Secondo Arrighi, Brenner trascura tre aspetti che in realtà sono cruciali nel
determinare le origini, il modo in cui si sviluppa, il modo in cui la crisi viene
risolta. Si parla di: ruolo del conflitto di classe tra capitalisti e lavoratori,
l'impatto della decolonizzazione, il ruolo della finanza dentro la crisi. Per quanto
riguarda il primo aspetto, Arrighi mette in luce che la conflittualità sociale non
può essere tenuto in secondo piano come fa Brenner, secondo il quale il
conflitto tra capitale e lavoro (conflitto verticale) non è stato all’origine della
contrazione dei profitti di fine ‘900. Questo perché il capitale, per Brenner, ha
sempre la possibilità di aggirare la forza del movimento dei lavoratori
spostandosi dove questa forza è più debole. Per Arrighi il conflitto verticale, tra
lavoratori e capitale, ha giocato un ruolo fondamentale sia nelle origini sia nel
corso della crisi degli anni ’70. La crisi degli anni nasce non solo dal
meccanismo di competizione inter capitalista, come afferma Brenner, ma
anche dall’intensificarsi della conflittualità sociale, che è un elemento
all’origine della depressione dei profitti. Inoltre, il ruolo del terzo mondo è un
altro degli aspetti che Brenner trascura. L’analisi di Brenner si concentra su
Giappone, Germania e Stati Uniti, e sulla competizione tra loro come origine
della crisi. Arrighi afferma che la posizione di Brenner è scarsamente
giustificabile alla luce dei dati economici, perché il peso di questi tre stati da un
punto di vista economico è importante ma non esaurisce il quadro economico,
sia alla luce della produzione manifatturiera globale, dove il peso di questi tre
stati lentamente cala a beneficio di altri Stati, come ad esempio la Cina. Il
punto di vista di Brenner cancella la politica internazionale, non tiene conto del
peso dei rapporti politici internazionali nel determinare la crisi e nel
condizionare il corso. In particolare il peso dei rapporti tra i paesi centro del
sistema e la periferia, aspetto che secondo Arrighi è essenziale per capire la
crisi degli anni ’70.
Infine, Brenner concetra eccessivamente la propria attenzione sul declino
dell’industria manifatturiera americana, ma non presta attenzione al fatto che
le società non finanziarie abbiano incrementato sempre più i propri
investimenti in prodotti finanziari. Arrighi, invece, mette in luce la crescente
finanziarizzazione dell’economia, per cui i profitti vengono sempre più
dall’investimento finanziario per il capitalismo avanzato. Questo elemento
caratterizza la crisi degli anni ’70 e determina l’ondata inflazionistica: i capitali
vengono liberati e cercano un impiego nel corso degli anni ’70, ma alimentano
la crescita dei prezzi. La finanziarizzazione è una delle ragioni della svolta di
fine anni ’70. Arrighi considera, a differenza di Brenner, che la crisi degli anni
’70 non è semplicemente economica, del capitalismo, ma sia una crisi di
egemonia (nel senso gramsciano del termine), rappresenta l’inizio della crisi
dell’egemonia degli Stati Uniti.
Nixon 15/08/1971: cosa succede?
Gli Stati Uniti si trovano in difficoltà rispetto alla competizione che gli viene
mossa dagli altri grandi paesi capitalisti: il meccanismo dello sviluppo ineguale,
che loro stessi hanno alimentato e favorito, perché il successo di quel sistema
ha prodotto la crescita dei competitori che ne minano la stessa supremazia
economica, rappresentano una minaccia per il mantenimento della leadership
economica statunitense. Gli stati Uniti si trovano all’inizio degli anni ’70 nella
necessità di dover rispondere a quella che è una crisi strutturale del
capitalismo, sottoposto alla sferza e alla concorrenza degli altri capitalisti.
Gli Stati Uniti rispondono con la svalutazione competitiva del 15/08/1971. Nixon
annuncia la
sospensione temporanea della convertibilità del dollaro in oro, è una misura per
rispondere
alla crisi di competitività statunitense. L’impegno era diventato troppo gravoso
per il dollaro, il
tasso di cambio stabilito 37 anni prima, nel 1934, faceva sì che ora il dollaro
fosse molto
sopravvalutato rispetto agli andamenti dell’economia negli ultimi anni.
Il segretario Connally è promotore di questa linea, ed è una figura centrale che
affermò: “il
dollaro è la nostra valuta, ma il vostro problema”. Gli Stati Uniti non erano più
disposti a
prendersi il carico del mantenimento della prosperità del sistema e del mondo
occidentale,
avevano bisogno di recuperare quella competitività persa. Il segretario
continuò affermando:
“Siamo stati generosi nei nostri anni di prosperità e ora ci aspettiamo di essere
generosi nel
condividere i nostri problemi”. Lo stesso atteggiamento fu sottolineato da un
altro
responsabile economico dell’amministrazione Nixon, George Shultz, il quale
annunciò
“Babbo Natale è morto”, facendo intendere che gli Stati uniti non avevano più
intenzione di
subire passivamente la competizione economica degli altri paesi.
