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Il capitale può essere finanziario, ovvero le risorse economiche a disposizione oppure può

manifestarsi sotto forma di macchinari, impianti, strutture produttive, che è quello che prende il

nome di capitale industriale, entrambi sono indispensabili per un’impresa.

Il capitale finanziario è fungibile, quindi si può impiegare per acquisire tutto ciò che serve

all’attività, non ha una finalità univoca. Il capitale industriale invece è idiosincratico, cioè viene

impiegato per qualcosa di specifico. Esiste inoltre un capitale immateriale (intangible assets),

strettamente legato alle persone, che sono altrettanto importanti ai fini della competitività

dell’impresa per stare nel mercato.

L’impresa ha come scopo primario quello di far avvenire una trasformazione fisica che fa si che

si chiami impresa di produzione. L’impresa è anche il luogo in cui le conoscenze scientifiche

vengono utilizzate e applicate per creare beni e servizi utili al mercato.

Imprese B corp

Quindici anni fa tre imprenditori americani hanno creato un sistema che certifica che un’impresa

abbia determinati standard sia dal punto di vista ambientale che sociale, hanno messo in atto un

protocollo di verifica a cui le imprese possono (volontariamente) sottoporsi per controllare una

serie di parametri e ottenere un certificato di B lab (organizzazione non profit nata con la

missione di diffondere un nuovo modello di business) in modo da avere un riconoscimento da

parte del mercato e dei consumatori. Un’azienda B corp è un’azienda che certifica il suo impatto

positivo sulle persone e sull’ambiente, persegue obiettivi che vanno oltre il profitto, a partire da

un modello socioeconomico rigenerativo, più inclusivo e sostenibile, che crea e ridistribuisce

valore tra tutte le parti interessate.

Beni e servizi

Beni: materiali; Servizi: immateriali. La produzione del bene avviene in un altro luogo e in un altro

tempo, senza la partecipazione del destinatario di quel bene; nella produzione del servizio il

fruitore è presente, infatti il destinatario di un servizio si chiama pro-sumer (producer+consumer).

Output delle imprese

Nel corso del tempo sono emerse ulteriori forme che l’impresa ottiene, parliamo di esperienze,

non così lontane dai servizi, sono un’estensione e ampliamento di essi. Esistono servizi che

sono già naturalmente abbastanza vicini al significato di esperienza (es. crociera), altri casi in cui

invece si può aggiungere un contenuto esperienziale a qualcosa che non lo è. La tendenza da

parte delle imprese (quando è possibile) è cercare di arricchire il loro bene o servizio di contenuti

esperienziali, in modo da appagare maggiormente il destinatario. Ad esempio Starbucks è

un’azienda che ha deciso di esperienzializzare il servizio che vendono (diverso da un qualunque

bar), L’impresa che vuole vendere esperienze vende sensazioni memorabili, le imprese hanno

capito che le persone hanno bisogno di qualcosa di nuovo oltre al bene o al servizio di cui hanno

bisogno, spesso infatti usano i negozi come luoghi dove non solo vendere i prodotti, ma che

offrono tante altre opportunità.

04/10 - Brunetti

Un altro tipo di output che le imprese offrono e che noi acquistiamo è la marca o brand,

elemento sostanzialmente creato dall’impresa che accompagna il bene o il servizio e che lo

rende più attraente e interessante per noi consumatori. Nel mercato possiamo trovare prodotti

unbranded, dunque privi di marchio o identità e prodotti branded, dotati di una specifica identità,

intorno ai quali l’impresa costruisce la propria offerta.

es. Levy, 1959, symbols for sale, componente simbolica che accompagna il prodotto nel corso

del tempo è diventata sempre più importante e rilevante.

La marca spesso è anche garante di qualità, dunque rendersi identificabili è una garanzia

qualitativa (una sorta di patto che l’impresa fa con il consumatore).

Esistono casi di volgarizzazione della marca, ovvero quando il prodotto viene identificato con il

nome della marca (es. scotch, kleenex…).

Come fa un’impresa a far sì che i consumatori preferiscano prodotti che vende rispetto a quelli

dei loro concorrenti che offrono sostanzialmente le stesse cose ad un prezzo simile? Bisogna

lavorare molto sulla costruzione dell’identità del brand (attraverso la comunicazione, la

pubblicità…); per certi aspetti si può dire che un consumatore scelga prima il brand piuttosto che

il prodotto stesso, si tratta principalmente di soddisfare un nostro bisogno psicologico più che

una necessità.

Purpose (ragione di esistere), le marche cercano sempre più spesso di avere uno scopo e di

diventare dei purpose brand, ovvero di essere portatori di un messaggio con una valenza più

ampia rispetto al prodotto o servizio in sé. Ad esempio Patagonia, aveva individuato questa

strategia molti anni prima dei suoi competitors.

Soluzioni o brandle, sempre più spesso quando è possibile, le imprese tendono ad offrire non più

un singolo prodotto o servizio, ma cercano di soddisfare il bisogno in maniera più ampia e

completa, offrendo un pacchetto di servizi per risolvere un problema o un'esigenza. es.

