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La legge tutela la possibilità di partorire in anonimato, chi partorisce dichiara di non voler essere
la madre del bambino e di non volersi neanche nominare. Ogni tribunale ha cercato di trovare un
compromesso: una donna può mantenere l’anonimato secondo i suoi diritti invece un adulto
ormai grande ha la possibilità di accedere alle sue origini ma non sapere quali sono i suoi
genitori. Il tribunale penale di Bari, per l’accesso all’origine, tramite la polizia giudiziaria fa una
serie di indagini per risalire a chi ha partorito il bambino e contatta la donna qualora non abbia
mantenuto l’anonimato. Nel caso di decesso della donna si può comunque risalire le informazioni
della vita.
L’affidamento familiare è una possibilità per il minore di essere collocato temporaneamente in un
ambiente (anche come le comunità) familiare ottimale e affettivo. La difficoltà è nel concentrare
tutta una serie di risorse sui diversi aspetti che coinvolgono l’affidamento familiare.
I protagonisti: ogni affidamento familiare è reso possibile dal coinvolgimento di più soggetti/
attori, ciascuno con un ruolo preciso:
– Bambino (con tutta la sua situazione problematica di disagio)
– Famiglia d’origine affidataria (con la quale si presume una ricuperabilità)
– Servizio sociale
– Il tribunale per i minorenni
– Le associazioni
– Le reti di famiglie
– Consultorio familiare, (che provvede anche al reclutamento (idoneità della famiglia) della
famiglia affidataria e lavora sulla famiglia d’origine)
Aldilà della forma giuridica di un procedimento di un affidamento familiare, è la possibilità di
creare un terreno fertile, affinché ciò accada, cioè il consenso della famiglia d’origine.
La famiglia d’origine deve essere informata del luogo in cui entra il bambino, le persone con cui
stare a contatto, assicurare loro che il bambino potrà tenere i contatti, far sapere loro che è una
situazione temporanea per far vivere meglio il bambino. Se non si ha questo tipo di consenso non
si può praticare l’affidamento familiare.
Il bambino in affidamento familiare:
– Ha da 0 a 17 anni, il progetto di affido può accompagnare il ragazzo anche fino a 21 anni
– Ha genitori in difficoltà nel rispondere ai suoi bisogni (consapevoli e non)
– Ha vissuto delle gravi problematicità nella propria famiglia: negligenza, rifiuto,
maltrattamento fisico e psicologico, isolamento relazionali, separazioni di varia natura,
difficoltà socioeconomiche
– È di nazionalità italiana o straniera, può avere differenti culture e praticare diverse religioni
Stranieri: a Bari è stato emanato un progetto in cui fanno domande delle coppie che hanno
intenzione di adottare o di accogliere i bambini stranieri non accompagnati ed è come se si fosse
riscoperto il vero valore dell’affidamento: è un’accoglienza pura ed è emersa una nicchia di
persone realmente interessate a questo, si è costruita la banca dati e gli affidi sono partiti. Sono
coppie di livello socio culturale medio alto, con figli grandi, con l’idea che non ci possono essere
problemi per una futura adozione.
La famiglia d’origine: ha un impegno attivo nel progetto di affido. L’affidamento familiare in
quanto intervento è caratterizzato dalla temporaneità e deve prevedere un lavoro con la famiglia
d’origine, perché questa possa recuperare le condizioni che hanno portato all’allontanamento del
bambino, favorendone il rientro.
La famiglia affidataria: deve favorire il rientro del bambino nella famiglia secondo gli obiettivi
definiti dal progetto di affidamento: assicurare il mantenimento, educazione, l’istruzione e la cura
delle relazioni affettive del bambino, provvedendo un accordo con la sua famiglia e con gli
operatori, anche alle necessità di ordine sanitario, intervenendo tempestivamente in caso di
gravità e urgenza, informando il servizio sociale; essere una base sicura, saper rispettare la
famiglia del bambino mantenendo positivi i rapporti con essa, secondo le indicazioni
dell’operatore e le disposizioni dell’autorità giudiziaria; riceve contributi economici, facilitazioni
per la fruizione dei servizi sociali, sanitari, educativi, definiti dal regolamento del Comune di Bari.
Una forma di affidamento che sta andando molto al nord è l’affidamento professionale: significa
che l’affidatario aldilà dell’essere il “buon samaritano”, prende questo come un vero e proprio
lavoro, cioè il contributo non è più minimo ma diventa una figura che dal punto di vista
professionale si occuperà dell’affidamento di questo bambino.
Per diventare affidatari non esistono vincoli a priori, non è necessario possedere specifici
requisiti oggettivi come età, istruzione, reddito. Possono diventarlo famiglie preferibilmente con
figli minorenni ed anche persone singole, valutate dai servizi in grado di svolgere un progetto di
affidamento o di affiancamento sociale e che scelgano di accogliere un bambino o
eventualmente dei fratelli.
