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3) CRITERIO DI TRESCA (DELLA MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE)

Viene usato nel caso dei MATERIALI DUTTILI e afferma che: IL COLLASSO SI HA QUANDO

LA MASSIMA TENSIONE DI TAGLIO (nel sistema di carico reale al quale è sottoposto il

componente) È PARI AL MASSIMO SFORZO DI TAGLIO OTTENUTO DALLA PROVA DI

TRAZIONE AL MOMENTO DELLO SNERVAMENTO per quel materiale.

OSSERVAZIONE: Nel piano di Mohr, la MASSIMA TENSIONE DI TAGLIO CORRISPONDE AL

RAGGIO DEL CERCHIO DI MOHR PIU’ GRANDE.

OSSERVAZIONE: Questo criterio viene solitamente usato per PREDIRE LO SNERVAMENTO DEL

MATERIALE. Suppone che la CRISI DEL MATERIALE SIA DOVUTA SOLO ALLA TENSIONE

TANGENZIALE.

RICORDA: Nei materiali duttili, la frattura è causata principalmente dalle forze di taglio, il cui valore

massimo è individuato da un piano inclinato a 45°.

STATO

TRIASSIALE:

STATO BIASSIALE:

OSSERVAZIONE: Nelle formule viste finora, mi sono posto in un SDR PRINCIPALE e ho

considerato, pertanto, le tensioni principali (esclusivamente normali). QUESTO CRITERIO USA

COME TENSIONE LIMITE QUELLA DI SNERVAMENTO.

QUALI SONO I PASSAGGI PER OTTENERE LA TENSIONE IDEALE? Innanzitutto, calcolo

la tensione tangenziale massima durante la prova di trazione (essendo mono -assiale, ho solo una

componente di tensione e quindi sono un cerchio di Mohr). A questo punto, calcolo la tensione

tangenziale massima nel sistema di carico reale (bi-assiale o tri-assiale, avrò più cerchi di Mohr,

quindi applico la formula generica). Uguaglio queste due quantità e mi pongo nel caso limite, ovvero

utilizzo come tensione di riferimento quella di snervamento del materiale.

 consente di

Questa immagine mi descritti

riassumere i passaggi

precedentemente.

TORSIONE PURE (SDR PRINCIPALE):

FLESSIONE E TAGLIO (SDR NON PRINCIPALE):

4) CRITERIO DI VON-MISES (O DELLA MASSIMA ENERGIA DI DEFORMAZIONE)

Rappresenta il criterio di resistenza per antonomasia dei MATERIALI DUTTILI. Afferma che: IL

COLLASSO SI HA QUANDO L’ENERGIA DI DEFORMAZIONE IMMAGAZZINATA DAL

MATERIALE (nel sistema di carico reale) UGUAGLIA QUELLA IMMAGAZZINATA DA UN

PROVINO SOGGETTO A SEMPLICE TRAZIONE QUANDO ESSO ARRIVA A

SNERVAMENTO.

Osservazione: È il criterio che dà risultati molto aderenti alle situazioni reali e viene anche utilizzato

per individuare le combinazioni di tensione che provocano lo SNERVAMENTO.

COME SI VALUTA IL LAVORO DI DEFORMAZIONE? La sua valutazione prevede 3 differenti

passaggi, ovvero:

• Valuto il LAVORO DI DEFORMAZIONE TOTALE (U);

• Calcolo la TENSIONE MEDIA AGENTE;

• Calcolo il LAVORO DA ESSA ESERCITATO (al quale compete solo la variazione di volume)

LAVORO DEF.TOT.:

TENSIONE MEDIA:

LAVORO DEF. VOL.:

Ottengo infine: LAVORO

DEFORMAZIONE:

COME VALUTO INVECE QUELLO NELLA PROVA DI TRAZIONE? Ricordo che in questo

caso ho solo una tensione presente, quella lungo l’asse del provino. Quindi, l’unica tensione principale

è proprio l’unica tensione in generale presente nel problema.

LAVORO DEFORMAZIONE (PROVA TRAZIONE):

COME OTTENGO QUINDI IL CRITERIO CON LA TENSIONE IDEALE? Devo uguagliare

queste quantità ed eseguire dei passaggi matematici, sia in un sdr principale che no.

