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NECROSI ASETTICA
Un’epifisi (una classica è la testa del femore), laddove non arriva più sangue come
deve arrivare, si raggrinzisce e va in necrosi e deve essere sostituita.
Le cause più frequenti della necrosi asettica della testa del femore sono:
- La lussazione traumatica dell’anca a seguito di una lussazione si va ad
interrompere il circolo vascolare
La necrosi radiograficamente si vede con una differenza di densità: la zona che
va in necrosi diventa più biancastra rispetto all’osso normale perché l’osso è più
compatto
I sintomi sono dolore e zoppia.
Come mezzo diagnostico si usa quindi la radiografia e successivamente si fa la
risonanza per definire lo stadio.
Il trattamento è sostitutivo si va a fare una sostituzione protesica. La via
chirurgica di accesso è varia: c’è la via posteriore (bisogna fare attenzione allo
sciatico), la via anteriore (bisogna fare attenzione alla femorale) e la via laterale
(quella più innocente perché non c’è quasi nulla). Secondo De Luca la migliore è
la via laterale.
Si va a fare l’osteotomia della testa del femore e poi la si va a lussare, una volta
rimossa la testa si va a fare la preparazione. Si va a rimuovere la cartilagine
(perché prima si usavano le protesi cementate, ora si usano le protesi a
osteointegrazione), si va a misurare la misura idonea della testa del femore. Si
impianta poi la protesi nella cavità acetabolare.
Poi si va a preparare la componente femorale andando a rimuovere il midollo
osseo, poi si va a mettere lo stelo (che prima era cementato e ora è a
osteointegrazione). Successivamente si va a provare la protesi andando a fare i
vari movimenti (flesso-estensione, intra ed extra rotazione, adduzione e
abduzione) per vedere se la protesi mantiene o si lussa.
Alla prima giornata di intervento vi va a fare la mobilizzazione del collo piede e
del ginocchio; alla seconda giornata si sta seduti e alla terza giornata ci si alza
in piedi. PATOLOGIE DELL’ARTO SUPERIORE
PARALISI OSTETRICA: è una patologia che avviene durante l’espletamento del parto: il
nascituro può subire uno stiramento del plesso brachiale.
Si crea una distocia (alterazione dell’espletamento del parto): può essere causato da
una macrosomia (il bimbo è troppo grosso e si incarcera), oppure si può avere una
presentazione di spalla o di faccia o di podice (mentre la presentazione normale è
quella di vertice). Qualsiasi presentazione anomala può predisporre a patologie che
possono avvenire durante l’espletamento del parto: una è la paralisi ostetrica. Ma si
può avere anche la frattura di clavicola.
A seconda dell’altezza a cui avviene lo stiramento (che avviene tra C5 e T1) si possono
avere vari esiti:
- C5-C6 stiramento dei tronchi nervosi superiori: i riflessi saranno al livello della
spalla e della parte prossimale del braccio (questo tipo di paralisi ostetrica si
chiama paralisi di Erb-Duchenne)
- Poi c’è la paralisi inferiore di Dejerine-Klumpke che interessa il tronco inferiore
e quindi il defcit neurologico comprende la mano
- Paralisi ostetrica totale
Non tutte le paralisi ostetriche son uguali: dipende dall’entità del danno che ha subìto
il nervo: ci sono tre momenti neuroaprassia, assonopnesi, e neuropnesi.
Neuroaprassia: c’è solo un semplice stiramento del plesso che però rientra (anche se
ci vuole tempo)
Assonopnesi: la lesione è al livello dell’assone, ma la lesione non interessa la guaina di
Shwanni tempi di recupero sono maggiori (almeno 6 mesi per gli esiti)
Neuropnesi: è la lesione più importante c’è l’interruzione non solo dell’assone, ma
anche della guaina di Shwann (tutto il motoneurone è interessato)
Nella neuropnesi si può fare il trattamento chirurgico, ma prima devono essere fatte
tutte le indagini per verificare il livello e l’entità della lesione nervosa il mezzo
diagnostico è l’elettromiografia, tramite la quale riusciamo a capire.
L’intervento è un intervento di neurorrafia: sutura dei nervi. (tenorrafia per esempio è
la sutura dei tendini)
Nella paralisi ostetrica superiore (Paralisi di Erb-Duchenne) viene interessata la
spalla: il bambino si presenta con il braccio in adduzione e intrarotazione (innanzitutto
va verificato che il bimbo non abbia una frattura di clavicola oppure un distacco di
epifisi prossimale di omero, oppure si verifica lo stiramento del plesso).
Se si ha la diagnosi di stiramento del plesso si procede con il trattamento immediato:
15 giorni di immobilizzazione nella posizione dello schermidore (se si tratta di una
assonopnesi il bimbo guarisce)
Si possono poi fare elettrostimolazioni, manipolazioni e mobilizzazioni.
Nella paralisi ostetrica inferiore abbiamo l’interessamento di tutta la mano: si presenta
in pronazione e in flessione (si dice che assume l’atteggiamento del cameriere che
riceve la mancia).
In questo caso gli stimoli del fisioterapista dovranno essere concentrati a stimolare
l’estensione (nervo radiale)
SINDROME DA IMPINGMENT DELLA SPALLA: Riguarda l’età più adulta.
La sintomatologia consiste in dolore, limitazione funzionale.
