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Riassunto esame Antropologia politica, Prof. D'Andrea Dimitri, libro consigliato Leviatano-Concetto di politico-Cosa è la politica-Sicurezza, popolazione e Territorio, Hobbes-Schmitt-Arendt-Foucault Pag. 1 Riassunto esame Antropologia politica, Prof. D'Andrea Dimitri, libro consigliato Leviatano-Concetto di politico-Cosa è la politica-Sicurezza, popolazione e Territorio, Hobbes-Schmitt-Arendt-Foucault Pag. 2
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Le azioni degli esseri umani

Le azioni degli esseri umani sono tali in quanto sono atti liberi e fini a sé stessi. L'attività più costitutivamente adeguata a quest'idea è il dialogo, cioè quando gli uomini si confrontano con le proprie idee, fanno una cosa che non serve a qualcos'altro e nella quale ci possono essere delle unicità.

La politica tratta della convivenza e comunanza dei diversi - La politica è qualcosa che ha a che fare con la pluralità, quindi quelle discipline che, al posto della pluralità, hanno messo universale, si sono inibite all'accesso ad una compressione autentica della politica.

La filosofia ha dei buoni motivi per non trovare mai neppure il luogo dove nasce la politica - nello zoon politikon si definisce ad esempio che l'uomo ha un elemento politico che è parte della sua esistenza. Dire che la politica ha a che fare con la pluralità non vuol dire che la politica sia parte dell'esistenza dell'uomo.

Cioè, non vuoldire che l'uomo sia in quanto tale politico. Anzi, ed è tutto falso in quanto l'uomo è apolitico. La politica nasce tra gli uomini, dunque decisamente al di fuori dell'uomo; perciò, non esiste una sostanza propriamente politica. La politica nasce nell'infra e si afferma come relazione. La politica ha a che fare con la pluralità, ma è un modo della relazione tra diversi. La politica è quindi essenzialmente artificiale, cioè una costruzione tra diversi e quel determinato modo di organizzare la relazione tra diversi. Non ha a che fare con la politica, intesa in senso tradizionale. Il senso di questa operazione è quello di dire che la tradizione occidentale ha smarrito il legame originale tra politica e polis. Si è liberi soltanto in tanti, non si può essere liberi da soli, né se si fosse l'unico essere umano, né agendo in un contesto di anarchia totale. Fare quello che

si vuole non è garanzia dell'essere libero. Io sono libero quando mi muovo sul piano di ragionamenti, il processo del divenire liberi parte dal presupposto che si diviene liberi nell'interazione tra diversi liberi. La politica è quindi la costruzione di uno spazio in cui la condizione di essere liberi, è dovuta alla relazione tra molti diversi.

Il politico, nel senso greco, è incentrato sulla libertà, ma è una libertà intesa in senso negativo (come non essere dominati o non dominare) e in positivo (come uno spazio che può essere creato solo da molti e nel quale ognuno di essi si muove tra i suoi pari). Tutto ciò per l'autrice è uno spazio pubblico dove tutti sono unici. Ognuno interagendo in questo spazio, prendendo la parola, diventa autore di quello che dice e compie quindi un'azione in senso "arendtiano" (Questa è politica). Senza gli altri che sono miei pari, non esiste

libertà per questo chi domina sugli altri è dunque per principio diverso dagli altri, è certo più felice e invidiabile, ma non è affatto un uomo più libero di altri.

La Arendt è stata accusata di essere irrealistica e quindi lontana dalla realtà, quella che gli altri chiamano politica, essa la chiama in un altro modo, quelle che gli altri chiamano istituzioni politiche, la Arendt le chiama di governo o totalitarie.

La Arendt è la prima a studiare le due grandi esperienze di totalitarismo moderno, quindi il nazionalsocialismo e il comunismo russo.

Il totalitarismo non è politica ma è la sua negazione. Se si vuole rivolgere un'accusa di normativismo alla Arendt, lo si deve fare analizzando quali sono le condizioni di possibilità di ciò che lei chiama politica. Quella che Arendt chiama politica è una versione molto esigente.

La politica ha a che fare soprattutto con l'esclusione netta del

fenomeno della violenza. La violenza è un fenomeno non politico, essa può creare delle condizioni favorevoli alla politica, ma può essere anche ostativa alla politica, per cui quando c'è violenza non c'è politica, ma se c'è violenza dopo di questa ci può essere politica. In questo senso politica e libertà sono identiche e ovunque manchi questo tipo di libertà non esiste neppure uno spazio propriamente detto politico. Il tema è che per la Arendt, se la politica diventa dialogo tra diversi, in condizioni di parità, la politica estera non è politica, ma è la sua negazione, in quanto la politica estera domina attraverso la forza e quindi torna al discorso della violenza. L'autrice fa riferimento ad un'idea kantiana che affermava: "Che le forme di convivenza giuridicamente regolate possono essere estese al di là del campo politico. In questo punto si parla del mondo dello