TRIASSIALE (SDR

PRINCIPALE):

TRIASSIALE (NON

PRINCIPALE):

STATO PIANO (PRINCIPALE):

STATO PIANO (NON PRINCIPALE):

FLESSIONE E TAGLIO (NON PRINCIPALE):

TORSIONE PURA (NON PRINCIPALE):

 Vale per i materiali con comportamento simmetrico,

tipicamente duttili; considera tutte le tensioni principali;

indica quale sia la tensione tangenziale che provoca lo

snervamento; FALLISCE NEL CASO DI TRAZIONE

TRIPLA; NON è UTILIZZABILE per prevedere la

ROTTURA (poiché è basato su grandezze valide solo in

campo elastico).

COME POSSO CALCOLARE LA TENSIONE TANGENZIALE MASSIMA CHE PROVOCA

SNERVAMENTO DEL PROVINO? Ci poniamo nel caso di stato puramente tangenziale e

otteniamo:

STATO PURAMENTE TANGENZIALE:

Dobbiamo dividere l’unica tensione presente per la radice quadrata di 3.

5) CRITERIO DELLA TENSIONE OTTAEDRICA

Utilizzato per MATERIALI DUTTILI, afferma che: IL COLLASSO SI HA QUANDO LA

TENSIONE OTTAEDRICA RAGGIUNGE IL VALORE CRITICO. Le tensioni equivalenti ottenute

COINCIDONO CON QUELLE DEFINITE DAL CRITERIO DI VON.MISES.

COSA POSSIAMO DIRE SUL COEFFICIENTE DI SICUREZZA? Innanzitutto, è un parametro

SCELTO DAL PROGETTISTA ma, in alcuni casi, soprattutto per la resistenza dinamica dei materiali,

viene fissato attraverso delle normative stringenti. Viene scelto opportunamente perché, durante

l’esercizio del componente meccanico, non si può arrivare a valori limite quali: carico di

snervamento, carico di rottura ecc.

OSSERVAZIONE: Il coefficiente di sicurezza DEVE ESSERE SEMPRE MAGGIORE DI 1.

Chiaramente, maggiore sarà questo parametro, maggiore sarà il costo della struttura: infatti,

aumentare il coefficiente di sicurezza, comporta l’utilizzo di un quantitativo maggiore di materiale (e

questo porta all’aumento dei costi, inevitabilmente).

OSSERVAZIONE: Tale coefficiente dipende da diversi fattori. In primis, la sicurezza che voglio avere

per la struttura all’interno del contesto in cui la inserisco. Successivamente trovo: eventuale presenza

di SOVRACCARICHI, il tipo di carico esercitato, INACCURATEZZA NELLA COSTRUZIONE,

QUALITA’ DELLE LAVORAZIONI MECCANICHE, variazioni nel tempo delle proprietà del

materiale, conseguenza del cedimento ecc.

In funzione del tipo di materiale (se duttile o fragile) possiamo usare la tensione di

snervamento/rottura per determinare la tensione ammissibile, attraverso il coefficiente di sicurezza.

6) PROGETTAZIONE IN TERMINI AFFIDABILISTICI

Nei vari progetti, faremo riferimento ai concetti di tipo DETERMINISTICO, cioè useremo definizioni

precise. Nella REALTA’, si usano invece APPROCCI AFFIDABILISTICI (o “PROBABILISTICI”),i

quali fanno una VALUTAZIONE DI TIPO STATISTICO, calcolando la probabilità di guasto di un

prodotto in termini di condizioni operative, ambientali e tempi di utilizzo.

COSA COMPORTA QUESTO IN TERMINI GRAFICI? Per esempio, non definisco più una

tensione unica per un materiale (come l’acciaio) bensì affermo che la sua resistenza è definita da una

certa curva. LO STESSO RAGIONAMENTO VIENE FATTO PER I CARICHI.

I parametri che dobbiamo conoscere sono: LA CURVA DI DISPERSIONE DEL CARICO (“L”,

LOAD) e la CURVA DI RESISTENZA DEL PRODOTTO (“S”, STRENGTH), eseguendo un

paragone tra le due.

Nel grafico soprastante, possiamo osservare queste distribuzioni. Sull’asse delle ascisse è presente la

tensione del materiale ,mentre su quello delle ordinate la probabilità che un certo fenomeno avvenga.