Quindi gli Stati Uniti inaugurano questo corso della svalutazione proprio per
rispondere alla
sfida competitiva degli altri paesi. A partire dal 1971 comincia l’andamento di
svalutazione
che continua fino alla fine degli anni ’70. Questi tentativi non hanno degli
effetti molto visibili,
ma la bilancia commerciale statunitense comincia a recuperare, a metà degli
anni ’70 si
registra un consistente attivo che poi precipita negli anni successivi. Verso la
fine degli anni
’70 (1977-1978), il tentativo degli Stati Uniti di competere con Germania e
Giappone,
attraverso la svalutazione, ha un qualche successo. Tuttavia, la crisi persiste e
non si risolve
nei decenni seguenti per due ragioni: una ha a che fare con il comportamento
delle imprese,
l’altra ha a che fare con l’azione dei governi.
Differenze tra Stresemann e Hitler
Guardando la storia del ventesimo secolo, due temi hanno dominato la storia
tedesca, il perseguimento del progresso economico e della guerra. Sarebbe
errato infatti negare come vi sia una forte continuità tra il dibattito tedesco
degli anni Venti e Trenta e il lascito imperialista della Germania Guglielmina.
L’occupazione della Ruhr da parte della Francia nel 1923 determinò il
rafforzamento di un sentimento revanscista. Tuttavia se la Germania di Weimar
perseguiva una strategia revisionista, volta a modificare il sistema di Versailles
con mezzi pacifici, gli ultranazionalisti volevano abbattere il sistema tramite la
forza militare. Il Cancelliere Gustav Streseman, forte militarista durante la
guerra, asserì che la forza della Germania data l’estrema debolezza
conseguente alla sconfitta militare, aveva bisogno di credito e doveva
impostare una strategia basata sul rafforzamento economico. Un grande
successo del Cancelliere Streseman venne rappresentato dall’adozione del
Piano Dawes, una lunga serie di aiuti economici statunitensi alla Germania.
Grazie all’afflusso di capitali statunitensi, la Germania poté riprendersi
economicamente e pagare via via le riparazioni di guerra alle potenze
dell’Intesa, le quali a loro volta ripagavano gli Stati Uniti. Mentre Streseman
riteneva che il ritorno della Germania sulla scena internazionale e la revisione
del sistema di Versailles dovesse avvenire tramite strumenti pacifici, Hitler
riteneva che fosse necessario conquistare militarmente uno “spazio vitale” in
Europa Orientale. In particolare il futuro dittatore tedesco provava un’enorme
ammirazione per il dominio totale statunitense sull’industria automobilistica,
determinato a suo dire dall’immane mercato interno americano che garantiva
la possibilità di adottare particolari tecnologie produttive. Ergo secondo Hitler,
l’unico modo per garantire la sopravvivenza della Germania era quella di creare
un grande spazio vitale che garantisse un costante afflusso di risorse e un
possente mercato interno. Viceversa Streseman riteneva che l’indebolimento di
Regno Unito e Francia a seguito del conflitto e l’ascesa statunitense
rappresentassero un’opportunità per una rinascita della Germania. Lo scontro
tra tali opposte visioni vide una pesantissima sconfitta di Hitler nel 1928, alla
quale fece da contraltare una generale tenuta dei partiti sostenitori del sistema
di Weimar. Tuttavia tra il 1928 e il 1929 il sistema iniziò a crollare in virtù di una
convergenza di fattori: l’elezione di Herbert Hoover alla Presidenza degli Stati
Uniti, la quale comportò l’adozione di diverse misure protezioniste a danno dei
prodotti manifatturieri europei. Si diffuse pertanto un generale sentimento di
pessimismo in virtù della scarsa volontà statunitense di impegnarsi a garantire
un nuovo credito a lungo termine alla Germania. Per Stresemann la
ricostruzione della Germania, sull’orlo del collasso a causa della gestione delle
riparazioni economiche della prima guerra mondiale, era basata sulla politica di
una collaborazione transatlantica tramite la quale la leadership tedesca si
sarebbe potuta riaffermare con l’utilizzo di strumenti politici ma soprattutto
pacifici. Questa politica prevedeva la strategia dell’“Atlanticist Strategy of
fulfillment”, ovvero un piano internazionalista che mirava al raggiungimento di
una partnership transatlantica attraverso un revisionismo pacifico. Quindi
grazie alla distensione dei rapporti con le potenze che erano state nemiche
durante la guerra, il programma avrebbe potuto revisionare in maniera pacifica
delle clausole di Versailles e restaurare il ruolo della Germania come grande
potenza in primo luogo economica. Metodo contrastante con la visione
Hitleriana che condanna la democrazia di Weimar e mostra una totale sfiducia
nello strumento di interdipendenza economica come criterio per la riconquista
del ruolo di potenza globale. Secondo Edward Carr Hitler voleva la guerra, ma
che di fatto l’obbiettivo di sovvertire il sistema di Versailles fosse condiviso con
a Repubblica di Weimar, nei fatti l’unico elemento differente risultava essere il
mezzo. Nel primo caso mezzi pacifici, nel secondo la forza militare.
Hitler riteneva che tramite l’ideologia del libero commercio la Germania
sarebbe stata
schiacciata dalla supremazia anglosassone e che necessitava della creazione di
uno spazio
vitale per la sopravvivenza del popolo tedesco. L’obiettivo del cd Lebensraum
(spazio vitale) prevedeva in primo luogo la riconquista dei territori persi con il
trattato di Versailles e al contempo l’instaurazione di un piano
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