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Approccio non standard: non c’è una divisione netta tra le diverse fasi che possono avvenire parallelamente
• perché il processo non è lineare. Quindi, non prevende una distinzione netta tra queste fasi, il ritorno alla teoria
può avvenire nel corso della raccolta dei dati o della loro analisi, queste due fasi possono procedere
parallelamente, ecc; il processo non risulta lineare, ma prevede una continua interazione tra il livello teorico e
quello empirico.
L’approccio standard è un approccio numerico e quantitativo, un modello che prevende una toria, un’ipotesi, la raccolt
adei dati, l’analisi dei dati e dei risultati. Il sondaggio viene costruito alla luce di questa prospettiva che fonda il suo primo
obiettivo nella teoria di riferimento per poi fare una raccolta e analisi dei dati per arrivare a dei risultati. Attraverso questi
momenti della ricerca standard troviamo una deduzione, ossia una pre analisi, una operativizzazione, ovvero devo mettere
in gioco delle tecniche di analisi: per esempio costruire un sondaggio o un questionario. Una volta terminato quwsto
processo di analisi andremo ad organizzare i dati, ad interpretarli ed infine giungeremo ad una induzione.
Le Tecniche di rilevazione dei dati:
Le tre azioni/momenti importanti che il ricercatore svolge sono: L’osservazione, l’interrogazione e la lettura. Quando noi
ci poniamo nei confronti delle tecniche di rilevazione, qualitative o quantitative che siano, facciamo ricorso ad alcune
tappe importanti. Parliamo di osservazione, che non è espressamente tipica dell’approccio quantitativo, ma è tipica
dell’approccio qualitativo quanto dell’approccio qualitativo, perché nella ricerca quantitativa, a cui fa riferimento il
questionario e il sondaggio a cui abbiamo fatto cenno, quello che è la prte principale concentra sull’esperimento in termini
numerici dei dati. Nel campo della ricerca qualitativa si parla di osservazione partecipante, ovvero un osservazione che è
parte integrante della situazione senza intaccare un determinato dato o situazione. La seconda tappa importante è
l’interogazione che in termini di ricerca quantitativa è l’inchiesta campionaria, ovvero una scelta di numeri, per esempio:
quante persone interogare? A quanti individui somministriamo questo questionario?. Per quanto riguarda le ricerche
qualitative invece verranno fatte dalle interviste in profondità, che non hanno bisogno di una rappresentanza numerica ma
avranno come punto di riferimento il perché ed il come. L’ultima fase è la lettura, dove troviamo un’analisi dei dati
secondari per la ricerca quantitativa, mentre per la ricerca qualitativa abbiamno un’analisi dei documenti.
L’inchiesta campionaria:
Nelle inchieste campionarie (survey) le informazioni vengono rilevate interrogando direttamente i soggetti inclusi nel
campione. In genere, le indagini campionarie puramente descrittive vengono nominazte sondaggi, dato che lo scopo
dell’inchiesta campionaria è quello di controllare empiricamente delle ipotesi specifiche attraverso lo studio delle
relazioni tra variabili.
I dati forniti dai sondaggi possono avere limiti o errori: questi, infatti, non forniscono dati matematici, bensì dei dati
che presentano una collettività e la risposta della società a determinati eventi (opinione pubblica).
L’Opinione pubblica è l’insieme delle opinioni individuali dei soggetti di una società, e l’avvento dell’era digitale ci
permette di parlare di un “opinione pubblica aggregata” legata saldamente ai sondaggi e che raccoglie le opinioni della
maggioranza.
Da questo fenomeno scaturiscono due fenomeni frutto della democratizzazione digitale:
Pubblica discussione: grazie ai social oggi chiunque è legittimato ad esprimere un’opinione;
• Azione collettiva: azione finalizza a rendere operativa un’idea (es. manifestazioni e scioperi).
•
Il digitale ha poi portato alla nascita dei “movimenti d’opinione digitale” (MOD), dei movimenti nati sui social che non
hanno necessariamente finalità politiche e che possono anche rimanere nel mondo online senza mai sfociare in quello
fisico con azioni concrete. Per es: #METOO
Il dibattito politico contemporaneo fra Televisione e Web nell’era dei Big Data – Lezione 10
I Big data sono quantità enormi di dati riguardanti le caratteristiche di milioni di contenuti diffusi in rete.
l termine "big data" si riferisce a dati informatici troppo grandi, veloci, complessi, difficili o impossibili da elaborare con
i metodi tradizionali. Questi set di dati sono così voluminosi che il software di elaborazione dati tradizionale non è in
grado di gestirli. Il concetto di big data ha acquisito una maggiorazione solo all'inizio degli anni 2000, quando Laney ha
articolato l'attuale definizione di big data come "le tre V":
Volume: peso delle informazioni;
• Varietà: diversificazione dei tipi di informazione;
• Velocità: velocità con cui viaggiano le informazioni in rete;
•
Alle quali aggiungiamo anche la
Veracità: passaggio da contenuti iniziali a nuovi contenuti correlati.
