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I linfociti T helper II spingono il differenziamento e lo sviluppo degli

eosinofili, dei mastociti e lo switch isotipico delle cellule B. Le

immunoglobuline di classe E, una volta prodotte, vanno a legarsi a

Th1 Th2

recettori della classe FcεR sugli eosinofili e i mastociti, bloccando i

linfociti T helper II e la colonizzazione dei linfociti T helper I, nonché i

macrofagi M1.

Vi sono dei meccanismi di resistenza alla base della leishmania, tra cui l’inibizione dell’interferone

gamma (INF-γ). I macrofagi vengono captati e attivati e, nelle cellule infettate, possono uccidere il

patogeno. L’attivazione dei macrofagi è un processo dipendente dai linfociti T helper I.

A seconda della classe di linfociti T helper attivata, un’infezione da parte del

Mycobacterium leprae può manifestarsi con due diverse forme cliniche,

ossia la lebbra tubercoloide o la lebbra lepromatosa. La lebbra

tubercoloide è un tipo di lebbra a bassa infettività, in cui sono reclutati i

linfociti T helper di classe I, e dà un’infezione localizzata, una normale

risposta immunitaria da parte delle cellule T ed un normale siero Ig, ossia i

livelli di anticorpi (immunoglobuline) nel siero sono entro i range di

riferimento e non si evidenziano anomalie. Inoltre, vi è una minima crescita di

micobatteri nei macrofagi. La lebbra lepromatosa, invece, è un tipo di lebbra

ad alta infettività, in cui sono reclutati i linfociti T helper di classe II, e dà

un’infezione disseminata, un’ipergammaglobulinemia, ossia una

condizione caratterizzata da un aumento dei livelli di immunoglobuline

(anticorpi) nel sangue, una mancanza di risposta immunitaria ed una crescita

florida di micobatteri nei macrofagi. Nell’immagine a sinistra, è possibile

osservare una forma dermata della lebbra tubercoloide, mentre nell’immagine a

destra vi sono due esempi di lebbra lepromatosa. Sempre a destra, è

riportato anche il vetrino istologico che si visualizza durante

un’infezione da lebbra tubercoloide o lepromatosa.

Il meccanismo di base delle reazioni immunopatogene di tipo I può essere

diviso in due parti:

1. una prima fase, detta fase allergi-sensibilizzante o allergizzante, in cui lo

scopo è quello di produrre le immunoglobuline di classe E;

2. una seconda fase, detta fase di risposta.

Quando arriva l’antigene, come può essere il polline o un derivato della penicillina, viene captato dalle

cellule APC (cellule presentanti l’antigene ai linfociti T helper di

classe II). I linfociti T helper di classe II inducono lo switch isotipico

delle cellule B. Al secondo contatto con l’antigene, a distanza di tempo

dalla prima esposizione, l’allergene non viene

più captato per fagocitosi dalle cellule APC, ma

viene direttamente riconosciuto dalle

immunoglobuline posizionate sui mastociti,

mediante un processo di cross-linking. Lo

scopo del cross-linking è quello di legare due

immunoglobuline di classe E distanti e di avvicinare i recettori, provocando la

degranulazione.

Nell’immagine a destra, è rappresentata la trasduzione del segnale del

recettore FcεR presente sulla membrana dei mastociti. I pathway sono i classici

studiati, quelli che coinvolgono le MAPK (MAP chinasi, o Mitogen-Activated

Protein Kinase), RAS, PI3K (fosfoinositide 3-chinasi o

fosfatidilinositolo-3-chinasi) o fosfolipasi γ.

Per quanto riguarda lo switching delle Ig E, la regione di switching è composta da

regioni costanti, a seconda della classe di immunoglobuline (α, γ, δ, ε), e si

tratta di regioni ripetitive di DNA che si ricombinano fisicamente. Lo switching

si trova a monte della regione C costante. Durante lo sviluppo dei linfociti B, i

geni che codificano le regioni variabili delle catene leggere e pesanti delle

immunoglobuline subiscono una ricombinazione. Questo processo, noto come

riarrangiamento VDJ, permette di generare una vasta diversità di recettori

per gli antigeni (BCR). I linfociti B immaturi esprimono IgM sulla loro

superficie, come recettore per gli antigeni. Quando un linfocita B incontra un

antigene specifico, viene attivato. I linfociti B attivati producono IgM, che si

legano all'antigene. I linfociti B possono differenziarsi in plasmacellule, che producono IgM in quantità

elevate, o in linfociti B di memoria, che possono ricordare l'antigene. Le IgM sono i primi anticorpi

prodotti in risposta all’antigene, quindi lo switch isotipico di queste immunoglobuline permette lo sviluppo

e la produzione di altre classi di immunoglobuline.

Tuttavia, per la produzione di Ig E, vi è la necessità di tre segnali:

1. l’antigene controlla l’intero processo;

2. i linfociti T helper contribuiscono con un aiuto solubile tramite interleuchina IV o

interleuchina XIII;

3. i linfociti T helper offrono un aiuto correlato tramite CD40 L (ligando del CD40).

La subunità μ delle immunoglobuline di classe G consiste di 150 ripetizioni di

[(GAGCT)n(GGGGGT)], in cui n è compreso tra 3 e 7.

L’antigene si lega direttamente e ciò permette ai linfociti T helper di classe II di interagire sulla

presentazione antigenica, ma anche il CD40, inducendo i linfociti T helper II

alla formazione di IL-4 e IL-13, che agiscono sulle cellule B. L’interleuchina IV

e l’interleuchina XIII sono le citochine che vanno a legarsi su recettori specifici,

rispettivamente sul recettore per IL-4 e sul recettore per IL-13. Questi recettori

hanno in comune la subunità α, mentre si differenziano per il fatto che il recettore

per l’interleuchina IV ha la subunità γC e il recettore per l’interleuchina XIII ha la

subunità α1/2. Quindi, l’omologia riguarda solo una delle due

catene. Quando le due interleuchine interagiscono con il proprio

recettore, attivano una serie di chinasi, tra cui le JAK chinasi.