spazio dell'infra. Il mondo è sia un prodotto umano che un prodottoartificiale destinato a sopravvivere”. In altre parole, si crea soltanto perché vi sono delleprospettive ed esso esiste unicamente in questa o in quella visione dell'ordine delle cose.(Se viene distrutto un popolo o uno Stato o anche solo un determinato gruppo di persone, ilquale in ogni caso ha una sua posizione nel mondo e che nessuno può immediatamenteduplicare; non soltanto muore un popolo o uno Stato o un certo numero di persone, ma vienedistrutta una parte di mondo, un aspetto sotto cui il mondo si mostrava e ora non potrà più tornare a mostrarsi).Siamo noi esseri diversi che creiamo il mondo, noi lo istituiamo, esiste in quanto è istituito inun certo modo. Più vi sono nel mondo popoli che intrattengono una qualche relazionereciproca, più tra di essi verrà a crearsi una relazione, e più quel mondo sarà grande e

ricco.Affinché ci sia un mondo ci devono essere delle relazioni tra diversi, più punti di vista e così il mondo riesce ad ospitare più diversi e ad arricchirsi.In altre parole, gli uomini, nel vero senso del termine, possono esistere soltanto dove esiste il mondo e il mondo, nel vero senso del termine, può esistere soltanto dove c'è la pluralità della razza umana e più esemplari di una specie.Quando il mondo politico lascia spazio all'isolamento, il mondo non esiste più (riferimento al totalitarismo).Quello che abbiamo quindi osservato può anche essere descritto come la crescita dell'assenza del mondo, la mancanza di relazioni tra diversi di più punti di vista e quindi il mondo non riesce più ad esistere.L'autrice a un certo punto osserva che il mondo sta diventando un deserto, la pluralità si sta trasformando in massa, l'omologazione trasforma diversi in uguali e Nietzschedice che a questo fenomeno ci si può adattare solo partendo dall'esperienza interiore. I movimenti totalitari sono quindi quelle cose che possono verificarsi ed essere ospitate solo dopo che nel mondo è stato installato il deserto. Processi come quelli di massificazione, scomparsa dalla diversità e quindi mancanza di luoghi di vera politica, aprono la porta a movimenti totalitari o simi-totalitari. Quello che è andato storto è la politica, e cioè noi. Ma anche quando la politica scompare, vi è la possibilità che la politica permanga, la porta resta sempre aperta. Non siamo e non possiamo essere definitivamente e inesorabilmente prosciugati da questa particolarità e da ciò che può scaturire un'esperienza politica. Quindi la politica è una possibilità le cui condizioni non sono mai venute definitivamente meno. Anche nel regime più totalitario c'è sempre qualcuno che tenta di costruire.quello che viene definito spazio politico. Arendt: Sulla violenza La concezione di violenza è espressa appunto, né "Sulla violenza" ed è forse l'aspetto in cui si vede più la distanza tra la Arendt e un certo tipo di filosofia politica come quella di Hobbes. La filosofia di Hobbes è una filosofia in cui la violenza ha un ruolo molto importante. Contro troppa violenza c'è l'anarchia e con la politica c'è l'ordine sociale. Ma la violenza qui non scompare, viene soltanto ordinata perché la si usa in modo coercitivo per applicare la politica, la usa uno solo (Stato). La posizione della Arendt, invece, si distingue da queste impostazioni, in quanto la violenza diventa l'elemento antipolitico per eccellenza, per due ragioni:
  1. La violenza è sempre un mezzo, quindi appartiene ad una dimensione dell'interazione razionale rispetto allo scopo. La violenza è un elemento antipolitico.
  2. La violenza è un elemento antipolitico.

La seconda ragione è costituita da due aspetti: la violenza come elemento di riduzione della pluralità e la violenza è per definizione una pratica che nega il dialogo.

Politica e Potere

Il potere e la violenza sono opposti, dove l'una governa in modo assoluto, l'altro è assente. La violenza compare dove il potere è scosso, ma lasciata a se stessa finisce per far scomparire il potere. La violenza è l'opposto del potere.

Si possono distinguere due forme di potere:

  • Il potere in senso semplice, è l'idea che qualcuno fa fare qualcosa a qualcun altro e quindi la capacità di orientare la condotta altrui. La violenza, se ha necessità della cooperazione dei soggetti, può incontrare alcuni che non cooperano, anche se vengono ricattati con la propria vita.
  • Il potere dal punto di vista della cooperazione esiste in modo differente tra individui e gruppo, il potere di un individuo non è la stessa cosa del potere del gruppo.

È questo che Arendt chiama potere.- L'altra faccia del potere e quello che Arendt chiama dominio. Qui non c'è un reale interesse all'altro, l'altro è un bersaglio, senza l'obiettivo di fare le cose insieme o far fare le cose a qualcuno. All'interno della nostra concezione di potere la violenza è necessaria al potere poiché è un potere coercitivo. Laddove gli individui si rifiutano di farsi sopraffare dal consenso della maggioranza, vengono individuati criminali e ribelli. Ed è qui che la violenza funziona nei confronti di chi non ha potere. Vi è quindi l'introduzione del terrore, che però non è la stessa cosa della violenza. Il terrore è piuttosto la forma di governo che viene messa in atto quando la violenza, avendo distrutto tutto il potere, non abdica, ma al contrario rimane una posizione di controllo assoluto. Il terrore è il totalitarismo.

È importante affermare

rò, il potere è inteso come la capacità di agire e influenzare gli altri, mentre la violenza è l'uso della forza fisica per costringere o controllare gli altri. Nel totalitarismo, la violenza diventa lo strumento principale per mantenere il potere assoluto.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
24 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche BIO/08 Antropologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antlup di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof D'Andrea Dimitri.