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COMPLETAMENTO AMODALE
COMPLETAMENTO AMODALE
Il Si intende quindi la presenza percettiva delle parti di
à
contorni e superfici che sono occluse da altre superfici opache rispetto al punto di vista.
La presenza amodale è una caratteristica peculiare della percezione consapevole, a metà
strada fra percezione e cognizione. Di solito non ci si fa caso, ma si tratta di un fenomeno
pervasivo, quasi sempre presente quando apriamo gli occhi e guardiamo quello che sta
attorno a noi. Provate a farlo anche voi, adesso. Noterete che un gran numero di oggetti
sono visibili solo in parte, perché ci sono altri oggetti opachi davanti che ne occludono una
parte. Ad esempio, dietro allo schermo del computer su cui sto scrivendo queste righe ci
sono alcuni libri, di cui è visibile in senso proprio solo una parte, perché il resto è dietro lo
schermo. Ciò nonostante, io non ho consapevolezza di un oggetto che si interrompe nel
punto in cui è occluso: percepisco i libri come qualcosa che continua dietro lo schermo,
come unità complete anche se in parte le qualità della modalità percettiva non sono
presenti (ad esempio, non vedo veramente il colore delle copertine dietro lo schermo).
È una percezione senza che ci sia vera percezione “sta tra il vedere e il pensare”: non è
à
una cosa che si immagina, si ha una vera percezione del braccio che non si interrompe ma
non si ha una percezione modale.
Quindi nel caso del completamento amodale quello di cui si ha esperienza è presente
nell’esperienza ma non ha le modalità percettive, è una percezione astratta. 127
COMPLETAMENTO MODALE
COMPLETAMENTO MODALE : si fa riferimento a quelle situazioni in cui parte di un
contorno viene percepita in assenza di informazione locale (cioè, a dispetto del fatto che
in quel punto non c'è contrasto rilevabile). Il cervello fa una specie di interpolazione,
riempie un buco facendoci vedere quella cosa come se ci fosse per davvero, ha delle
caratteristiche della modalità visiva.
Esempio macchia cieca approfondimento rappresentato
à
dalla macchia cieca, ovvero la zona della retina priva di
recettori (zona in cui esce il nervo ottico). Quando l’interruzione del segmento viene a
coincidere con la macchia cieca si vede il segmento completo, senza interruzione: anche
nella parte che cade sulla macchia cieca il percetto ha le caratteristiche della modalità visiva,
in questo caso un colore e una forma.
È quello che succede nel triangolo di K. con il triangolo bianco che
punta verso il basso: è una superficie illusoria perché il suo margine
non esiste nello stimolo, ma nella misura in cui si vede un contorno,
è un contorno modale, nel senso che sembra che ci sia. Un’altra cosa
che si nota è che il bianco dentro il triangolo sempre più bianco e brillante di quello dello
sfondo, questo è un altro aspetto modale - mentre ciò che è amodale è che il triangolo nero
sembra continuare dietro al triangolo bianco e che i cerchi continuano dietro i vertici del
triangolo bianco. Il triangolo di K. è una figura complessa e si può provare a ragionarci
intorno pensando ai principi di organizzazione di W.
Kanisza era interessato al completamento
amodale, un fenomeno che aveva osservato è
quello in figura: ci sono tre rettangoli grigi, quello 128
centrale è nascosto ed è completato amdoalemnte dietro il rettangolo nero. La domanda è
quale dei due rettangoli grigi a dx o sx è largo come quello del centro?
Quello uguale è quello di sx, il motivo per cui quello centrale sembra a molte persone uguale
a quello di dx è il fenomeno DEL RESTRINGIMENTO AMODALE: in queste condizioni è come
se il sistema visivo avesse una spesa energetica dovuta al
fatto che deve completare la figura e quindi non riesce a
confrontare le immagini in maniera corretta – è un
fenomeno di cui si sa ancora poco.
Un’altra figura illusoria è il disco di K., il principio è lo
stesso: si può pensare alla percezione del cerchio come la
conseguenza del fatto che i principi di organizzazione
preferiscono le forme chiuse, la buona continuazione (il
fatto che i segmenti siano allineati li fa organizzare insieme e siccome sono organizzati
insieme tendono a completarsi) e anche la vicinanza conta, perché se si ingrandisce il disco,
si aumenta la distanza tra i terminatori dei segmenti e la figura diventa meno visibile. Ci
sono tanti esempi di figure illusorie: nell’immagine 2 si può vedere l’effetto anche con un
margine sfumato, mentre nell’immagine 1 sembra come se al centro c’è una cosa luminosa.
SIGNIFICATO ADATTIVO che i processi psicologici hanno determinato: il significato
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adattivo di queste figure non è diverso dal discorso fatto sui principi di organizzazione.
L’ambiente in cui viviamo ha dei vincoli legati dalla fisica e dalla biologia (es. gli oggetti
hanno una certa taglia, non sono né troppo grandi né troppo piccoli, sono fatti di certi
materiali): ci sono una serie di cose che fanno sì che, soprattutto gli oggetti biologici (animali
e vegetali) abbiano certe caratteristiche e interagiscono con la luce in una certa maniera.
