TECNICHE DI PSICOFISIOLOGIA E NEUROSCIENZE
La psicofisiologia si occupa del rapporto esistente tra i processi psicologici e quelli fisiologici. Gli studiosi si
avvalgono di strumenti che permettono la registrazione e la quantificazione contemporanea di dati sia
psicologici che biologici. L'obiettivo è quello di individuare delle correlazioni, delle associazioni significative,
tra le risposte fisiologiche registrabili e i vissuti emotivi che le accompagnano. Con una emozione si verifica
una alterazione del sistema nervoso e di quello endocrino che induce nell'organismo una serie di
modificazioni. Ognuna di queste produce un segnale biologico (biosegnale), che può essere di natura
elettrica, non elettrica (esempio modificazioni pressorie), biochimico (ormoni, enzimi, ...). I biosegnali
possono essere di origine endogena quando prodotti dallo stesso organismo (esempio frequenza cardiaca),
esogena quando generati da sollecitazione esterna, o mista quando la sorgente di energia viene introdotta
all'interno dell'organismo (sostanze radioattive, ...). Una volta intercettati, di solito, vengono convertiti in
segnali elettrici, amplificati, e alla fine registrati e riprodotti con strumenti analogici o digitali. Alcuni indici
psicofisiologici di interesse clinico sono: frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria,
attività elettrotermica, tono muscolare. Le metodiche psicofisiologiche, oltre che come strumenti
diagnostici, si sono rilevate utili anche a fini terapeutici; esempio il biofeedback (BFB), con esso il paziente
impara a controllare una determinata funzione fisiologica (esempio pressione arteriosa, contrazione della
vescica) attraverso le informazioni trasmesse sull'attività del proprio corpo (feedback) trasmesse da
un'apparecchiatura elettronica. Utile ad esempio nei casi di trattamento dei disturbi d'ansia e come tecnica
per la riabilitazione motoria. Le neuroscienze indagano lo sviluppo, la maturazione ed il mantenimento del
sistema nervoso, la sua anatomia, il suo funzionamento, le connessioni esistenti tra le diverse aree cerebrali
e i comportamenti manifesti. Le neuroscienze cercano di comprendere non solo come lavora il sistema
nervoso in condizioni di sanità, ma anche, quando non funziona adeguatamente. Il funzionamento
cerebrale deficitario si mostra attraverso la presenza di disturbi dello sviluppo, psichiatrici e neurologici. I
neuro-scienziati molto spesso eseguono esperimenti controllati, attraverso tecniche di neuroimaging,
Risonanza Magnetica funzionale, Tomografia Assiale a emissione di Positroni (PET), MagnetoEncefalografia
(MEG), Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), ..., che consentono di registrare l’attività neurale e, di
conseguenza, di identificare le regioni del cervello coinvolte nello svolgimento di una serie di attività. In
questo modo si ottengono delle mappe funzionali di particolari aree del cervello imputate allo svolgimento
di specifici compiti. Se il rapporto mente-corpo è sempre stato oggetto di analisi filosofica, oggi il problema
è spostato sul tipo di rapporto sussistente tra mente e cervello nella misura in cui le neuroscienze, sul
terreno delle misurazioni e dell’analisi empirica del cervello, sostituiscono la mente (oggetto di specifica
indagine della psicologia cognitiva) con il cervello (oggetto di studio delle neuroscienze). Le neuroscienze
cercano di comprendere in quale modo i circuiti neuronali, il loro sviluppo e le loro modificazioni
costituiscono le basi neurologiche della vita emotiva, affettiva e cognitiva. L’indagine neuro scientifica si
pone allora tra il fisico e lo psichico, alla ricerca delle loro correlazioni, superando, a livello epistemologico,
la prospettiva dualista. Certo è che il cervello è assolutamente necessario per l’esistenza della mente. Più
difficile è determinare se i fenomeni mentali siano riducibili ai circuiti cerebrali in termini di secrezione
neurale. Una possibilità per capire la relazione mente cervello senza ridurre la prima al secondo è
rappresentata dalla concezione della mente intesa come proprietà emergente del cervello cioè una o più
caratteristiche che si verificano ad un livello più elevato di complessità di un sistema, esempio: le molecole
dell’acqua, idrogeno e ossigeno, non bagnano singolarmente prese mentre l’acqua sì. La mente è dunque
dovuta all’interazione dei neuroni ma è fatta di elementi (pensieri, sentimenti, ricordi) che non esistono a
livello di neuroni. Tuttavia le sensazioni e i sentimenti rivelano il loro significato solo nell’orizzonte integrale
della persona e nel tessuto esistenziale e biografico dell’esistenza. Per la comprensione della dimensione
psicologica è utile l’indagine delle strutture del sistema nervoso, ma ciò non basta a qualificare la specificità
dellcrona vita della mente che implica la dimensione soggettiva del proprio corpo cioè l’unità originaria
vivente che noi siamo e che viviamo in prima persona nel dinamismo relazionale costitutivo.
