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Tale servizio comporta maggiori entrate per il museo e le maggiori entrate sono utilizzate
per la tutela e la fruizione del museo.
Un secondo esempio.
Un bene culturale (ad esempio una Villa) è spesso fattore di sviluppo socio economico di
un’area e delle relative attività economiche (ad esempio per esercizi alberghieri, per esercizi
di ristorazione, per esercizi commerciali).
Di conseguenza soggetti pubblici e privati (ad esempio fondazioni bancarie) promuovono la
conoscenza della Villa, migliorano la fruizione e promuovono interventi di conservazione della
Villa.
Detto altrimenti: il bene culturale è foriero di utilità economica per il territorio perché
attrae capitali e risorse così da promuovere la conoscenza del bene culturale, migliorare le
condizioni di fruizione del bene e sostengono interventi di conservazione del bene culturale.
Una precisazione finale importante.
Come rilevato da autorevole dottrina «l’ordinamento tende progressivamente verso una
nozione di valorizzazione sostenibile, ossia in grado:
- da un lato, di soddisfare le esigenze di risorse sempre più consistenti da destinare al
patrimonio culturale;
- dall’altro, di impedire che una gestione troppo imprenditoriale possa disattendere l’obiettivo
primario di […] diffondere valori culturali a livello globale rendendo ogni testimonianza di
civiltà parte integrante e imprescindibile del territorio e della società» (L. Casini).
Detto altrimenti ancora: la nozione di valorizzazione è «circolare nel senso che parte dalla
fruizione e a quest’ultima deve tornare: l’aumento della domanda di accesso ai beni culturali,
lo sviluppo di servizi aggiuntivi, l’incremento delle sponsorizzazioni rappresenta un profitto,
ma vincolato alla maggiore offerta del bene culturale e, quindi, in altri termini una sua
maggiore fruizione».
Un esempio di valorizzazione insostenibile del bene culturale: un aumento del biglietto di
ingresso così elevato da un lato, coprire i costi di gestione del museo e garantire un lucro;
dall’altro, precludere a molti la fruizione del bene culturale.
Le attività preordinate alla realizzazione dei fini della valorizzazione Le attività di
valorizzazione o, se volete, le attività preordinate alla realizzazione dei fini della
valorizzazione sono oggetto di una definizione alquanto generica e lata. Il Codice ed, in
specie, l’articolo 111 individua due ambiti delle attività di valorizzazione:
a) l’organizzazione di reti di cooperazione tra soggetti pubblici e tra i soggetti pubblici e
privati;
b) coordinamento e concentrazione delle risorse finanziarie, strumentali (ad esempio
immobili) o tecniche per la realizzazione dei progetti o dei programmi concordati.
Si tratta evidentemente di ambiti alquanto ampi al cui interno rientrano eterogenee e
molteplici attività.
Esempio: sostegno finanziario alle iniziative dei proprietari di conservazione dei beni;
campagne promozionali a fini di “studio e ricerca”; individuazione di itinerari turistico-
culturali, realizzazione di rappresentazioni dal vivo della storia dei luoghi come nell’area
archeologica di Pompei.
Detto altrimenti: la definizione delle attività di valorizzazione è:
- da un lato, aperta perché comprende ogni possibile iniziativa diretta a realizzare i fini della
valorizzazione, ossia la promozione della conoscenza del patrimonio culturale, garantire le
migliori condizioni di utilizzazione e di fruizione del patrimonio culturale, promuovere e
sostenere gli interventi di conservazione;
- dall’altro, dinamica in quanto muta al mutare delle modalità di godimento beni culturali.
Un’ipotesi di classificazione delle attività di valorizzazione opera una distinzione fra:
- interventi di valorizzazione di tipo diretto nel senso che hanno ad oggetto direttamente il
bene culturale come ad esempio l’organizzazione di mostre o esposizioni;
- interventi di valorizzazione di tipo indiretto nel senso che hanno ad oggetto indirettamente
il bene culturale come ad esempio il servizio di ristorazione e caffetteria nell’ambito di un
museo.
- interventi di valorizzazione di tipo contestuale nel senso che operano nel contesto dei beni
culturali oggetto di valorizzazione come ad esempio il servizio di ristorazione e caffetteria;
- interventi di valorizzazione di tipo extracontestuale nel senso che operano al di fuori del
contesto dei beni culturali oggetto di valorizzazione come ad esempio campagne pubblicitarie
per diffondere la conoscenza dei beni culturali
Riassumendo.
La valorizzazione è multiforme perché si articola in svariate modalità di intervento. Di
conseguenza, le attività di valorizzazione non sono tipizzate in modo tassativo dal Codice.
Infatti, il Codice, da un lato, prevede – come appena visto - una nozione alquanto generica
ed ampia di valorizzazione; dall’altro, come vedremo - esemplifica e disciplina alcune
specifiche attività di valorizzazione.
Acquisti privilegiati in tema di beni culturali
Per «acquisti privilegiati» si intende il complesso di istituti previsti dal Codice in forza
dei quali gli enti pubblici e, in ipotesi più limitate, soggetti privati acquistano la titolarità di
beni culturali.
