Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
c) SENTENZE ADDITIVE DI PRINCIPIO
Un esempio di sentenza additiva di principio riguarda il diritto alla tutela giurisdizionale che i
detenuti hanno, in parte, rivolgendosi al magistrato di sorveglianza.
Nell’ordinamento penitenziario del 1975 l’unico strumento, per i detenuti, di rivolgersi al
magistrato di sorveglianza era un reclamo di tipo generico, cioè un reclamo disciplinato
dall’articolo 35 o.p. senza alcuna formalità processuale. Il problema sollevato alla Corte era il fatto
che uno strumento giuridico, che riguardava i diritti, non poteva non prevedere delle garanzie di
natura giurisdizionale (diritto alla difesa, diritto al contraddittorio). Viene sollevata una questione
alla Corte per far dichiarare l’incostituzionalità del reclamo generico, nella parte in cui non
prevedeva degli strumenti legati alla tutela giurisdizionale. La Corte accoglie la questione con una
sentenza additiva di principio, la sentenza n. 26 del 1999, con la quale dichiara incostituzionale la
disposizione nella parte in cui non si prevedono tutele giurisdizionali, che però deve essere
individuata dal legislatore nell’esercizio del suo potere discrezionale.
Il problema delle sentenze additive di principio è che vengono ignorate dal legislatore creando una
confusione incredibile e questa situazione di confusione venne interrotta nel 2013 con la sentenza
Torreggiani.
d) SENTENZE MONITORIE
Un esempio di sentenza monitoria riguarda il diritto all’intimità-sessualità intramuraria.
La riforma della legge sull’ordinamento penitenziario contempla diverse disposizioni legate al
diritto all’affettività delle persone detenute (art.15 o.p.), il problema è che nella nostra legislazione
non si prevedeva la garanzia della sfera dell’intimità-sessualità. Su questa lacuna dell’ordinamento
penitenziario è stata sollevata una questione con cui è stato chiesto alla Corte costituzionale di
dichiarare l’illegittimità dell’articolo 18, comma 3, o.p. nella parte in cui, prevedendo
l’obbligatorietà del controllo a vista del personale sui colloqui, impediva il godimento del diritto
all’intimità intramuraria. Questa questione è stata rigettata dalla Corte con la sentenza n. 301 del
2012, perché la Corte non può far emergere il diritto alla sessualità intramuraria perché questo
diritto presuppone una serie di scelte discrezionali che non poteva compiere perché era compito
del legislatore. Infatti, all’interno di questa sentenza, pur dichiarando l’inammissibilità della
questione per rispetto della discrezionalità del legislatore, la Corte inserisce un monito rivolto al
legislatore: la questione dell’intimità intramuraria merita grande attenzione da parte delle forze
parlamentari che devono interessarsi del godimento di questo diritto che è riconosciuto nella
maggioranza dei paesi dell’Unione Europea e non solo. La Corte richiedeva l’inserimento,
all’interno dell’agenda parlamentare, di un intervento del Parlamento teso, al pari delle altre
legislazioni internazionali, ad introdurre nella normativa penitenziaria il godimento del diritto
all’intimità-sessualità intramuraria.
Il problema delle sentenze monitorie è analogo al problema delle sentenze additive di principio,
cioè il legislatore non interviene come se quelle sentenze non esistessero. La giustizia
costituzionale, per reagire a quest’assenza d’intervento del legislatore nonostante le sentenze, è
sempre più attenta a reintervenire dichiarando l’incostituzionalità delle questioni nel caso in cui il
legislatore per anni non ha fatto nulla per seguire i suoi moniti. Infatti a gennaio 2024 è stata
sollevata una nuova questione alla Corte sul diritto all’intimità intramuraria, in cui il giudice a quo
dice alla Corte che lei ha fatto un monito nel 2012 alle forze parlamentari ma questo monito non è
stato ascoltato per cui il giudice risolleva la questione di costituzionalità e la Corte, prendendo atto
del mancato intervento del legislatore riguardo la garanzia di un diritto fondamentale, a distanza di
12 anni accoglie la questione e dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 18 o.p. nella parte in cui
non prevede il godimento del diritto all’intimità intramuraria.
DIRITTO ALL’EFFETTIVITÀ DEI DIRITTI
Costituzione e tutela giurisdizionale
Gli articoli di riferimento per quando riguarda il diritto all’effettività dei diritti sono:
Articolo 24 Costituzione: disciplina il diritto alla difesa. Dispone che tutti possono agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (comma 1). La difesa è diritto
inviolabile in ogni statone grado del procedimento (comma 2).
Articolo 113 Costituzione: dispone che ogni atto della pubblica amministrazione può essere
impugnato davanti agli organi della giurisdizione, sia la giurisdizione ordinaria sia
amministrativa.
Articolo 111 Costituzione: contiene i principi del giusto processo; le caratteristiche del
giusto processo sono:
a) La presenza di un contraddittorio tra le parti;
b) La terzietà e l’imparzialità dell’organo giudicante;
c) L’obbligo di motivazione per provvedimenti giurisdizionali;
d) L’impugnabilità della decisione.
