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HELMHOLTZ: PERCEZIONE COME INFERENZA INDUTTIVA E OTTICA
INVERSA
A cosa serve la visione? serve a costruire una rappresentazione dell'ambiente fisico.
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Questo lavoro di costruzione del mondo percepito corrisponde a risolvere un problema di
oMca inversa.
La stru9ura della luce riflessa dalle superfici veicoli informazione sulla stru9ura
dell'ambiente. Quel percorso logico, che considera la stru9ura della luce dall'ambiente
all'occhio, ha la forma di un problema di oMca dire$a: a parNre dalle cara$erisNche fisiche
dell'ambiente, è possibile determinare come queste saranno rispecchiate nella stru$ura
della luce e di conseguenza sulla reNna di un osservatore.
Ad esempio, dato un ogge9o con una certa stru9ura tridimensionale (nell'ambiente),
possiamo calcolare la sua proiezione su una superficie bidimensionale (la re3na).
Il processo di percezione visiva procede però nella direzione opposta: a par3re dalla
proiezione sulla re3na, cerca di rappresentare la stru9ura dell'ogge9o nell'ambiente.
Questo è appunto un problema di oMca inversa, perché anziché par3re dai da3 per calcolare
la soluzione, assomiglia a una situazione in cui, a par3re dalla soluzione, si cerca di ricostruire
il dato di partenza.
L'analogia della visione come oMca inversa trae origine da uno degli scienzia3 più influen3
dell’800’, Hermann von Helmholtz chiariva come i perceM non possano che essere il
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risultato dell'aMvità psichica. Egli riconosceva quindi che lo studio della percezione
appar3ene al dominio della psicologia, anche se a questo aggiungeva che la percezione
rappresenta un ampio campo di indagine anche per la fisica e la fisiologia.
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Ma qual è la natura dell'aMvità psichica responsabile del cosNtuirsi dei perceM? Per
Helmholtz è l'equivalente di una conclusione inconscia, una conclusione a cui la mente
arriva, a$raverso un processo inconscio di inferenza, riguardo alla possibile causa
ambientale dell'effe$o sensoriale prodo$o da uno sNmolo.
La metafora dell'inferenza inconscia ha influenzato è quello che potremmo chiamare oggi il
modello standard della visione, ossia il modello ado9ato dalla maggior parte dei ricercatori
in mol3 se9ori diversi, dalla psicologia alle neuroscienze, fino alla visione ar3ficiale.
Un altro influente ricercatore del secolo scorso, Irvin Rock, ha ipo3zzato che la visione
assomigli a un processo di soluzione di problemi, ossia che i perceM possano essere
consideraN come una soluzione che il sistema visivo deriva dai daN sensoriali. Una delle
cara9eris3che del modello neo-helmholtziano della percezione è dunque la concezione
della visione come un processo raziomorfo (che ha la forma di un ragionamento).
Se la percezione è la soluzione di un problema di oMca inversa, questa soluzione non può
essere basata sui soli da3 sensoriali ma richiede informazioni aggiun3ve.
Helmholtz riteneva che nell'inferenza inconscia i daN sensoriali siano integraN da
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aspe$aNve, regole e conoscenze già presenN nel sistema in qualche forma, o derivate
dall'esperienza.
Secondo Helmholtz il principio generale non riguarda solo conoscenze esplicite sugli oggeM,
ma in generale anche le condizioni di osservazione: «la regola generale è che [...] vengono
percepite le proprietà che gli oggeM avrebbero dovuto possedere, per produrre le stesse
impressioni sul meccanismo nervoso, se gli occhi fossero sta3 usa3 nelle normali condizioni
ordinarie». Questa osservazione di Helmholtz è molto simile a quella che, nelle teorie
contemporanee, viene chiamata l'assunzione di non-accidentalità del punto di vista
Nelle teorizzazioni moderne che ado9ano un modello di 3po neo-helmoltziano, la
percezione è dunque il risultato di un processo inferenziale, che Nene conto
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dell'informazione oMca disponibile ma la interpreta tenendo conto di conoscenze o
assunzioni già presenN nell'organismo.
L'inferenza inconscia ipo3zzata da Helmholtze dai neohelmholtziani è una forma di
ragionamento induMvo. Essa è una inferenza basata su premesse che sono coerenN con la
concisione, ma che non ne implicano necessariamente la verità (come accade invece nel
caso del ragionamento deduMvo).
Per questo mo3vo, la soluzione al problema di oMca inversa posto dalla visione è, nella
concezione helmholtziana, necessariamente di natura probabilisNca. InfaM, l'informazione
oMca disponibile a un punto di vista è quasi sempre compa3bile con mol3 sta3 di cose diversi
nell'ambiente. Ad esempio, la distribuzione dell'intensità della luce riflessa da una superficie
dipende dalla sua forma tridimensionale ma anche dalla direzione dell'illuminazione. La
stessa distribuzione può quindi corrispondere, in linea di principio, a stru9ure
tridimensionali diverse.
Dato che la stru9ura dell'ambiente non è arbitraria, ma è cara9erizzata da vincoli fisici e
biologici, queste possibilità di interpretazione non sono tu9e ugualmente probabili. Ad
esempio, nell'ambiente in cui la nostra specie si è evoluta la probabilità che la luce provenga
dall'alto (dal sole, dalla luna) è molto maggiore della probabilità che provenga dal basso.
