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SVEVO
Svevo può essere definito uno “scrittore perfetto”; i suoi tre romanzi
- Una vita 1892
- Senilità 1898
- La coscienza di Zeno 1923
sono romanzi perfetti.
Esistono altri “scrittori perfetti” come ad esempio Cervantes, il suo
Don Chisciotte vince e perde le sue battaglie e il calcolo delle
vittorie e delle sconfitte alla fine porta al pareggio e il pareggio
indica perfezione. Come perfetto è Anna Karenina perché Tolstoj
guarda le cose dal punto di vista di Dio, le guarda dall’alto perciò
vede tutto e capisce tutto alla perfezione.
Svevo ha dato un contributo importantissimo alla cultura
Mitteleuropea; è importante ricordare che Trieste, sua città natale,
all’epoca era ancora sotto il dominio asburgico ed era fortemente
influenzata dalla cultura Mitteleuropea.
La prima prova narrativa per Svevo è il romanzo UNA VITA
pubblicato nel 1892.
E’ la storia di un giovane, Alfonso Nitti, che lascia il paese per
trasferirsi in città, a Trieste, dove trova impiego presso la banca
Maller. Alfonso è un giovane che desidera un cambiamento nella
sua vita, sente una forte spinta a realizzare qualcosa ma il nuovo
lavoro in banca gli appare insoddisfacente e arido, gli risulta
complicato anche rapportarsi con i colleghi e, in questa situazione,
si rende conto di essere un inetto, un disadattato, perché la vita che
sta conducendo in realtà non gli appartiene. Egli conosce la figlia di
Maller, Annetta, e cerca di sedurla perché sogna di sposarla, il
matrimonio avrebbe un grande valore sociale: Alfonso sposando
Annetta diventerebbe il futuro padrone della banca.
Conosce anche Macario, un giovane brillante e sicuro di sé, con il
quale stringe una forma di amicizia. Anche Macario cerca di
sedurre Annetta ma Alfonso sembra avere la meglio. All’inizio del
romanzo infatti l’inetto, il disadattato, il sognatore, ha una sua forza,
un suo carisma che lo porta a realizzare il suo sogno infatti Annetta
tra i due pretendenti sceglierà lui. Al momento del matrimonio però
Alfonso è preso da una paura inspiegabile e fugge. Lascia Annetta
e lascia la città per tornare al suo paese d’origine. Egli si rende
conto di non essere fatto per il matrimonio, di non essere fatto per
fare carriera, desidera solo vivere con sé stesso.
La domanda che Svevo si pone attraverso Alfonso è una domanda
fondamentale sull’essere uomini: si può vivere soli, fuori dallo
spazio pubblico della vita e lì trovare la gioia, la pace e la quiete?
La risposta di Svevo è negativa: la pace va conquistata e la felicità
va presa da e nel mondo.
Questo Alfonso lo capisce per cui torna a Trieste, deciso a sposare
la sua amata, ma la realtà smentisce i suoi programmi: Annetta
ormai è fidanzata con Macario.
Il protagonista riprende il lavoro in banca ma, dopo un dissidio con
Maller, viene licenziato. Egli fa di tutto per mostrarsi amico di
Annetta e Macario, non prova desiderio di vendetta ma solo gioia
nel vedere i suoi amici felici perché comprende che la sua vera vita
sarà la solitudine, non è affatto deluso, vuole solo vivere in
tranquillità. Ma i suoi gesti sono avvertiti dai Maller come ricattatori
al punto che il fratello di Annetta lo sfida a duello. Alfonso che è un
inetto non in quanto incapace di vivere ma in quanto diverso,
capisce che la gioia è altrove, non in questo mondo e che l’unica
via d’uscita è la morte, perciò si suicida.
Alfonso racconta qualcosa che troviamo in tutti i romanzi di Svevo
ovvero la ricerca della libertà dalle cose per parlare con noi stessi di
noi stessi, con la consapevolezza che questo porta al fallimento
perché la vita è fatta di spazio pubblico, sociale.
UNA VITA non è un romanzo naturalistico come spesso viene
classificato avvicinandolo ai romanzi di Zola. L’interesse sociale e il
gusto documentario che portano Svevo a fornire un’immagine
precisa della società e degli ambienti in cui Alfonso opera
costituiscono solo la cornice del romanzo che ruota attorno ad un
tema ben preciso: la ricerca della libertà, non dalle cose ma per
qualcosa.
Il secondo romanzo di Svevo esce nel 1898 con il titolo SENILITÀ.
Il protagonista è Emilio Brentani, un giovane triestino che lavora
presso una società di assicurazioni e gode di una certa reputazione
in ambito cittadino per aver pubblicato qualche anno prima un
romanzo. Egli vive con la sorella Amalia che lo accudisce come una
madre e ha un amico scultore, Stefano Balli.
Emilio conosce una ragazza, molto bella e seducente, Angiolina e
si propone di divertirsi con lei, senza impegnarsi; egli crede di
poterle insegnare qualcosa, crede di poterla gestire ma in realtà
finisce per innamorarsene. Angiolina è bella, giovane, sensuale, è
colei che non si può possedere ma questo Emilio non lo capisce e
comincia a rivelarle il suo amore mentre Angiolina rivela la sua vera
natura cinica e mentitrice. Nel frattempo Amalia sentendosi
abbandonata dal fratello si invaghisce del Balli ma si tratta di un
amore impossibile che la mina anche nel fisico fino a portarla alla
morte.
