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Esempio: Apple, che produce in Cina per sfruttare i costi ridotti, offrendo lo stesso prodotto in tutto il mondo.
Svantaggi: poca attenzione ai bisogni locali e difficoltà nello scambio di conoscenze tra divisioni.
4. Strategia Transnazionale: È la più complessa, perché combina i vantaggi della strategia globale (riduzione dei
costi) e di quella internazionale (creazione di valore). Alcune funzioni sono accentrate in sedi centrali, mentre altre
sono decentrate dove si trovano competenze o costi migliori.
Esempio: Unilever, che fa ricerca in vari paesi ma produce dove costa meno.
Questa strategia permette anche di condividere esperienze e conoscenze tra team in diversi paesi, favorendo una
cultura aziendale globale.
La scelta dipende da 3 fattori principali:
1. Distribuzione del potere decisionale tra casa madre e sedi estere.
2. Struttura organizzativa, cioè come vengono organizzate le divisioni per usare al meglio le risorse.
3. Meccanismi di controllo e cultura aziendale, per assicurare il funzionamento efficace su scala globale.
Quando un’impresa si espande all’estero, ha bisogno di strutture organizzative adeguate per gestire attività sempre più
complesse e coordinate tra paesi diversi. La struttura scelta dipende dalla strategia globale che l’azienda adotta. Le più comuni:
1. Struttura globale per aree geografiche: È usata soprattutto nelle strategie multi-domestiche, dove l’azienda si
adatta ai mercati locali. Ogni area geografica (Europa, Asia, America, ecc.) ha una propria divisione autonoma che
gestisce tutte le attività per quella regione. Il vantaggio è che ogni divisione può personalizzare i prodotti in base ai
bisogni locali, ma c’è poca comunicazione e condivisione tra le varie aree. Questo può far salire i costi e limitare
l’apprendimento globale
2. Struttura globale per gruppi di prodotto: Tipica delle strategie internazionali e globali. L’azienda divide le sue
attività per linee di prodotto (es. elettronica, abbigliamento, alimentare), e ogni gruppo ha una sua sede centrale
che coordina tutte le attività, in patria e all’estero. Questo modello aiuta a mantenere il controllo e ridurre i costi, ma
può rendere difficile adattarsi alle esigenze dei clienti nei vari paesi.
3. Struttura globale a matrice: È la più complessa, ma anche la più completa. Viene usata nelle strategie
transnazionali, perché permette sia di standardizzare, sia di adattarsi ai vari mercati. Combina due dimensioni: da
una parte i gruppi di prodotto, dall’altra le aree geografiche. I manager locali e quelli globali lavorano insieme e si
dividono le responsabilità. Questa struttura favorisce lo scambio di conoscenze, lo sviluppo di una cultura
aziendale condivisa, e una maggiore innovazione, ma richiede molto coordinamento e può essere difficile da
gestire.
Nel contesto ecologico delle popolazioni, i teorici hanno identificato due principali strategie che le organizzazioni possono
adottare per ottenere l'accesso alle risorse e migliorare le loro probabilità di sopravvivenza:
● Strategia r: l’ingresso in un ambiente prima degli altri. L’organizzazione ottiene il vantaggio della "prima mossa",
accedendo alle risorse disponibili prima delle altre.
● Strategia k: l’ingresso in un ambiente dopo che altre organizzazioni hanno già testato le acque. Queste
organizzazioni sono consolidate e sfruttano le competenze acquisite in altri ambienti per ridurre l'incertezza e
sviluppare procedure efficaci.
Inoltre, le strategie si possono classificare anche in specialistica e generalista, in base all’ampiezza della nicchia in cui
l’organizzazione compete:
● Strategia specialistica: l’organizzazione si concentra su una nicchia ristretta, sviluppando competenze distintive che
le permettono di surclassare i concorrenti generalisti.
● Strategia generalista: l’organizzazione amplia le proprie competenze per competere in diversi settori e mercati.
Le organizzazioni che adottano strategie specialistica e generalista spesso coesistono. Le organizzazioni generaliste di
successo creano le condizioni che consentono anche alle specialiste di prosperare. Combinando queste due serie di strategie,
si generano altre configurazioni:
● r-specialistica: l’ingresso per primi in una nicchia ristretta.
● r-generalista: l’ingresso per primi in molteplici nicchie.
● k-specialistica: l’ingresso in una nicchia consolidata con competenze consolidate.
● k-generalista: l’ingresso in ambienti già consolidati sfruttando economie di scala.
Le strategie organizzative sono fondamentali per definire la direzione di un’azienda e il suo posizionamento nel mercato.
Cultura organizzativa
La cultura organizzativa è l’insieme dei valori, delle norme e delle pratiche condivise che guidano i comportamenti dei membri
di un’organizzazione, sia nelle relazioni interne che in quelle con l’esterno (clienti, fornitori, partner). Essa rappresenta una
sorta di "collante invisibile" che orienta le decisioni e le azioni, soprattutto in situazioni ambigue o complesse.
I valori su cui si fonda la cultura possono essere:
● Finali, ossia gli obiettivi da raggiungere (es. qualità, innovazione, sostenibilità).
● Strumentali, ovvero i comportamenti considerati appropriati per raggiungere tali obiettivi (es. collaborazione, rispetto,
flessibilità).
