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Le aperture di Evans-pritchard alla prospettiva diacronica e i mutamenti indotti nei campi
classici dell'indagine antropologica dai processi di decolonizzazione producono una nuova
sensibilità verso i fenomeni di mutamento sociale. il social change è al centro degli studi
della scuola di Manchester
Evans Pritchard (1902-1973)
Witchcraft, oracles and magic among the Azande (1937)
La concezione della stregoneria degli Azande non è irrazionale, ma rappresenta un modo
coerente di spiegare il male del quadro delle relazioni e dei rapporti umani.
La stregoneria rappresenta un modo per interpretare e fronteggiare il conflitto sociale:
attraverso di essa si incanala l’aggressività, mentre con la divinazione e le successive
pratiche di riparazione si ricompone il conflitto che, se lasciato a sè stesso, avrebbe rischiato
di disgregare la società.
La funzione della stregoneria è dunque innanzitutto politica: garantisce la stabilità e la
funzionalità della struttura sociale.
The nuer: a Description of the Modes of Livelihood and political institutions of a
Nilotic people (1940)
Il libro descrive l’organizzazione sociale dei Nuer, basata su gruppi di parentela che si
riconoscono in un antenato comune (lignaggi).
Sistema segmentario= identità e differenza, alleanza e conflitto, in generale i rapporti e le
articolazioni tra i lignaggi dipendono dal grado di profondità genealogica considerate; più
ampia è l'unità sociale (che si riconosce diversa e in conflitto rispetto a un’altra), tanto più è
lontano nel tempo l’antenato comune in cui ci si riconosce.
Social anthropology and other essays (1962)
Critica della prospettiva sincronica e valorizzazione della storia: antropologia come una
specie di storiografia.
Lo strutturalismo
In antropologia è il paradigma proposto da Claude Lévi-Strauss che sviluppò uno studio
innovativo delle strutture elementari della parentela (1949) e dei miti (Mitologiche
1964-1971) degli indigeni americani.
Influenza della linguistica strutturale= principio della capacità generativa infinita del
linguaggio umano, che combina i suoni e i segni che compongono le parole per creare
significato. Il meccanismo generativo è dato a priori.
La cultura come il linguaggio= può essere studiata nelle sue componenti minime, ossia gli
elementi che fanno riferimento all’esperienza: tali elementi sono ordinati secondo strutture,
ossia “cornici” culturali in gran parte inconsce che cambiano da società a società a che sono
basate sulle regole di una sintassi universalmente umana.
Le strutture sono “categorie dello spirito umano”, ossia matrici cognitive universalmente
diffuse tra gli uomini, governate da una logica binaria. Non si osservano direttamente, ma
indirettamente attraverso le configurazioni di esperienza cui danno forma.
Strutture elementari della parentela
Proibizione dell’incesto come grado zero delle relazioni di parentela
A partire da questa norma i gruppi umani distinguono coloro che si possono sposare da
quelli che non si possono sposare
● strutture elementari: rigida individuazione degli individui con cui è possibile sposarsi
● strutture complesse: indicano solo quelli interdetti al matrimonio
Le strutture elementari implicano una classificazione delle persone in gruppi simmetrici tra i
quali i matrimoni si incrociano secondo il principio di reciprocità: ovvero questi scambi si
tramandano di generazione in generazione in maniera reciproca all’interno della struttura.
Il mito
Secondo Lévi-strauss alla base di ogni sistema culturale c’è il discorso intorno alla
separazione dell’umanità dallo stato naturale: natura VS cultura.
Il mito è come pensiero empirico, riferito cioè a elementi concreti della natura e dell'ordine
sociale.
Il mito opera come un bricoleur: riassembla vecchi pezzi (mitemi) creando nuove
configurazioni e significati.
L’analisi strutturale del mito necessita del confronto con le varianti, che fa emergere le
classificazioni logiche che soggiacciono alle diverse configurazioni di mitemi.
Antropologia interpretativa
L’approccio interpretativo si contrappone all’idea che l’antropologia abba come compiti:
● la scoperta di strutture nascoste e profonde che determinano il comportamento
umano
● la loro descrizione per mezzo di un linguaggio oggettivo, indipendente da quello
usato dagli attori sociali stessi
L’attenzione si sposta sulle pratiche e sull’interpretazione del loro significato.
Clifford Geertz (1926-2006): The interpretation of Cultures (1973)
Cultura come ragnatela di significati; etnografia come processo ermeneutico -graduale e
sempre provvisorio- di interpretazione di questi significati.
<<Cosa fa l’etnografo? Scrive…>> o, per meglio dire. in-scrive le “forme di vita” in un testo
mediante una descrizione densa.
Con Geertz l’antropologia abbandona definitivamente le velleità oggettiviste che volevano
apparentarla alle scienze dure e si situa nell’ambito delle scienze umanistiche, come pratica
intellettuale a metà tra scienza e letteratura.
Importanza della retorica e della politica nella costruzione del sapere etnografico.
