il loro uso in dialoghi
La presentazione del materiale da apprendere in base a stimoli orali (domande
 e risposte, dialoghi ecc.)
L’uso esclusivo della L2 in classe
 L’esercitazione situazionale delle nuove strutture e dei nuovi contenuti appresi
 (role play)
Il metodo riscosse grandi successi poiché prevedeva la contestualizzazione del
materiale da apprendere in situazioni realistiche, aspetto necessario per rendere
efficace l’apprendimento.
IL METODO AUDIO-ORALE
Nacque negli anni Quaranta negli Stati Uniti in seguito ad un evento bellico: l’attacco
da parte dei giapponesi della base americana di Pearl Harbor. Ci si rese conto che la
conoscenza pratica delle lingue era una necessità vitale e che un esercito doveva
includere persone che conoscessero alla perfezione diverse lingue straniere. Nel 1943
si giunse al metodo intensivo, che mirava a raggiungere la conoscenza di una L2 in
modo efficiente e nel minimo tempo possibile. Il metodo audio-orale derivava i suoi
principi dal comportamentismo psicologico e dalla linguistica strutturale, considerando
habit formation,
l’apprendimento di una L2 come un processo di ovvero un
processo di formazione di automatismi psicomotori e mentali. I sostenitori di
questo metodo supponevano che la L1 costituisse un filtro mentale attraverso il
quale il discente percepiva i contenuti e le strutture della L2. L1L2.
Si fece ricorso all’analisi contrastiva, secondo cui sarebbe stato possibile
determinare quali schemi articolatori, significati delle parole o modelli sintattici della
L1 venivano inconsciamente e regolarmente trasferiti nell’apprendimento della L2. La
premessa teorica di questo metodo era estrapolata dall’osservazione comune che gli
errori che uno studente tipicamente commette sono provocati dalla sua competenza
linguistica nativa, la quale tende a indurre il trasferimento delle strutture e delle parole
della L1 nell’apprendimento delle strutture e delle parole corrispondenti della L2.
Esempio Uno studente anglofono che apprende l’italiano ed enuncia la frase errata
La gente dicono questo ( People say this). Secondo l’analisi contrastiva, è una frase
che, sebbene sia formata con delle parole appropriate italiane, rivela una struttura
people
sintattica inglese poiché in inglese il soggetto regge un verbo al plurale. Da
questa prospettiva nacque la convinzione che le difficoltà nell’apprendimento e gli
errori più comuni fossero il risultato dell’interferenza delle forme e delle categorie
strutturali della L1 e che essi si potessero evitare in una situazione di insegnamento
ideale attraverso un confronto tassonomico e sistematico delle due lingue.
L’analisi contrastiva prevedeva:
La descrizione a livello teorico della L1 e della L2
 La selezione di strutture e vocaboli da mettere a confronto
 L’identificazione dei contrasti, ovvero delle differenze significative principali
 La predizione degli errori in base a tali procedimenti
 La graduazione del materiale da imparare in base a tale predizione.
L’analisi contrastiva fornì un’ottica basata sul paragone dei sistemi linguistici della L1
e della L2, che i proponenti del metodo audio-orale utilizzarono per la preparazione del
materiale didattico, per la strutturazione del sillabo e degli strumenti di valutazione.
Esso proponeva le seguenti tecniche:
L’uso della L2 in classe, eccetto per alcune spiegazioni grammaticali e in caso di
 necessità pattern
L’uso di tecniche comportamentistiche, come l’imitazione, la ripetizione,
 drill
L’insegnamento della pronuncia corretta dei suoni e delle sillabe prima,
 passando poi alle parole ed alle frasi ecc.
L’uso di sussidi uditivi e visivi in un laboratorio linguistico
Il favore di cui godeva il metodo audio-orale negli anni Quaranta e Cinquanta cominciò
a ricevere critiche negli anni Sessanta, dal momento che il suo obiettivo, ovvero la
formazione di studenti genuinamente bilingui, non si era mai realizzata.
