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PREVENIRE I RISCHI PSICOSOCIALI
Per gestire i rischi psicosociali fondamentale è la prevenzione. Distinguiamo la prevenzione in tre tipi, a seconda del livello di diffusione e progressione di un dato fenomeno/patologia. Si parla di prevenzione primaria, quando si interviene sui fattori di rischio (siamo in fase di suscettibilità, ma non esiste ancora una condizione clinica o pre-clinica); si parla di prevenzione secondaria quando si interviene sugli effetti preclinici dei fattori di rischio, modificando il modo in cui gli individui rispondono allo stress; infine, si parla di prevenzione terziaria quando si interviene sul trattamento di patologie stress-correlate attraverso la cura, la riabilitazione e la reintegrazione dei lavoratori. Sarebbe auspicabile intervenire principalmente attraverso la prevenzione primaria, intervenendo sui fattori di suscettibilità ed evitando lo sviluppo di patologie stress lavoro-correlate. Diversi sono gli interventi realizzabili per gestire lo stress.
Gli interventi formativi sono attualmente i più diffusi: - Percorsi di informazione/formazione sulle tematiche relative allo stress - Interventi finalizzati a rendere operative azioni correttive Importante la formazione dei dirigenti su tematiche quali capacità di gestire singoli e gruppi, comunicazione, sviluppo di autonomia, etc. Al fine di supportare i lavoratori nel raggiungimento dei propri obiettivi professionali, è importante identificare strategie atte ad accrescere empowerment ed engagement. Tra le principali strategie che mirano al miglioramento del benessere: - Monitoraggio dei rischi - Interventi psicoeducativi - Supporto nel riconoscimento e gestione delle emozioni - Favorire le richieste di aiuto - Concordare chiare regole/procedure da seguire (il professionista sanitario deve sapere cosa può fare) Tra gli interventi che si sono dimostrati efficaci nella gestione dello stress del personale sanitario: il mentoring, il debriefing, lamindfulness e il supporto sociale Inparticolare, il modellamento comportamentale realizzabile tramite il mentoring, puòfacilitare la creazione di un ambiente lavorativo positivo. Tuttavia, il mentoring richiedetempo (costruzione di solide relazioni). Sarebbe opportuno per il personale sanitarioiniziare il percorso di mentoring durante la formazione universitaria: Robinson &Niemer hanno osservato benefici in caso di mentoring iniziato durante il tirocinio tracui migliori risultati accademici e sviluppo di competenze professionali in grado difacilitare il passaggio alla pratica lavorativa. Il supporto da parte del gruppo di lavoropuò facilitare il personale a svolgere un “buon lavoro”. secondo Barendsen &Fischman, un buon lavoro è basato sulla collaborazione ed è in grado di fornire imigliori risultati possibili per i pazienti. Si tratta non solo di supporto formale (i.e.,mentoring), ma anche informale attraverso conversazioni, discussioni
e gestire le emozioni legate all'evento traumatico; condividere le esperienze con gli altri partecipanti per sentirsi compresi e supportati; identificare eventuali sintomi post-traumatici e trovare strategie per affrontarli; promuovere la resilienza e il recupero psicologico. Il debriefing può essere un'importante risorsa per favorire il benessere psicologico e la ripresa delle attività lavorative dopo un evento traumatico.Le proprie emozioni e reazioni; integrare l'esperienza nella struttura del sé. Un protocollo di debriefing è il Critical Incident Stress Debriefing (CISD) di J. T. Mitchell, i cui obiettivi principali sono: accelerare il ritorno alla normalità, mitigare i sintomi acuti, normalizzare e legittimare i pensieri, valutare la necessità di ulteriori debriefing, valutare la necessità di effettuare invii presso specialisti. Lo scopo di tutta la procedura è quello di aiutare i singoli ad elaborare una reazione "normale" di fronte a un evento abnorme. Il processo CISD non costituisce alcuna forma di psicoterapia e non dovrebbe mai essere utilizzato come sostituto della psicoterapia. È semplicemente una discussione solidale e incentrata sulla crisi di un evento traumatico (che viene spesso definito come "incidente critico"). Il debriefing mira alla riduzione del disagio e al ripristino della coesione del gruppo e delle prestazioni dell'unità.
