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ATTUALITÀ:
L’Accademia di Svezia ha motivato l’assegnazione della prestigiosa onorificenza ai tre studiosi
sottolineando come il loro lavoro su banche e crisi finanziarie sia stato «fondamentale per la
ricerca successiva, che ha migliorato la nostra comprensione delle banche, della
regolamentazione bancaria, delle crisi bancarie e di come dovrebbero essere gestite le crisi
finanziarie».
Ben Bernanke, dal 2006 al 2014 è stato presidente della Federal Reserve, quindi anche durante la
crisi finanziaria dei mutui subprime scoppiata nel 2007, su cui intervenne prima azzerando i tassi
d’interesse per stimolare l’economia reale e poi con il «quantitative easing», varando una politica
monetaria ultra-espansiva per pompare liquidità nel sistema, al fine di innescare la ripresa dei
consumi. Misure che gli valsero, a lui nominato da George W.Bush, un secondo mandato da parte
di Barack Obama, nonostante i suoi critici lo accusarono duramente per non aver saputo
prevedere le dinamiche che portarono all’esplosione della crisi e per aver reagito con troppa
lentezza alla sua fase iniziale. Bernanke è stato insignito del Nobel anche per i suoi studi sulla
Depressione» del 1929 che, secondo i giurati dell’Accademia di Svezia, hanno mostrato
«Grande
«come le corse agli sportelli siano state un fattore determinante per il divenire così profondo e
prolungato della crisi».
Douglas Diamond è stato invece premiato «per aver mostrato come le banche svolgano una
funzione importante per la società». In quanto intermediari tra risparmiatori e mutuatari, gli studi di
Diamond hanno mostrato come «le banche siano le istituzioni più adatte a valutare l’affidabilità
creditizia dei mutuatari, oltre che a garantire che i prestiti siano utilizzati per buoni investimenti».
Assieme a Philip Dybvig, Diamond ha inoltre sviluppato a metà degli anni Ottanta una serie di
modelli teorici «che spiegano perché le banche esistono, come il loro ruolo nella società le rende
vulnerabili alle voci sul loro imminente collasso, e come la società possa ridurre questa
I due studiosi spiegarono anch’essi come la
vulnerabilità». Si tratta del modello Diamond-Dybvig.
corsa agli sportelli e il panico tra i risparmiatori di fronte a voci di difficoltà della loro banca possano
innescare dinamiche per cui la banca, svuotata della liquidità dei suoi clienti, non possa più
sostenere le proprie attività e dunque rischiare maggiormente il fallimento.
L’ammontare premio è di quasi 900mila dollari
per l’economia non
Il nobel è istituito nel testamento di Alfred Nobel (chimico, imprenditore
e filantropo) del 1895, ma dalla banca centrale svedese in sua memoria nel 1969.
FALLIMENTI MACROECONOMICI
all’instabilità delle economie di mercato,
Si ricollegano cioè situazioni di crisi, in termini di mancata
convergenza verso l’equilibrio economico generale e persistenza dell’economia verso sentieri non
l’efficienza o l’equità.
ottimali per quanto riguarda Anche in questo caso derivano da violazioni delle
assunzioni dell’equilibrio competitivo:
• Rigidità reali o nominali
• Mercati incompleti e problemi di informazione
• Problemi di coordinamento
La teoria tradizionale non è in grado di spiegare questi fenomeni delle economie reali, quindi di
base esclude la disoccupazione involontaria, guarda ai prezzi relativi e non a quelli assoluti,
ipotizza un equilibrio internazionale e non prevede scostamenti strutturali dall’equilibrio.
I principali fallimenti macroeconomici sono invece:
• Disoccupazione involontaria
• Inflazione
• Squilibri della bilancia dei pagamenti
• Mancata o lenta convergenza all’equilibrio naturale
Quindi di conseguenza abbiamo che gli obiettivi macroeconomici perseguiti sono:
• Il reddito di pieno impiego
• L’aumento dei prezzi nullo o almeno limitato
• Equilibrio dei conti con l’estero, cioè avere una bilancia dei pagamenti in pareggio
• Crescita economica col tasso massimo possibile, compatibile con la crescita sostenibile nel
tempo
• Stabilizzazione dei debiti pubblico ed estero.
La disoccupazione
È un fenomeno sociale che consiste nella scarsità dei posti di lavoro in relazione al numero di
coloro che vi aspirano. È involontaria quando la domanda di lavoro è insufficiente per occupare
quei lavoratori disposti a occuparsi al tasso di salario reale vigente o anche leggermente inferiore.
È volontaria (secondo Keynes) quando il lavoratore per varie ragioni non accetta un salario pari
alla produttività marginale del suo lavoro. L’esistenza di disoccupazione involontaria rappresenta
una perdita di efficienza statica e dinamica per il sistema economico in quanto vi è un deperimento
si accresce l’ineguaglianza della distribuzione del reddito e vi è la possibilità
delle risorse umane,
di migliorare la posizione di alcuni individui senza peggiorare quella di altri.