Le JAK chinasi iniziano a fosforilare la propria catena interna in

tirosina, permettendo a STAT-6, un fattore di trascrizione,

di traslocare nel citoplasma sulla membrana plasmatica.

Anche STAT-6, successivamente, viene fosforilato in tirosina, poi

si stacca e forma un omodimero testa-coda. Una

fosfotirosina di STAT-6 va a legarsi all’SH di un altro STAT-

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6. La dimerizzazione di STAT-6 induce la traslocazione nel

nucleo. CD40 è un TNF-associated receptor, quindi si

associa con l’aggregazione delle zattere lipidiche, e induce la

traslocazione di NF-κB nel nucleo, attraverso

l’ubiquitinazione della subunità IκBα. Tale processo serve

per individuare delle regioni specifiche sul DNA. STAT-6 agisce

a monte di NF-κB, all’inizio della trascrizione del DNA.

Quindi, la traslocazione di STAT-6 è quasi esclusivamente

dovuta al ruolo di IL-4 e IL-13, mentre la traslocazione di NF-κB, con ubiquitinazione

di IκBα, è dovuta a CD40. Si forma un complesso di

attivazione costituito da diverse subunità e diversi fattori di

trascrizione. Quando la trascrizione inizia, sono coinvolte le Ig E e

i frammenti di RNA. Attraverso lo splicing, l’RNA maturo può

essere formato. L’inizio della trascrizione determina, in base alla

regione su cui si legano i fattori di trascrizione (cioè a monte o a

valle), le differenze tra le varie Ig E. Le Ig E, quindi, non sono

sempre le stesse, e dipendono anche molto significativamente dall’antigene.

Un enzima molto importante è AID (Activation-Induced Cytidine Deaminase), da cui dipende lo

switching. Esso:

1. è espresso solo nelle cellule B;

2. è coinvolto, oltre che nello switching isotipico, anche nell’ipermutazione

somatica;

3. nei soggetti o nei topi in cui è alterato, porta assenza di switching, quindi vi è una

sola classe di anticorpi, ossia Ig M, che non hanno necessità di switching. I

soggetti con alterazioni di AID, che possono essere in condizioni di eterozigosi o

omozigosi, hanno una iperproduzione di Ig M (sindrome da iper-IgM). Si

tratta di una rara immunodeficienza caratterizzata da livelli normali o elevati di

Ig M e ridotti o assenti livelli di altre immunoglobuline (IgA, IgG, IgE), con

conseguente aumentata suscettibilità a infezioni batteriche, virali e da patogeni

opportunisti;

4. in caso di espressione ectopica in linfociti diversi dai linfociti B, può causare switching.

Le sostanze rilasciate dai mastociti sono:

1. enzimi – triptasi, chimasi, catepsina G, carbossipeptidasi;

2. mediatori tossici – istamina, eparina;

3. citochine – IL-4, IL-13, IL-3, IL-5, GM-CSF, TNF-α;

4. chemochine – MIP-1α;

5. mediatori lipidici – LTC , LTD , PAF.

4 4

Le sostanze rilasciate dagli eosinofili, invece, sono:

1. enzimi – perossidasi eosinofila, collagenasi eosinofila;

2. proteine tossiche – proteina basica maggiore, proteina cationica eosinofila,

neurotossina;

3. citochine – IL-3, IL-5, GM-CSF;

4. chemochine – IL-8;

5. mediatori lipidici - LTC , LTD , PAF.

4 4

La collagenasi eosinofila degrada il collagene nella matrice extracellulare. Quando i neutrofili e

gli eosinofili escono dai vasi, incontrano un tessuto pieno. Senza tale enzima, ossia la collagenasi, i

neutrofili rimarrebbero adesi, non si muoverebbero. Tale meccanismo di degradazione della matrice

extracellulare è comune anche ad altre cellule, ossia le cellule tumorali.

L’anafilassi sistemica è una reazione allergica IgE-mediata, in cui gli allergeni comuni sono

farmaci (come la penicillina), siero, veleni o arachidi. La via d’ingresso è endovenosa, direttamente

o in conseguenza ad un rapido assorbimento, ecco perché, in caso di dubbio, non bisogna mai prescrivere o

somministrare un farmaco endovena, ma è preferibile la via gastroenterica, in modo che, in caso di

allergia, il paziente manifesti dissenteria o diarrea. Somministrandolo endovena, si potrebbe innescare

uno shock così grave da non poter recuperare il paziente. Infatti, l’anafilassi sistemica si manifesta con

edema, un’aumentata permeabilità vasale, l’occlusione tracheale, lo shock e la morte.

Per quanto riguarda pomfo ed eritema, che rientrano sempre tra le reazioni

allergiche IgE-mediate, essi hanno come allergeni comuni le

punture di insetti e i test per le allergie, la via d’ingresso

è sottocutanea e si ha, in risposta, un aumento locale del

flusso sanguigno e della permeabilità vasale.

Altra reazione allergica IgE-mediata è la rinite allergica (o

febbre da fieno), i cui allergeni comuni sono i pollini

(graminacee, parietaria, betulla), o feci dell’acaro

della polvere. La via d’ingresso è principalmente quella nasale o orale, quindi

avviene per inalazione, e si ha in risposta un

Dettagli
A.A. 2024-2025
6 pagine
SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher learn_with_dani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Immunologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Bilancio Antonio.