ESEMPI LATINI DI PERIFRASI
43. Verg. Aen. 12, 247 (fulvus Iovis ales= l'aquila)
Namque volans rubra fulvus sacer ales in aethra
Traduzione: Infatti, volando, l’uccello sacro rosso e fulvo nel cielo
LITOTE
La litote è la negazione del contrario (grande/piccolo = non piccolo). Il procedimento è quello della
perifrasi (una litote è una perifrasi): l’effetto è, non di rado, ironico. “Ironia di dissimulazione” la
definisce Lausberg. Una metafora ironica costituita da una perifrasi nella forma di una litote è il
celebre attacco manzoniano: Es. Promessi sposi “Don Abbondio non era un cuor di leone”, negazione
del contrario. A volte la litote è attenuativa, una perifrasi eufemistica o un modo di dire che reca
traccia di scongiuri. Ma non tutte le volte che si nega si intende accentuare iperbolicamente il
contrario, o fare dell’ironia dissimulata.
ESEMPI LATINI DI LITOTE
44. Quint. 10, 1, 12
‘scio’: ‘non ignoro’ et ‘non me fugit’ et ‘non me praeterit’
Traduzione: So: non ignoro, non mi sfugge e non mi passa inosservato
45. Hor. Carm. 3, 13, 2
O fons Bandusiae, splendidior vitro,
dulci digne mero non sine floribus
Traduzione: O fonte di Bandusia, più splendente del vetro, degna di dolce vino, non priva di fiori.
46. Prop. 1, 8, 17
sit Galatea tuae non aliena viae
Traduzione: Possano il mare e il vento essere favorevoli per rendere il tuo viaggio rapido e
Tranquillo
La Possano condurre lontano da lui velocemente, augura che il viaggio non avvenga così
che lei possa rimanere con lui.
47. Carm. 1, 23, 1 ss. (come forma di rilievo intensivo)
Vitas inuleo me similis, Chloe,
quarenti pavidam montibus aviis
matrem non sine vano
aurarum et silvae metu
Traduzione: Cloe tu mi fuggi simile a un cerbiatto che cerca sui monti impervi la ansiosa madre non
senza vano timore ma con timore del vento e del fogliame.
Orazio esprime nel primo verso un processo di filiazione del modello greco. Procedimento critico che
si basa sull’imitare della poesia è un’innovazione.
48. Catull. 96, 5 s.
Quintiliae, quantum gaudet amore tuo
Certe non tanto mors immatura dolori est
Traduzione: Certamente la morte prematura di Quintilia non è per te motivo di dolore quanto gioisce
del tuo amore.
Catullo è obbligato socialmente di rispondere in versi e consolare. Catullo oppone il dolore di
Quintilia alla gioia dell’amore.
49. Catull. 66, 75 s.
non his tam laetor rebus, quam me afore semper,
afore me a dominae vertice discrucior.
Traduzione: non sono tanto lieto di queste cose, quanto sono tormentato dal fatto che io sia sempre
lontano, lontano da me dal vertice della mia padrona.
Sbilanciamento sul sentimento che vince, nel carme 96 era invece attenuato.
IPERBOLE
Superlatio in latino, è un procedimento di amplificazione crescente. Nella definizione di Lausberg la
si definisce una figura con l’intenzione non di ingannare, ma di condurre proprio alla verità e di
imprimere ciò che si deve realmente credere, attraverso ciò che l’iperbole dice di incredibile. È un
tropo che appartiene all'audacio ornatus, procedimento che serve a destare nel pubblico intenzioni
forti. Si tratta dell’eccesso, l’esagerazione nell’amplificare o nel ridurre la rappresentazione della
realtà mediante espressioni che, pur dilatando o restringendo oltre il vero i connotati di ciò che si
comunica, mantengono col vero una qualche lontana somiglianza. Fontanier sottolinea il fatto che
l'iperbole purché sia efficace deve essere verosimile. Iperbole può essere sia figura intesa come
superamento graduale, come sostituzione della parola propria e univoca ed è applicata soprattutto a
categorie dello spazio, ma può essere anche combinata per categorie che non siano spaziali, in
quest’ultimo caso si parla di iperbole combinata con altri tropi.