TERAPIA SOMATIZZAZIONE E DELL'IPOCONDRIA
Nella pratica clinica e terapeutica è importante distinguere la somatizzazione in: Somatizzazione Acuta: è la
più frequente perché si può presentare in chiunque come conseguenza di un sovraccarico emotivo o
dell'incapacità ad affrontare adeguatamente le difficoltà. Di solito si manifesta in modo occasionale, dopo
lunghi periodi di relativo benessere, è indispensabile collocare i sintomi all'interno di una valutazione più
ampia. Il clinico deve aiutare il paziente a collegare il suo stato di sofferenza alle circostanze che l'hanno
favorita. È necessario assumere un atteggiamento rassicurante e comprensivo, dunque la qualità della
relazione deve avere un clima di fiducia e rispetto reciproco. Per Richard Goldberg l'approccio terapeutico
più utile sarebbe: -prestare attenzione agli aspetti psicologici e alla presenza di difficoltà relazionali o
particolari eventi psicosociali attraverso un ascolto empatico, -riconoscere le origini della sofferenza
psicologica, -valutare il paziente dal punto di vista somatico in modo da rassicurarlo sul fatto che non è stato
trascurato e che non è stata trovata una patologia che richieda un trattamento medico, -fornire spiegazioni
semplici sulla sua condizione, collegando lo stress psicologico in relazione con i sintomi somatici.
Somatizzazione Cronica (persistente). I pazienti non vogliono consigli o rassicurazione, né sembrano
mostrare aspettative di un miglioramento della salute fisica, ma sono alla ricerca di qualcuno che li ascolti,
capisca e accetti. Sono importanti la personalità del paziente, lo stile di attaccamento, le difese, quasi
sempre vi è una sofferenza emotiva e alterazioni più o meno gravi del comportamento di malattia.
L'aggressività viene scaricata nel proprio corpo (reso sofferente), o proiettata sul clinico fino a percepirlo
persecutore (perché prescrive terapie sbagliate o non fa tutto ciò che è in suo potere) o incapace. Sempre in
modo aggressivo, la condizione di malattia viene usata per tormentare i familiari e per ricevere da loro
continue attenzioni. Le considerazioni evidenziate valgono anche per l'ipocondria, cioè la preoccupazione
fobica verso il proprio stato di salute, che frequentemente è accompagnata da disturbi di somatizzazione
acuti e cronici. Con i pazienti che presentano una somatizzazione cronica e disturbi ipocondriaci bisogna:
-offrire al paziente una relazione di ascolto e comprensione, -evitare di fornire rassicurazioni sugli aspetti
psicologici dei sintomi (è controproducente), -ridurre al minimo le prescrizioni di esami medici e focalizzare
l'attenzione sulle funzioni fisiologiche e sui segni dell'organismo, -incoraggiare il paziente a comunicare i
propri vissuti e ad adottare comportamenti orientati verso il benessere e la salute, -proporre visite a
scadenza regolare, ma limitare le richieste eccessive o immotivate di attenzione nei confronti della sua
condizione fisica. I fenomeni di somatizzazione e di ipocondria devono essere valutati considerando la
personalità del paziente, il suo periodo di sviluppo, la situazione familiare, culturale e sociale, e i vantaggi
primari e secondari conseguenti alla condizione di malattia. Nella maggior parte dei casi i trattamenti
vengono combinati tra loro all'interno di programmi terapeutici integrati, sono per lo più cognitivo
comportamentali e finalizzati al controllo delle percezioni somatosensoriali attraverso l'educazione, il
rilassamento, lo sviluppo di maggiori capacità di discriminazione somatica e di identificazione degli stati
mentali associati. L'intervento che si è mostrato più efficace sia per le condizioni psicologiche, sia per quelle
somatiche, è la richiesta di una consultazione specialistica formulata dal medico di famiglia (che di per sé
riduce le spese sanitarie diminuendo fino al 50% le domande di visite mediche da parte del paziente, anche
se non migliora in modo significativo i suoi disturbi fisici o psicologici). Un problema significativo riguarda le
emozioni che i pazienti sollecitano nel clinico (controtransfert). Questi pazienti, infatti, tendono a sollecitare
nell'altro reazioni quali apatia, senso di impotenza, incapacità, frustrazione, disinteresse... sentimenti che
anche se negati o taciuti vengono comunque percepiti in modo inconscio e possono influenzare la relazione
terapeutica incrinando la fiducia o inducendo il medico a reazioni difensive, come ad esempio rifugiarsi
nella competenza tecnica, nell'insistenza terapeutica, o delegare il proprio ruolo a colleghi (attraverso invii e
richieste inappropriate di visite specialistiche).
TERAPIA DEL PAZIENTE CON DIFFICOLTA DI MENTALIZZAZIONE
Questi pazienti pongono al clinico problemi specifici nella relazione terapeutica: il paziente stimola reazioni
controtrasferali di frustrazione ed insuccesso; possono presentarsi affetti negativi non mentalizzati (rabbia,
aggressività, crisi d’angoscia, …); le interpretazioni si rivelano inefficaci o dannose; può verificarsi
l’interruzione del trattamento. Indicazioni per la psicoterapia dei pazienti con difficoltà di mentalizzazione:
-creare un setting terapeutico costante, modificare orari o frequenza, ambiente, … può venire percepito
come una minaccia e comportare disorientamento e aggravamento della sintomatologia. -adottare un
atteggiamento empatico e mentalizzante facendo da contenitore psicologico degli stati mentali del paziente
contribuendo attivamente a regolarne gli stati emotivi. Ciò è più importante dell'interpretazione. Il paziente
riflettendosi nel pensiero e nelle emozioni del terapeuta, può riconoscere i propri processi mentali
raggiungendo un maggiore livello di consapevolezza e sviluppando, a sua volta, una migliore capacit&a
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