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AFASIA NON FLUENTE
- linguaggio con marcata riduzione della velocità del discorso (sotto le 10 parole/minuto);
- prosodia (intonazione alterazione) alterata;
- frasi limitate con molti inceppi e pause (sforzo, goffaggine dei movimenti);
- difficoltà articolatorie;
- variabilità del disturbo soprattutto nella produzione spontanea e nella denominazione,
mentre serie automatiche come contare da 1 a 10 e, a volte, la ripetizione di parole possono
non presentare difficoltà;
- agrammatismo (linguaggio telegrafico, perdita della sintassi...);
- consapevolezza del proprio deficit.
AFASIA FLUENTE
- la quantità di parole prodotte è normale od eccessiva;
- prosodia conservata;
- relativa abbondanza dell’eloquio;
- carenza di parole significative con ricchezza di avverbi e congiunzioni (“gergofasia”);
- minimo scambio di informazioni (discorso “vuoto”) o gergo parafasico: successione
fluente di parole in sé significative ma semanticamente inappropriate, emesse con normale
prosodia e integrate in frasi sintatticamente ben strutturate, ma globalmente incomprensibili
(“ieri il tavolo con mio marito andremo più tardi” per “ombrello”);
- gergo fonemico;
- neologistico: serie sillabiche senza senso, emesse con scioltezza e normale prosodia
(“este ni falino pesso tone” per “orologio”);
- non consapevolezza del proprio deficit (paziente difficile). Oltre ai disturbi legati al
linguaggio verbale orale il paziente afasico presenta spesso disturbi del linguaggio verbale
scritto (difficoltà di lettura: dislessia e difficoltà di scrittura: disgrafia).
DEFICIT DI COMPRENSIONE
Nelle valutazioni standardizzate vengono utilizzati compiti in cui il paziente deve indicare, in
condizioni di scelta multipla, l’oggetto denominato dall’esaminatore con distrattori simili
semanticamente (tavolo-sedia, tipico del paziente con afasia di Wernicke) e
fonologicamente (tavolo-cavolo, tipico dell’afasia di Broca).
DEFICIT DI RIPETIZIONE
Nella valutazione della comunicazione verbale dell’afasico va sempre fatto un confronto tra
la produzione spontanea e la ripetizione di parole, non parole e frasi (sia a livello verbale
che scritto chiedendogli di ricopiare la frase scrivendola). La ripetizione può essere alterata
per cause diverse quali difetti di comprensione (sordità verbale pura) o difetti di
articolazione. Occorre una diagnosi differenziale che escluda queste cause. Talora la
capacità di ripetere è intatta ma vi è una grave compromissione della comprensione orale
con conseguente ripetizione incontrollata (ecolalie).
DEFICIT DI DENOMINAZIONE
Il paziente afasico può presentare difficoltà o incapacità di denominare correttamente gli
oggetti presentati, anche presentando integra la capacità di indicarli e utilizzarli.
LINGUA NON VERBALE
Si aggiunge il livello della pragmatica: è lo studio dei segni/simboli nel momento del loro
utilizzo ossia lo studio dell’atto di comunicazione. Ai fini della completa riuscita della
comunicazione, assume una fondamentale
importanza il comportamento non verbale
(espressioni facciali, espressioni vocali,
gesti, movimenti, gestione dello spazio,
aspetto esteriore). IL CNV esprime l’aspetto
prettamente relazionale ed emozionale della
comunicazione umana. Il linguaggio non
verbale si esprime attraverso diversi sistemi:
- sistema vocale;
- sistema cinesico (fa riferimento al
movimento);
- sistema prossemico (come si gestisce lo
spazio personale) e aptico (fa riferimento al
tatto).
Le funzioni del linguaggio non verbale sono prevalentemente:
- espressione di emozioni;
- comunicazione di atteggiamenti interpersonali;
- presentazione di sé.
ATTO COMUNICATIVO GLOBALE
Tanto più siamo capaci di integrare i diversi livelli di linguaggio e comunicazione tanto più
abbiamo una comunicazione efficace che ci permette di mettere in pratica con successo la
mia intenzione. Parliamo di:
- comunicazione come risultante dell'interazione dei
diversi sistemi e linguaggi;
- messaggio come continua mediazione di significato tra
emittente e ricevente;
- messaggio come dipendente dal contesto (fisico,
sociale, mediatico, nonché di relazione tra emittente e
destinatario).
L’uomo ha la necessità:
- di combinare i due tipi di linguaggio;
- di tradurre dall’uno all’altro. Nel parlare, diversi livelli di
elaborazione cognitiva, linguistica e pragmatica si
realizzano e si integrano. Il linguaggio verbale e quello
non verbale non sono paralleli, ma inscindibili perché occorrono insieme e non possono
essere analizzati separatamente. Il messaggio è ciò che l’altro capisce (recepisce). Non ciò
che noi intendiamo dire (esprimere). ATTENZIONE
“Chiunque sa cosa sia l’attenzione. È la presa di possesso da parte della mente in chiare e
vivide forme, di uno solo tra quanti sembrano diversi oggetti contemporaneamente possibili
o di un solo pensiero in un corso di pensieri. Essa implica l’abbandono di certe cose, allo
scopo di trattare più efficacemente con altre, ed è uno stato che trova precisamente il suo
opposto in quello stato di dispersione, confusione, che viene detto “distrazione”. (William
James, 1890).