Concetti chiave:
• Popolazione attiva: persone di età superiore ai 15 anni;
• Forza lavoro: numero di persone che dichiarano di essere
• occupate o che dichiarano di essere disoccupate
• Disoccupati: coloro che non hanno un lavoro e che: a) hanno attivamente cercato
un’occupazione nelle ultime quattro settimane b) stanno aspettando di riprendere servizio
dopo essere stati temporaneamente sospesi perché in esubero
• Persone non in forza lavoro (inattivi): persone di età superiore a 15 anni che non fanno
parte della forza lavoro (in quanto dichiarano che non cercano lavoro). Vi rientrano, ad es.,
studenti, pensionati, casalinghe, ma anche i c.d. “lavoratori scoraggiati”, ossia quei soggetti
che hanno smesso di cercare un impiego.
• Tasso di disoccupazione: rapporto tra disoccupati e forze di lavoro
• Tasso di disoccupazione = disoccupati/forza lavoro = disoccupati/(occupati + disoccupati)
• Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di
riferimento
• Tasso di attività: rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la
corrispondente popolazione di riferimento.
• Tasso di inattività: rapporto tra le persone non appartenenti alle forze di lavoro e la
corrispondente popolazione di riferimento
Tipi di disoccupazione:
• Breve periodo:
o Disoccupazione frizionale: causata dal tempo necessario affinché un lavoratore trovi
una nuova occupazione che soddisfi le proprie aspirazioni e sfrutti le sue
competenze (job searching; mismatch; etc.);
o Disoccupazione stagionale: correlata a variazioni meteorologiche, flussi turistici, o
altri fattori stagionali del sistema produttivo (es. maestri sci, raccoglitore frutta e
verdura estiva, operai edili, ecc). Complica interpretazione dati annuali
o Disoccupazione ciclica: La disoccupazione ciclica è la disoccupazione associata
alle fluttuazioni economiche di breve periodo.
• Lungo periodo:
o Disoccupazione naturale: compatibile con eq. LP (ipotesi di pieno impiego)
o Disoccupazione strutturale: originata da cause strutturali, tecnologiche, dalla rigidità
del salario reale, dalla presenza di un salario minimo garantito, dalla tendenza delle
imprese di riconoscere un salario di efficienza ai propri lavoratori o da un elevato
potere di contrattazione dei sindacati.
Le statistiche disponibili non sono in grado di distinguere i diversi tipi di disoccupazione.
Nella disoccupazione strutturale abbiamo l’esistenza di un salario superiore a quello di equilibrio
per motivi legati a elementi strutturali del sistema economico. Si manifesta come eccesso di offerta
di lavoro nel lungo periodo, quindi non esiste a quel livello di salario una domanda di lavoro da
assorbire l’offerta dei lavoratori. Tra le cause possibili abbiamo la
parte delle imprese in grado di potere di mercato nell’offerta di lavoro e i salari
rigidità dei salari sul mercato del lavoro, di
più alti adottati per migliorare l’efficienza produttiva.
efficienza, cioè quei salari
Il tasso naturale di disoccupazione è il tasso medio attorno al quale fluttua il sistema economico. È
un tasso di equilibrio in quanto il sistema non riesce a ridurlo spontaneamente. Le determinanti
come il grado di sviluppo dell’economia, la propensione al
sono i fattori di carattere strutturale
tempo libero e le caratteristiche del mercato.
È distinto dal NARU che è invece il tasso di disoccupazione che non genera pressioni
inflazionistiche.
Tra gli interventi possibili di politica economica abbiamo gli interventi pubblici di redistribuzione del
reddito che consentano il pagamento di indennità di disoccupazione o integrazione dei guadagni.
Tali misure sono anche strumenti di flessibilità del sistema produttivo e delle relazioni industriali.
Oltre i costi economici della disoccupazione ne troviamo anche degli altri come la frustrazione,
emarginazione del lavoratore e rischio di rivolgimenti sociali e criminalità.
L’inflazione
l’aumento continuo del livello generale dei prezzi e conseguente perdita di valore della moneta.
È Il
tasso di inflazione rappresenta la variazione percentuale del livello generale dei prezzi e varia nei
per misurare l’inflazione sono:
diversi paesi nel corso del tempo. Gli indici più utilizzati
• Il tasso di variazione del deflatore del PIL: cioè il rapporto fra il PIL nominale e il PIL reale
in un dato periodo di tempo. Riflette il prezzo di tutti i beni e i servizi prodotti internamente.
• dell’indice dei prezzi al consumo: costo di un paniere predefinito di
Il tasso di variazione
beni rappresentativo degli acquisti di un consumatore urbano medio in termini relativi
rispetto al costo del medesimo paniere rilevato in un periodo base. Riflette il prezzo di tutti i
beni e i servizi acquistati dal consumatore, indipendentemente dal fatto che si tratti di
importazioni o di produzione interna.
Il paniere Istat è l’insieme di beni e servizi le cui variazioni di prezzo tengono un monitorate per
dell’inflazione.
produrre il dato
Ci sono diversi tipi di inflazione:
• è legato ad un aumento contenuto del livello dei prezzi nell’ordine del
Inflazione strisciante:
3% l’anno.
2-
• Inflazione moderata: è legata ad un aumento del livello dei prezzi non superiore alle due
cifre, non è generalmente considerata allarmante.
• Inflazione galoppante: fenomeno di aumento generale dei prezzi superiore alle due cifre.
• Iperinflazione: fenomeno di aumento generale del livello dei prezzi superiore alle tre cifre.
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