APC
Eosinofilià specializzati nel rilascio di sostanze tossiche contenute in granuli per l’uccisione di
grandi microbi. pag. 33
59. Quali sono le modificazioni vascolari dell'infiammazione? Quali sono i meccanismi cellulari e
molecolari che determinano tali modificazioni? In particolare, quali sono i principali mediatori
coinvolti nella fase vascolare e su quali cellule agiscono?
La fase vascolare dell’infiammazione comprende una serie di eventi che vanno a modificare i vasi
che irrorano il tessuto infiammato e che hanno azioni sul tessuto stesso. Le principali variazioni
vascolari nell’infiammazione sono due: la vasodilatazione (aumento del flusso) e l’aumento della
permeabilità vascolare con fuoriuscita di edema (escono proteine e liquido). Tutto questo è dovuto
all’effetto dei mediatori, prodotti dalle prime cellule attivate e agenti sull’endotelio. Le
modificazioni vascolari riguardano in particolare il microcircolo, ovvero la porzione di albero
vascolare compresa tra piccole arterie e piccole vene, che normalmente è aperto solo per un 50%
e l’apertura è regolata da sfinteri precapillari. L’evento scatenante è l’iperemia attiva, ovvero
l’aumento del flusso ematico dovuto a aumento del diametro dei vasi afferenti e apertura dei
capillari normalmente chiusi per rilassamento degli sfinteri. Affinché avvenga il rilassamento della
componente muscolare e la dilatazione delle vene afferenti intervengono alcuni fattori. Il primo
importante mediatore è l’istamina che legandosi a recettori presenti sulle cellule endoteliali attiva
una cascata del segnale mediata da recettori e proteine G che induce segnalazioni intracellulari che
portano al rilascio di calcio, alla produzione di ossido nitrico e prostaciclina (un derivato dell’acido
arachidonico). L’endotelio è stimolato alla produzione di questi mediatori anche da prostaglandine
e leucotrieni prodotti dai macrofagi. La prostaciclina è un mediatore lipidico che agisce sul recettore
IP della cellula muscolare liscia basale che attiva proteine G che portano all’inattivazione per
fosforilazione della chinasi della catena leggera della miosina (=il muscolo non si contrae). L’ossido
di azoto invece ha azione paracrina e attiva la fosfatasi della catena leggera). Un altro fattore che
interviene è la bradichinina (sistema delle chinine), un derivato del fattore XII di Hageman: è un
piccolo peptide a 9 amminoacidi che si attiva in seguito a stimolo infiammatorio causando
vasodilatazione e aumentando il Ca2+ intracellulare tramite interazione recettoriale specifica
(azione di breve durata, viene attivato da forma inattiva ma velocemente rimosso dal circolo). Un
altro elemento coinvolto è il sistema del complemento, una famiglia di proteine presenti in forma
inattiva: tra queste la C3a e la C5a determinano l’aumento della permeabilità vascolare e causano
vasodilatazione agendo sui mastociti (inducono rilascio istamina), su neutrofili e monociti (che
rilasciano mediatori) e sulle cellule endoteliali con azione diretta per stimolare la vasodilatazione.
All’iperemia segue l’aumento di permeabilità vascolare: la parete vasale non è più una membrana
semipermeabile ma una spazio permeabile anche a molecole di grandi dimensioni. L’azione dei
mediatori precedentemente descritti infatti ha anche effetto sulle proteine del citoscheletro che
allontana le membrane endoteliali tra loro creando degli spazi tra esse. Le proteine si
redistribuiscono ai lati della membrana alterando l’equilibrio tra pressione idrostatica ed
osmoticaà ne consegue un flusso netto di liquido verso l’esterno e la formazione di edema=
ristagno di liquidi negli spazi interstiziali.
60. Qual è il ruolo dei recettori accoppiati a proteine G (GPCR) nell'infiammazione? Nei diversi tipi
cellulari dell'infiammazione, quali sono i principali GPCR espressi? Quali mediatori
dell'infiammazione attivano le vie di segnalazione intracellulare a valle dei GPCR? Quali sono
queste vie di segnalazione, e qual è l'esito della loro attivazione? pag. 34
61. Definizione sistema del complemento, compiti e sua attivazione
Il sistema del complemento è un insieme di più di 20 proteine di origine epatica prodotte circolanti
in forma inattiva (zimogeni) che in seguito a stimolo appropriato possono essere tagliate e
trasformate in attive e agire contro microbi. La stimolazione può avvenire tramite: la via classica (il
microbo coperto da anticorpi che fungono da opsonine ovvero molecole che marcano il microbo),
la via della lectina (lega il mannosio alla superficie dei microbi) e la via alternativa (tramite il microbo
stesso). Tramite una di queste vie e il successivo taglio di specifiche subunità, il complemento viene
attivato. La principale e la prima ad essere attivata è la C3 da cui derivano C3a e b. la b riveste il
ruolo di opsonina mentre la a è solubile e stimola l’infiammazione. La a insieme alla C5b costituisce
la anafilotossina che determina i fenomeni vascolari tipici dell’infiammazione (vasodilatazione,
aumento di permeabilità). Entrambi inoltre sono agenti chemiotattici che richiamano neutrofili,
monociti ed eosinofili. Infine le proteine del complemento formano il complesso MAC che forma
dei pori sulla superficie dei microbi uccidendoli.
