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CULTURA E NEP
Durante gli anni Nep la sorte degli scrittori e artisti emigrati all’estero diventa meno
rilevante poiché il mondo culturale della nuova Unione Sovietica è un insieme di nuove
tendenze artistiche e nomi nuovi. Durante i primi anni i bolscevichi non prendono una
posizione definita riguardo alle arti; durante la guerra civile alcuni esponenti radicali
del Partito comunista creano il Proletkul’t: istituzione dedicata alla cultura e
all’educazione proletaria, dotata di scuole in cui veniva insegnato agli operai a scrivere
poesie e a dipingere seguendo concezioni estetiche rivoluzionarie; Lenin e Trockij
erano scettici verso il Proletkul’t: ritengono che la pretesa di rappresentare la corretta
linea proletaria in campo artistico fosse senza valore.
La Dirigenza bolscevica era scettica nei confronti dell’arte modernista: Lenin
rimprovera al commissario del popolo per l’Istruzione Anatolij Lunačarskij di aver
stampato opere di Majakovskij con una tiratura eccessiva; qualunque fosse il
contenuto, i versi non avevano colpito Lenin con la loro qualità, di conseguenza
credeva che fosse meglio spendere in modo diverso i soldi.
La guerra civile ebbe conseguenze pesanti sulla musica e il teatro; non c’erano soldi
per mantenere le sale (solo un livello minimo). La Scuola imperiale di balletto chiude i
battenti; i teatri d’opera e balletto sono inattivi per molto tempo fino ai primi anni
Venti; alle orchestre è riservata la stessa sorte. Con la NEP e il rilancio dell’economia
sovietica, il governo ripristina i vecchi teatri e le orchestre e ne cambia la
denominazione originaria. L’economia della Nep e l’assenza di una linea di partito
definita riguardo all’arte portano alla nascita di molte piccole compagnie di balletto e
teatri di vario tipo; la musica strumentale è la favorita: i conservatori funzionano con
vecchi insegnanti e diplomano una nuova generazione di compositori. Alla fine degli
anni Venti, Dmitrij Ŝostakovič era famoso per le sue composizioni “serie” e per le
musiche da film.
Nell’arte teatrale, Vsevolod Mejerchol’d fu l’esperimento più innovativo a Mosca nel
1922; egli iniziò con Stanislavskij al Teatro d’Arte ma nel 1917 respinge le idee del
maestro e sviluppa la propria teoria e uno stile di recitazione che egli definisce
“biomeccanico”: l’attore non deve sforzarsi di raggiungere il massimo naturalismo ma
deve usare il corpo e la voce per ottenere maggiore espressività possibile ottenendo
uno stile “innaturale” che colpisce maggiormente il pubblico. Mejerchol’d ha
un’enorme influenza su una forma d’arte che si stava affermando: cinema (“settima
arte”); Sergej Ejzenštejn inizia negli anni Venti la sua carriera di regista creando
capolavori come “La corazzata Potëmkin”: gli attori si attengono alle teorie di
Mejerchol’d. La struttura complessiva del film è il prodotto della tecnica del montaggio
tipica di Ejzenštejn che consiste in una serie di immagini discontinue che mettono in
risalto l’estetica e la visione politica del regista; si ha una rottura radicale con la
tecnica usata a Hollywood e in altre cinematografie dell’epoca che si affidavano alla
continuità visiva per sviluppare la narrazione. Le innovazioni di Ejzenštejn non irritano
nessuno tra gli alti funzionari sovietici: considerano il cinema come la forma perfetta
dell’arte perchè parla alle masse; si basa sulla più recente tecnologia; è facile da
riprodurre, è economico e ha facile distribuzione rispetto agli spettacoli politici
(dimostrato da Ejzenštejn e altri registri). Secondo Lenin il cinema è l’arte più
importante per noi.
Le autorità sovietiche finanziano i film attraverso i loro uffici culturali, tuttavia, i fondi
erano insufficienti per una produzione su larga scala e di conseguenza la maggior
parte dei film proiettati durante gli anni della Nep erano costituiti da pellicole
importate da Hollywood.
La fine della guerra civile diede nuova vita al mondo dell’editoria; durante il periodo
della Nep, alcuni editori privati integrano la produzione delle case editrici di stato,
tuttavia, non rinasce il ricco mondo artistico del passato.
I caffè durante il periodo della Nep erano senza eleganza e senza il brio dei loro
prototipi prerivoluzionari; gli editori di stato garantivano onorari minimi. Ŝostakovič
sopravvive suonando il pianoforte nelle sale cinematografiche per accompagnare i film
muti. Il lato economico della vita artistica era un problema perché gli artisti dovevano
affrontare le ambiguità della politica sovietica nei confronti degli intellettuali (una
politica dove l’atteggiamento di sospetto dell’arte si combina alla consapevolezza del
suo valore).
Il Partito aveva poco da dire sull’arte. Le opere antisovietiche non potevano essere
pubblicate: i lavori di scrittori emigrati scomparvero dalle librerie. Fino al 1925 il
partito non si pronuncia pubblicamente sulla letteratura ma quando lo fa non esprime
raccomandazioni positive. Il partito doveva aiutare e promuovere gli scrittori
“proletari” come quelli contadini ed essere anche tollerante nei confronti dei
“poputčiki” (compagni di strada; espressione coniata da Trockij), ovvero gli scrittori
appartenenti al ceto intellettuale che nutriva simpatia per il nuovo ordine sociale. I
critici letterari del partito non dovevano aspettarsi che i “compagni di strada”
avessero una visione del mondo bolscevica. La posizione del partito era simile a quella
nei confronti degli ingegneri o funzionari governativi appartenenti alla vecchia
intelligencija.
