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Le diverse alternative per organizzare il lavoro
Raramente permettono di massimizzare, al tempo stesso, tutte le dimensioni elencate: spesso una soluzione permette di migliorare alcune dimensioni a discapito di altre. Alcune decisioni possono richiedere un processo negoziale (es. la direzione dell'azienda); in altri casi, vi possono essere requisiti minimi o vincoli stabiliti dalla normativa vigente o dai contratti (es. rispetto norme di sicurezza). Dal punto di vista dell'organizzazione, al di là dei vincoli, la scelta del modello di organizzazione sarà più efficace quanto maggiore sarà la coerenza con le strategie e la cultura organizzativa. È inoltre fondamentale che le scelte di organizzazione del lavoro siano fortemente coerenti con le politiche HR (e viceversa) perché entrambe incidono direttamente sul modo di lavorare delle persone, sulla loro motivazione e soddisfazione. Anche le teorie e i modelli di organizzazione del lavoro che
Sono stati elaborati nel corso del tempo non sono neutri rispetto alle finalità ed è importante acquisire piena consapevolezza di quali sono le prospettive che ciascun approccio privilegia. A tal fine, è possibile distinguere tre approcci alla progettazione del lavoro: meccanicistico, motivazionale, ergonomico e percettivo.
Approccio meccanicistico: è con la rivoluzione industriale che l'organizzazione del lavoro è divenuta una delle problematiche fondanti delle scienze manageriali poiché la meccanizzazione ha notevolmente incrementato l'efficienza delle attività produttive, facendo nascere le grandi fabbriche e aumentato la divisibilità tecnica dei processi di produzione e quindi del lavoro.
L'approccio meccanicistico alla progettazione del lavoro si sviluppa in questo periodo storico con l'obiettivo di massimizzare quindi l'efficienza organizzativa creando mansioni specializzate in grado di sfruttare i vantaggi
offerti dalla meccanizzazione (es. catena di montaggio). L'approccio meccanicistico ha trovato la sua espressione massima nello scientific management, basato sul cosiddetto fordismo. Lo scientific manager si basa su una divisione del lavoro tra diversi operatori e un'allocazione dei compiti di decisione, coordinamento e controllo a un supervisore. Ciò permetteva di individuare mansioni elementari che venivano studiate da analisti del lavoro per identificare il miglior modo per eseguire ciascuna mansione più efficientemente. I lavoratori venivano poi selezionati e addestrati nell'esecuzione della mansione e motivati all'efficienza tramite incentivi monetari. La progettazione di mansioni semplificate permetteva di ridurre le esigenze e i costi di addestramento, facilitando il reperimento della manodopera, sia la sostituibilità dei lavoratori. Il tutto quindi si basa sulla regola del "più produci, più guadagni", in quantoIl mercato era "vuoto" (cioè non saturo): tale logica però portò allo sfruttamento dei lavoratori (=alienazione). In sintesi, risolve i problemi in maniera fisica, manualmente, mediante regole di gestione dei vari problemi.
Approccio motivazionale
A partire dagli anni 50 inizia a farsi strada un insieme di studi e teorie di matrice psicologica e sociologica che mettono al centro dell'attenzione le caratteristiche delle mansioni che influiscono sul significato psicologico del lavoro e sul potenziale motivazionale. Alla base vi è una visione dell'uomo-lavoratore come portatore di bisogni psicologici e relazionali e non solo economici. La motivazione intrinseca consiste in sensazioni positive in termini di benessere, divertimento, senso di competenza che si ricavano dal far bene il proprio lavoro e indipendenti da fattori esterni, come incentivi monetari e approvazione del capo o dei colleghi (evidente è la correlazione con la piramide dei bisogni di Maslow).
Bisogni di Maslow). Dagli anni 70 l'approccio motivazionale conquista crescente importanza e oggi è considerato il paradigma di riferimento per progettare il lavoro in contesti organizzativi che si fondano su innovazione, flessibilità, qualità e soddisfazione del cliente.
Il modello delle caratteristiche del lavoro elaborato da Hackman e Oldham costituisce uno dei contributi teorici più importanti a tale approccio. Questo modello individua cinque caratteristiche fondamentali del lavoro:
- Varietà: dipende dalla numerosità e dalla diversità dei compiti assegnati che richiedono al lavoratore di utilizzare abilità e capacità diverse nello svolgimento della mansione;
- Identità: misura quanto un compito sia eseguito in modo completo dall'inizio alla fine;
- Significatività: dipende dalla possibilità di identificare il contributo della mansione al risultato finale dell'organizzazione;
- Autonomia:
Misura il grado di discrezionalità che il lavoratore esercita nella programmazione dei compiti e nella scelta delle modalità di esecuzione;
Feedback: misura quante informazioni il lavoratore riceve sull'efficacia della propria prestazione.