La Magistratura di Sorveglianza
Una delle novità apportate dalla legge 354 del 1975 era la giurisdizzazione dell’esecuzione penale,
se prima del 1975 il potere di vigilare sulla correttezza dell’esecuzione penale era un’attività
meramente amministrativa, a partire dal 1975 il legislatore stravolge questa impostazione ed
introduce la Magistratura di Sorveglianza che vigila sull’esecuzione penale. La Magistratura di
Sorveglianza si compone di un organo monocratico che sarebbe il Magistrato di Sorveglianza, il
quale è competente di una serie di questioni elencate nell’articolo 69 o.p.. Le funzioni del
Magistrato di Sorveglianza sono:
Vigilare sulle disposizioni riguardanti i diritti dei detenuti, decide sui reclami presentati dalle
persone detenute quando si presume che possa essere stato violato un proprio diritto;
Decidere sulla concessione dei permessi;
Approvare, con decreto, il programma di trattamento (cioè il percorso risocializzante della
persona detenuta);
Vigilare sulla corretta esecuzione delle misure alternative alla detenzione;
Decidere sui reclami avverso le sanzioni disciplinari, che possono essere irrogate
dall’amministrazione penitenziaria nei confronti di un detenuto il quale può promuovere un
reclamo al Magistrato di Sorveglianza avverso la sanzione disciplinare nei suoi confronti.
Accanto al Magistrato di Sorveglianza assegnato a ciascun detenuto, c’è un altro organo all’interno
della Magistratura di Sorveglianza, cioè il Tribunale di Sorveglianza: è un organo collegiale formato
da 4 membri di cui 2 sono giudici togati e altri 2 non sono giudici togati perché sono esperti in altre
discipline (psichiatri, psicologhi, criminologi) che vengono nominati dal Consiglio Superiore della
Magistratura, perché per decidere su tante vicende della persona che non riguardano solo la sfera
giuridica, è necessario che il collegio non sia formato solamente da giuristi ma anche da
professionisti con altre competenze. Le competenze del Tribunale di Sorveglianza sono previste
nell’articolo 70 o.p. rubricato “Funzioni del Tribunale di Sorveglianza”, le tre principali sono:
- Concedere e revocare le misure alternative alla detenzione;
- Disporre l’eventuale rinvio obbligatorio o facoltativo della pena (ex. Artt. 146 e 147 c.p.);
- È un organo di secondo grado per diverse decisioni adottate dal Magistrato di Sorveglianza,
in alcuni casi le decisioni adottate da quest’ultimo sono ricorribili davanti al Tribunale di
Sorveglianza.
Procedure attivabili davanti alla Magistratura di Sorveglianza fino al 2013
Sotto un profilo legislativo e formale, il legislatore del 1975 ha disegnato un impianto abbastanza
solido preposto alla tutela della legge 354; il problema è passare dal dettato delle norme in astratto
a quello che si realizza sotto il profilo dell’effettività delle norme. Il problema principale è che per
molto tempo, soprattutto l’amministrazione penitenziaria, ha cercato di ridurre la portata
innovatrice delle disposizioni riguardanti la Magistratura e il Tribunale di sorveglianza, andando a
considerare le ordinanze della Magistratura di Sorveglianza non come decisioni vincolanti ma come
dei suggerimenti a cui l’amministrazione poteva non dare esecuzione. In questo quadro è
intervenuta la giurisprudenza per riportare la direzione verso i principi costituzionali, sia la
giurisprudenza nazionale (Corte Costituzionale e Corte di Cassazione), sia la giurisprudenza
sovranazionale (Corte EDU). Nell’effettività del diritto all’effettività dei diritti il ruolo principale è
stato quello della giurisprudenza nazionale e sovranazionale; in particolare ha agito su due fronti:
1. Da un lato le Corti hanno chiaramente detto che il procedimento che si instaura davanti alla
Magistratura di Sorveglianza, è giurisdizionale: deve avere tutte le caratteristiche della
giurisdizionalità (giusto processo, diritto alla difesa e diritto alla ricorribilità);
2. Dall’altro lato le Corti hanno affermato la vincolatività delle decisioni adottate dalla
Magistratura di Sorveglianza. Questi due fronti sono l’uno la conseguenza dell’altro perché,
se si dice che il procedimento davanti alla Magistratura di Sorveglianza è giurisdizionale, ne
deriva che le autorità, verso cui è diretto questo procedimento, sono obbligate a dare
esecuzione al provvedimento giurisdizionale.
Analizziamo entrambi i punti.
1. Il primo approdo giurisprudenziale è quello di aver affermato la giurisdizionalità del
procedimento davanti alla Magistratura di Sorveglianza. A questo proposito, fino al 2013 le
procedure attivabili davanti alla Magistratura di Sorveglianza erano 3:
i. Articolo 14-ter o.p.: prevede il reclamo da parte del detenuto avverso il
provvedimento dell’amministrazione che dispone la sorveglianza particolare. Le
caratteristiche del procedimento di revoca della sorveglianza particolare sono:
a) Il reclamo deve essere presentato al Tribunale di Sorveglianza;
b) È un procedimento che si svolge in Camera di Consiglio con la sola
partecipazione del difensore del detenuto e del Pubblico Ministero;
c) Il detenuto e l’amministrazione penitenziaria non possono essere sentiti
personalmente ma possono presentare delle memorie scritte;
d) Il Tribunale decide una ordinanza entro 10 giorni dalla ricezione del ricorso.
ii. Art