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-I COMPITI EVOLUTIVI DELLA PRIMA ETA ADULTA
I compiti di sviluppo che vengono individuati per l’età adulta sono relativi alla creazione di una relazione
stabile, la generazione di un figlio e la stabilità professionale. Come abbiamo visto parlando di emerging
adulthood si tratta di importanti marcatori dell’età adulta che hanno importanti influenze reciproche.
Le decisioni relative al matrimonio o alla convivenza non possono essere completamente slegate dalla
condizione lavorativa e socioeconomica
dei giovani adulti che devono poterselo permettere a livello economico. Allo stesso modo la situazione
professionale di un individuo può invadere a livello
emotivo la vita familiare o relazionale soprattutto quando si ha a che fare con situazioni particolarmente
stressanti o con il sovraccarico lavorativo.
L’arrivo dei figli ha poi un impatto notevole sulla vita dei neogenitori sia in termini relazionali sia
relativamente ai ritmi lavorativi e agli equilibri economici.
DEISTITUZIONALIZZIONE DEL MATRIMONIO
Parlando di stabilità relazionale non possiamo non affrontare la questione legata ai cambiamenti sociali
nella visione del matrimonio. In tempi anche non molto lontani il profilo delle famiglie, pensiamo ad
esempio agli anni ‘80 del secolo scorso, era ben definibile come una condizione di coabitazione
«ufficializzata»
dal matrimonio, dalla presenza di figli, dal mantenimento economico garantito dal padre e dalla gestione
familiare-casalinga gestita dalla madre.
Ad oggi questo modello risulta inefficace per la descrizione di molte delle famiglie italiane dove
generalmente entrambi i genitori lavorano, i figli, quando sono
presenti, sono di norma uno, la gestione familiare-casalinga viene condivisa tra i coniugi. Ad essere
cambiata di base è la visione del matrimonio e la sua
importanza in termini sociali. In passato il matrimonio rispondeva a bisogni sociali di relazioni tra le famiglie
e di trasmissione dei beni della casa attraverso l’eredità e veniva pertanto combinato dalle famiglie
d’origine. Non era quindi considerato in relazione a dinamiche relazionali di amore o affetto e l’aspettativa
media di vita
era molto più bassa per cui generalmente aveva una durata di circa 20 anni.
Con il passare del tempo e l’aumento dell’aspettativa di vita verso la metà del XX secolo si riteneva che l’età
giusta per sposarsi fosse intorno ai 20 anni, quindi durante la prima età adulta, e che tale legame dovesse
mantenersi per tutto il resto della vita dei coniugi. Alcuni dei cambiamenti fondamentali nella concezione
del matrimonio sono dovuti al movimento femminista che ha imposto alla società una nuova visione dei
ruoli maschili e femminili sia in riferimento alla famiglia sia
al mondo del lavoro. Negli anni che seguono il movimento femminista, sul finire degli anni ‘60, inizia ad
essere messa in discussione l’idea che il matrimonio
debba durare per tutta la vita. Sul finire del XX secolo si inizia a parlare di un vero e proprio processo di
deistituzionalizzazione del matrimonio per cui
il matrimonio perde il suo valore istituzionale. In termini sociologici potremmo dire che viene meno la
dimensione pubblica pubblica del matrimonio per dare importanza solamente alla dimensione privata della
coppia. In letteratura numerosi studi hanno evidenziato la presenza di una curva a U della felicità nelle
coppie sposate. Queste e altre ricerche hanno supportato un idea della felicità di coppia come più alta nei
primi anni del rapporto, definiti anche preparentali, un declino negli anni intermedi o parentali e una risalita
negli anni successivi o postparentali. Il periodo più difficile per le coppie sarebbe quindi quello di
accudimento dei figli. Secondo VanLaningham, Johnson & Amato (2001) i risultati a favore del modello a U
della felicità parentale sarebbero da attribuire ad un bias metodologico e all’utilizzo di studi cross-sectional
che confrontano tra loro coppie appartenenti a differenti corti. Gli autori hanno invece ritrovato che la
felicità coniugale diminuisce dopo i
primi anni per poi stabilizzarsi come indicato nel grafico che segue. Per quanto molto spesso l’arrivo dei figli
possa generare tensioni e
cambiamenti all’interno della coppia e personali, ogni coppia mantiene un profilo a sé stante dipendente da
numerose variabili tra cui il rapporto
con le famiglie d’origine, il livello socioeconomico, etc..
COPPIA E GENITOTRIALITA
A livello psicologico l’emergere del ruolo genitoriale sembrerebbe coincidere da un lato con una perdita di
intimità con il partner, poiché le attenzioni
vengono quasi monopolizzate dai figli e dai loro bisogni, e dall’altra con una polarizzazioni su ruoli
tradizionali. Ruoli maschili e femminili tradizionali tendono ad emergere anche se non erano così presenti
nella fase preparentale. Questa polarizzazione porta all’emergere di rigidità e conflitti interni alla
coppia. Nella coppia con figli ulteriori motivi di scontro può essere un mancato accordo relativamente a
quale sia lo stile educativo da seguire con i figli. Non sono infrequenti le accuse reciproche legate all’essere
troppo permissivi o troppo autoritari. Anche l’aumento delle spese legate all’arrivo del figlio oppure quanto
coinvolgere le rispettive famiglie d’origine nella gestione del figlio sono tutti fattori che possono pesare sul
rapporto di coppia generando conflittualità.