Tenendo conto di questo vincolo, è più probabile che un gradiente di ombreggiatura chiaro
nella parte superiore e scuro in quella inferiore appartenga a una superficie concava (collina),
mentre un gradiente scuro nella parte superiore e chiaro in quella inferiore a una superficie
convessa (cratere).
Nel modello neohelmoltziano, la visione può essere quindi considerata come l'analogo di
un processo che cerca di inferire le cause fisiche più probabili per gli sNmoli di volta in volta
disponibili. Come il sistema visivo potrebbe me9ere in a9o questo par3colare 3po di
ragionamento probabilis3co è stato, e in larga parte rimane, ogge9o di dibaMto. Secondo
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l'opinione di mol3 ricercatori contemporanei, una maniera u3le di formalizzare le idee di
Helmholtz potrebbe sfru9are il teorema di Bayes. Il teorema di Bayes, talvolta chiamato
anche teorema della probabilità delle cause, è uno dei teoremi fondamentali del calcolo
della probabilità.
Il teorema consente di calcolare, a ritroso, la probabilità p di un «evento» A (la «causa»), se
è noto che un altro «evento» B («effe$o») si è verificato. In teoria della probabilità, questa
è una probabilità condizionata p(A/B), ossia la probabilità di A, se è noto B.
Applicato al problema della percezione visiva, possiamo pensare ad A come a uno dei
possibili sta3 di cose ambientali, e a B come all'informazione disponibile.
L'enunciato del teorema mostra che questa probabilità condizionata è proporzionale al
prodo9o fra (B|A) e p(A).
• Il primo termine viene chiamato verosimiglianza, perché rappresenta quanto è plausibile
che l'effe9o derivi dalla causa
• il secondo termine viene chiamato probabilità a priori, perché corrisponde a quanto è
plausibile A in assoluto, ossia se non avessi l'informazione che B si è verificato.
U3lizzando il teorema di Bayes, dunque, è possibile calcolare una probabilità a posteriori per
ogni possibile stato di cose ambientale, data l'informazione disponibile, u3lizzando s3me
della verosimiglianza di quell'informazione rispe9o a ogni stato ambientale considerato, e
della sua probabilità a priori. La soluzione perceMva prevista è quindi l'interpretazione a cui
è associata la probabilità a posteriori più alta. 243
LA GESTALT: PERCEZIONE COME ORGANIZZAZIONE SPONTANEA
Una concezione completamente diversa, rispe9o a quella di Helmholtz e dei
neohelmholtziani, è quella proposta dalla psicologia della Gestalt.
Per i gestal3s3, il problema fondamentale nello studio della visione è il primo aspe$o della
domanda di Ko]a ossia il problema del cosNtuirsi del mondo dei perceM, in tu$a la
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sua ricchezza di cara$erisNche qualitaNve ed espressive. Il problema dell'oMca inversa,
ossia della corrispondenza (o non-corrispondenza) dei perceM con proprietà fisiche
dell'ambiente, rappresentava per i gestal3s3 un aspe9o secondario, da affrontare solo dopo
avere trovato una risposta soddisfacente al primo.
Ma come è fa$o il processo che rende possibile il cosNtuirsi dei perceM?
I gestalNsN ritenevano che la percezione visiva non sia un processo raziomorfo, ma
assomigliasse invece a un processo di organizzazione spontanea in un campo di forze. Il
tenta3vo più compiuto di delineare questa concezione del processo perceMvo s ideve a
Wolfgang Köhler.
Il conce9o di Gestalt, introdo9o in psicologia dal filosofo austriaco Chris3an von Ehrenfels.
I gestal3s3 rifiutavano l'idea, che è invece presente in molte versioni del modello
neohelmholtziano, secondo la quale la percezione procede in due stadi dis3n3:
• uno stadio iniziale in cui viene codificata l'informazione in ingresso,
• un secondo stadio in cui questa viene interpretata grazie all'inferenza inconscia.
L'idea della visione a due stadi si ritrova, ancora oggi, nella dis3nzione fra «sensazione» e
«percezione» presente anche nei 3toli di numerosi manuali.
Per mol3 ricercatori contemporanei, tu9avia, questa dis3nzione è problema3ca, ed è merito
della teoria gestal3sta avere per la prima volta richiamato l'a9enzione su questo problema.
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Il tenta3vo più ambizioso di descrivere l'organizzazione olis3ca che secondo i gestal3s3
cara9erizza la percezione è stato portato avan3 da Köhler si proponeva di mostrare che i
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fenomeni gestal3ci possono essere descriM come sistemi fisici il cui stato dipende da un
campo di forze; ad esempio:
la disposizione spaziale di par3celle in un campo magne3co
- la stru9ura del flusso di un fluido in un contenitore a diverse temperature sono sistemi
- di questo 3po.
In tali sistemi, secondo Köhler, l'interdipendenza fra gli elemen3 del campo è tale da far sì
che qualsiasi modifica locale influenza tu9e le altre par3 del sistema, modificandone lo stato
globale; il cambio di stato globale a sua volta determina dunque lo stato delle par3.
Alla stessa maniera, Köhler riteneva che il sistema visivo potesse essere considerato come
un sistema biologico che si organizza spontaneamente in funzione di interazioni globali di
campo. Le Gestalt sarebbero quindi delle proprietà emergenN di questo sistema.
Nei decenni successivi Köhler svolse esperimen3 usando tecniche ele?roencefalografiche
nel tenta3vo di corroborare l'ipotesi che il flusso