A seconda di come sono progettate le mansioni, queste caratteristiche possono manifestarsi in vari gradi. Generalmente, maggiore sarà il loro livello tanto più alto è il contenuto motivazionale del lavoro. L'effetto in termini di motivazione e soddisfazione può essere più o meno pronunciato anche in funzione di alcune caratteristiche individuali quali il livello di competenze possedute e il bisogno di crescita e sviluppo professionale. In sintesi, dopo aver illustrato i problemi dobbiamo motivare la persona per avere reciprocità.
Approccio ergonomico e percettivo 39
L'approccio ergonomico si sviluppa a partire dagli anni 50 in Gran Bretagna grazie all'incontro tra diverse
discipline (biomeccanica, antropometria, psicologia, fisiologia ecc.). L'obiettivo è quello di studiare come progettare mansioni, postazioni, attrezzature e luoghi di lavoro in modo da ridurre lo sforzo fisico e minimizzare l'impatto negativo sulla salute dei lavoratori nei movimenti ripetitivi o posture dannose. L'importanza riconosciuta è cresciuta significativamente nel tempo dato che oggi diversi principi ergonomici sono diventati standard ufficiali. L'approccio percettivo deriva dallo studio delle abilità cognitive e percettive dei lavoratori con l'obiettivo di migliorarne l'affidabilità, la sicurezza e le reazioni al fine di ridurre i tassi di errore e gli incidenti. Le variabili chiave nella progettazione del lavoro Il punto di partenza nella progettazione del lavoro consiste nell'identificare l'insieme delle attività che devono essere svolte. Esse includono: - le attività operative interdipendenti checoncorrono alla realizzazione di un output identificabile, le attività di supporto, manutenzione, controllo e regolazione del processo operativo. Anche quando la progettazione è finalizzata a riorganizzare il lavoro in un contesto pre-esistente occorre evitare di guardare a ogni mansione isolatamente dalle altre e dare per scontato che tutte e/o solo le attività correntemente svolte siano quelle effettivamente necessarie. Il successo di molti interventi di business process reengineering riscontrato nella pratica organizzativa dimostra che spesso la revisione delle attività in essere è una premessa indispensabile per poter poi individuare la configurazione del lavoro più efficiente e/o efficace. Una volta individuato il sistema primario delle attività, si può poi procedere a progettare le mansioni rispondendo a due domande chiave: - Quante e quali attività dovremmo assegnare a ciascuna persona? - Come tali attività dovrebberoessere svolte?
Le variabili per determinare l'ampiezza delle mansioni
Per decidere quante e quali attività ricomprendere in ciascuna mansione occorre tener conto di tre variabili fondamentali:
- Economie di specializzazione: Adam Smith aveva compreso già nel 700 che la divisione del lavoro può creare significativi vantaggi di efficienza nell'esecuzione delle attività dovuti all'apprendimento. Infatti, concentrarsi su una o poche attività permette di non disperdere l'attenzione e acquisire destrezza e velocità grazie alla ripetizione (=ampiezza ridotta, che riguarda solo il numero dei compiti, non la loro importanza).
- L'entità dei vantaggi di efficienza conseguibili attraverso la specializzazione dipende dalla divisibilità tecnica del lavoro ma anche dalle dimensioni del mercato. La specializzazione delle mansioni crea vantaggi ma anche rigidità: limita la polivalenza delle persone nel presente ma anche
stessa mangione in modo da minimizzare i costi del coordinamento (=porta alla riduzione di ampiezza).
3) Bisogno di identità e contribuzione: l'opportunità e convenienza ad allargare le mansioni deve tener conto anche di quanto è forte il bisogno di autorealizzazione nel lavoro che le persone manifestano. L'intensità di tale bisogno può variare anche significativamente da persona a persona, con effetti diversi in termini di motivazione a parità di mansione svolta.
Inerentemente all'interdipendenza, occorre che l'organizzazione si chieda quanto un'azione dipenda da un'altra e viceversa, ed in base a ciò progettare le mansioni.
Possiamo distinguere l'interdipendenza in 3 tipi:
1- Interdipendenza generica: è interdipendenza tra attività non specifica, e ci dice quindi che le attività dipendono da un'unica risorsa, che dev'essere perciò accessibile tra le varie attività.
A tal proposito occorre gestire e progettare bene proprio le attività stesse.- Interdipendenza sequenziale: interdi