•
Inoltre, i big data hanno delle proprietà importanti:
Proprietà utili: grandezza, modalità always-on e natura non reattiva (presenza che non influenza
• immediatamente il vissuto dei soggetti);
Proprietà potenzialmente problematiche: dati spesso non sono completi.
•
Vantaggi dei Big Data:
I Big Data ti consentono di ottenere risposte più complete perché hai più informazioni. Risposte più complete significano
più fiducia nei dati, che a sua volta suppone un approccio completamente diverso per affrontare i problemi.
La Computational politic, è una delle applicazioni di cui la politica odierna si serve per potenziare al massimo l’uso dei
big data nella politica, l’obiettivo di questa strategia computazionale è quello di condurre l’attività di sensibilizzazione,
persuasione e mobilitizzazione al servizio dell’elezione, la promozione ed opposizione di un candidato, una politica o una
legislazione (come avere successo).
Come cambia la politica: dall’origine classica ai giorni nostri
In Grecia, nella prima metà del V secolo a.C. si verifica una radicale trasformazione delle idee e delle istituzioni politiche:
un certo numero di polis, di città-stato, cambiarono il loro apparato politico in un sistema che riusciva a dare a un
considerevole numero di cittadini la possibilità di intervenire negli affari di governo, riconoscendo al popolo sovrano il
diritto di autogovernarsi. Ma già nei secoli precedenti alcune città (Megara, Elide, Mantinea, Argo) si erano date
ordinamenti democratici. Il primo riconoscimento al démos degli attributi della sovranità si ebbe nel VII secolo a Chio,
che è considerata dagli storici la prima democrazia greca[1].
Prima che la parola "democrazia" diventasse di uso corrente, gli antichi greci utilizzavano due termini per indicare la
condizione di parità necessaria a un buon governo: isogoria (uguale diritto di prendere la parola durante l'assemblea)
e isonomia (uguaglianza di fronte alla legge). Con la definitiva affermazione del popolo come unica autorità legittima di
governo, viene introdotto il termine democratia come "governo del popolo".
Con l’avvento della televisione invece, si avvia un processo di comunicazione politica, in cui è emersa una pertecipazione
dal basso (grassroots), incrementata successivamente dall’avvento del digitale.
Due esempi di comunicazione mainstream
Democrazia Diretta: Partecipazione del cittadino ai fatti della politica che prima venivano letti e raccontati solo
• da chi faceva giornalismo politico, avveniva quindi uno scambio verbale di contenuti non solo ascoltata ma
commentata.
Democrazia Rappresentativa: L’elemento di fondo è la prevalenza di dare voce ad un pubblico partito, politico
• o intervista diretta e così via, non c’è uno scambio ma un rappresentante della politica finalizzato a dare voce ad
un elemento di quella politica, ad un leader e quindi una democrazia rappresenrativa.
Da questo, e quindi dalla politica televisiva, si passa al web, dove i principali esponenti politici vengono messi “in vetrina”
dei social. Qui inizia ad esserci uno scambio diretto di contenuti, follower e così via.
La social TV
Un esempio di social TV è rappresentato da quei talk televisivi in cui si inseriscono anche argomenti non politici, che
possono ricevere voti di gradimento o meno sui social, oltre ai sondaggi politici. Il telespettatore diventa attivo ma non
sempre il suo interesse manifestato sui social e nell’esposizione ai talk diventa impegno anche offline. Può essere solo
concumo.
Moda e Politica, quale rapporto? La società di corte – Lezione 11 – Modulo 3
Moda e politica nel passato
La moda viene spesso utilizzata per rappresentare simbolicamente il potere: la moda, intesa come fenomeno
socioculturale, si è sempre intrecciata con i vari ambiti della vita sociale, specialmente con la politica perché tramite il
costume e la rappresentazione artistica è possibile leggere la politica e la cultura di un determinato periodo storico
(stratificazione sociale: Si intende una disuguaglianza che riguarda intere categorie sociali e che è stabilmente presente
nella cosietà. Il termine staticazione si riferisce, infatti, alla disposizione verticale dei gruppi sociali, in modo da formare
una serire di strati sovrapposti. Uno strato sociale è allora un gruppo di individui che dispone di una paragonabile quantità
di risorse economiche o di prestigio o che occupa una posizione simile nelle relazioni sociali di potere).
Simmel sosteneva che la moda è l’imitazione di un modello che appaga il bisogno di appoggio sociale delle persone e li
accomuna, ma allo stesso tempo soddisfa il bisogno di diversità, cambiamento e differenziazione (cultura delle apparenze);
questa visione mostra come la moda rappresenti l’estetica e l’identificazione in determinati stili e comportamenti
sociali, che rappresentano uno “stare bene o meno” nella società.
Sapir: I costumi differiscono dalle mode in quanto tipi di comportamento sociale relativamente permanenti. Anch’essi
cambiano ma con una partecipazione meno attiva e meno cosciente dell’individuo coinvolto nel cambiamento. Il costume
è, cioè, l’elemento di permanenza che rende possibile il cambiamento di moda.
Moda nell’ancien regime e nelle società di corte
Nel passato il rapporto politica-moda, in particolare nelle società di corte, veniva esplicato apertamente con i vestiti
utilizzati che rappresentavano in maniera ben chiara la di