I PERSONAGGI
Renzo Tramaglino
Renzo, di ritorno dall'Azzecca-garbugli, racconta ad Agnese e Lucia che l'avvocato non l'ha aiutato.
Orfano di padre e di madre, è allevato da Agnese, della cui figlia Lucia si innamora. Filandiere e
possessore di un piccolo podere, all'inizio del romanzo viene descritto come un giovane dai modi bruschi
e con un'aria da bravo. Animato da buoni propositi, si dimostra ancora ingenuo nell'affrontare le
problematiche della vita, come nell'incontro con l'Azzecca-garbugli prima, e durante i moti di Milano
poi. Rifugiatosi nella bergamasca dopo un viaggio avventuroso (si ricordi la celebre notte passata nel
bosco in riva all'Adda), viene aiutato dal cugino Bortolo, filandiere, a fuggire dal mandato di cattura. È
in questi capitoli che si sviluppa il personaggio di Renzo, divenuto, all'indomani dello scoppio della
pestilenza, accorto nell'affrontare eventuali imprevisti nel Ducato di Milano. Dopo aver ritrovato Lucia
e averla convinta, con l'ausilio di padre Cristoforo, della non validità del suo voto, i due si sposano e
vanno a vivere nella bergamasca, dove Renzo si dà alla tessitura come piccolo imprenditore insieme al
cugino, anche lui scampato alla peste.
Lucia Mondella
Figlia di Agnese, nel Fermo e Lucia vengono descritti in modo più dettagliato i vari approcci amorosi di
Don Rodrigo nei suoi confronti, che suscitano in lei ribrezzo e paura. Nel corso dei Promessi sposi, il
personaggio di Lucia è sembrato ad alcuni lettori, incolore: mentre la critica intravede dei lucidi risvolti
nella personalità della protagonista all'interno dell'economia del romanzo. Nell'affidarsi costantemente
alla preghiera come risoluzione dei mali che le capitano, Lucia è presentata nella sua veste realistica di
contadina lombarda, "antieroina" della tradizione letteraria in quanto quintessenza della donna di
questa condizione sociale.
Don Rodrigo
Nobilotto di provincia, gestisce con tirannia il suo feudo, importunando le giovani donne e punendo chi
non gli va a genio. Persecutore di Lucia, di una scommessa tra Rodrigo e il suo cugino, il conte
→oggetto
Attilio. Nei primi capitoli del romanzo è la "macchina" che fa scattare il susseguirsi delle vicende: il
mancato matrimonio tra Renzo e Lucia; lo scontro con fra Cristoforo; il tentato rapimento di Lucia ad
opera dei suoi bravi capeggiati dal Griso nella notte degli inganni. Infuriato per la dipartita della coppia,
non appena sa che Lucia si è riparata a Monza, decide di recarsi dall'Innominato perché si occupi lui di
rapire una protetta di un'esponente della potente famiglia De Leyva. Anche questo tentativo fallirà a
causa della conversione dell'Innominato: una frustrazione che spingerà Rodrigo a ritirarsi a Milano,
vittorioso soltanto sul fronte con fra Cristoforo, esiliato a Rimini dopo l'intervento del potente Conte zio.
All'arrivo della pestilenza, Rodrigo si trova da tempo a Milano e tenta di ignorare il contagio dedicandosi
a una vita mondana: verrà colpito e contagiato poco dopo l'orazione funebre del conte Attilio, morto per
2
il morbo. Tradito dal Griso, desideroso dei suoi tesori, Rodrigo viene portato al lazzaretto in condizioni
pietose, dove verrà soccorso, ormai semicosciente, da fra Cristoforo e dove Renzo si riconcilierà con lui.
Morirà per il contagio e suo erede sarà un lontano parente, anonimamente definito "marchese".
«Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di
toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a
viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro» (I promessi sposi, capitolo I, p. 23)
Don Abbondio
Curato del paese in cui vivono Renzo e Lucia, l'uomo è presentato, nella sua fragile compostezza morale,
già dal primo capitolo, mostrandone poi l'evoluzione nel corso dei capitoli successivi in riferimento alla
paura da lui nutrita qualora avesse deciso di sposare i due giovani nonostante l'avvertimento di don
Rodrigo. Divenuto sacerdote non per vocazione, ma per avere protezione, Don Abbondio è dipinto in
tinte comiche dal Manzoni, per diventare sempre più fosche (e perciò più odiose) davanti alla
persistenza del curato nell'affrontare i suoi compiti di ministro della Chiesa e, più in generale, quelli
come uomo. Risulta, infatti, avaro, oppressore a sua volta nell'usare la sua cultura ai danni di Renzo, per
non parlare di quella che è stata definita una "danza macabra"[139] allorquando sa della morte di peste
di Don Rodrigo definendo l'epidemia una "gran scopa" voluta dalla Provvidenza.
Fra Cristoforo
«Il qual padre Cristoforo si fermò ritto sulla soglia […]. Onde, con quel tono d'interrogazione che va incontro
a una trista risposta, alzando la barba con un moto leggiero della testa all'indietro, disse: "ebbene?" Lucia
rispose con uno scoppio di pianto» (I promessi sposi, capitolo V, p. 83)
Fra (o padre) Cristoforo, appartenente all'ordine dei Cappuccini, in gioventù si chiamava Ludovico.
Giovane arrogante e desideroso di emulare i nobili spagnoli, un giorno entra in lite con uno di essi,
causando la morte non solo del nobile spagnolo, ma anche del suo servitore, di nome Cristoforo.
