DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E ALLA CULTURA
Istruzione e cultura nel Regolamento Penitenziario del 1891
Anche la disciplina dell’istruzione, all’interno delle carceri, non costituisce una novità per l’attuale
sistema penitenziario perché la presenza di un sistema scolastico e formativo, all’interno degli
istituti, si riscontra nei vari sistemi giuridici a partire dal periodo post unitario. Nel periodo post
unitario c’era già un Regolamento generale per gli istituti carcerai approvato nel 1891, che però
non trovò esecuzione sotto il profilo pratico; si tratta del primo testo normativo nel quale si
intravedono i primi caratteri delle concezioni special preventive (Scuola positiva, la pena deve far si
che la persona che abbia già commesso un reato non ne commetta dei nuovi).
Il legislatore post unitario ha introdotto due disposizioni specifiche relative alla scuola
differenziandone l’accesso sia a seconda dell’età dei soggetti sia del loro comportamento. Gli
articoli da tenere in considerazione sull’istruzione sono due:
Articolo 398: si prevedeva che l’istruzione fosse obbligatoria per i condannati di meno di 25
anni; i condannati di età superiore possono essere ammessi all’istruzione in premio della
buona condotta; gli inquisiti (quelli non destinatari di una sentenza di condanna) con età
inferiore ai 21 anni possono essere ammessi alla scuola previo consenso dell’autorità
giudiziaria competente; sono esclusi dalla scuola i condannati recidivi e i condannati che
hanno una cattiva condotta. I detenuti ammessi alla scuola sono obbligati a frequentarla
finché non vengono dispensati dall’autorità dirigente. Questo articolo disciplina l’accesso
all’istruzione a seconda dell’età del condannato e a seconda della loro condotta.
Articolo 399: disciplinava gli aspetti gestionali e la pianificazione dei programmi scolastici,
tendenzialmente equiparati con i piani scolastici all’esterno.
All’interno di questo Regolamento del 1891, l’accesso alla cultura è disciplinato dall’articolo 400:
presso ogni stabilimento carcerario deve essere istituita una biblioteca, è possibile acquistare o
ricevere materiali e libri dall’esterno solo nel caso di buona condotta.
L’istruzione e la cultura nel Regolamento Penitenziario del 1931
L’impostazione adottata dal legislatore post unitario viene capovolta nel corso del ventennio
fascista, all’interno del quale venne approvato il Regolamento Penitenziario del 1931 che si basa su
una funzione della pena afflittiva e retributiva: il detenuto viene visto come colui che ha tradito lo
Stato attraverso la condotta criminosa, quindi il suo tradimento nei confronti del potere pubblico
merita di essere punito. Da questo cambiamento della funzione della pena discendeva, oltre la
rigida separazione tra la società esterna e gli istituti penitenziari, una limitazione delle attività
trattamentali che venivano ricondotte alle 3 medicine: lavoro, istruzione e religione. La
partecipazione a queste attività non era garantita o concessa alla persona detenuta, ma gli veniva
imposta coerentemente con l’idea che gli stessi dovessero essere destinatari di una pena afflittiva.
Le caratteristiche dell’istruzione erano: da un lato la sua obbligatorietà e dall’altro la sua funzione
di indottrinamento ideologico; queste caratteristiche si ricavano dall’articolo di apertura del
Regolamento Penitenziario del 1931:
Articolo 1: prevede l’obbligatorietà per i detenuti a frequentare le scuole all’interno degli
istituti ed erano permesse soltanto conferenze e proiezioni cinematografiche istruttive ed
educative.
Articolo 173: solo al detenuto che mostrava un “attaccamento alla scuola” poteva essere
riconosciuta la buona condotta; mentre chi cercava di rifiutarsi di frequentare la scuola o le
conferenze e proiezioni cinematografiche, era punito con l’isolamento in cella.
Articolo 139: funzione di indottrinamento della cultura e dell’istruzione. Prevedeva che i
programmi di studio dovevano essere predisposti dal governo secondo i postulati della
buona morale fascista. In questo periodo la finalità dell’istruzione e della cultura era rivolta
a far aderire la persona sottoposta a sanzione penale all’ideologia dello Stato mediante
programmi e docenti predeterminati dal governo fascista.
L’istruzione e la cultura nella Costituzione del 1948
Caduto il regime fascista, il quadro delineato dal Regolamento del 1931 entrò in contrasto con il
dettato costituzionale approvato nel 1948, che ha conformato il diritto all’istruzione come il diritto
al lavoro nella sua fisionomia di diritto sociale. La prima disposizione fondamentale in materia di
garanzia dei diritti sociali e dell’uguaglianza sostanziale è l’articolo 3, comma 2, Cost; altri articoli
importanti che riguardano l’istruzione e la cultura sono:
Articolo 9: la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura. Questa disposizione ha subito
un’opera interpretativa sia ad opera della giurisprudenza sia ad opera della dottrina, perché
dopo l’approvazione del testo costituzionale si era avuta una prima interpretazione
restrittiva che riduceva la portata dello Stato al semplice ruolo della Repubblica di
promuovere il patrimonio culturale presente sul territorio. Questa interpretazione
restrittiva dell’articolo 9 era stridente rispetto agli scopi della disposizione e quindi si è
passati ad una interpretazione estensiva che attribuisce alla Repubblica il compito di
tutelare e promuovere la cultura, non solo in riferimento al territorio, ma anche nei
confronti della crescita personale di ogni singolo cittadino. Grazie a questa interpretazione
estensiva, l’articolo 9 si lega strettamente alle disposizioni degli articoli 33 e 34 della
Costituzione.