Es. che riporta Geertz↴
Fare l’occhiolino: come descriveremmo esteriormente questa pratica? “una leggera
contrazione della palpebra dell’occhio destro”, per esempio. Ma quanti significati può
avere un occhiolino? Può essere un tic nervoso, o un ammiccamento fra giocatori di
carte, un segno di intesa fra amici, oppure l’imitazione scherzosa di un segno di
intesa, e così via. Se una descrizione “esigua” (thin) si può accontentare della
“contrazione della palpebra”, quella densa ha bisogno di entrate nel contesto
comunicativo e nelle sottigliezze delle relazioni fra gli attori sociali e delle loro
intenzioni (il significato che essi attribuiscono all’atto di strizzare l’occhio).
Interpretazione
Secondo Geertz, la cultura è un sistema complesso di significati, per certi versi simile a una
lingua. Ma gli antropologi non si trovano davanti a un testo; piuttosto hanno a che fare con
complessi caotici e di azione sociale e con i discorsi - spesso altrettanto confusi- dei propri
interlocutori.
Se per Lévi-Strauss l’antropologia doveva eleggere come suo oggetto di indagine primario i
modelli a scapito della multiforme e variabile realtà empirica, per Geertz l’oggetto sono
proprio le forme di vita: pratiche irriducibili a modelli cognitivi o a una razionalità discorsiva.
Comprendere queste forme per l’antropologo significa non tanto o non solo viverle sul
campo ma inscrivere in un testo. L'antropologia è dunque prima di tutto una forma di
descrizione che Geertz chiama densa che non si ferma all'esteriorità delle cose ma cerca di
coglierne i significati.
L’antropologo come il romanziere
Quando l’etnografo scrive, si comporta come un autore nel senso letterario del termine: usa
le risorse creative del linguaggio per produrre effetti di comprensione nei suoi lettori. Il suo
lavoro è per certi versi simile a quello del romanziere, anche se quest’ultimo può inventare i
fatti di cui parla, mentre l’antropologo, come lo storico, li desume dalla sua ricerca =
valorizza le fonti della ricerca.
La scrittura ha un carattere finzionale: ciò non significa che produca rappresentazioni false o
irreali, ma che ha un carattere costruito, che si avvale di una serie di convenzioni (formali,
retoriche…) atte ad aprire un canale di comunicazione efficace con il lettore.
Spiegare, comprendere, interpretare
Scienze sociali e comprensione
Le scienze sociali positiviste individuano dati e fatti, li sottopongono a classificazioni e
generalizzazioni, cercano di stabilire nessi causali e leggi universali. Il loro obiettivo è quello
di spiegare i fenomeni umani. Ma un’altra tradizione di pensiero sostiene l’irriducibilità dei
fenomeni sociali e culturali ai metodi naturalistici:
Wilhelm Dilthey= separazione delle scienze naturali da quelle che chiamava “scienze
dello spirito”, come la storia e gli studi sociali. Le prime si esercitano su oggetti e fenomeni
esterni alla coscienza umana e mirano a proporne una spiegazione. Le seconde riguardano
comportamenti umani intenzionati che non possono essere semplicemente colti dall’esterno.
Il ruolo della coscienza negli eventi storici e umani esclude che a essi si possa applicare una
causalità di tipo matematico. Il metodo delle scienze dello spirito è dunque quello della
comprensione, che Dilthey concepisce come un rivivere dall’interno la consapevolezza e
l’intenzionalità dei soggetti coinvolti.
Georg Simmel= comprensione come immedesimazione o empatia, ovvero
<<ricreazione nella mente dello studioso dell’atmosfera intellettuale, dei pensieri, sentimenti
e motivazioni propri degli oggetti del suo studio>>.
Lo sguardo dall’esterno
Il naturalismo può ammettere l’uso dell’empatia e dell’immedesimazione nel momento della
raccolta dei dati, ritenendo tuttavia che alla fine essi debbano essere oggettivati ed espressi
nel quadro di teorie esplicative, che guardano il mondo sociale dall’esterno.
Emile Durkheim= il vero punto di forza della sociologia consiste nella possibilità di
chiarire aspetti delle pratiche sociali di cui neppure gli stessi agenti sono consapevoli. Lo
studio sul suicidio: una pratica che sembra legata a motivazioni indime e soggettive finisce
per apparire dipendente da oggettivi fattori sociali che solo un’analisi dall’esterno può
individuare. Ma gli individui non sempre sono i migliori interpreti di sé stessi: le loro
intenzioni, motivazioni, pulsioni e desideri non corrispondono necessariamente al loro
comportamento. Anche questo è determinato da forze esterne che possono essere colte
dalla loro coscienza (ad esempio le pressioni del potere, il conformismo sociale, le pulsioni
dell’inconscio). Uno studio puramente interno ed empatico non riuscirebbe a evidenziare
questi fattori e riprodurrebbe la limitatezza del punto di vista degli agenti sociali.
Comprensione e significato delle pratiche
L'approccio “comprendente” non consiste nel rivivere gli stati di coscienza dei personaggi
storici o degli agenti sociali in una sorta di esperienza psicologica. Sottolinea piuttosto che il
significato che gli agenti attribuiscono alle loro pratiche è costitutivo di quelle pratiche stesse
in quanto fatti sociali. Lo storico, il sociologo o l’antropologo non possono limitarsi a
osservare e descrivere dall’esterno, ma devono provare a cogliere questi significati. Senza<