Ricoverato presso un convento di Cappuccini, ha qui quel moto dell'anima che lo spinge alla conversione,
manifestando il desiderio di diventare lui stesso frate - col nome di Cristoforo - e poi di chiedere
pubblicamente perdono al fratello e alla famiglia di colui che aveva assassinato. Colpiti da
quest'intenzione così virtuosa, i familiari dell'ucciso avrebbero voluto farlo rimanere a cena ma
Cristoforo, desideroso di andare a soccorrere i più bisognosi, chiese solo un pezzo di pane come segno
della ritrovata concordia. Entrato in scena nel quarto capitolo, Cristoforo, profondamente legato ai
protagonisti, si assume la difesa di Lucia e Renzo davanti a don Rodrigo, arrivando ad intavolare una
discussione alquanto tesa che comporta inevitabilmente l'allontanamento del frate dal palazzotto del
nobile. Questi e il cugino di lui, il conte Attilio, per vendicarsi dello sgarbo ricevuto in casa loro, si
rivolgono al Conte zio, membro del consiglio segreto, il quale a sua volta porta avanti varie maldicenze
costruite ad arte davanti al Padre Provinciale dei Cappuccini. Questi, per non inimicarsi il Conte zio,
anche se consapevole delle accuse infondate rivolte a padre Cristoforo, decide di trasferirlo a Rimini,
località da cui tornerà a Milano per soccorrere gli appestati nel lazzaretto. Il ruolo di padre Cristoforo
risulterà fondamentale per lo sciogliersi del nodo della vicenda: non solo libererà Lucia dal voto fatto
alla Madonna, ma spingerà un vendicativo Renzo al perdono e alla conversione del cuore davanti a un
don Rodrigo completamente devastato dalla pestilenza. Il santo frate morirà poi di peste lui stesso, come
si scoprirà nell'ultimo capitolo.
La Monaca di Monza
Suor Gertrude, personaggio ricostruito sul modello di Marianna De Leyva dei feudatari di Monza, è uno
dei personaggi più complessi e angoscianti che Manzoni propone al pubblico dei lettori. L'analisi
psicologica ed esistenziale della donna dal suo permanere in monastero fino alle scelleratezze compiute
con Egidio - dettagliatissime nel Fermo e Lucia - si riducono a due capitoli nei promessi sposi. Costretta
a prendere i voti contro la sua volontà, dopo essere stata violentata psicologicamente dal padre
3
desideroso di non scialacquare parte dei suoi beni in una dote matrimoniale, Gertrude viene coinvolta
in una relazione amorosa con un giovane sciagurato del luogo, Egidio, col quale ha dei figli, dai quali è
costretta a separarsi non appena li ha partoriti. La figura di Gertrude, capace di suscitare forti sentimenti
di rammarico e di compassione verso la sua triste vicenda, subisce una netta svolta quando acconsente,
senza parteciparvi materialmente, all'assassinio della conversa Caterina, la quale aveva scoperto la
tresca tra i due e che minacciava di rivelarla. Da quel momento, la sventurata continua a vivere
nell'oscurità dei rimorsi e dei gravi peccati commessi, stato d'animo da cui sembra che sia risollevata
grazie al candore e alla gentilezza della sua protetta Lucia, ivi mandata da padre Cristoforo per sfuggire
alle grinfie di don Rodrigo. Davanti però ai ricatti morali di Egidio, inviato per conto dell'Innominato a
rapire la giovane, Gertrude non può che abbandonarsi ai voleri del suo amante, lasciando che i bravi
dell'Innominato la rapiscano. La conclusione della vicenda della monaca di Monza è descritta nel
capitolo XXXVII quando, scoperti i suoi delitti, Gertrude viene trasferita in un monastero a Milano per
scontare i suoi peccati; qui comprende i suoi errori e incomincia a condurre una vita di penitenza
irreprensibile.
L'Innominato
«[…] i suoi occhi, che dall'infanzia più non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furon
cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l'ultima e più chiara risposta»
(I promessi sposi, capitolo XXIII, p. 431)
L'innominato (il Conte del Sagrato nel Fermo e Lucia) è uno dei personaggi più complessi e inquietanti
dell'intero romanzo. Identificato storicamente con Bernardino Visconti, nobile che si dedicava a
guerreggiare con gli spagnoli, l'Innominato è presentato ormai sul limitare della vecchiaia, e roso
interiormente dai dubbi di una vita condotta a perpetrare assassini e altre scelleratezze nei confronti
dei più deboli. Incaricatosi di rapire Lucia dal monastero di Monza con un inganno, l'Innominato si lascia
turbare dalla semplicità e dalla fragilità emotiva della giovane, che scatenano in lui quel turbamento
interiore già iniziato prima dell'arrivo della giovane al suo castello. La notte successiva all'arrivo di
Lucia, conosciuta come notte dell'Innominato, vede l'uomo fronteggiarsi con la propria coscienza,
talmente lacerata dal senso di colpa che lo spinge ad un passo dal suicidio. Soltanto l'alba e il suono delle
campane, annuncianti l'arrivo del cardinale Federico Borromeo in visita pastorale presso quei luoghi, lo
deviano dal mortale proposito, spingendolo anzi a recarsi al villaggio vicino per parlare con l'alto
prelato. Questi, che lo accoglie con fare paternalistico (quasi a ricordare la parabola del figliol
prodigo[141]), lo spinge definitivamente alla conversione: l'Innominato, cambiato radicalmente, si
dedica ad una vita di opere buone e di misericordia, liberando in primis Lucia e poi ospitando, durante
la discesa dei lanzichenecchi, gli abitanti della zona nella sua forte
-
Promessi Sposi
-
Letteratura italiana - Promessi Sposi
-
Peste nei Promessi Sposi
-
Manzoni, dal Fermo e Lucia ai Promessi Sposi, Onomastica Promessi Sposi