ESEMPI LATINI DI IPERBOLE
50. Verg. Aen. 1, 103 (pura, su categorie dello spazio)
[procella] fluctusque ad sidera tollit
Traduzione: una tempesta urta di fronte la vela e leva i flutti alle stelle.
IPERBOLE PURA applicata alla categoria dello spazio.
51. Verg. Aen. 4, 231
Totum sub leges mitteret orbem
Traduzione: Sottomettere alle Leggi tutto l’orbe. Rientra nella missione fondatrice di Enea. Il latino
considera la subordinata solo nell’ambito dell’esperienza del soggetto.
52. Hor. Carm. 1, 1, 36
Sublimi feriam sidera vertice
Traduzione: Toccherò le stelle col capo sublime.
Verbo con eccesso di sfumatura, Orazio vuole esprimere qualcosa di più forte. Non vuole ferire forte,
ma solo toccare il cielo. Usa questa licenza per elevare la lingua poetica sopra le formulazioni pure e
precise che però appartengono alla prosa, vuole tendere verso l’alto, vuole esprimere un movimento
all’insù (es. In italiano “toccare il cielo con un dito). I commentatori di Orazio dicono che anche in
latino c’era il rischio di sfociare nella volgarità, ma non è questo il caso.
53. Stat. Ach. 1, 100
Feriunt vada Thessala plantas (di Thetis)
Traduzione: i guali tella Tessalia feriscono le piante (dei piedi) di Tessala.
Il verbo ferire è molto forte rispetto al contesto, si riferisce alla dea.
54. Rhet. Her. 4, 33, 44
Quodsi concordiam retinebimus in civitate, imperii
Magnitudinem solis ortu atque occasu metiemur
Traduzione: Se manterremo la concordia nella civitas mostreremo la grandezza dell’impero dalla
nascita del sole al tramonto, cioè da Oriente a Occidente.
56. Verg. Ecl. 1, 59-62 (adynaton: iperbole in forma di Paradosso)
Tityrus: ‘Ante leves ergo pascentur in aethere cervi
Et freta destituent nudos in litore piscis,
ante pererratis amborum finibus exul
aut Ararim Parthus bibet aut Germania Tigrim,
quam nostro illius labatur pectore vultus’
Traduzione: “Prima che i cervi leggeri pascolino nell’aria e che i mari lascino i pesci abbandonati
sulla riva, prima che un esule percorra i confini di entrambe le terre, o che il Parto beva dall’Arar o
il Germano dal Tigri, che il suo volto scivoli dal mio cuore.”.
C’è un’iperbole in forma di paradosso che esprime la possibilità che qualcosa avvenga rispetto a un
altro fatto ritenuto impossibile.
Ararim= in realtà è un fiume della Gallia, ma viene messo qui per mantenere l’accusativo; i nomi
dei due fiumi sono messi ai poli del verso, ma si riferiscono ai termini opposti rispetto a quelli in cui
sono collocati.
Germania= metonimia, il luogo per il popolo;
Parthus= sineddoche, il singolare per il plurale.