- “prendere possesso da parte della mente”: possiamo controllare il fuoco attenzionale
(attenzione volontaria) e quindi decidere cosa stare attenti;
- “uno dei tanti oggetti o delle numerose sequenze di pensieri possibili”: capacità della mente
di selezionare una delle fonti di stimolazione possibili (selettività).
Attualmente definiamo l’attenzione come: la funzione attraverso la quale è possibile regolare
l’attività dei processi cognitivi, filtrando ed organizzando le informazioni provenienti
dall’ambiente, allo scopo di emettere risposte ambientali adeguate. Si va a richiamare il
modello dell’elaborazione dell’informazioni ossia il momento in cui subentra la memoria di
lavoro che permette di elaborare delle informazioni grazie anche all’attenzione. Il processo
di elaborazione delle informazioni è estremamente flessibile: sceglie di volta in volta quale
informazione elaborare e come elaborarla; tale possibilità di selezione è possibile in base a
meccanismi di tipo attentivo. L'attenzione non è una funzione univoca; essa è costituita da
sottocomponenti che si integrano reciprocamente.
- grado di attivazione fisiologica o arousal;
- attenzione sostenuta o vigilanza;
- attenzione selettiva;
- attenzione volontaria e automatica;
- attenzione divisa/distribuita.
ATTIVAZIONE FISIOLOGICA
Si fa riferimento a un livello di attivazione globale che possiamo definire come stato
complessivo dell’organismo. Questo stato complessivo si svolge su un continuum che passa
dallo stato più basso (sonno) allo stato più alto (iperattività/iperattivazione). Possiamo
considerare il livello di attivazione (arousal) come uno stato globale dell’organismo che si
svolge su di un continuum che passa dallo stato più basso, il sonno, allo stato più alto,
l’iperattività. Esso indica la prontezza fisiologica a rispondere a stimoli esterni o interni.
VIGILANZA
È un’attenzione sostenuta/vigilanza: attenzione protratta nel tempo. Le risorse attentive
disponibili sono influenzate dal livello di attivazione fisiologica (arousal). Il rapporto tra
attenzione e attivazione fisiologica è particolarmente evidente in compiti di vigilanza (o
attenzione sostenuta). Più si è in un’attivazione fisiologica ottimale (un livello di mezzo)
migliore sarà la vigilanza, man mano che sale una stanchezza fisiologica che va a ridurre
l’attivazione fisiologica, sarà anche più difficile mantenere protratta nel tempo l’attenzione
che il compito richiede.
ATTENZIONE SELETTIVA
Per attenzione selettiva si intende sia l’abilità a contrastare la distrazione sia quella a
concentrare l’attenzione su una fonte o su un canale contenenti informazioni “deboli” in
presenza di distrattori “forti”. L’attenzione selettiva è influenzata dal livello di attivazione
fisiologica, che non deve essere né troppo basso (come nella sonnolenza: incapacità di
concentrazione, si possono trascurare stimoli rilevanti) né troppo alto (come nell’ansia:
eccessiva responsività, si possono produrre falsi allarmi). Per l’attenzione selettiva uditivo in
cuffie si inviano due frasi diverse nelle due orecchie e si può chiedere al soggetto di ripetere
ciò che sente inviato ad un canale uditivo sopprimendo completamente ciò che arriva
all’altro canale uditivo. Per l’attenzione selettiva visiva, si può chiedere di trovare un
oggetto/persona in una foto/immagine piena di altri oggetti. Ci permette di separare
l’informazione rilevante da quella irrilevante; funziona come un filtro, necessario in un
sistema a capacità limitata. Seleziona l’informazione che origina da una certa parte dello
spazio (attenzione spaziale) o da una particolare modalità (visiva, acustica ecc.), o una
particolare caratteristica dello stimolo (es. forma, colore ecc.) e contemporaneamente
inibisce informazioni distraenti o in competizione. In alcune condizioni, l’inibizione delle
informazioni irrilevanti comporta dei costi e degli effetti sulla performance. Es. compito di
Stroop (1935). Ai soggetti vengono presentate delle parole
come “rosso”, “giallo”, “verde” e “blu”, scritte in
inchiostro rosso, o giallo, o verde, o blu. Le
situazioni possono essere:
- congruente: parola “giallo” con inchiostro
giallo;
- incongruente: parola “giallo” con inchiostro
blu;
- neutra: parola “tavola” con inchiostro giallo o
blu.
Il compito è quello di denominare il colore
dell’inchiostro. I tempi di reazione sono più
rapidi nelle situazioni congruenti. La
caratteristica non rilevante dello stimolo (significato della parola) produce un effetto di
interferenza sulla rapidità della risposta in riferimento alla caratteristica rilevante (colore
dell’inchiostro). Sia la parola che il colore competono per avere accesso al sistema di
risposta. La parola arriva prima perché il processo di lettura è più automatico del processo di
denominazione del colore. L’effetto stroop è l’effetto per cui vi è un rallentamento dei
tempi di denominazione del colore dell’inchiostro quando la condizione è incongruente
quindi quando all’azione di selezione bisogna