DISTURBI DA USO DI SOSTANZE
Parliamo principalmente di droghe e alcool, anche se la maggior parte delle persone non ha
effetti che compromettono la vita di tutti i giorni, parliamo in generale di consumatori a
rischio per quanto riguarda i giovani adulti e le persone dai 65 ai 74 anni, soprattutto di
sesso maschile.
In passato si usavano spesso i termini di abuso e dipendenza, nel primo caso c’è un uso
ricorrente malgrado rischi e problemi, ma non si sono ancora sviluppati i fenomeni di
tolleranze e astinenza, cioè la necessità di dover aumentare la dose per avere gli stessi
effetti e il dover reperire la sostanza necessariamente.
Criteri diagnostici DSM-5 dei disturbi da uso di sostanze sono, oltre a tolleranza e
astinenza, la quale ha sintomi negativi rispetto a quelli dell’uso (per esempio sostanze che
danno un calo dell’ansia, in astinenza danno sintomi ansiogeni), il craving, che riguarda il
desiderio di assunzione della sostanza non in riferimento ai sintomi e alle esigenze fisiche
ma alla dimensione psicologica, ma anche altri comportamenti come il mettersi in situazioni
rischiose dopo aver assunto sostanze (per es. alla guida), uso persistenze nonostante
problemi sociali, incapacità di adempiere ai compiti, consapevolezza ma persistenza.
L’intossicazione è un’esagerazione degli affetti della sostanza e il disturbo mentale indotto
riguarda sintomi che si sviluppano durante l’uso di sostanze e che recedono solitamente una
volta cessato l'uso, in genere entro un mese da un’intossicazione.
Per quanto riguarda l’alcool il rischio zero è presente soltanto senza assumere la sostanza,
ma la maggior parte delle persone ne fa un qualche uso, che può essere di vario tipo. Viene
spesso utilizzata l’unità alcolica per orientarsi riguardo questa sostanza (1 U.A = 10-12 g),
che corrisponde ad una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml), un aperitivo
alcolico (80 g), o ad un bicchierino di superalcolico (40 g).
CAGE questionnaire:
– Can you Cut down on your drinking?
– Are you Annoyed when asked to stop drinking?
– Do you feel Guilty about your drinking?
– Do you need an Eye-opener drink when you get up in the morning?
2 (o +) risposte positive indicano un uso inadeguato di alcol (anche se l’ultima potrebbe
bastare).
Le altre sostanze sono più difficili da quantificare e parliamo di uso sociale o solitario,
sporadico o continuativo, impatto sul funzionamento e sulla cognitività, mentre può essere
meno utile la distinzione tra droghe leggere e pesanti.
La doppia diagnosi fa riferimento alla concomitanza di un disturbo da uso di sostanze e
uno psichiatrico, per il quale la persona potrebbe aver usato le sostanze pensando di
aiutarsi, l’opposto quando la sostanza potrebbe aver causato modifiche neurologiche,
oppure, in ultima analisi, potrebbe esserci stato sviluppo indipendente (per es. nei disturbi di
personalità può essere difficile da dire e le cose possono nascere insieme).
Ciò da cui non si può prescindere è la presenza di motivazione da parte della persona nel
ridurre l’utilizzo di sostanza. Tra le cose più importanti si possono poi prescrivere sostitutivi
farmacologici e consigliare gruppi sociali.
COME SI TRATTANO I DISTURBI MENTALI?
Tra i farmaci abbiamo gli antipsicotici (neurolettici), gli antidepressivi, gli stabilizzatori
dell’umore, gli ansiolitici e gli ipnoinducenti, mentre tra i trattamenti psicologici abbiamo
psicoterapie ad orientamento psicoanalitico/psicodinamico, psicoterapie ad orientamento
cognitivo-comportamentale, psicoterapia ad orientamento sistemico-relazionale, interventi
psico-educativi e psico-sociali individuali e familiari, oltre che counseling.
Gli antipsicotici si dividono in prima generazione, antagonisti del recettore della dopamina
(aloperidolo), e seconda generazione, antagonisti dopaminergici e serotoninergici
(quetiapina, olanzapina), tutti questi richiedono fino a 1-3 settimane per avere una risposta
piena e possono essere utili in caso di disturbo bipolare e schizofrenia, per l’aumento del
tono dopaminergico che si riscontra.
Gli effetti collaterali sono maggiormente motori per i farmaci di prima generazione,
sindrome extrapiramidale e sedazione, oltre che ipotensione, mentre per quelli di seconda ci
possono essere sindrome metabolica, sedazione o sintomi atipici. Importanti sono il
monitoraggio elettrocardiografico per la potenzialità di alterazione del ritmo, e della
prolattina, che può aumentare. Sono presenti tutti i tipi di preparazione, mentre per pazienti
con scarsa compliance possono essere disponibili preparazioni depot, le quali hanno una
durata maggiore e vengono iniettate a livello intramuscolare.
Gli antidepressivi risultano efficaci per depressione maggiore, disturbo
ossessivo-compulsivo, disturbo post traumatico da stress, disturbi d’ansia, bulimia, infatti
possono fornire aiuto anche per quanto riguarda problematiche d’ansia. Si dividono in
antidepressivi triciclici, atipici, e per quanto riguarda la serotonina abbiamo SSRI e SNRI,
inibitori selettivi della ricaptazione (fluoxetina o prozac, detto pillola della felicità, sertralina).
