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DOPO LA RIFORMA – I DIRITTI DEI DETENUTI NEL SISTEMA

COSTITUZIONALE. VOLUME 1

CAPITOLO 1. Il diritto al lavoro nell’esecuzione penale. Principi costituzionali e

sviluppi legislativi. (Daniele Chinni)

Il diritto al lavoro è il tipico esempio di diritto riconosciuto alle persone detenute sin dalla

formulazione originaria della legge del 1975. È un diritto che ha presentato profili critici nonostante

siano intervenuti decreti di riforma dell’ordinamento penitenziario nel 2018. La Costituzione

attribuisce una posizione di preminenza nel sistema dei diritti, al diritto al lavoro perché ne delinea

una doppia anima: da un lato il lavoro è centrale per lo sviluppo della persona come singolo, e

dall’altro lato contempla il lavoro come interesse della collettività. I parametri normativi di

riferimento sono:

 Articolo 1 Cost.: la Repubblica si fonda sul lavoro.

 Articolo 4 Cost.: dalla lettura congiunta di questo articolo con l’articolo 1, si ricava che il

lavoro è visto come fondamento della Repubblica (articolo 1) e dall’altro che è un diritto

che deve essere riconosciuto a tutti i cittadini senza distinzione tra persone libere e persone

ristrette, è un diritto la cui effettività deve essere perseguita promuovendo condizioni che lo

rendono possibile (articolo 4). Il lavoro è un tipico esempio di diritto sociale: cioè un diritto

che per la sua garanzia e completezza, necessita di un intervento propulsivo dello Stato per

renderli effettivi, si ricollegano al principio dell’uguaglianza sostanziale (articolo 3, comma

2, Cost.).

 Articolo 35 Cost.: la Repubblica si impegna a promuovere il lavoro in tutte le sue forme e le

sue applicazioni; anche questo articolo si ricollega al principio dell’uguaglianza sostanziale.

 Articolo 36 Cost.: correlato del diritto al lavoro è il diritto alla retribuzione che deve essere

proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e sufficiente per assicurare a sé

e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa (comma 1). La durata massima della

giornata lavorativa è stabilita dalla legge; la Costituzione pone una riserva di legge per

quanto riguarda la durata massima di una giornata lavorativa (comma 2) (riserva di legge:

solo le fonti primarie possono stabilirne la durata massima). Il lavoratore ha diritto al riposo

settimanale o alle ferie annuali retribuite e non può rinunciarci (comma 3).

 Articolo 37 Cost.: la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e le stesse retribuzioni che

spettano al lavoratore uomo.

 Articolo 38 Cost.: diritto alla previdenza sociale.

 Articolo 39 Cost.: ciascun lavoratore ha il diritto sia di formare che di aderire ad

un’organizzazione sindacale per la tutela dei diritti nascenti dalle proprie prestazioni

lavorative.

 Articolo 40 Cost.: diritto allo sciopero.

I connotati del lavoro nella costituzione

 La Costituzione garantisce una tutela del lavoro e promuove le condizioni che lo rendono

effettivo (artt. 4 e 35 Cost.).

 Il lavoro deve dar luogo ad una retribuzione che sia proporzionata alla quantità e qualità del

lavoro prestato ed idonea ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa al lavoratore ma

anche alla sua famiglia (art. 36 Cost.).

 Vige un divieto espresso di discriminazione tra lavoratore e lavoratrici (art. 37 Cost.).

 Devono essere garantite ferie e riposi annuali retribuiti (art. 36 Cost.).

 La Repubblica deve garantire un sistema di previdenza sociale, il diritto ad aderire e formare

organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori (artt. 38 e 39 Cost.).

Diritto al lavoro e normativa penitenziaria

Riguardo al lavoro, nella normativa penitenziaria, emerge una novità rispetto al quadro normativo

delineato dal Regolamento penitenziario del 1931, perché in virtù della centrale posizione che il

diritto al lavoro assume all’interno del dettato costituzionale, anche la disciplina del lavoro

all’interno delle mura penitenziarie ha subito una radicale trasformazione. Nel Regolamento del

1931 il lavoro aveva una funzione retributiva, afflittiva, era una modalità di espiazione della pena,

con l’arrivo della Costituzione e con la riforma del 1975 si stravolge questa funzione del lavoro

penitenziario divenendo un elemento positivo del trattamento: un’attività che è necessario

garantire all’interno degli istituti penitenziari per perseguire l’ideale della risocializzazione. Questo

ideale del lavoro come strumento principale per tentare di rendere concreto l’ideale rieducativo, è

espresso all’interno dell’articolo 15 o.p. che elenca gli elementi positivi del trattamento. All’interno

dell’elencazione contenuta nell’articolo 15 o.p., una posizione di particolare importanza è

attribuita al diritto al lavoro:

 Comma 1: il trattamento del condannato è svolto avvalendosi dell’istruzione, della

formazione professionale, del lavoro, della religione.

 Comma 2: ribadisce la centralità del lavoro già espresso al primo comma, dicendo che salvo

casi di impossibilità, al condannato è assicurato il lavoro.

LAVORO INTRAMURARIO – articolo 20 o.p.

È il lavoro prestato all’interno degli istituti penitenziari e quindi alle dipendenze del Ministero della

Giustizia.