Gli animali hanno il problema di trovare il cibo e riprodursi (due funzioni importanti dal
punto di vista evolutivo): se si è un predatore è necessario nutrirsi, quindi essere capaci di
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trovare la preda diventa un problema percettivoà è necessario di riuscire a costruire delle
figure e a differenziarle dallo sfondo (trovare bacca o vedere animale). Per alcuni elementi
vegetali va bene essere mangiati dall’animale perché sparge i semi, ma di solito una preda
cerca di evitare di farsi mangiare dal predatore.
A questo fine può cercare di mimetizzarsi: il mimetismo è una strategia per cercare di
diventare invisibili che vuol dire cercare di ingannare i processi di livello intermedio che
mettono insieme le informazioni locali e costruiscono le superfici.
Il pesce è difficile da vedere tra gli scogli perché per i principi di organizzazione lui si
a) unifica con gli scogli, di conseguenza non è facile per un sistema percettivo vedere la
forma che invece possiamo vedere in
togliendo il colore dallo sfondo. Se il pesce si muove per il principio del destino comune
b) lo si rileva subito e anche la visione binoculare aiuta a rilevare le prede.
Un altro problema è riuscire a non fare ombre, in quanto siamo molto sensibili alla loro
rilevazione. In questa figura si ha un altro d’esempio di mimetizzazione, nonostante la
farfalla riesce a riprodurre molto bene la struttura ottica della corteccia dell’albero, ma
l’ombra che crea sull’albero può essere un problema.
Il principio del mimetismo lo usiamo anche noi uomini es. militare, cecchino che cerca di
c) trovare la maniera di confondersi nel contesto in cui si trova. Intorno ai primi del ‘900,
prima che ci fossero metodi di puntamento, quando tutto era fatto a occhio per un
periodo si usava mimetizzare navi e aerei dipingendo sulle fiancate dei mezzi delle strisce
che creavano dei contorni illusori: è la stessa tecnica che usano le zebre, le quali si
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muovono in branco e i segnali locali di movimento sono tutti strani ed è difficile fare
un’integrazione di questi segnali di movimento.
Si può pensare a questa forma di completamento come una maniera in cui il cervello del
predatore cerca di prevalere sul tentativo di mimetizzarsi della preda, cerca di sfruttare le
informazioni incomplete e di produrre la percezione di una figura che c’è davvero nel
mondo ma sta cercando di nascondersi.
Si vede anche molto bene adottando un approccio di visione artificiale: ci sono algoritmi
sofisticati che si occupano di trovare dove sono i contorni di un’immagine. Il problema è che
se si deve dare significato all’immagine semplicemente guardare dove sono i contorni (intesi
come segnali locali orientati), funziona fino a un certo punto. L’algoritmo becca l’elefante,
becca anche un’alta quantità di contorni che non solo salienti, ma non becca dei contorni
che noi potenzialmente vediamo nella scena reale: gli algoritmi evoluti che fanno visione
artificiale, oltre a rilevare i contrasti orientati, utilizzano una specie di equivalente dei
principi di organizzazione, hanno una sorta di capacità di completamento. 131
BASI NEURALI DEL COMPLETAMENTO
Per le loro caratteristiche, le figure illusorie si sono rivelate una categoria di stimoli molto
utile per studiare le basi neurali del completamento dei contorni nella visione intermedia.
Si parte da stimoli in cui è possibile creare delle configurazioni in cui, a partire da uguali
elementi, si ottengono stimoli in cui sono presenti margini «reali» (effettive discontinuità
nella luminanza, codificabili da meccanismi a basso livello selettivi per contrasto e
orientazione), o margini illusori, o nessun margine.
Il confronto fra l'attività neurale in queste tre condizioni può quindi darci informazioni sulla
localizzazione nel cervello e sulla natura dei meccanismi neurali che producono le figure
illusorie.
Un gruppo di ricerca olandese [Thielen et al. 2019] in una recente rassegna che riguardava
non specificamente le figure illusorie ma in generale le basi neurali del completamento a
superfici. Esaminata una quarantina circa di studi che hanno usato tecniche di
elettrofisiologia, elettroencefalografia, magnetoencefalografia, o risonanza magnetica
funzionale, questi ricercatori hanno organizzato i risultati in riferimento a tre domande.
1. La prima riguarda la localizzazione: dove nel cervello avviene il completamento? Ad
esempio, sono implicate solo aree corticali di alto livello, o vi sono processi di
completamento già a livello dell'area visiva primaria?
2. La seconda riguarda la dinamica temporale: quando il sistema visivo attua il
completamento?
3. La terza, infine, riguarda il processo in quanto tale: come viene attuato il
completamento nel cervello?
Il risultato fondamentale emerse dallo studio dei campi recettivi selettivi all'orientazione
nell'area VISIVA EXTRASTRIATA V2, la seconda area visiva presente nel lobo occipitale. 132
V2 riceve connessioni dirette da V1 e dal pulvinar e proietta sia in avanti verso V3, V4 e V5,
sia all'indietro verso V1. Questo tipo di connettività suggerisce che V2 potrebbe essere una
delle aree coinvolte nei processi visivi di livello intermedio.
Oggi sappiamo, infatti, che i neuroni di V2 esibiscono selettività per orientazione, frequenza
spaziale, disparità binoculare e contrasto cromatico in analogia con quelli di V1, ma sono
anche selettivi per quella che abbiamo chiamato &laq