La stabilità di coppia viene messa a rischio dalla nascita di un figlio che agisce da amplificatore sia degli
aspetti funzionali interni alla coppia sia di quelli disfunzionali. Ad esempio, alcuni fattori possono agire da
protezione come ad esempio la qualità di attaccamento presente nella fase preparentale ma soprattutto la
capacità di
costruire dialoghi costruttivi per affrontare i problemi. La capacità di raggiungere un accordo relativamente
ai diversi compiti quotidiani sembrerebbe essere maggiormente importante dell’equità stessa nella
distribuzione di tali compiti. Tra i primi studiosi ad essersi occupato di famiglie troviamo Minuchin (1974) e i
suoi lavori sulla capacità dei diversi nuclei familiari ad adattarsi alle sfide ed attivare una collaborazione
supportiva. Uno degli aspetti fondamentali individuati da Minuchin riguardava gli aspetti gerarchici del
processo decisionale interno alle famiglie: le decisioni ricadono sulla coppia genitoriale. Ad esclusione delle
famiglie
monoparentali, generalmente nei contesti nei quali i bambini si trovano a relazionarsi con un dei genitore è
comunque sempre presente, implicitamente e/o
esplicitamente, il riferimento all’altro genitore. Si tratta di un aspetto di fondamentale importanza e viene
definito alleanza co-genitoriale o semplicemente
cogenitorialità. Se l’alleanza co-genitoriale che caratterizza le famiglie è in grado di fornire sostegno e
supporto reciproco e consentire una risoluzione costruttiva dei problemi i rapporti interni alla famiglia
risultano essere più distesi. Sono generalmente presenti livelli più bassi di stress e conflitti. I benefici non si
riducono all’ambiente familiare ma la maggiore serenità sperimentata dai figli internamente alla famiglia
determina un livello qualitativamente più alto anche nelle relazioni con i coetanei.
STABILITA PROFESSIONALE
Gli studi in ambito nordamericano hanno mostrato come gradualmente le ore lavorative settimanali stiano
aumentando in assenza spesso di un corrispettivo economico adeguato. I profili lavorativi sono molto
influenzati anche dal rapido sviluppo delle tecnologie che non sempre hanno risvolti positivi per i lavoratori.
Alcune indagini relativi ai lavori svolti da casa attraverso internet hanno evidenziato la presenza di un
rapporto molto basso tra ore lavorative effettivamente lavorate e compenso
economico ricevuto. Uno studio di Galinsky e colleghi del 2005 ha evidenziato come vi sia una tendenza
generale a leggere gli avanzamenti di carriera quasi
esclusivamente in termini di riduzione del tempo libero e personale. La tendenza odierna sarebbe quella di
voler tornare a lavorare 35-40 ore settimanali e non quella di inseguire la carriera professionale. Per quanto
riguarda gli uomini con figli ritroviamo un desiderio di poter vivere anche il proprio ruolo di padre
garantendo alla famiglia presenza e partecipazione. Il raggiungimento di una stabilità professionale si lega
alla percezione personale di soddisfazione che l’individuo
sperimenta nel suo ambiente lavorativo. A tale passiamo ad analizzare la teoria sviluppata da Holland
relativamente alla configurazione degli interessi.
Secondo Holland alla base dell’orientamento scolastico e professionale troviamo l’analisi degli interessi
dell’individuo come espressione di complessi processi di maturazione personale e socioculturale. Il lavoro di
questo autore si concentra non tanto sui processi evolutivi che portano alla costruzione di questi interessi
quanto su come questi interessi si possono manifestare in relazione a differenti tipologie di personalità.
L’intento dell’autore nel proporre il suo modello esplicativo non è studiare lo sviluppo degli interessi, ma la
modalità con cui essi si esprimono, in funzione delle caratteristiche personali. Le tipologie che Holland ha
descritto, infatti, forniscono una integrazione di una serie di rilevanti variabili nella determinazione delle
scelte professionali: interessi, abilità, valori, bisogni, e personalità. Oggi, esse sono utilizzate per descrivere
gli interessi professionali in relazione alle persone, ai lavori ed agli ambienti.
In linea generale possiamo dire che Holland parte dal presupposto che esista uno stretto legame tra
dimensioni legate alla vita
lavorativa e dimensioni legate al concetto di sé. Il lavoro riveste un ruolo fondamentale nella vita degli
individui e proprio per questo le scelte lavorative coinvolgono molti aspetti dell’individuo a partire dalle
competenze e abilità, fino ad arrivare a motivazioni profonde, concezioni valoriali e immagine di sé.
In aggiunta, seguendo l’ottica di interazione individuo-ambiente Holland sottolinea come individui che
condividono un ambito professionale abbiano buone probabilità di condividere, oltre a carriere formative e
professionali confrontabili, anche tratti di personalità simili. Questi individui con buona probabilità
condivideranno anche modalità e dinamiche di reazione e gestione di situazioni e problemi. Questa
tendenza all’omogeneità crea degli ambienti tipici e definibili sulla base delle caratteristiche degli individui
che si trovano al suo interno.
TEORIA DI HOLLAND
Il notevole quantitativo di dati ha permesso al gruppo di lavoro di Holland di arrivare alla definizione del
modello
R.I.A.S.E.C. basato sull’individuazione di 6 tipologie di intere