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Viene visto come un gesto che si muove nella direzione del guardare il piccolo paziente nella sua
integrità: fisica, spirituale, mentale. Oggi sempre di più si cerca di mettere in azione una cura
globale “intervento assistenziale si configura come care”. Il caring è alla base della nascita
dell’infermieristica. Si tratta di agire delle azioni concrete, pratiche, volte al benessere, per lo più
orientate alla qualità di vita del bambino ospedalizzato. Il prendersi cura è un’azione che implica
una relazione interpersonale: non siamo da soli a prenderci cura, ma siamo in contatto con l’altro.
La possibilità trasformativa c’è quando c’è una prospettiva progettuale.
Il gioco e la disabilità
Per giocare con i bambini è necessario prima di tutto riscoprire la bellezza del gioco. Il gioco ci
permette di dimenticare tutte le preoccupazioni che abbiamo e ci permette di immergerci
completamente perdendo la concezione del tempo. È importante: ci dà benessere, ci riempie. Per
crescere, per imparare, il gioco è fondamentale ed anche per poter rientrare in contatto con noi
stessi.
È anche importante creare l’ambiente adatto al gioco: la stanza con il parquet (che permette di
sedersi, scivolare, correre), un armadio per conservare tutti i giochi una volta finito di giocare, il
quaderno dei giochi (in modo tale che anche i bambini che non comunicano possano decidere che
gioco fare), il colore delle pareti della stanza. Lo spazio determina poi quello che succede al suo
interno. Un gioco può essere spiegato non per forza attraverso il linguaggio verbale: tramite
immagini, questo poi dipende dalle capacità cognitive del bambino. Il gioco viene scomposto in
tanti obiettivi che poi vengono raggiunti dai bambini: prima l’educatrice spiega il gioco, poi gioca
con loro fino a renderli indipendenti e farli giocare tra di loro.
Se la stanza non è organizzata i bambini girerebbero per la stanza, oppure sarebbero attratti dalla
loro immagine riflessa nella finestra (sono attratti dagli stimoli visivi).
La dimensione del “fingere” nel gioco e la finzione sono due concetti molto diversi. Creare uno
spazio finzionale è fondamentale e consiste nel creare lo spazio a doc per giocare. Quando entriamo
nel gioco e ci crediamo, siamo immersi in quell’esperienza. È importante quindi lavorare sulla
postura ludica nell’adulto: riadatta lo sguardo a come quando era bambino. Questa capacità di
vedere con lo sguardo da bambino si esercita, si allena: è la capacità immaginativa.
L’immaginazione è diversa dalla fantasia. La fantasia significa creare un qualcosa da qualcosa che
non c’è. Al contrario l’immaginazione fa trasformare la realtà. Lo spazio-tempo che è altro dalla
vita quotidiana è il cerchio magico, quello spazio e quel tempo in cui la realtà può essere
trasformata. Ma nel momento in cui dal gioco non si riesce più ad uscire diventa un atteggiamento
non sano: la ludopatia.
Nel gioco si lascia la possibilità di esprimere noi stessi attraverso le regole: se non vi sono regole
non c’è gioco. La situazione del gioco ci dà la possibilità di creare situazioni in altrettante situazioni
critiche in modo tale da vedere oltre appunto a tutte le criticità. Il gioco, durante la
somministrazione della terapia per esempio, può fare veramente la differenza e rendere per lo meno
un minimo piacevole la terapia.
È difficile definire il gioco, anche se durante l’infanzia lo abbiamo sperimentato. Il gioco è alla base
della cultura stessa perché adorna la vita e la completa, e come tale è indispensabile in diversi
contesti. Giocare non porta a un guadagno economico, si gioca per il puro piacere di giocare.
Giocare è un’esperienza caratterizzata dal “superamento volontario di ostacoli non necessari”.
Pedagogia del gioco
Questa è la disciplina che guarda al gioco e al giocare come regione dell’esperienza integrale e
originaria. Viene vissuta come un’esperienza vitale, vola al benessere e al divertimento.
Chi è capace di trasformare il proprio sguardo e quindi immergersi nel gioco è un puer ludens. Non
sono solo i bambini, ma anche noi, gli adulti, gli anziani. Questo però non tratta di regredire, bensì
di riadottare appunto lo sguardo bambino.
Educazione terapeutica
Abbiamo già visto come il gioco sia fondamentale per instaurare una relazione, per educare, ma
anche per caring (approccio al paziente a 360 gradi) e per curing (per esempio la somministrazione
delle terapie). Il gioco si prende carico di tutte le esigenze del bambino che arriva in ospedale e
diventa uno strumento che insegna al bambino come assumere le terapie.
Quello che viene fatto nel centro ioeasma non è una semplice visita specialistica, bensì un percorso
prestabilito costituito da visite, esami controlli intermedi con il curante e un percorso di educazione
del piccolo paziente e della sua famiglia.
Definizione di educazione del paziente
È un intervento sociosanitario che è finalizzato a sviluppare nel malato e nei suoi famigliari
comportamenti e attitudini positive verso la propria salute, nella direzione di migliorare la qualità di
vita nella persona affetta da patologie cronico-degenerative.
Si può lavorare molto sul paziente consigliando di modificare il proprio stile di vita andandolo a
migliorare.