62. Nell'infiammazione, quali sono le fasi della migrazione dei leucociti nell'area di danno? Quali
molecole di adesione sono coinvolte? Quali proprietà hanno, quali sono i loro ligandi, e come
vengono attivate? Qual è il ruolo e il meccanismo d'azione delle chemochine nella migrazione?
Nell’infiammazione, la migrazione dei leucociti costituisce un evento fondamentale che segue gli
eventi vascolari. La prima fase di questo processo infatti è costituita dalla marginazione: il
rilassamento vasale e la perdita di liquidi provocano stasi sanguigna nella quale i GR si dispongono
al centro del vaso dove la velocità di flusso è maggiore spingendo i leucociti verso le pareti
dell’endotelio. La migrazione a questo punto dipende da un processo a più stadi che avviene
sull’endotelio attivato delle venule post-capillari. Inizialmente il leucocita deve rallentare, per poi
arrestarsi, e questo viene portato a termine grazie all’adesione con l’endotelio. A questo punto il
legame si fa più saldo, il leucocita si appiattisce e striscia fin tanto che non transimigra o tra due
cellule adiacenti o tramite un secondo meccanismo di migrazione transcellulare. Le molecole di
adesione coinvolte sono diverse. Le selectine, sono le prime ad intervenire, ma nonostante la loro
rapida riposta, la capacità di adesione è molto blanda e si forma un legame instabile utile a
rallentare il leucocita. L’espressione delle selectine è indotta da molecole proinfiammatorie, come
trombina, istamina, TNF-alfa e IL-1. Inizialmente viene esposta la P-selectina e successivamente la
E-selectina (che necessita di trascrizione genica). Il loro principale ligando è il PSGL1, che permette
poi la cattura del leucotica: il loro legame è rafforzato dalla cosiddetta forza di stiramento. Quindi
è tanto più forte tanto più forte è la forza di stiramento, è quindi un legame che avviene quando il
leucocita è ancora in movimento, la stasi ne determina il distacco (fenomeno del catch bond). A
questo punto intervengono le integrine (soprattutto MAC1 e LFA1) che hanno una forza di
interazione maggiore e salda, che è comunque modulabile. Si attivano tramite un segnale inside-
out, ovvero un ligando intracellulare si lega al dominio intracellulare dell’integrina e questo
determina una modificazione della parte extracellulare: aumenta così l’affinità per il suo ligando. I
ligandi sono delle molecole della superfamiglia delle immunoglobuline, tra le quali ricordiamo
VCAM-1, ICAM-1 e PECAM-1. Esse, infatti, sono sostanze di adesione con un ruolo importante nei
rapporti fra leucociti ed endotelio e nella migrazione leucocitaria. A questo punto il leucocita è
arrestato. Intervengono in questo processo anche le chemochine che hanno un ruolo nella
chemiotassi intravasale (stimolano l’attivazione delle integrine tramite recettori accoppiati a
proteine G) ma anche in quella extravasale: vengono rilasciate dai batteri o perché prodotte come
mediatori vanno a creare un gradiente di concentrazione che richiama i leucociti nella sede del
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danno. La loro attivazione dipende da cascate del segnale, una delle più importanti è quella del
fattore XII di Hageman. In particolare tale gradiente induce modificazioni conformazionali nel
citoscheletro delle cellule creando un asimmetria e la formazione di piastre lipidiche. Si creano così
due zone: il lamellipodio= il fronte di avanzamento verso la zona a maggior concentrazione e
l’uropodio= l’estremità distale assottigliata. A questo punto avviene la transmigrazione (diapedesi)
che può avvenire per via paracellulare (il lamellipodio avanza nello spazio tra le cellule grazie
all’espressione di altre molecole adesive) oppure transcellulare (molecole di adesione come le
ICAM vanno a formare delle vescicole intracellulari nella cellula endoteliale e successivamente un
poro per l’uscita del leucocita che poi si richiude).
63. Come avviene la fagocitosi senza opsonizzazione, quali sono i suoi bersagli, e quali sono i sistemi
di difesa dei microrganismi? si forma
La fagocitosi è una forma specializzata di endocitosi con cui una cellula internalizza particelle solide:
inizialmente una estroflessione chiamata pseudopodio che poi si richiude a formare la vescicola
endocitica (fagosoma) che si fonde con i lisosomi. La fagocitosi può avvenire spontaneamente
oppure con l’aiuto di molecole specializzate. Per quanto riguarda quella non specializzata, la prima
fase è il riconoscimento da parte dei macrofagi che riconoscono le sostanze estranee o dannose
tramite recettori scavenger (SR). Sono recettori simili a quelli presenti nell’immunità innata, ovvero
in grado di riconoscere molteplici classi di molecole e sostanze. Riescono a riconoscere: cellule,
microbi, lipoproteine, cellule in apoptosi e prodotti microbici. Alcuni batteri si sono evoluti
esprimendo la proteina M che antagonizza l’interazione con il recettore scavenger. A questo punto
l’immunità innata mette in atto una controffensiva, generando le cosiddette opsonine. Queste sono
molecole che interagiscono con le sostanze da fagocitare redendole maggiormente riconoscibili da
parte dei fagociti.
64. Nella fagocitosi, qual è il ruolo dell'opsonizzazione? Quali sono le principali opsonine, come
avviene il loro riconoscimento da parte dei fagociti, e quali sono le conseguenze di tale
riconoscimento?
Le opsonine sono molecole di varia origine che hanno il ruolo di inte
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