Sin dal metodo riformistico, fino all’abbandono del metodo audio-orale, sembrava che
prima o poi dovesse emergere un singolo metodo. Si pensava che con il progresso
della psicologia e della linguistica si potesse arrivare ad una conoscenza scientifica di
come svolgere l’attività didattica in classe, ma il crollo del metodo audio-orale scosse
questa cieca fede. Gli insegnanti cominciarono a mettere in discussione la nozione
stessa di metodo didattico, facendo notare che i metodi altro non erano che ipotesi di
lavoro derivate dalla particolare teoria psicologia e/o linguistica che godeva di favore
in un certo momento storico. Dagli anni settanta ad oggi si è affermato il termine
approccio, anziché metodo.
Metodo sistema di insegnamento chiuso per la presentazione del materiale
da apprendere
Approccio implica una prospettiva generale e più aperta
dell’insegnamento.
APPROCCIO COMUNICATIVO
Nel 1972 il sociolinguista americano Hymes avanzò una severa critica al concetto di
competenza linguistica, proponendo invece la nozione di competenza
comunicativa. Da quel momento insegnanti, linguisti ed educatori puntarono allo
sviluppo della capacità di comunicare nella L2 ed emerse l’insegnamento di tipo
comunicativo come orientamento fondamentale. I primi approcci comunicativi furono il
Notional-Functional Syllabus ed il “livello soglia”. I presupposti didattici generali che
caratterizzano gli approcci comunicativi sono:
Il materiale da imparare deve essere selezionato in base a funzioni o atti
 linguistici, ovvero in base agli usi della L2 per esprimere funzioni come il saper
invitare, salutare, ecc.
Gli elementi del linguaggio (parole, strutture grammaticali) devono essere
 inseriti nel programma didattico secondo il loro valore comunicativo
L’ordinamento del materiale da imparare si deve fare graduando le situazioni
 comunicative in base alla loro frequenza e non in base alla loro complessità
grammaticale.
La L2 non deve essere analizzata grammaticalmente, ma in base alle sue
 funzioni comunicative ( saper accettare, rifiutare, offrire ecc.)
L’obiettivo principale deve essere quello di portare il discente a un modesto
 livello di competenza comunicativa, mettendolo in grado di cavarsela nella vita
quotidiana.
Ci si rese conto, tuttavia, che anche l’orientamento puramente funzionale presenta dei
problemi di fondo:
Il linguaggio non è sempre connesso esclusivamente con la comunicazione
 dialogica.
È difficile graduare il materiale da imparare in base a funzioni comunicative
 senza tener conto della complessità grammaticale che esse implicano
Le situazioni create dall’insegnante o dal libro di testo risultano spesso
 artificiose
APPROCCIO COGNITIVO
Nacque da tentativi di sviluppare un programma didattico sul modello della
grammatica generativa di Chomsky. Era imperniato su presupposti deduttivi e ispirato
da teorie di apprendimento cognitiviste e generativiste, mirando allo sviluppo della
competenza linguistica nei discenti. Le principali proposte didattiche erano:
La grammatica si deve insegnare nella L1 con l’ausilio di schemi derivati dalla
 grammatica generativa
Il sistema delle regole della L2 costituisce il punto di partenza: la L2 si deve
 descrivere secondo determinati criteri teorici e l’obiettivo dell’insegnamento
viene considerato raggiunto quando il discente è in grado di capire e produrre
frasi grammaticali mai sentite prima
Gli esercizi prevedono obiettivi di tipo linguistico: mettere le frasi al passivo,
 formare frasi interrogative alle risposte corrispondenti ecc
I modelli e gli esercizi devono essere contestualizzati, devono cioè procedere
 secondo lo sviluppo logico di una situazione reale
L’istruzione deve essere sincronizzata con le abilità cognitive del discente
Tale approccio fu sorretto dall’analisi degli errori, che si propone di analizzare e
classificare gli errori che caratterizzano l’apprendimento della L2 al fine di derivarne
sia una teoria dell’apprendimento sia delle implicazioni didattiche pratiche. Gli errori
sono delle deviazioni sistematiche nella competenza linguistica del discente. Essi si
collocano, secondo Selinker, in uno stadio di lingua detto interlingua, che emerge dagli
sforzi che il discente fa per comunicare nella L2. Gli errori nell’interlingua possono
essere: La gente
1. Errori interlinguistici, causati da interferenze provenienti dalla L1 (
dicono questo). Sono quelli che l’analisi contrastiva considerava come i più
significativi, poiché effetto dell’interferenza della lingua nativa.
2. Errori intralinguistici, provocati da meccanismi psicolo
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