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Teoria dei costrutti personali negli anni ’50, il primo a stabilire che un individuo possiede
un sistema di categorie unico fu G.Kelly, sostenendo che ogni persona possiede una serie di
attributi (o categorie), chiamati costrutti, che ci costruiamo da soli attraverso i quali
interpretiamo la realtà, determinando il comportamento sociale.
Queste categorie sono coerenti e gerarchiche.
Le teorie implicite della personalità Schneider propone che le persone sappiano
elaborare delle teorie implicite su come sono fatti gli altri e sulla natura umana in generale.
I suoi studi dimostrarono che è importante anche la sequenza con cui acquisiamo le
informazioni.
L’impressione esteriore (la prima), come le impressioni negative, gode del vantaggio
primacy (essendo la prima della “lista” viene ricordata più facilmente).
Prototipi, categorie e schemi
Adottando la prospettiva teorica dei tratti di personalità, ci accorgiamo che non tutti gli attributi
hanno lo stesso peso nel formare le rappresentazioni degli altri.
Infatti, le impressioni sugli altri sono costruite in base a stereotipi e costrutti personali
idiosincratici.
Quando ricordiamo qualcosa, in genere, lo facciamo attraverso un’opera di strutturazione delle
informazioni.
Schemi sono strutture cognitive che rappresentano la conoscenza di un concetto.
Si formano dalle progressive esperienze, ovvero dalla rappresentazione di più informazioni
interconnesse tra loro utilizzate per comprendere la realtà.
Derivano dalle categorie.
Gli schemi possono essere:
Schemi di persona contengono le informazioni su altre persone;
Schemi di ruolo definiscono i comportamenti in base alla posizione sociale
occupata;
Script contengono conoscenze relative al modo di comportarsi in diverse
situazioni;
Schemi di sé contengono le informazioni che ci contraddistinguono;
Schemi senza contenuto non descrivono né categorie né persone, ma
contengono regole per elaborare le informazioni.
Categorie insiemi sfuocato di caratteristiche organizzate attorno ad un prototipo.
Prototipi rappresentazione ideale della categoria stessa.
Un ambito rilevante di categorizzazione per la Psicologia Sociale è quello degli stereotipi,
utili a regolare i rapporti tra gruppi.
Gli stereotipi sono schemi semplificati dei gruppi sociali che consentono di formare
impressioni rapide, utile a rafforzare la coesione del gruppo.
È legato al concetto di accentuazione, ovvero le divisioni in gruppi amplifica la percezione
di somiglianza con i membri all’interno del gruppo e amplifica le differenze con i membri al
di fuori del gruppo.
Gli schemi sono resistenti al cambiamento, dato che, nella loro semplicità, sono soggetti al “self
confirmatory bias”, cioè tendiamo a vedere, quindi a confermare, ciò che già sappiamo.
Gli schemi, per quanto resistenti, sono destinati a modificarsi seguendo 3 processi:
1. Registrazione progressiva e continua aggiunta di nuove informazioni negli schemi
esistenti;
2. Conversione crollo degli schemi esistenti per accumulo di prove discordanti;
3. Sottotipi riorganizzazione di schemi più completi, complessi e sofisticati.
Eleanor Rosch dimostrò che la categorizzazione sociale avviene in modo da ottimizzare due
esigenze, secondo il principio di distinzione ottimale:
Categorizzazione di inclusione formazione di meno categorie: più ampie e meno
numerose (sovra-ordinate)
Categorizzazione di distinzione formazione di più categorie: meno ampie e più
numerose (sotto-ordinate)
Nello stabilire a quale livello porre la categorizzazione, incidono anche gli scopi.
(Esempio: se non vogliamo commettere errori useremo schemi più dettagliati, mentre se vogliamo
fare il prima possibile useremo schemi meno dettagliati).
Prototipo: rappresentazione ideale di una categoria Categoria: insieme sfuocato di
caratteristiche costruito attorno ad un prototipo Schema: struttura cognitiva che rappresenta la
conoscenza di un concetto.
