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FORTEZZA
Ora parliamo invece della fortezza, per parlare di questa virtù possiamo partire dai ricordi, una volta ad esempio
i genitori insegnano ai figli a non fuggire dalle difficoltà, ed essere responsabili delle proprie scelte sin da piccoli
e questo atteggiamento poteva aiutare poi, una volta adulti ad affrontare le cose in modo diverso. Al giorno d’oggi
sembra che i genitori si comportino in modo molto diverso; infatti, proteggono troppo i figli invece di esporre.
Così facendo possiamo dire che la nostra generazione, è una generazione di persone molli che dinanzi alla prima
difficoltà cadono.
Il dato da cui partire è la paura, senza la paura di affrontare un giudizio, di fallire, non c’è la fortezza.
Si può essere forti solo se si ha la paura e qui c’è la funzione fondamentale di questa virtù, fare i conti con le
nostre difficoltà.
Il secondo elemento è il coraggio, il coraggio implica la scelta di correre il rischio piuttosto che fuggire.
Declinando questa fortezza al digitale un primo aspetto è sicuramente relativo al conformismo, molto spesso
nella rete, vi è un ambiente profondamente conformista. Uno dei fattori che servono a descrivere l’avvento di
questi media è il superamento della comunicazione tipica dei media di massa. Possiamo fare l’esempio dei
totalitarismi.
Al giorno d’oggi, invece, vediamo che le cose si sono un po’ ribaltate infatti non più con i mezzi di massa ma con
la comparsa e la diffusione di internet, del web, le cose son cambiate, perché per comunicare non occorre più
avere il supporto delle radio e della televisione, ma chiunque può farlo attraverso il telefonino. Quindi si tratta di
una rivoluzione, se prima al tempo dei media di massa la comunicazione avveniva dall’alto ora grazie ad internet
di organizza dal basso.
Essere forti vuol dire non cedere al conformismo.
Altro problema è quello di vincere l’omertà
Al giorno d’oggi il problema della legalità, i comportamenti scorretti e violenti sono al centro dell’attenzione,
soprattutto tra gli adolescenti. La diffusione dei media digitali, anche nelle scuole, ha portato sotto i riflettori
questi fenomeni, che esistono da tanto ovviamente, ma mai come oggi sono recepiti così in maniera urgente.
TEMPERANZA
Facoult direbbe che la temperanza è una tecnologia del sé e cioè una tecnica attraverso cui l'uomo lavora su sé
stesso per cercare un equilibrio. Non provare dolore, azzerare le passioni diventa un ideale etico. Possiamo dire
che la temperanza è questo: controllarsi per non abbandonarsi agli eccessi, per non consentire alle passioni o
ai piaceri di prendere il sopravvento. Nel 95 Menduni, un docente universitario, lancia una sperimentazione il cui
obbiettivo era ridurre i consumi televisivi dei preadolescenti attraverso una dieta a punti.
Così come un la dietra equilibrato è quella in cui si mangia tutto nelle giuste quantità, così avviene anche con la
visione della televisione.
Nella prima fase della sperimentazione vengono assegnati dei punti ad ogni trasmissione televisiva così che il
ragazzo usi questa dieta per controllare il proprio consumo rimanendo entro un tot di punteggio giornaliero.
Vengono somministrati un questionario conoscitivo prima della sperimentazione, uno alla fine della
sperimentazione e un ultimo dopo 6 mesi e ne viene fuori che i consumi si assestano su un -20% rispetto
all'inizio.
Oggi i dispositivi elettronici di cui disponiamo ci consentono di prolungare l'esperienza del consumo oltre lo
spazio della casa e ci fanno stare connessi ovunque e in ogni momento.
Ma qual è la giusta dose di utilizzo? Non si possono fare discorsi generalizzanti perché i contesti e le persone
sono differenti. Bisogna quindi attivare nel ragazzo un processo riflessivo che lo porti a capire i limiti entro i quali
rimanere.
La temperanza proprio perché insegna l'autocontrollo è sempre stata associata all'esperienza della tentazione.
Essere temperanti significa resistere alle tentazioni.
René Girard ha fornito un'interessante lettura della tentazione legandola al tema del desiderio triangolare e del
capro espiatorio. Studiando la parabola del romanzo borghese ottocentesco egli si rende conto di come si
ripropongano le stesse modalità: l'azione del protagonista non si deve pensare come orientata all'oggetto del
proprio desiderio ma attraverso la triangolazione del desiderio, nel desiderio del proprio modello. l'esempio è
rappresentato da madame bovary tutta impegnata a orientare la propria esistenza non secondo le sue
aspirazioni ma secondo i desideri delle eroine delle sue letture.
Secondo Girard Emma bovary è la spiegazione perfetta del mimetismo che genera
violenza :se desideriamo imitando il desiderio degli altri alla fine non ci distingueremo dagli altri e sarà inevitabile
desiderare la stessa cosa e fare di tutto per ottenerla. Nel web è possibile vedere la versione attuale del
mimetismo attraverso i social.
Ad esempio Askfm è un social in cui si accede per porre domande mantenendo l'anonimato e questo alimenta
il mimetismo malvagio e crea violenza. O ancora possiamo pensare al gaming o al sesso che attraverso il web
creano forti dipendenze.