Telepass, impresa nata per svolgere un compito specifico e preciso, offre oggi un insieme di

servizi legati alla mobilità e tutto ciò che ne concerne; l’elemento chiave è la semplicità e la

comodità. Anche Bassetti, impresa che nasce per vendere prodotti di biancheria per la casa,

oggi promuove un servizio di Home Innovation, per disegnare e rinnovare la propria casa.

Esistono imprese che producono beni intermedi e quindi siamo nel caso di business to business,

cioè imprese che lavorano e vendono i loro prodotti o servizi ad altre imprese, che a loro volta li

utilizzano per la propria attività. In altri casi le imprese di produzione arrivano direttamente al

consumatore finale, per cui si parla di business to consumer; è il caso del cosiddetto “chilometro

zero” o “spaccio”, dove tipicamente il cliente entra direttamente in contatto con il produttore

10/10 - Brunetti

Nella visione di filiera c’è l’idea di inglobare anche il consumatore che in effetti gioca un ruolo

fondamentale. All’interno della filiera possono essere introdotte o create anche altre attività, che

magari precedentemente erano svolte da un altro soggetto o dal consumatore finale,

chiaramente questo apporta dei cambiamenti anche in termini di remunerazione. L’impresa non è

niente di statico o definito, è sempre un continuo sviluppo, una continua evoluzione che viene

chiamata fasi di generazione del valore.

L’innovazione del prodotto non deriva tanto dai cambiamenti tecnici che con il tempo vengono

apportati a quel determinato prodotto, quanto e soprattutto da un diverso modo di configurare

l’attività all’interno della filiera, ovvero cambia il modo in cui il consumatore entra in possesso e

utilizza il prodotto. Ad esempio Ikea, ha cambiato il modo in cui le persone acquistano mobili per

la casa, cioè ha delegato al consumatore il compito che tradizionalmente è affidato alla filiera o

ad altre attività. Si tratta di un’innovazione del modello di business.

Di recente è aumentata l’importanza degli “anelli” a valle; in origine l’anello più importante era la

produzione era fondamentale ottenere prodotti validi sia a livello qualitativo che quantitativo per

soddisfare la domanda del mercato. La distribuzione aveva più che altro un ruolo logistico dalla

fase di distribuzione alla fase di consumo. Il consumatore era invece poco valorizzato e

coinvolto. Con il tempo, si è capita l’importanza di offrire al consumatore modi più efficienti ed

efficaci per acquistare i prodotti. Si è verificata infatti una rivoluzione commerciale, cioè è

cambiata in maniera significativa la modalità in cui i prodotti vengono distribuiti per arrivare ai

consumatori→ da un commercio tradizionale, sistema fatto di tanti punti vendita distinti per

merceologia, di piccole dimensioni e distribuiti su una certa area geografica, a un commercio

moderno, dove i punti vendita appartengono a grandi catene e vengono gestiti in maniera

manageriale, quella che oggi si chiama GDO (grande distribuzione organizzata). La grande

differenza è il self-service, che nelle piccole attività o botteghe non c’è poiché si viene serviti; si

tratta sempre di uno “spostamento” delle attività che precedentemente venivano eseguite da

qualcuno e oggi vengono svolte da qualcun altro. La GDO si è diffusa ed è stata applicata a

numerosi settori (alimentare, elettronica, ferramenta…). Oggi anche per effetto della

digitalizzazione, il consumatore è sempre più coinvolto e partecipe all’interno della filiera e

dunque svolge delle fasi sempre più importanti. Quello che manca è lo sfruttamento di tutte le

risorse offerte dalla digitalizzazione a vantaggio del consumatore. La rete è stata in qualche

modo fagocitata dalle imprese che l’hanno usata per le proprie attività.

11/10 -Brunetti

Rischi d’impresa

Qualcosa di “avventuroso” a cui va incontro un’impresa quando decide di mettersi in gioco.

L’impresa agisce in un contesto che tendenzialmente è competitivo, quindi non è certo che

raggiunga gli obiettivi che si era prefissata nella maniera in cui desiderava.

La natura del profitto

I motivi per cui l’imprenditore ha diritto a percepire una remunerazione sono vari: è colui che dà

vita all’idea imprenditoriale, per cui merita una ricompensa per questo suo contributo. Deve

inoltre raccogliere, organizzare e far funzionare l’impresa e corre un rischio economico mettendo

un capitale perché queste cose accadano. La teoria economica pone come fine della

massimizzazione del profitto in cui qualsiasi imprenditore si dà e pone la sua impresa.

Divaricazione tra quello che viene assunto come fine dell’impresa e quello che poi succede nella

realtà: non è detto che l’imprenditore persegua sempre e comunque un profitto massimo,

tenendo conto di alcune condizione magari si accontenta di un profitto di livello più basso, anche

nella prospettiva di consolidare l’impresa con il tempo.

Herbert Simon, economista statunitense, ha messo in discussione alcuni modelli aziendali ed

economici del suo tempo teorizzando la teoria della razionalità limitata: gli esseri umani non

sono totalmente razionali, infatti il soggetto decisionale non necessariamente punta alla

massimizzazione del risultato economico o del proprio interesse.

Al

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
21 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martafabbroo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione dei sistemi informativi aziendali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Bonfanti Angelo.