Codifica e memorizzazione
La codifica sociale è il processo con cui rappresentiamo mentalmente il mondo sociale.
Secondo Bargh, questo processo può essere descritto in 4 fasi:
1. Analisi pre-attentiva le informazioni derivanti dall’ambiente esterno vengono registrate
in modo inconsapevole.
2. Analisi focalizzata rappresentazione consapevole delle informazioni che hanno attirato
la nostra attenzione.
3. Comprensione diamo un significato alle informazioni raccolte.
4. Elaborazione inferenziale collochiamo le nuove informazioni insieme alle nostre
precedenti conoscenze.
Certi aspetti dell’ambiente circostante attirano la nostra attenzione, diventando rilevanti
attraverso:
Salienza proprietà che distingue uno stimolo dagli altri e gli permette di attirare la
nostra attenzione.
Accessibilità è la facilità con cui un’informazione si connette al nostro sistema di
conoscenze pregresse; infatti, le informazioni più coerenti e vicine ai nostri interessi
saranno più accessibili delle altre.
Il ruolo della memoria nelle rappresentazioni sociali
Le rappresentazioni del mondo sociale risiedono nella memoria, la quale opera come una rete di
associazioni tra i diversi elementi.
Ad esempio, in una persona ci annotiamo (mentalmente) caratteristiche fisiche, comportamenti,
azioni e tratti salienti della personalità.
Una parte della memoria è composta da informazioni ben consolidate e stabili, collocate in una
sorta di magazzino mnemonico, ovvero la Memoria a Lungo Termine (MLT); mentre, l’altra parte
di memoria è formata da un numero limitato di informazioni in continua elaborazione, ovvero le
informazioni a cui prestiamo attenzione attraverso la Working Memory (WM).
Quando organizziamo le informazioni relative alle persone lo facciamo, principalmente, in due
modi:
Per individuo ricordiamo le informazioni della singola persona; utilizzata quando la
conoscenza è più approfondita.
Per gruppo associamo delle informazioni generali a più individui; spesso si tende ad
usare l’associazione per gruppo quando la conoscenza è meno approfondita.
Inferenza sociale ed Euristiche cognitive
L’inferenza sociale è il processo cognitivo che ci permette di avere una rappresentazione degli
altri, fornendoci la capacità di formulare valutazioni e previsioni.
È guidato dagli schemi, cioè traiamo conclusioni coerenti con quello che sappiamo già.
Inoltre, si basa su euristiche che traducono la soluzione di un problema con caratteristiche
complesse a semplici operazioni di giudizio.
In ogni caso, si può procedere per via induttiva (bottom-up) o per via deduttiva (top-down); in
entrambi i casi saranno presenti errori sistematici, ovvero dei bias.
La correlazione illusoria è un errore sistematico; infatti, se riteniamo che due fenomeni siano
connessi tra loro faremo previsioni basate su queste convinzioni, sovrastimando l’influenza di una
variabile sull’altra.
Le euristiche sono scorciatoie cognitive, valide nella maggior parte dei casi, ma non
particolarmente accurate.
Tre famose euristiche studiate da Tversky e Kahneman nei primi anni ’70 sono:
Euristica della rappresentatività scorciatoia cognitiva con la quale gli esemplari vengono
assegnati a categorie o tipi sulla base della somiglianza complessiva.
Euristica della disponibilità scorciatoia cognitiva in cui la frequenza o la probabilità che
un evento si verifichi è basata sulla velocità con la quale vengono in mente associazioni o
esempi.
Ancoraggio e accomodamento si fanno inferenze sulla base di alcune caratteristiche che
risultano coerenti con le nostre idee e schemi pregressi.
(Gli elementi più coerenti con le nostre idee hanno la precedenza).
Attribuzione causale
L’attribuzione causale è il processo con cui le persone tendono a spiegare la natura (cause) degli
eventi e dei comportamenti umani.
È un processo importante per vivere in un mondo sociale prevedibile e controllabile.
Gli esseri umani tendono, per natura, ad attribuire cause agli eventi che li circondano anche
quando le informazioni a disposizione sono scarse.