Si ha la degenerazione del sovraspinato: un test consiste nel far fare la flessione
contro resistenza e si va a valutare la comparsa del riflesso doloroso. Si va poi a
valutare la presenza di dolore nell’abduzione contro resistenza.
Degenerazione del sovraspinato, infiammazione della borsa sub-acromiale, e
infiammazione del tendine del capo lungo del bicipite.
Quando si va a fare l’intervento chirurgico si fa la sutura del tendine del sovraspinato,
si va a rimuovere la borsa sub-acromiale e si fa la tenotomia del tendine del capo
lungo del bicipite.
La diagnosi si fa con la radiografia come prima cosa; anche l’ecografia può aiutare
nella diagnosi. Per portare il paziente sul tavolo operatorio c’è bisogno di un’indagine
più approfondita: la risonanza magnetica.
Il trattamento è in atroscopia o in artrotomia (a cielo aperto).
SEGNO DI POPPEYE: patologia degenerativa dell’arto superiore che può portare alla
rottura sottocutanea del capo lungo del bicipite brachiale.
Negli atleti o negli anziani si può rompere: il paziente lamenta di aver sentito un forte
colpo doloroso nella spalla e di avere il muscolo “sceso” all’interno del braccio la
componente del bicipite mantenuta dal capo lungo effettivamente scende all’interno
del braccio.
La diagnosi è clinica però per avere una conferma diagnostica si fa l’ecografia,
andando a ricercare il capo lungo del bicipite; per un esame più approfondito si fa
anche la risonanza magnetica.
Nel braccio ci sono vari muscoli vicarianti che compiono la flessione del braccio
insieme al bicipite brachiale (già solo la componente del capo breve che rimane
funzionante concorre alla flessione del braccio) (poi ci sono anche il brachiale che è un
muscolo abbastanza forte).
Il più delle volte non si fa nessun trattamento; passata la fase acuta si fa fare
fisioterapia essenzialmente si va a rinforzare i muscoli vicarianti che devono
sopperire all’azione del capo lungo del bicipite brachiale.
PATOLOGIE DEL GOMITO: esiste innanzitutto anche la lesione del capo distale del
bicipite brachiale (che si inserisce sulla tuberosità bicipitale del radio). In questo caso
l’intervento è maggiormente indicato, perché la limitazione funzionale causata da
questa lesione è maggiore rispetto alla limitazione causata dalla rottura del capo
lungo.
L’intervento consiste o nel reinserimento del tendine tramite un tunnel osseo, oppure
si congiunge il tendine del bicipite brachiale a quello del brachiale (si porta sul
processo coronoideo dell’ulna)
ENTESITI: sono l’epicondilite e l’epitrocleite, sono patologie inserzionali:
infiammazioni dei tendini laddove si inseriscono sull’osso.
EPICONDILITE: infiammazione dei tendini di inserzione prossimale degli estensori del
polso che si inseriscono al livello dell’epicondilo omerale estensore radiale del carpo,
estensore ulnare del carpo, estensore comune delle dita…
Come si manifesta? Il sintomo principale è il dolore (che parte dal condilo omerale e
scende giù sulla superficie dorsale dell’avambraccio per arrivare fino alla mano) e la
limitazione funzionale.
Il paziente riferisce che non riesce più ad aprire la porta di casa perché il movimento
gli crea dolore.
L’esame clinico evidenzia dolore alla digitopressione al livello del condilo; poi c’è il
dolore riflesso alla estensione del polso contro resistenza; dolore nell’estensione delle
dita, in particolare del terzo.
Il trattamento è medico con FANS per via generale e per via locale; si possono poi fare
ultrasuoni, laser, tecar; e in ultima istanza si passa alla terapia infiltrativa con
cortisonici (fiala di cortisone locale e si può ripetere dopo 15 giorni fino a un massimo
di 3 fiale); se nonostante ciò il dolore non passa si fa il distacco degli epicondiloidei
si vanno a staccare i tendini, si va a pulire il condilo omerale e infine si vanno a
reinserire i muscoli (dopo si porta l’apparecchio gessato per circa un mese perché è
come se fossimo andati a creare una nuova inserzione).
N.B. c’è anche chi mette i cosiddetti pressori fascia epicondilare perché la
compressione crea giovamento, facendo diminuire il dolore.
EPITROCLEITE: è lo stesso tipo di patologia dell’epicondilite con la differenza che
riguarda i flessori del polso (lato ulnare epicondilo mediale o epitroclea) (flessore
ulnare del carpo, flessore radiale del carpo, flessore comune delle dita…)
La sintomatologia è la stessa dell’epicondilite: dolore e limitazione funzionale. Il dolore
si evidenzia alla digitopressione e anche come dolore riferito alla flessione contro
resistenza.
Il trattamento anche è lo stesso dell’epicondilite: antinfiammatori locali e/o generali,
terapia con elettromedicali, infiltrazioni con cortisonici e in ultima istanza l’intervento
chirurgico cui segue una fase di immobilizzazione.
CISTI SINOVIALI DEL POLSO: rigonfiamento causato dalla erniazione del liquido
sinoviale al di fuori dell’articolazione del polso.
Il trattamento può essere fatto già facendo una forte pressione che nei casi meno
gravi può far rientrare la cisti. (La pressione va fatta in iperestensione del polso perché
la cisti si trova sulla parte dorsale del polso).
Si può avere anche una recidiva della cisti (nel 70-80% dei casi) indipen