Si tratta di istituti di diritto pubblico differenti da quelli previsti dal diritto privato e, quindi,
non utilizzabili dalla generalità dei soggetti dell’ordinamento. Detto altrimenti: l’ordinamento
attribuisce agli enti pubblici ed, in ipotesi più limitate, ad enti privati il potere di acquistare la
proprietà dei beni culturali per soddisfare l’interesse alla tutela ed alla fruizione.
Ecco il punto da sottolineare: gli acquisti privilegiati sono posti al crocevia fra tutela,
fruizione e valorizzazione.
Essi dimostrano il profondo legame e nesso fra tutela, fruizione e valorizzazione.
Gli acquisti privilegiati in tema di beni culturali appaiono, infatti, preordinati a soddisfare o
tutti o alcuni dei fini di cui sotto, ossia:
- la tutela ed, in specie, la protezione dei beni culturali nonché la non dispersione giuridica e
la non dispersione materiale,
- la fruizione dei beni culturali da intendersi come il godimento o, se volete, l’uso del bene
culturale da parte della collettività;
- la valorizzazione ed, in specie, il «miglioramento delle condizioni di utilizzazione e di
fruizione» del bene culturale da parte della collettività.
Gli acquisti acquisiti privilegiati in tema di beni culturali preordinati alla tutela e fruizione
comprendono:
- l’espropriazione per fini strumentali;
- la prelazione;
- l’acquisto c.d. coattivo dei beni culturali;
- l’espropriazione tout court.
Espropriazione per fini strumentali
Le fonti normative
L’espropriazione per fini strumentali è disciplinata dall’art. 96 del Codice. La struttura
ed, in specie, il contenuto e l’effetto
L’espropriazione per fini strumentali è un provvedimento amministrativo che:
- ha ad oggetto beni immobili aventi un collegamento con il bene culturale o, se volete, posti
nella cornice ambientale del bene culturale
- produce l’effetto di trasferire la proprietà dei predetti beni dal privato al Ministero per la
Cultura o alla Regione verso il corrispettivo di un indennizzo. La funzione
Le finalità cui è preordinata l’espropriazione in esame sono: - la protezione indiretta dei
culturali immobili ed, in specie, garantire «luce, prospettiva e decoro» nonché «isolare o
restaurare» i beni culturali immobili; - la fruizione o, se volete utilizzare la formulazione
dell’art. 96 del Codice, «garantire il godimento dei beni culturali immobili da parte del
pubblico». - la valorizzazione o, se volete utilizzare la formulazione dell’art. 96 del Codice,
«accrescere il godimento del bene culturale da parte del pubblico o facilitare l’accesso del
pubblico al bene culturale».
In sintesi quindi l’espropriazione per fini strumentali è preordinata a soddisfare:
- la tutela del bene culturale sub specie di protezione indiretta - la fruizione
del bene culturale;
- la valorizzazione del bene culturale.
Esempio storico di espropriazione per fini strumentali.
L’espropriazione degli edifici posti su Via della Conciliazione a Roma così da demolirli e
dare “prospettiva e luce” alla Basilica di San Pietro. Un altro esempio storico.
L’espropriazione degli edifici posti su Viale dei Fori Imperiali coì da demolirli e collocare in
un’unica direttrice visiva il Colosseo, i Fori Romani e Piazza Venezia.
Un altro esempio ancora.
L’espropriazione degli edifici ormai fatiscenti circostanti una chiesa avente natura di beni
culturali così da demolirli ed «isolare» il bene culturale dal contesto nel quale è incluso.
L’idea dell’isolamento del bene culturale rispetto al contesto appare essere nata nell’epoca
fascista («I monumenti millenari della nostra storia debbono giganteggiare nella necessaria
solitudine» affermava Benito Mussolini)
L’organo competente ad adottare il provvedimento di espropriazione I titolari del potere di
espropriazione sono il Ministero della Cultura e le Regioni.
Più precisamente:
- l’organo del Ministero della Cultura competente ad adottare il provvedimento di
espropriazione è la Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della
Cultura su proposta della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio competente per
territorio;
- l’organo della Regione è individuato in ciascuna Regione dal regolamento di organizzazione.
Elementi comuni e di differenza fra vincolo indiretto ed espropriazione per fini strumentali.
Elementi comuni
L’espropriazione per fini strumentali ed il vincolo indiretto hanno ad oggetto non il bene
culturale, ma i beni inclusi nel contesto ambientale del bene culturale. Le finalità del vincolo
indiretto e la prima delle tre specie delle finalità dell’espropriazione strumentale sono
sostanzialmente analoghi (garantire la luce, la prospettiva, il decoro)
Primo elemento di differenza
Il vincolo c.d. indiretto comporta limitazioni di ordine negativo delle facoltà di godimento
del proprietario del bene oggetto del vincolo. Detto altrimenti: il vincolo indiretto consiste in
prescrizioni di non facere o, se volete, in divieti di porre in essere determinate condotte
idonee a modificare lo stato del bene oggetto di vincolo indiretto
L’espropriazione, invece, comporta il trasferimento della proprietà del bene oggetto del
vincolo indiretto dal privato alla pubblica amministrazione ed, in specie, al Ministero della
Cultura o alla Regione.
Ne deriva che:
- i