Articolo 33: la Repubblica deve impegnarsi ad istituire scuole statali di tutti gli ordini e gradi
all’interno del suo territorio. Gli enti e i privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione senza oneri per lo Stato; il nostro Stato costituzionale prevede la possibilità di
istruzione di tipo privato, ma mai a discapito di quella pubblica.
Articolo 34: la scuola è aperta a tutti (non c’è distinzione fra persone libere e persone
ristrette).
L’istruzione e la cultura nell’ordinamento penitenziario del 1975
Articolo 15: il trattamento del condannato è svolto avvalendosi principalmente
dell’istruzione, della formazione professionale e delle attività culturali.
L’istruzione e l’accesso alla cultura si configurano in maniera diversa rispetto ai regolamenti passati
(regolamento del 1891 e regolamento del 1931): non deve avere natura premiale, né afflittiva ed
indottrinamento perché l’istruzione è un elemento positivo del trattamento, cioè un elemento
funzionale a far sì che la persona possa acquisire quelle nuove competenze volte a rendere
concreto il suo percorso di reinserimento sociale. Un’altra caratteristica ricavabile dall’articolo 15 è
l’obbligatorietà dell’istruzione nei confronti dell’amministrazione e del legislatore, cioè il diritto
all’istruzione non è un obbligo per il detenuto ma è un obbligo di garanzia che grava sui pubblici
poteri proprio per la funzione di diritto sociale. Questa obbligatorietà che grava sulle istituzioni
della Repubblica anche all’interno degli istituti penitenziari, vacilla con la formulazione dell’articolo
19 o.p., perché:
Comma 1: negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale è curata
mediante l’organizzazione dei corsi della scuola dell’obbligo e dei corsi di addestramento
professionale. Dopo la riforma del 1975 alcuni commentatori, facendo leva sull’utilizzo del
termine “cura” all’interno del comma 1 dell’articolo 19 avevano ridotto la portata di questa
disposizione ritenendo che l’articolo 19 non prescriveva un vero e proprio obbligo di
assicurare l’istruzione all’intero degli istituti penitenziari, prescrivendo solamente una sorta
di facoltà. Grazie all’utilizzo di una interpretazione costituzionalmente orientata, derivante
dagli articoli 33 e 34, in dottrina e in giurisprudenza si è superata questa visione restrittiva
relativa alla formulazione letteraria dell’articolo 19, comma 1, partendo dal presupposto
che gli articoli 9, 33 e 34 Cost. pongono in capo ai cittadini un vero e proprio diritto
soggettivo all’istruzione e, in particolar modo, all’istruzione dell’obbligo. Questa
disposizione va letta come “è assicurata” piuttosto che “è curata”, la scuola dell’obbligo
all’interno degli istituti penitenziari e ci deve essere una corrispondenza tra i programmi
scolastici interni e programmi scolastici esterni. Facendo riferimento al termine “cura”
potrebbe essere proposta una questione di costituzionalità alla Corte costituzionale per far
sì che quel termina “cura” venga sostituito dal termine “assicurata”, in relazione alle
persone disabili, in particolare nella sentenza n. 215 del 1987 la Corte ha dichiarato
l’incostituzionalità della norma che attribuiva un mero compito di facilitare la frequenza
della scuola dell’obbligo alle persone disabili. Potrebbe essere sollevata una questione alla
Corte costituzionale in relazione all’articolo 19, comma 1, dell’o.p. per far sì che ci sia una
modifica all’interno della legge 354 del 1975; in realtà la giurisprudenza di legittimità è
concorde nel ritenere che all’interno degli istituti penitenziari il termine “è curata” debba
essere inteso come “è assicurata”. L’eventuale modifica della disposizione sarebbe dovuta
spettare al legislatore.
Comma 2: dedicato all’istruzione dei giovani adulti, ragazzi di età compresa tra i 18 e i 25
anni. Particolare cura è dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di
età inferiore ai 25 anni.
Comma 3: riguarda la parità di genere nell’accesso all’istruzione. È assicurata parità di
accesso delle donne detenute alla formazione culturale e professionale. In questo caso il
legislatore del 2018 ha modificato questo comma inserendo il termine “è assicurata”.
Comma 4: riguarda l’istruzione secondaria di secondo grado. Possono essere istituite scuole
d’istruzione di secondo grado all’interno degli istituti penitenziari.
Comma 5: riguarda gli studi universitari. Si prescrive un’agevolazione compiuta attraverso
un sistema di intesa tr
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