Alla fine degli anni Venti la dirigenza bolscevica fa affidamento sulle loro competenze e
concede loro il tempo necessario per elaborare un atteggiamento più amichevole
verso il partito e le sue finalità.
Questi diversi fattori portano alla nascita di opere letterarie varie, innovative per il
linguaggio, lo stile e le tecniche narrative. Gli scrittori “proletari” apprezzano una
lingua piena di espressioni gergali, solecismi e oscenità, una scrittura che nelle
ristampe dopo gli anni Trenta venne epurata. Alcuni scrittori proletari scrivevano storie
di sacrifici e di eroismi durante la guerra civile, cercando di attenuare gli orrori della
violenza; altri scrivono sulla classe operaia nelle fabbriche, sulla ricostruzione
dell’industria sovietica e sulle nuove forme di vita sociale emergenti. Gli scrittori che
appartenevano al proletariato non erano molti, di conseguenza la letteratura del
periodo descriveva situazioni di vita quotidiana, descrivendo ogni tanto gli ambienti
semicriminali ai margini della realtà urbana sovietica oppure i difficili momenti della
vita personale e privata di intellettuali e funzionari di partito. Alcuni scrittori si
dedicavano agli aspri dibattiti tra i diversi gruppi; altri, invece, produssero opere di
durevole significato. Nel 1921 Boris Leonidovič Pasternak pubblicò la raccolta di versi
“Mia sorella la vita” che lo fece diventare un poeta di primo piano. Nel 1926, “L’armata
a cavallo” di Isaak Emmanuilovič Babel’ divenne l’archetipo di tutte le descrizioni della
guerra civile. Le storie legate ai personaggi protagonisti all’epoca della Nep,
raggiunsero l’apice nel 1928 con “Le dodici sedie” di Il’f e Evgenij Petrov, il cui
protagonista Ostap Bender entrò nel folklore russo e sovietico. Ad alcuni scrittori fu
impossibile pubblicare le proprie storie: i versi di Anna Achmatova non furono
pubblicati dal 1925 al 1940; Michail Bulgakov ebbe difficoltà a partire dalla metà degli
anni Venti: il suo dramma sulla guerra civile, “I giorni dei Turbin”, non presentava un
ritratto lusinghiero della lotta dei Bianchi, tuttavia, non era ostile alla causa
controrivoluzionaria, di conseguenza fu vietato ripetutamente fino a quando non
scomparve dal catalogo per farvi nuovamente ritorno negli anni Sessanta. Altri lavori
furono messi al bando. Ad alcuni scrittori fu concesso di abbandonare il paese come ad
esempio Evgenij Zamjatin, il cui romanzo “Noi”, considerato il capostipite del genere
dell’utopia negativa, influenzò Aldous Huxley e George Orwell.
Nella letteratura e nell’arte, gli anni Venti furono una continuazione dell’Età argentea
ma con nuove condizioni. Nel 1917 Majakovskij, Pasternak, Mejerchol’d, Prokof’ev e
altre voci maggiori erano artisti maturi e la generazione più giovane, che avrebbe
mostrato i propri risultati dopo il 1920, venne influenzata dalla cultura dei decenni pre-
rivoluzionari. Anche alcuni dei giovani scrittori proletari elaborarono nuove tematiche
senza pensare a Belyj o Blok. I vari manifesti e gruppi artistici o letterari conservarono
fino alla fine della Nep alcune forme organizzative della vita artistica che avevano
caratterizzato l’Età argentea.
LE SCIENZE NATURALI
Per quanto riguarda le scienze naturali, la Rivoluzione costituì una rottura marcata
istituzionalmente. Gli anni prima della Rivoluzione erano stati un periodo di grande
cambiamento per la scienza russa. La novità più importante fu la fondazione delle
nuove scuole di ingegneria sotto il patrocinio del ministero delle Finanze. Questi istituti
tecnici preparavano figure professionali necessarie come gli ingegneri ed erano meno
conservatori nei loro programmi di studio rispetto all’università che era di competenza
del ministero dell’Istruzione. Gli istituti tecnici erano aperti a discipline di crescente
interesse ed evoluzione, come la fisica, mentre gli atenei consideravano la chimica il
centro dell’istruzione scientifica; gli istituti tecnici mantenevano contatti con le
imprese ed erano meno restrittivi nei requisiti per l’ammissione. Gli studenti ebrei,
come ad esempio Abram Ioffe, completarono gli studi all’Istituto tecnologico di
Pietroburgo, poterono perfezionarsi in Germania ed ottennero la loro prima possibilità
di lavorare nel campo della fisica presso il nuovo Istituto politecnico di Pietroburgo
(creato da Sergej Witte). Dal 1906 alla Rivoluzione, anni in cui frequentò Ionne, furono
il periodo di incubazione della successiva fisica sovietica; egli rivelò ben presto il suo
talento per l’organizzazione e la leadership intellettuale. Tuttavia, le condizioni
complessive della scienza lasciamo a desiderare. Nel 1911 il mondo della scienza
aveva subito un duro colpo, quando molti dei docenti della Facoltà di scienze
dell’Università di Mosca e del Politecnico di Kiev rassegnarono le dimissioni in segno di
protesta contro la repressione di un raduno studentesco ordinata dal ministro
dell’Istruzione Lev Aristidovič Kasso (il raduno commemorava la m