57. Verg. Aen. 12, 202-210 (il concetto ‘mai’ viene concretizzato Dal ‘subentrare di una
impossibilità della natura’: adynaton,termine che proviene dalla reductio ad impossibile di
Aristotele)
‘Nulla dies pacem hanc Italis nec foedera rumpet,
quo res cumque cadent; nec me vis ulla volentem
avertet, non, si tellurem effundat in undas
diluvio miscens caelumque in Tartara solvat,
ut sceptrum hoc’ (dextra sceptrum nam forte gerebat)
‘ numquam fronde levi fundet virgulta nec umbras,
cum semel in silvis imo de stirpe recisum
matre caret posuitque comas et bracchia ferro,
olim arbos’
Traduzione: Nessun giorno romperà questa pace per gli Italiani, né alcun trattato sarà infranto,
qualunque cosa accada. Né alcuna forza mi distoglierà, nemmeno se la terra sarà sommersa dalle
onde e il cielo si scioglierà in un diluvio, riversandosi nei Tartari. Questo scettro [giacché egli teneva
lo scettro nella mano destra] non farà mai più nascere virgulti dalle foglie sottili né ombre, quando
una volta tagliato dalla radice più profonda della foresta, privo della madre, l’albero non avrà più
né rami né foglie, e sarà stato sradicato con il ferro.”
ANTONOMASIA
L’antonomasia consiste nell’usare al posto di un nome proprio, un epiteto o una perifrasi che
esprimano una qualità caratterizzante l’individuo nominato. L’antonomasia è perciò considerata una
variante sia della perifrasi che della sineddoche. Abbiamo a che fare con la sostituzione di un termine
specifico con uno genico. L’antonomasia avviene quando:
- Un nome comune sta per un nome proprio (il re, il musicista, il maestro, il filosofo)
- Un nome proprio sostituisce un nome comune: mecenate e anfitrione non sostituiscono soltanto,
ma sono diventati nomi comuni per indicare rispettivamente un protettore o finanziatore di
artisti e di arti, e un padrone di casa generoso e ospitale, meglio se splendido.
- Un nome proprio sta per un altro nome proprio.
- Un nome comune è usato sia per il nome proprio di un individuo, sia per il nome comune della
specie o categoria a cui questo viene assegnato.
ESEMPI LATINI DI ANTONOMASIA
58. Verg. Aen. 1, 65
divum pater atque hominum rex (Iuppiter)
59. Inf. 4, 131
‘l maestro di color che sanno (Aristotele)
60. Hor. Carm. 4, 15, 21-24
Non qui profundum Danubium bibunt (Daci),
[…] non Getae,
non Seres infidique Persae,
non Tanain prope flumen orti (Sciti)
61. Ov. fast. 1, 228 (a partire dall’attributo)
...placidis ita rursus, ut ante,
clavigerum verbis adloquor ipse deum (Giano, dio della porta)
62. Soph. Phil. 69 Troia = “pianura di Dardano”; Eur. Hipp. 34
Atene = “terra di Cecrope”; Catull. 64, 79 Cecropia dapes =
tributo in ragazzi e ragazze che Atene doveva inviare a Creta
(antonomasia a partire dall’antichità)
65. antonomiasia vossianica (Vossio estese all’antonomasia la Reversibilità della sineddoche):
‘mecenate’: protettore delle Arti e delle scienze (da Mecenate); ‘cicerone’: guida turistica
(da Cicerone); sosia da Sosia; Anfitrione quale padrone di Casa che intrattiene i suoi invitati
(Plaut. Amph.); ‘quel Ragazzo è un Einstein’ (un genio); ‘Mario è un Demostene’ (un grande
oratore)
ANTONOMASIA AL CONTRARIO ENFASI
L’enfasi è affine alla sineddoche “di spazio maggiore” e all’antonomasia, è dare a intendere più di
quanto esplicitamente detto. Ciò che gli antichi chiamarono enfasi è noto modernamente col nome di
pregnanza di significato. L’enfasi consiste nell’andare oltre la superficie dell’enunciato.
ESEMPI LATINI DI ENFASI
66. Quint. 8, 3, 86
Est in vulgaribus quoque verbis emphasis : « virum esse oportet» (un vero uomo, saldo e sicuro), et
« homo est ille » (soltanto Un uomo debole, soggetto all’errore), et « vivendum est» (campare)
67. 67. P. Levi, Se questo è un uomo
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