CURVA DI RESISTENZA = immagino di avere una partita di materiale utile alla realizzazione di

un certo componente meccanico. Commercialmente, le BARRE DI MATERIALE HANNO UNA

LUNGHEZZA DI 6 METRI. Si chiede l’esecuzione di prove di caratterizzazione meccaniche di quel

materiale, saranno prelevati un certo numero di campioni da BARRE DIVERSE (per avere una

caratterizzazione più esaustiva e veritiera) e si esegue la PROVA DI TRAZIONE. Quello che

possiamo affermare è che i PROVINI SI ROMPERANNO PER VALORI DI TENSIONE

LEGGER,ENTE DIVERSI, potendo distinguere il valore medio (picco della curva Gaussiana) e la

sua espansione.

COME VA LETTA? Se dovessi avere un valore medio della curva pari a 350 MPa, allora vorrebbe

dire che ho una probabilità del 50% che il materiale abbia una resistenza inferiore a 350 MPa.

CURVA DEI CARICHI = posso eseguire lo stesso ragionamento fatto nel caso precedente. Posso

STIMARE LA PROBABILITA’ CHE LA SOLLECITAZIONE MASSIMA SIA UN CERTO

VALORE attraverso l’utilizzo di ESTENSIMETRI e misuro le sollecitazioni a cui il materiale è

sottoposto. Otterrò nuovamente una distribuzione normale delle misure con valore medio e valori

maggiori e/o minori che si presentano con una probabilità più bassa.

SE HO LE DISTRIBUZIONI DI SOLLECITAZIONE E RESISTENZA, QUAL È LA

PROBABILITA’ DI AVERE ROTTURE? Si basa tutto sull’INTERSEZIONE DELLE CURVE:

nell’esempio di prima, infatti, la probabilità era 0 perché le curve non si intersecavano.

➔ PRIMA IMMAGINE: Le curve si

intersecano, quindi la probabilità di rottura non

è più nulla. La probabilità che la sollecitazione

arrivi fino all’ultimo valore della curva

tratteggiata è bassa, così com’è bassa la

probabilità che la resistenza del materiale arrivi

al valore massimo. HO UNA ZONA DOVE LA

SOLLECITAZIONE SUPERA LA

RESISTENZA.

➔ SECONDA IMMAGINE: Le curve si

intersecano e quindi c’è la probabilità di rottura.

Noto che la curva delle sollecitazioni ha un

picco maggiore rispetto a quella della

resistenza.

OSSERVAZIONE: LE GAUSSIANE TENDONO ASINTOTICAMENTE A 0, QUINDI UN

MINIMO DI PROBABILITA’ DI ROTTURA È PRESENTE SEMPRE.

COSA POSSO FARE PER AUMENTARE L’AFFIDABILITA’ DEL COMPONENTE E

QUINDI RIDURRE LA PROBABILITA’ DI ROTTURA? Dato che non è importante solo il

valore medio ma anche la dispersione della Gaussiane (cioè, quanto loro siano spanciate): POSSO

SPOSTARE LA CURVA DI SOLLECITAZIONE A SINISTRA (riducendo le sollecitazioni, per

esempio aumentando la dimensione del componente),USARE UNA CURVA MENO SPANCIATA

(riducendo al minimo l’incertezza sui sovraccarichi e avere un materiale quanto più uniforme

possibile su tutti i campioni) oppure TRASLARE LA CURVA DI RESISTENZA A DESTRA (che si

tradurrebbe nel prendere un materiale più resistente o trattarlo).

Introduciamo quindi due elementi fondamentali per definire l’affidabilità di un prodotto: IL VALORE

MEDIO DELLA DISTRIBUZIONE DIFFERENZA “Q” E LA DEVIAZIONE STANDARD:

Posso anche definire il coefficiente di sicurezza in una progettazione di tipo deterministico:

➔ Il termine al numeratore rappresenta il valore medio della distribuzione di

rottura; quello al denominatore, invece, l’analogo delle sollecitazioni.

Risulta essere fondamentale anche il MARGINE DI SICUREZZA:

➔ Definito come il rapporto tra: la differenza dei valori medi

(ovvero, la distanza tra le curve) e la combinazione dei quadrati delle

deviazioni standard.

Questa formula va letta sapendo che SM cresce all’aumentare della distanza tra le curve ; se le curve

sono molto distanti, riduco l’area di sovrapposizione ma lo stesso risultato lo ottengo riducendo la

deviazione standard, ovvero rendendo le curve più alte e strette. Se il coefficiente di sicurezza dipende

dal rapporto tra i valori medi e non conta quanto le curve siano strette, il SM tiene conto di tutto.

Quindi, è un approccio c

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