Definizione del problema in termini cognitivi-comportamentali
Alla fine della valutazione, dobbiamo concludere noi in primis e poi condividendolo col paziente nella terza seduta, la concettualizzazione del caso e quindi la definizione del problema in termini cognitivi-comportamentali. Bisogna unire le informazioni prese dagli strumenti usati e dalle aree indagate, includendo anche l’ipotesi clinico-diagnostica eventuale.
Importante capire il funzionamento legato al problema:
- Fattori predisponenti: Fattori di rischio e vulnerabilità (può includere fattori sociali, biologici e sociali).
- Fattori precipitanti: Sono fattori legati all’esordio del problema: in che contesto ero, cosa è accaduto.
- Problema: Come si manifesta, dove, come e quando, con quali aspetti comportamentali, interpersonali, cognitivi e intorno al problema. Ci sono tutta una serie di fattori da indagare: contesti e variabili influenti (quali contesti alimentano la comparsa del problema) + fattori protettivi (fattori che riducono la possibilità che il problema si presenti → fattori protettivi sono buona rete sociale, buon livello socio-economico che proteggono davvero l’individuo dal disturbo diversi dai comportamenti protettivi sono dei fattori di mantenimento) + conseguenze (per essere definito disturbo, ci devono essere delle ricadute a livello di disagio soggettivo e/o di compromissione di diverse aree) + fattori di mantenimento (come imparo a gestire il problema, quali strategie disfunzionali uso che però nel medio lungo termine mantengono il problema → ci possono essere alcuni bias cognitivi oppure condotte di eliminazione dei disturbi di alimentazione, vantaggi secondari della malattia, compulsioni).
Cognitive conceptualization diagram
Un'altra modalità che si può usare nella fase della valutazione clinica. Strutturano la fase di concettualizzazione in 3 ABC: tre resoconti che il soggetto porta in cui il problema si è manifestato. Vanno a identificare le credenze intermedie (assunzioni, opinioni, regole) e quelle centrali (su di me, sul mondo, sul futuro) → si identificano le strategie di coping che il soggetto mette in atto e anche i dati di infanzia che fanno parte del contesto bio-psico-sociale in cui l’individuo è cresciuto e che forma parte della nostra vulnerabilità.
L'idea è che si arriva alle credenze intermedie e poi centrali, attraverso la catena di inferenze secondo la tecnica della freccia discendente che ci aiuta ad arrivare al centro della problematica del paziente.
Interviste strutturate
Fino ad ora abbiamo parlato di colloquio clinico libero: bisogna comunque indagare le aree individuate prima ma in modo flessibile. Le interviste strutturate non escludono il colloquio, anzi: possiamo avere dopo un primo colloquio la necessità di un approfondimento diagnostico per una diagnosi più chiara → attraverso delle interviste strutturate o semi-strutturate.
Il clinico formula domande già predisposte e organizzate in modo prestabilito/standardizzato: propone una serie di domande a cui il soggetto dovrebbe rispondere. Le più rilevanti sono le SCID: Structured Clinical Interview e sono le due interviste più famose e usate per formulare una diagnosi basandosi sui criteri diagnostici del DSM.
Nel DSM IV TR ne esistevano di due tipi:
- SCID I che indagava i disturbi di asse I (tutti quelli non di personalità: disturbi d’ansia, dell’umore, schizofrenia, ecc.).
- SCID II che indagava i disturbi di asse II ovvero i 10 disturbi di personalità.
Nel DSM 5 abbiamo:
- SCID 5 CV (clinical version) corrispettivo della SCID I che indaga i disturbi clinici.
- SCID 5 PD (personality disorder) che indaga i disturbi di personalità.
Sono formate da una serie di domande che il clinico deve porre al paziente seguendo sempre una serie di criteri sia per l’attribuzione del punteggio in base alla risposta del paziente sia per fare la diagnosi. Inoltre, ci possono anche essere delle domande di approfondimento in funzione della risposta del paziente: nella SCID 5 PD si chiedono degli esempi per indagare meglio alcuni tratti di personalità disfunzionali per capire la sua pervasività all’interno del funzionamento della vita quotidiana (se quel tratto non è abbastanza PPP bisogna stare attenti all’attribuzione del punteggio).
SCID 5 CV (Clinical Version)
Intervista clinica strutturata per formulare diagnosi secondo i criteri del DSM 5 e somministrata a soggetti maggiorenni. È strutturata nel seguente modo:
- Quadro generale anamnestico
- Sequenza delle domande per riprodurre un processo diagnostico differenziale: vengono poste delle domande che consentono (se risposta sì o no) al clinico di approfondire quel quadro clinico o di saltare al quadro clinico successivo. Ad esempio, per episodio depressivo maggiore è necessario che il paziente per circa 15 giorni abbia sperimentato tono dell’umore depresso e/o anedonia: se non sono presenti questi due, non serve andare avanti perché gli altri criteri diagnostici per la depressione non porteranno a una diagnosi di DM e quindi andiamo al quadro clinico successivo.
- Importante questo processo perché ci aiuta a indagare la compresenza di due quadri clinici (comorbidità) o se abbiamo due quadri clinici che si differenziano tra loro → queste domande a step ci aiutano nella differenziazione di un quadro clinico da un altro.