Le attribuzioni causali influenzano anche il modo con cui affrontiamo le situazioni; ad esempio, se
pensiamo di influenzare un determinato evento, allora ci stiamo comportando diversante rispetto
se non avessimo pensato di influenzarlo.
Weiner studiò l’approccio agli esami di studenti universitari, individuò tre fattori:
1. Locus of control (interno / esterno) l’esito dell’esame dipende da me / dipende da cause
esterne;
2. Stabilità (stabile / instabile) l’esito dell’esame dipende da un fenomeno stabile /
variabile;
3. Controllabilità (controllabile / incontrollabile) l’esito dell’esame dipende da un
fenomeno controllabile / dipende da un fenomeno incontrollabile.
Teorie nate dal modello “scienziato ingenuo”:
Teoria dell’attribuzione di Heider propose che ognuno di noi è uno “psicologo ingenuo”
impiegato a capire il funzionamento altrui.
Inoltre, fece distinzione tra fattori individuali, in cui l’attribuzione è interna (si attribuisce la
causa all’individuo), e fattori ambientali, in cui l’attribuzione è esterna.
Modello della covariazione di Kelley propose che gli individui agiscono come scienziati in
cerca di informazioni, in grado di osservare i comportamenti e di attribuire se sono dovuti a
delle cause interne o esterne.
Per fare un’attribuzione, le persone valutano in modo automatico tre variabili:
1. Coerenza accade sempre in una data circostanza;
2. Valore distintivo accade solo in una data circostanza;
3. Consenso accade a tutti in una data circostanza.
Errori sistematici (bias) nell’attribuzione
Il procedimento di attribuzione causale funziona anche quando cerchiamo di spiegare le emozioni.
Le nostre valutazioni, però, saranno soggette ad una serie di errori sistematici durante
l’attribuzione, i quali favoriscono delle rappresentazioni semplificate del mondo.
Quindi, i bias cognitivi sono costrutti fondati, al di fuori del giudizio critico, su percezioni errate o
deformate.
Vengono spesso utilizzati per prendere decisioni veloci e senza fatica.
Gli studi sulla personalità di Rotter suggeriscono che le differenze individuali contribuiscono a
rendere varie le attribuzioni causali (Esempio: alcune persone ritengono che la causa dei loro
successi sia la fortuna e altri che sia l’impegno).
La teoria di John e Devis sull’inferenza corrispondente suggerisce che le persone compiano
attribuzioni sulla base di tratti di personalità presenti negli altri.
Questo approccio rende più facile capire il mondo sociale, dato che i tratti sono disposizioni stabili
della personalità.
Per fare queste inferenze, le persone devono essere libere di agire secondo il loro volere.
Nel caso in cui le persone violano le norme sociali, si crea il fenomeno dell’errore fondamentale di
attribuzione, ovvero la tendenza a sopravvalutare il ruolo dei fattori interni di personalità nel
determinare i comportamenti.
Questo fenomeno si verifica soprattutto negli stereotipi attribuiti agli “outgroup”, ovvero alle
persone esterne; mentre, per noi stessi vale il fenomeno opposto, cioè tendiamo a dare maggiore
risalto alle variabili situazionali e ambientali.
Nel tentare di comprendere il comportamento altrui, le persone sono portate a concentrare
l’attenzione sul soggetto, ponendo sullo sfondo il contesto.
Un altro esempio è l’effetto del falso consenso, il quale consiste nel pensare che tutti, al nostro
posto, si comporterebbero come noi.
Questo effetto aumenta quando siamo particolarmente convinti e certi di qualcosa, quando ci
sentiamo minacciati e quando facciamo parte di una minoranza.
Le spiegazioni di questo fenomeno sono:
Cerchiamo persone simili a noi;
Siamo convinti del nostro punto di vista, ignorando quello altrui;
Abbiamo bisogno dell’approvazione degli altri per sostenere le nostre azioni.
Una delle motivazioni di base dell’attribuzione è di porsi al servizio dell’immagine di sé.