● Norme, gli standard o gli stili comportamentali considerati accettabili o normali per un gruppo di persone.
Per trasmettere e consolidare la cultura, le organizzazioni si servono di strumenti come la selezione di candidati in linea con
i valori aziendali, la formazione iniziale, la comunicazione costante da parte dei leader, il racconto di episodi significativi,
cerimonie simboliche e premi per chi si comporta in modo coerente con la cultura dell’impresa.
In molte realtà, soprattutto le grandi aziende e le multinazionali, possono svilupparsi sottoculture differenti a seconda del
reparto, della sede geografica o della divisione di business. Queste differenze possono arricchire l'organizzazione ma anche
ostacolare l’unitarietà culturale se non ben gestite.
Una cultura forte si riconosce per la presenza di valori condivisi in profondità, per il forte senso di appartenenza e per il fatto
che le persone si sentono guidate da principi comuni anche senza necessità di regole formali. Questa può rappresentare un
vantaggio competitivo perché agevola la coesione e l’allineamento alle strategie aziendali. Tuttavia, può diventare un ostacolo
se si rende rigida e resistente al cambiamento, soprattutto in contesti di forte trasformazione. Al contrario, una cultura debole
si caratterizza per la mancanza di valori condivisi, per un clima poco coeso e per l’assenza di una chiara filosofia gestionale. In
questi contesti, i dipendenti tendono a percepire l’azienda come un semplice luogo di lavoro, senza sentirsi realmente coinvolti.
Il processo con cui i membri apprendono e interiorizzano la cultura prende il nome di socializzazione, un concetto legato a
questo è quello di orientamento di ruolo, che riguarda come i membri imparano a comportarsi nelle diverse situazioni che
si presentano nel lavoro quotidiano. Ci sono due tipi principali di orientamento di ruolo:
● Istituzionalizzato, dove si insegna a reagire in modo uniforme secondo le regole aziendali.
● Individualizzato, che favorisce l’autonomia, la creatività e l’adattamento personale.
All’interno di un’organizzazione, ogni occasione può diventare un momento prezioso per rafforzare e comunicare la
cultura aziendale. Le azioni quotidiane, gli eventi aziendali e i momenti informali possono essere sfruttati per sottolineare i
valori fondamentali, premiare i comportamenti coerenti e affrontare eventuali criticità in modo costruttivo, coinvolgendo l’intera
organizzazione. Uno degli strumenti più efficaci a disposizione delle imprese sono i riti organizzativi, veri e propri momenti
simbolici che scandiscono la vita aziendale. Questi si distinguono in:
● Riti di passaggio: celebrano momenti significativi nella carriera delle persone, come l’ingresso in azienda, le
promozioni o l’uscita dall’organizzazione.
● Riti di integrazione: rafforzano la coesione del gruppo attraverso celebrazioni collettive, come feste aziendali o
pranzi di team.
● Riti di rinforzo: servono a riconoscere e premiare i contributi individuali o collettivi, consolidando così i
comportamenti desiderati (es. premiazioni, menzioni pubbliche, promozioni).
La cultura organizzativa nasce e si sviluppa dall’interazione di quattro fattori principali:
1. Caratteristiche delle persone: le aziende tendono ad assumere persone che condividono i propri valori,
contribuendo così alla coerenza culturale. Col tempo, i membri tendono ad assomigliarsi sempre di più, sia per
attitudini sia per visione del lavoro.
2. Etica organizzativa: è l’insieme di valori morali e regole comportamentali che stabiliscono il “modo giusto” di agire
all’interno dell’organizzazione. Questa etica spesso riflette la visione personale del fondatore o del top management
ed esercita una forte influenza sul comportamento dei membri e sulle decisioni aziendali.
3. Diritti di proprietà: si riferiscono alla distribuzione delle risorse e dei benefici tra i membri dell’organizzazione
(stipendi, benefit, bonus, autonomia decisionale, ecc.). Questi diritti influiscono sul grado di motivazione dei
dipendenti e sulla cultura che si sviluppa. Una ripartizione squilibrata può danneggiare la coesione culturale e
alimentare divisioni interne, mentre una distribuzione equa può rafforzare i valori condivisi.
4. Struttura organizzativa: anche la forma organizzativa influisce sulla cultura. Una struttura meccanica e accentrata
tende a valorizzare stabilità, controllo e obbedienza, mentre una struttura organica e decentrata promuove
l’innovazione, la creatività e l’autonomia. La struttura scelta riflette e allo stesso tempo condiziona i comportamenti
dei membri, creando una base coerente con gli obiettivi strategici dell’impresa.
Le strutture organizzative principali con vantaggi e limiti (semplice, funzionale, divisionale, a matrice,
confini deboli, a rete - differenza tra meccaniche e organiche), perché si passa da una struttura
organizzativa all’altra? MBO (Cos’è? Quali sono i suoi pro e i suoi contro?)
Quando parliamo di strutture organizzative, ci riferiamo al modo in cui un’azienda si organizza per raggiungere i propri obiettivi,
distribuendo ruoli, responsabilità e flussi di comunicazione.
Le strutture più comuni sono: semplice, funzionale, divisionale, a matrice, a rete e con confini deboli.
A seconda della complessit&agr