Il CISD è un protocollo strutturato in 7 fasi: introduzione, fase dei fatti, fase dei pensieri, fase direazione, fase dei sintomi, fase di insegnamento e fase del rientro. Nella fase di introduzione i membri del team si presentano e descrivono il processo. La fase dei fatti aiuta i partecipanti a iniziare a parlare. È più facile parlare di quello che è successo prima che descrivano come l'evento abbia avuto un impatto su di loro. Dare ai membri del gruppo l'opportunità di contribuire alla discussione è estremamente importante per ridurre l'ansia e far sapere al gruppo che ha il controllo della discussione. La fase di pensiero è una transizione dal dominio cognitivo verso il dominio affettivo. È più facile parlare dei propri pensieri che concentrarsi immediatamente sugli aspetti più dolorosi dell'evento. La fase di reazione è il cuore del debriefing. Si concentra sull'impatto sui partecipanti.
Possono emergere la rabbia, la frustrazione, la tristezza, la perdita, la confusione e altre emozioni. Quando il gruppo esaurisce i problemi o le preoccupazioni che desidera esprimere, il team sposta la discussione nella fase di transizione successiva, la fase dei sintomi, che porterà il gruppo dal dominio affettivo verso il dominio cognitivo. Nella fase dei sintomi i membri del team chiedono: "Quali sintomi hai avuto/si sono manifestati?" I membri del team ascoltano attentamente i sintomi comuni associati all'esposizione a eventi traumatici. Il team utilizzerà i segni e i sintomi di sofferenza presentati dai partecipanti come punto di partenza per la fase di insegnamento, durante la quale chi conduce il debriefing normalizza i sintomi riportati dai partecipanti fornendo spiegazioni sulle reazioni dei partecipanti e fornendo informazioni sulla gestione dello stress. Nell'ultima fase, di rientro, i partecipanti possono fare domande o rilasciare dichiarazioni finali.
La mindfulness è la capacità di porre attenzione, intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante. Attraverso la mindfulness si migliora l'attenzione consapevole al qui ed ora, la capacità di porre attenzione agli stimoli (interni ed esterni) presenti nel contesto attuale, la capacità di concentrazione su tali stimoli senza alcun giudizio. La letteratura ha evidenziato l'impatto positivo degli interventi di mindfulness sul benessere degli operatori sanitari. In generale, si riscontrano effetti positivi su: - la qualità delle relazioni - la performance - il benessere fisico e psicologico Per quanto concerne i professionisti della salute mentale, si riscontrano effetti positivi su: - soddisfazione lavorativa - equilibrio lavoro-vita privata - esaurimento - turnover La tecnica più frequentemente proposta è il protocollo Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR). Nonostante i numerosi vantaggi,è una pratica lunga e impegnativa (8 settimane con pratica quotidiana). Nei luoghi di lavoro, è possibile realizzare altri percorsi, per es. Mindfulness Moment Initiative (MMI): brevi momenti meditativi (1-3 minuti) sul posto di lavoro condotti da facilitatori (volontari formati). Alcuni esempi: postura rilassata, consapevolezza sensazioni corporee, esercizi di attenzione.
IL COSTRUTTO DI COMPETENZA: TEORIE E APPROCCI
Secondo la raccomandazione del Parlamento Europeo e del consiglio la competenza è un costrutto complesso che si riferisce a qualcosa che si colloca nel profondo della soggettività, costituito in parte da conoscenze e da abilità. Per LeBoterf G. la competenza è un processo di attivazione di risorse individuali al quale inferiamo la presenza osservando un comportamento lavorativo efficace. Galliani sintetizza gli approcci sviluppatesi dagli anni 70 suddividendoli in tre approcci:
- Modello psicologico individuale, bottom up centrato sulla
prestazioni che caratterizzano le figure professionali, secondo esigenze organizzative e predittivo-tecnologiche e