Per esempio Porn hub libera il consumatore dall'imbarazzo dell'acquisto rendendo i contenuti sempre
disponibili. Il dilagare della pornografia online di massa sta imponendo una dittatura di nuovi codici erotici,
misure e prestazioni che costituisce un esempio di quel " desiderare secondo il desiderio altrui"
Giustizia
L’esperienza di ciò che è giusto o ingiusto ci interessa fin da piccoli. Ma cosa è giusto? La risposta a questa
domanda ha interessato i filosofi per secoli producendo due tipi di prospettiva. La prima è quella di tutti coloro
che optano per una fondazione trascendentale della giustizia come i greci che pensavano ad un ordine di tutte
le cose, chiamando ingiustizia la compromissione di quest’ordine.
Nel medioevo Tommaso D’Aquino afferma che la legge naturale è un riflesso della legge eterna. La giustizia degli
uomini è il riflesso della giustizia divina quindi essere giusti significa fare la volontà di Dio.
La seconda prospettiva nasce da due criticità che questa prospettiva alimenta. La prima è legata alla domanda
Chi può fare la volontà di dio? Secondo i fondamentalismi religiosi è Dio che ci rende giusti e attraverso la
giustificazione ci salva anche se non lo meritiamo. La seconda invece mette in rilievi il concetto di pluralismo. In
una situazione di pluralismo il rischio che ognuno si riferisca solo al proprio credo e che quindi ci si trovi dinanzi
ad una molteplicità di idee è forte. Nasce da qui l’esigenza di trovare una definizione di giusto che incontri
l’adesione di tutti.
Karl Otto Apel costruisce la sua fondazione di giustizia sulla conoscenza riconoscendo in essa lo spazio
principale dell’agire umano. Quali sono le condizioni ultime affinché la comunicazione sia possibile? La giustizia
è una di queste condizioni.
Una prima dimensione della giustizia nel caso del web ha a che fare con l’accesso. Online ormai è possibile fare
di tutto quindi se viene negato l’accesso può generare forme di civilizzazione dimezzata. L’accesso può non è
garantito a tutti , come dimostrato tramite la ricerca condotta tra la Provincia di Brescia e l’area di Addis Abeba
in Etiopia sull’utilizzo di computer Xo.
Poiché ci sia giustizia è necessario che vi siano pari opportunità di comunicazione ma questo è sufficiente? La
risposta passa attraverso la constatazione che l’essere giusti implica transitività e reciprocità. Giustizia è quel
valore sociale per cui si riconoscono i diritti altrui come si vorrebbero rispettati i propri. Ma vediamo come
possiamo parlare di giustizia digitale. Gli aspetti da considerare sono:
- Disponibilità (open source, software senza costi per l’utente)
- Accessibilità (no alle discriminazioni, eliminando le barriere architettoniche, come ad esempio tastiere
troppo piccole, o eccessive fonti sonori)
- Inclusione (Consentire l’accesso alle risorse a tutti)
La Fede
La fede, insieme alla speranza ed alla carità, è una virtù canonica e cioè una virtù specifica del credente. Nel
caso della fede, la dinamica umana ha a che fare con due esperienze fondamentali. La prima è sottesa a tutte
quelle volte in cui sentiamo una voce che reputiamo esagerata e ci viene spontaneo non crederci. Molte delle
nostre conoscenze non sono basate sull’evidenza. Vuol dire che non siamo in grado di riscontrarle con certezza
personalmente ma le assumiamo come vere. Ma cosa è credibile? Tutto ciò che conferma le nostre idee e che
non discosta troppo da ciò che siamo abituati a vedere.
E le eccezioni? Questo è il primo ambito in cui la fede riguarda la nostra esperienza di visitatori del web e quindi
l’assenso che siamo invitati spesso a dare a cose che non conosciamo realmente. La seconda esperienza
riguarda invece tutte quelle volte in cui qualcuno cerca di convincerci di qualcosa e la difficoltà sta nel ritenere
affidabile la persona. Nel web questo tipo di esperienza è quotidiana e ci mette di fronte al dubbio se fidarci o
no.
Oggi si fa fatica a credere che una trattazione scientifica possa essere basata su fonti internet infatti l’assenza di
riferimenti della letteratura tradizionale pare sintomo di scarsa accuratezza.
Un discorso analogo vale per i diversi tipi di fonte. Wikipedia ad esempio è una fonte ammissibile? La risposta è
no, cosi come non possono essere accettate le enciclopedie o i dizionari poiché si tratta di opere di consultazioni
e non analisi specifiche sull’argomento. Nel caso di Wikipedia inoltre si aggiunge il fatto di essere gestita da
sconosciuti e non da specialisti. Essa è un esempio efficace di come si costruisca conoscenza sul web, dal
basso in modo collaborativo.
Chiunque può modificare una voce già esistente al fine di perfezionarla. Si tratta di un processo di intelligenza
collettiva: la collaborazione garantisce di mettere in prospettiva lo stesso oggetto secondo punti di vista diversi.
La diffidenza deriva quindi non tanto dal web quanto dal nuovo modo di riconoscere l’autorevolezza di una fonte.
Fin dal medioevo una fonte è autorevole se reca un’iscrizione di autorialità. Il lettore tende a fidarsi dell’editore
che stampa convincendosi che se è stampato è d’autore. Ma siamo sicuri che questo sia garanzia di eccellenza
delle fonti? Un editore può scegliere di pubblicare per svariate ragioni, tra cui motivi di interesse, che sp