Ci sono varie tipologie di affido:
– Etero familiare: reclutare una famiglia che non abbia rapporti di parentela col bambino
– Intra familiare: reclutare una famiglia entro il quarto grado di parentela del bambino
– Consensuale: dal punto di vista formale non si passa per via di un provvedimento del
tribunale del minore ma tramite una semplice rettifica
– Giudiziale: è disposto dall’autorità giudiziaria e deve essere messo in atto
– L’affido per bambini piccolissimi: esistono delle famiglie che vengono reclutate per
l’affidamento dei bambini che poi andranno in adozione (ad esempio bambini non
riconosciuti alla nascita)
– Full time: tutti i giorni, con possibile rientri presso la famiglia d’origine
– Part-time: è un affido che viene contrattato per alcuni momenti come ad esempio per le
vacanze, per il fine settimana
– L’affido diurno: il bambino sta con la coppia affidataria solo durante le ore del giorno e poi
va a dormire a casa sua
– Affido educativo: è vicino all’affido diurno, però è stato più formalizzato e riguarda fargli
fare sport, compiti, attività insieme tipo uscite a mangiare, andare al cinema
– Affidamento per bambini special Needs: bambino affetto da disabilità con bisogni speciali
– Affidamento di bambini stranieri non accompagnati
Le ricerche sull’affidamento fanno leva su 2 passaggi fondamentali:
1. Analizzare i fascicoli
2. Valutare gli esiti tramite indicatori (vengono forniti tramite questionari e si capisce se
l’affido è positivo o negativo)
1. Si parla ancora oggi, in collaborazione con una cooperativa in materia di affidamento
familiare nel Comune di Bari, di reclutamento di famiglie affidatarie, gestione degli
abbinamenti e sensibilizzazione. L’équipe è formata da assistenti sociali, psicologi che
lavorano a stretto contatto per quanto riguarda l’affido di minori nelle famiglie. Gli psicologi
si possono occupare anche di: informare e sensibilizzare le persone le famiglie affidatarie,
selezionare tali famiglie, individuare i parametri che coincidono tra bambini e famiglie
affidatarie.
Consultare esperti e porre la questione “quando l’affido ha esito positivo o negativo”
2.
Modalità per capire se l’affido ha dato esito positivo o negativo:
– bambino positivo da un punto di vista psicofisico
– legami sani (famiglia affidataria amorevole che si occupa del bambino)
– reinserire il bambino nella famiglia d’origine.
Gli indicatori, si utilizzano come questionario o come orientamento, per l’operatore che si occupa
di affido nella fase preliminare.
All’epoca della ricerca il 42% dei minori rientra in famiglia, il 17% è collocato in struttura
residenziale, il 13% in affidamento preadottivo.
L’affidamento in vista di adozione: nel momento in cui il bambino diventa adottabile, si apre un
fascicolo sul minore civile ovvero se la situazione negativa della famiglia non migliora, si chiude il
fascicolo vecchio e si apre una nuova in cui il bambino diventa adottabile.
L’affidamento preadottivo dura un anno, anno che funge da prova e si conclude con una
sentenza di adozione.
Ricapitolando: una famiglia fa domanda di adozione e le viene affidato un bambino con
affidamento familiare in vista (art. 10 del codice).
Nell’attesa dell’adottabilità del bambino, ci può essere il rischio giuridico, che consiste nel rischio
che l’adottabilità non arrivi.
Quindi in tribunale viene chiesto alla famiglia affidataria: accetta o meno il rischio giuridico? Nel
99% dei casi esiste questo rischio e ci dice che il fascicolo vecchio è ancora aperto.
La famiglia di origine può ancora recuperare le responsabilità genitoriali così i bambini invece di
stare in un istituto di comunità 3/4 mesi, lo si affida a una famiglia affidataria in vista di adozione
con rischio giuridico.
Il giudice cerca sempre di chiudere il fascicolo di abbandono e la famiglia d’origine deve mostrare
al giudice che sta recuperando le funzioni genitoriali.
Ricorso alla sentenza di adottabilità: la sentenza non essendo definitiva, scatta il secondo grado
di giudizio, di cui si occupa la corte d’appello (passano parecchi mesi e il bambino rimane nella
famiglia affidataria).
Nella seconda udienza la corte d’appello può decidere di basarsi solo sugli atti o sentire
entrambe le parti. A seconda dell’età del minore, il tutore può chiedere di essere clemente e di
far vedere il bambino alla famiglia d’origine.
Sentenza di rigetto: la corte di appello si attiene ad atti e decide di togliere definitivamente il
bambino alla famiglia d’origine.
La famiglia d’origine può rivolgersi alla corte di cassazione che subentra se qualche fase è
andata male (raro). Quando la sentenza diventa definitiva scatta l’affido pro adottivo, che dura
molto meno.
10 anni fa le tipologie di atti di affido intra familiare erano del 91%, c’era il rischio che le
problematiche rimanevano in famiglia (ovvero rapporti conflittuali tra padri e figli così i nipoti
rimanevano in mezzo).
Affidi intrafamiliari: contributi fittizi cioè si viveva tutti insieme, i bambini stavano con i nonni e
con i genitori da cui erano stati allontanati così tutti percepivano i contributi dell’affido. Ci fu una
rivisitazione di questo:
– primo step: eliminare i contributi dell’affido intrafamiliari
– secondo step: riaprire i fascicoli con affidi e