All’inizio dell’uso possono dare nausea, nervosismo, insonnia, diarrea, che poi svaniscono
generalmente dopo la prima settimana, l’effetto sull’umore può avvenire dopo 1 mese, dopo
il quale al paziente potrebbe venire in mente di cessare l’assunzione. Questo sarebbe
scorretto in quanto la persona non ha consolidato il nuovo stato eventualmente possibile e
potrebbe regredire in futuro, il periodo di continuazione dopo la fase acuta secondo le linee
guida va dai 4 ai 9 mesi.
Effetti collaterali sono il calo della libido e possibili problemi sessuali come impotenza e
anorgasmia, reversibili alla sospensione del trattamento. Parliamo di farmaci sicuri in
overdose per quanto riguarda la sostanza singola, e questo è importante per l’elevato rischio
suicidario di questi pazienti.
Gli ansiolitici sono farmaci impiegati solitamente per ansia e insonnia, ciò che determina un
effetto o l’altro è il dosaggio, un quantitativo basso può aiutare nell’ansia, medio nel sonno,
alto ha un effetto anticonvulsivante (diazepam), e molto elevato miorilassante. Questi
agiscono con effetto immediato e andrebbero quindi utilizzati a breve termine, massimo per
2-8 settimane, a causa dell’elevato potenziale di abuso, e quindi sono sconsigliati in
pazienti con storia di dipendenza. La persona potrebbe continuare a prendere il farmaco
anche per anni, sebbene in questo caso non c’è tendenza all’aumento della dose, la
dipendenza psicologica risulta infatti qui maggiore di quella fisica. In generale le
conseguenze potrebbero non essere così gravi ma potrebbe esserci ad esempio rischio di
cadute negli anziani e maggior rischio dello sviluppo di demenza in persone che hanno
continuato l’assunzione per anni, sebbene questo non sia ancora ben approfondito. Il
dibattito odierno ha riguardato l’uso di ansiolitici alla guida, infatti le assicurazioni potrebbero
non intervenire in caso di problematiche, a seconda dell’azienda e della legge vigente. La
distinzione può essere fatta anche in base all’emivita, quelli ad emivita breve infatti possono
riguardare maggiormente situazioni di abuso.
Gli stabilizzatori dell’umore possono essere efficaci per il disturbo bipolare, in particolare
per l’episodio maniacale (in associazione ad antipsicotici), l’episodio depressivo (in
associazione ad antipsicotici atipici e/o antidepressivi), la profilassi delle ricadute. Si
dividono in litio, che è uno ione, non un farmaco, quindi non viene metabolizzato nel fegato
ma viene espulso dalle vie urinarie che devono essere funzionanti, oltre che il soggetto non
deve essere spesso disidratato, inoltre è da tenere sotto controllo per la vicinanza del
dosaggio terapeutico e di quello tossico, e in alcune tipologie di antiepilettici (acido
valproico, carbamazepina, lamotrigina, gabapentin), spesso usati a dosi più basse in
psichiatria che in caso di crisi epilettiche.
Il 20-30% dei pazienti non risponde al trattamento farmacologico, la resistenza terapeutica
può riguardare rivalutazione della diagnosi, nella quale bisogna considerare abuso di
sostanze o altra eziologia organica, scarsa compliance (pseudo-resistenza), la
modificazione della dose del farmaco (spiccata variabilità individuale di risposta), e della
durata del trattamento, oltre che interazioni con altri farmaci.
DISTURBI DI PERSONALITÀ
Tutte le persone hanno tratti di personalità, schemi di comportamento e interazione, con
strutturazione definitiva nella tarda adolescenza e nella prima età adulta. Cosa può definire
una personalità disturbata? La difficoltà a relazionarsi con gli altri, a intraprendere e
mantenere rapporti, che però può essere dovuta a numerosi aspetti come l’incapacità di
autocontrollo, la scelta del comportamento da scegliere in base alle circostanze, la rigidità
della modalità di agire, che risulta spesso simile e persistente. Parliamo di problemi nella
sfera affettiva, a livello cognitivo e nel controllo degli impulsi, che insorgono nella prima parte
della vita adulta (con tratti che possono essere visibili già nell’adolescenza), e sono stabili
nel tempo, infatti da questo periodo della vita di giovane adulto in poi secondo qualcuno si
può fare diagnosi ma non prima. Comportano conseguenze in termini di sofferenza
soggettiva e di limitazioni nel funzionamento generale, sociale e lavorativo.
Con temperamento
intendiamo le
caratteristiche
individuali osservabili
nel comportamento
dai primi anni di vita e
stabili, che hanno un
substrato genetico e
fisiologico, e che
sono quindi
ampiamente ereditari.
Il carattere si forma
successivamente
sulla base delle
esperienze e del
contesto ambientale
(integrazione fra
substrato biologico e
ambiente
psicosociale).
Ogni cluster che distinguiamo è in
rapporto con altre aree di
psicopatologia studiate in particolare.
Nel cluster A abbiamo rapporti coi
disturbi dello spettro psicotico ma a
differenza delle persone
schizofreniche non ci sono veri e
propri deliri, allucinazioni o perdite di
contatto con la realtà.
Il disturbo paranoide di personalità
è caratterizzato da scarsa fiducia e
sospettosità, timore di essere
sfruttati, traditi e/o svantaggiati,
questi soggetti interpretano situazioni
impreviste come il risultato di
intenzioni volontarie e possono anche fraintendere azioni benigne nei loro confronti, tendono
alla litigiosità e a risentimenti duraturi. Questa sospettosità differisce dal delirio persecutorio