I rapporti che Svevo ci presenta in questo romanzo sono tutti
rapporti malati: Emilio e Balli sono, o piuttosto sembrano amici, ma
la natura del loro rapporto poco alla volta si rivela essere in realtà
antagonismo. Angiolina e Balli sono legati da un rapporto di
attrazione sessuale che, benché sia e rimanga solo potenziale, è
pur percepito da Emilio come un tradimento effettivo che rende Balli
suo rivale.
Emilio e Amalia sono fratello e sorella e fin dall’inizio del romanzo
Amalia è presentata come la controfigura di Emilio: la somiglianza è
costantemente sottolineata dal rapporto di sangue, dalla
consonanza dei nomi, dal parallelismo delle loro esistenze. La vita
isolata di Amalia, il grigiore dei suoi capelli e dell’abito sono
immagini iperboliche dello stesso Emilio.
Angiolina e Amalia sono inizialmente in totale opposizione. Non si
incontrano mai, sono antitetiche in relazione a Emilio, il quale viene
così a condurre due vite separate, ad essere due persone distinte.
Tuttavia, alla fine del romanzo, dopo la morte di Amalia, le due
donne si fondono nella mente di Emilio in un processo di
assimilazione dei loro tratti dominanti, femmina e madre. Angiolina
e Amalia, Donna e Madre-Vittima, sono entrambe attratte
dall’antagonista contro il quale Emilio lotta per il possesso di
entrambe. Questo provoca in Emilio gelosia e autocommiserazione,
come un vero e proprio tradimento che fa riaffiorare in lui il senso di
impotenza, di non-valore: non solo la bella Angiolina ma perfino la
grigia Amalia, pilastro della sua tranquillità domestica, è attratta da
Balli.
Mentre Alfonso Nitti è l’inetto ma anche il sognatore, è l’uomo che
sa cosa vive dentro di sé e sa che la vita non è fatta per la sua
anima, Emilio, Stefano, Amalia e Angiolina sono l’opposto, sono
personaggi che appartengono alle regole del mondo e, nel loro
fallimento, raccontano di essere vittime di un mondo vecchio,
senile, di un mondo che non cambia.
L’ultimo romanzo è LA COSCIENZA DI ZENO del 1923.
Anche questo lavoro, come i precedenti, è accolto all’inizio da una
quasi totale indifferenza; essenziale è l’intervento di Joyce che
invita Svevo a inviarne una copia ad alcuni critici stranieri come
LArbaud e Cremieux che lo apprezzano e ne favoriscono la
diffusione.
Il romanzo non si presenta come la narrazione di una trama ma
come un’autobiografia in cui non si segue un disegno organico ma
si aprono degli squarci su diversi argomenti, temi, difficoltà, fobie
del protagonista Zeno Cosini.
Zeno è un ricco triestino che si è sottoposto ad una cura
psicoanalitica per liberarsi dalle nevrosi che si manifestano nel
rapporto con sé stesso e con gli altri. Lo psicanalista, il dottor S., lo
invita a ripercorrere per iscritto il proprio passato ma quando Zeno
decide di interrompere la cura, il medico, per vendicarsi, pubblica le
sue memorie.
Il romanzo si compone di 8 capitoli: una prefazione in cui il dottore
spiega la decisione di pubblicare gli scritti di Zeno, un preambolo in
cui il protagonista racconta la propria infanzia e altri 6 capitoli
ciascuno dedicato ad un tema.
Il capitolo dedicato al fumo è forse il più famoso: Zeno decide di
smettere di fumare e decide che la sigaretta che sta fumando sarà
l’ultima per cui si trova a scrivere ovunque U.S. (ultima sigaretta), in
un continuo rinviare.
Rinviare del resto è l’atteggiamento tipico del nevrotico. La nevrosi
è spostare oltre uno stato inaccettabile di dolore e fare della vita
una continua proroga. Non abbiamo un pensiero del passato
perché quello che chiamiamo ricordo del passato è in realtà una
forma di malattia, è la malinconia. Non abbiamo neanche un’idea
del futuro perché quello che crediamo desiderio del futuro è un
desiderio irraggiungibile, è paranoia, è allucinazione e non abbiamo
neanche un’idea del presente perché il presente è prorogato, è
nevrosi.
Un altro capitolo è dedicato alla morte del padre. Zeno e il padre
hanno sempre avuto un rapporto conflittuale anzi Zeno dice che
non ha mai fatto alcuni sforzo per avvicinarsi al padre ma al
contrario ha sempre cercato di evitarlo. Del resto il padre non
stimava affatto il figlio. L’unico contatto che i due hanno è al
capezzale del padre dove avviene una scena terribile: il padre,
ormai in punto di morte, si alza dal letto, si ritrova faccia a faccia
con il figlio e gli dà uno schiaffo sulla faccia per poi ricadere a terra
morto.
Zeno si arrovella per cercare il capire il motivo di quel gesto, si
chiede se volesse essere un’ultima offesa o solo un gesto
automatico di un corpo ormai vicino alla fine.
Il capitolo dedicato alla storia del matrimonio è incentrato sulle
vicende che hanno portato Zeno a frequentare la famiglia Malfenti e
le 4 sorelle: Ada, la più bella che Zeno corteggia ma dalla quale
viene rifiutato; Anna la più piccola; Alberta bella e anch’essa non
interessata a Zeno e Augusta, la meno affascinante che diventerà
sua moglie.
Augusta incarna il terzo elemento della psicanalisi: se il fumo è la
nevrosi, lo schiaffo del padre è il complesso di Edipo, Augusta
incarna il complesso della madre. È la maternità incombente che
schiaccia Zeno, è la grande protezione che non fa crescere il
ma