- Assegnazione dei punteggi si riferisce alla presenza o assenza di criteri diagnostici (segue criteri dicotomici → problema: affidabilità della modalità tra valutatori).
- Formato a tre colonne (domande, criteri diagnostici e codici per la valutazione).
Indaga 10 moduli:
- Modulo A: Episodi dell'umore e disturbo depressivo persistente
- Modulo B: Sintomi psicotici e associati
- Modulo C: Diagnosi differenziale per i disturbi psicotici
- Modulo D: Diagnosi differenziale per i disturbi dell'umore
- Modulo E: Disturbi da uso di sostanze
- Modulo F: Disturbi d'ansia che comprende tutti
- Modulo G: Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo da stress post-traumatico
- Modulo H: Disturbo da deficit di attenzione/iperattività
- Modulo I: Screening per gli altri disturbi attuali
- Modulo J: Disturbo dell'adattamento
SCID 5 PD (Personality Disorder)
Intervista clinica strutturata per i disturbi di personalità del DSM-5 e si indagano i 10 disturbi di personalità + altra specificazione. Ci riferiamo sempre a una diagnosi categoriale e quindi con approccio categoriale dicotomico, ma nella sezione 3 del DSM c’è la possibilità di indagare il modello alternativo ovvero valutazione dimensionale (attualmente non rilevante ai fini diagnostici, ma utile dal punto di vista clinico e di ricerca). Ci permette di indagare la gravità del quadro clinico presente, andando a valutare quanti criteri sono presenti.
Struttura: sono strumenti che richiedono molto tempo. Per accorciare i tempi si usa il questionario SCID 5 SPQ che ripropone in item quelli che dovrebbero poi essere usati nell’intervista: ogni item corrisponde a una domanda dell’intervista. Si tratta di un questionario di screening autosomministrato (SCID-5- SPQ: 106 domande, risposta sì/no) e semplifica la situazione perché poi nell’intervista si andranno a indagare solo gli item a cui il soggetto nel questionario ha risposto sì.
L'intervista SCID 5 PD, come la CV, ha tre colonne (domande, criteri, punteggio) e le domande vanno poste così come sono scritte in quanto standardizzate. Le domande tra parentesi sono utili per chiarire delle risposte ma se non sono utili possono essere saltate.
Attribuzione dei punteggi:
- ? = Informazioni insufficienti per valutare altrimenti il criterio: situazioni in cui le risposte del soggetto sono insufficienti (es. al questionario “sì” e poi non riporta o ricorda esempi); può essere temporaneo.
- 0 = Assente (il criterio è chiaramente assente)
- 1 = Sottosoglia (il criterio è presente ma al di sotto della soglia di gravità, persistenza o pervasività PPP sono insufficienti per dare un punteggio pieno)
- 2 = Soglia (il criterio è presente e sopra il livello di gravità patologica)
Criteri generali: i criteri generali a cui la problematica/disturbo deve rispondere sono:
- Una esperienza interiore e di comportamento che devia dalle aspettative della cultura di appartenenza in due o più delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi.
- Inflessibile e pervasivo.
- Comporta un disagio significativo e compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo e relazionale.
- Esordio di lunga durata che provoca rigidità, pervasività e resistenza.
- Non deve essere giustificato da altri disturbi mentali e da uso di sostanze o altre malattie.
Elementi da ricordare e a cui prestare attenzione: ricordare il criterio delle 3P: patologico, persistente e pervasivo, ovvero ci deve essere sempre, da sempre e con tutti. Vengono esplorati i NO quando: si hanno due domande per un criterio solo, se sospettiamo qualcosa in base al resto della valutazione clinica (se il no contrasto con informazioni già raccolte con altri strumenti) e anche nei casi in cui mancherebbe un criterio per la diagnosi.
Test e questionari
I test e i questionari sono utili perché permettono di:
- Confermare o respingere ipotesi diagnostiche o rimodulare.
- Quantificare la sintomatologia associata a un disturbo: ci aiutano a capire la frequenza dei sintomi.
- Quantificare il grado di miglioramento durante un trattamento: per valutare l'andamento dei sintomi e l'efficacia del trattamento attuato.
Devono però essere posti in relazione al contesto clinico e alle informazioni provenienti da altre tecniche di valutazione clinica (colloquio, osservazione comportamentale…). Il test va integrato all’interno della valutazione multidimensionale e con altri strumenti.
Esistono vari tipi di test:
- Autovalutativi o autodescrittivi: ad ampio spettro (ad es., Minnesota Multiphasic Personality Inventory) o specifici che indagano specificatamente una sintomatologia (ad es., Beck Depression Inventory).
- Proiettivi: si basano sull’ipotesi proiettiva che stimoli incerti e ambigui somministrati a un paziente che li deve mettere all’interno di una storia servono per capire i contenuti a livello meno conscio e quindi lasciare ampia libertà di interpretazione degli stimoli al soggetto in modo che emergano contenuti inconsci.
- Neuropsicologici: indagano una serie di funzioni cognitive (attenzione selettiva, memoria di lavoro, pianificazione, memoria visuo-spaziale).
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