Il percorso diagnostico terapeutico educazionale
Il modello assistenziale, per la cura dell’asma e per altre malattie croniche, utilizza il modello Bio-
Psico-Sociale con l’integrazione della componente educativa.
Obiettivi principali dell’educazione terapeutica
L’obiettivo dell’educazione terapeutica è quello di far conoscere al bambino la malattia attraverso il
linguaggio a lui più consono. Poi cerca di far aderire il bambino al percorso proposto per poter
migliorare il suo stile di vita. Gestisce poi la terapia con appropriatezza, attiva interventi preventivi
e persegue stili di vita appropriati.
Colloquio educativo individuale
Dopo la prima visita e la diagnosi di asma, in un’aula dedicata e predisposta, si incontra il bambino
e la sua famiglia per un intervento informativo/educativo. ,’incontro ha la durata di circa 30 minuti.
Il colloquio prevede uno scambio di informazioni:
Sulla situazione contingente del bambino
Sugli aspetti clinici dell’asma
Su come riconoscere i sintomi della crisi
Sui fattori scatenanti
Sulla corretta somministrazione dei farmaci per la crisi e per l’utilizzo quotidiano
Per l’incontro è fondamentale:
La relazione clinica
L’utilizzo di modello atomico (bronco)
Le schede informative che vengono visionate con il bambino e il genitore
La dimostrazione pratica del corretto utilizzo dei farmaci (con distanziatore)
Il diario delle crisi
Vengono poi svolte una serie di attività educative di gruppo in cui genitori e bambini si incontrano
in contemporanea in ambienti diversi. La durata degli incontri e di 2 ore e mezza. I bambini sono
suddivisi per fasce d’età. Il gruppo genitori è condotto dal medico, dall’assistente sanitario e dal
rappresentante dell’Associazione ALCP. Il gruppo dei bambini/ragazzi è condotto dalla psicologa,
dall’assistente sanitario e/o dall’informatico.
Incontro educativo di gruppo bambini 4-8 anni
Viene preparato e presentato il cartellino, viene letta/drammatizzata la storia di Nicolino e la strega
Asma, si gioca con palloncini, cerbottane, per aiutare i bambini a soffiare con forza, vengono
fornite schede ai bambini e infine vengono effettuati dei giochi di verifica dell’apprendimento
(cruciasma e gioco del vigile)
Incontro educativo di gruppo per genitori
Gli obiettivi di questo incontro sono:
Rilevare i bisogni nelle diverse aree: (terapia, sport, scuola, vacanze, paure…)
Verificare quali soluzioni adottano nelle diverse aree
Fornire indicazioni per chiarire eventuali dubbi/perplessità
Rinforzare le conoscenze e le abilità
Favorire l’autonomia
Favorire il confronto e lo scambio di esperienze
Le attività che vengono svolte sono divere:
I genitori compilano un cartellone di presentazione
Vengono informati su come si svolgerà l’incontro dei loro bambini
Vengono invitati ad esprimere su post-it i dubbi e le perplessità sulla gestione della
quotidianità
Al termine incontrano la psicologa che ha condotto il gruppo con i bambini
Questionario di gradimento
Cartolina per lasciare un messaggio agli altri genitori.
L’importanza del gioco in ospedale
L’attività ludica in un vissuto di ricovero, dove l’attenzione è focalizzata soprattutto sulla cura fisica
per superare lo stato di malattia, è più che mai necessaria per il benessere psicofisico di ogni
bambino. Durante un’esperienza di ricovero, il gioco può rappresentare uno degli strumenti di
guarigione. Attraverso il gioco il bambino ospedalizzato può far fronte agli eventi stressanti
determinati dalla diagnosi e dal ricovero. Il gioco diventa il raccordo tra il periodo che si trascorre
in ospedale e la vita che continua fuori. L’attività ludica rappresenta l’opportunità di rielaborare
esperienze reali attraverso una situazione immaginaria. Dal punto di vista affettivo, i vissuti e i
sentimenti connessi all’ospedalizzazione possono essere nel gioco rielaborati e modificati.
Il tempo è lo spazio del gioco in ospedale devono integrarsi con i tempi e gli spazi dell’ospedale e
quindi della terapia. Prima di proporre un’attività ludica bisogna valutare le diverse esigenze dei
bambini che possono cambiare, non soltanto in base all’età, ma anche, in relazione al diverso stato
di salute e alle diverse situazioni cliniche. Per i bambini che si trovano in day hospital è
consigliabile preparate attività piuttosto brevi. Il luogo adatto allo svolgimento dei giochi sarebbe la
ludoteca, ma non tutti gli ospedali presentano la ludoteca e non tutti i bambini sono in grado di
raggiungerla. Viene quindi particolarmente sfruttato il corridoio (anche se luogo di passaggio) o la
stessa camera ospedaliera. In realtà ogni reparto dovrebbe essere dotato di una stanza
esclusivamente riservata al gioco o ancor meglio di più spazi a disposizione per le diverse tipologie
di attività, ovvero di una ludoteca. La ludoteca si caratterizza come luogo destinato al gioco rivolto
ai bambini, adolescenti e alle loro famiglie. Nella ludoteca lo spazio è organizzato privilegiando
solitamente una suddivisione per fasce d’età con una molteplicità