 Comma 1: si pone in continuità con l’articolo 18 o.p. ed enuncia che negli istituti

penitenziari deve essere favorita la destinazione di persone detenute al lavoro e di corsi di

formazione professionale.

 Comma 2: il lavoro intramurario non ha carattere afflittivo e deve essere remunerato

(collegamento con l’art. 36 Cost.).

 Comma 3: per quanto possibile il lavoro interno deve essere quanto più simile al lavoro

esterno, questo per acquisire alla persona detenuta tutte le preparazioni necessarie per

agevolarne il suo percorso di reinserimento sociale. Prima del 2018 questo comma

conteneva una disposizione problematica che è stata eliminata: diceva che il lavoro era

obbligatorio per i detenuti.

 Comma 5: il lavoratore detenuto è impossibilitato a scegliere autonomamente l’attività

lavorativa da svolgere perché è l’amministrazione penitenziaria a svolgere questa scelta in

base alle prestazioni che vengono attivate nei singoli istituti.

 Comma 16: la durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalla

legge. Deve essere garantita l’assistenza e la previdenza sociale in ossequio all’articolo 39

della Costituzione.

LAVORO EXTRAMURARIO – articolo 21 o.p.

Si svolge all’esterno degli istituti penitenziari alle dipendenze di soggetti terzi.

 Comma 1: anche il lavoro esterno può essere concesso per garantire la finalità di elemento

positivo del trattamento tipica del diritto al lavoro. Prevede delle limitazioni all’accesso al

lavoro esterno per le persone condannate per i reati di cui l’articolo 4-bis o.p.: sono quei

reati che l’ordinamento considera particolarmente gravi e il legislatore dispone che queste

persone possono accedere al lavoro esterno ma con alcuni limiti; possono accedere al

lavoro all’esterno dopo l’espiazione di almeno 1/3 della pena esclusivamente all’interno

dell’istituto e per i condannati all’ergastolo, l’assegnazione al lavoro esterno può avvenire

dopo l’espiazione di almeno 10 anni di pena.

 Comma 2: i detenuti assegnati al lavoro all’esterno, prestano la loro opera senza scorta

salvo che sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, perché il lavoratore che esce per

prestare la propria attività lavorativa deve essere paragonato a qualunque altro lavoratore

dipendente da quel soggetto esterno.

In relazione al lavoro intramurario ed extramurario, si è posto un problema alla differente fonte del

rapporto lavorativo perché il lavoro intramurario trova la sua fonte nella legge sull’ordinamento

penitenziario (354 del 1975) e il datore di lavoro è l’amministrazione pubblica, e quindi sarebbe un

tipo di lavoro disciplinato dal diritto pubblico. Al contrario, il lavoro extramurario, trova la sua

formula in un contratto perché il datore di lavoro è un soggetto privato, e quindi il lavoro sarebbe

di tipo privatistico. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la diversa fonte che regola i due

tipi di lavoro, non è in grado di differenziare la natura della prestazione lavorativa perché in

entrambi i casi rientra all’interno della categoria del lavoro subordinato e quindi deve avere le

garanzie previste dal codice civile per il lavoro subordinato. I caratteri tipici del lavoro subordinato

sono:

- Obbligo di una prestazione di fare nei confronti del datore di lavoro;

- Obbligo di collaborazione eseguendo la propria prestazione collaborativa seguendo le

indicazioni fornite dal datore di lavoro;

- Obbligo di remunerazione e quindi onerosità;

- Continuità del rapporto di lavoro nel tempo.

La normativa penitenziaria non consente di qualificare il lavoro come un’attività che deve tenere

occupate le persone detenute, al contrario il lavoro dovrebbe essere un lavoro qualificante. Il

lavoro è sempre volontario e mai forzato e il più possibile individualizzato. La riforma del 1975 ha

fatto cambiare il volto al lavoro penitenziario in due modi:

- sotto il profilo oggettivo: che guarda alla prestazione lavorativa, smette di essere afflittivo

ed assume i connotati del lavoro vero e proprio su cui si fonda la Repubblica;

- sotto il profilo soggettivo: guarda alla figura del soggetto lavoratore. La persona che lavora

non deve essere più qualificata come “detenuto-lavoratore” cioè persona ristretta nella

libertà personale e che presta attività lavorativa, ma deve essere qualificata come

“lavoratore-detenuto”, cioè lavoratore soltanto limitato nella libertà personale.

Il diritto al riposo annuale retribuito

Sentenza manipolativa di tipo additivo. L’articolo 36 Cost. qualifica il diritto alle ferie come un

diritto irrinunciabile di ogni lavoratore. Nella formulazione originale dell’articolo 20 o.p. il comma

16 non si pronunciava riguardo il diritto alle ferie e questo provocava forti disparità perché non

venivano previste né le ferie annuali retribuite né il riposo annuale retribuito. Sul punto è

intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 158 del 2001 con la quale ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale dell’articolo 20, co.16, nella parte in cui non prevedeva il diritto al

riposo retribuito anche per quei detenuti che prestavano la propria attività lavorativa alle

dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. La Corte, all’inizio della sua motiv

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
18 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vale.1202 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Clinica legale diritti dei detenuti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Talini Silvia.