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APPROCCIO DI STUDIO AI S. I.
I PRINCIPALI APPROCCI ai SI partono dagli anni 50/60 fino ad oggi.
Il modello del sistema di controllo (Forrester ,1961)
Forrester, STUDIOSO DI MANAGEMENT, ha iniziato ad interessarsi ai SI perché
lui si occupava del controllo (in azienda si definiscono degli obiettivi; dopo si
svolgono delle attività e il controllo serve a controllare lo svolgimento di queste
attività durante la loro esecuzioni ex post i risultati derivanti dallo svolgimento
di queste attività). Queste attività devono essere controllate e c’è un controllo
in itinere effettuato durante lo svolgimento delle attività ma anche un controllo
Forrester
ex post sui risultati derivanti dallo svolgimento di queste attività.
occupandosi del controllo ha rilevato l’importanza dei SI ai fini del controllo.
Secondo Forrester per poter esercitare il controllo all’interno
dell’organizzazione c’è bisogno dei SI perché questi ultimi raccolgono dati e
informazioni circa le attività che vengono svolte e questi dati ed informazioni
vengono forniti ai manager che li utilizzeranno per verificare se i risultati
raggiunti siano maggiori o minori rispetto agli obiettivi che a priori erano stati
stabiliti. In questo modo si verifica se l’azienda è stata performante o meno.
Che cos’è un SI secondo Forrester? è è un sottosistema del più vasto ‘sistema
di controllo’ (insieme di elementi che consentono lo svolgimento delle attività
di controllo) che consente di trasferire dei dati e delle informazioni ai manager
che sono utili ai fini del controllo. Secondo Forrester, i SI favoriscono il controllo
all’interno dell'organizzazione. Senza i SI il sistema di controllo diventa più
difficile non solo da implementare ma anche successivamente da attuare.
MODELLO DI ANTHONY, MODELLO DI SCOMPOSIZIONE IN RELAZIONE ALLE
ATTIVITÀ SSUPPORTATE
Anthony è uno STUDIOSO di management che studia le attività aziendali.
Secondo Anthony l’azienda può essere vista come una piramide dove al vertice
della piramide troviamo gli executive; al centro della piramide troviamo i
middle management, i manager medi o i quadri; nella parte bassa della
piramide troviamo i lavoratori che svolgono le attività operative.
Secondo Anthony le attività aziendali possono essere scomposte in tre
tipologie:
- attività strategiche o di pianificazione strategica, sono quelle attività che
riguardano gli obiettivi di medio lungo termine, ad esempio, un’azienda che
vuole diventare leader di mercato, oppure inserirsi in un nuovo mercato; chi
definisce le strategie in un’azienda? Gli executive (per esempio gli
amministratori), sono poche persone, sono la tesa dell’organizzazione che
definiscono le strategie;
- attività tattica o di programmazione e controllo, sono attività che riguardano
la definizione di obiettivi di breve termine, cioè quegli obiettivi che l’azienda
raggiunge entro l’anno, e anche il controllo: programmazione degli obiettivi e
controllo sulle attività che i svolgono per raggiungere quegli obiettivi, ad
esempio, il budget delle vendite, documento che ci dice quanto l’azienda si
impegna a vendere nell’anno successivo. Uno strumento che ci consente di
effettuare un controllo sull’attività svolta e verificare se i risultati raggiunti sono
maggiori, uguali o inferiori a quelli definiti nel budget è il report. Il report,
rispetto al budget che guarda al futuro, consente di mirare al passato, e ci dice
quali risultai sono stati raggiunti in base agli obiettivi prefissati, quindi mette a
confronto gli obiettivi con i risultati. Della programmazione e controllo si
occupano i manager di medio livello.
-Attività operative, sono svolte dai lavoratori che consentono la realizzazione
degli obiettivi che sono stati definiti precedentemente (esempio libro l’arte
della guerra à fa la distinzione tra strategia e tattiche).
Esempio à azienda che vuole entrare in un nuovo mercato: che strategie potrà
perseguire?
1) Conoscere il nuovo mercato; 2) conoscere i gusti e le preferenze dei
lavoratori; 3) sviluppare prodotti coerenti con le preferenze.
Anthony si preoccupa di individuare le informazioni ai lavoratori
dell’organizzazione a seconda delle attività che svolgono:
- La direzione generale ha bisogno di informazioni di sintesi, aggregate e
soprattutto informazioni che consentono la simulazione di scenario futili
seguendo la logica what if, cosa succede se, cioè se l’azienda adotta una
decisione cosa potrà accadere in futuro; hanno bisogno di informazioni
che provengono dall’esterno;
- Direzioni funzionali, responsabili delle funzioni aziendali svolgono attività
d programmazione e controllo, non di pianificazione quindi hanno bisogno
di informazioni diverse: periodiche, meno sintetiche ma comunque
aggregate e che sono perlopiù interne all’organizzazione (per esempio il
budget)
- Direzioni operative, hanno bisogno di informazioni più dettagliate, per
esempio la cassiera di un mercato ha bisogno di sapere il prezzo dei
prodotti, informazioni prodotte in tempo reale.
MODELLO DI SIMON, MODELLO DELLE DECISIONI PROGRAMMATE NON
PROGRAMMATE
Mentre Anthony si preoccupa della scomposizione delle attività aziendali,
Simon si preoccupa della tipologia di decisione. Simon è uno STUDIOSO
delle decisioni, studia come le persone prendono delle decisioni e divide le
decisioni in 2 tipologie:
- le decisioni programmate sono quelle cui il processo decisionale che
consente di prendere quelle decisioni è poco articolato, sono decisioni
ordinarie cioè la prima volta il decisore si preoccupa di prendere queste
decisioni stabilendo dei criteri ; successivamente questa decisioni diventa
una routine aziendale. Quindi le decisioni programmate fanno riferimento
a delle attività ripetitive all’interno dell’azienda. Dato che si ripetono
sempre, una volta prese è possibile stabilire delle routine.
- le decisioni non programmate, sono quelle che riguardano le attività che
si ripetono poco frequentemente, quindi non si possono stabilire delle
routine aziendali ma sono decisioni che si devono prendere di volta in
volta.
VERTICALIZZAZIONE SU SIMON à è famoso come economica ma in realtà è
un informatico e psicologo, anche per questo studia i sistemi informativi e il
processo decisionale. Gli studi di Simon hanno avuto dei risvolti anche
economici tanto è vero che ha vinto anche il Premio Nobel per l’economia.
Secondo Simon un decisore è dotato di razionalità limitata, il decisore
prende delle decisioni utilizzando solo alcune delle informazioni di cui
dispone ma non ha la totalità delle informazioni che gli consente di prendere
la migliore tra tutte le decisioni poiché non ha tutto il tempo a disposizione
per prendere delle decisioni infatti molti manager aziendali sfruttano più
l’intuito che la ragione.
La visioni di Simon si antepone a quella degli economisti che non parlavano
di razionalità limitati ma di assoluta: l’imprenditore all’interno di un’azienda
effettua delle scelte di ottimo, cerca di massimizzare il profitto, quindi tra
tutte le possibili scelte deve essere in grado di trovare la migliore soluzione
possibile. Un imprenditore secondo la visione classica è una persona che
gode una razionalità illimitata (assoluta), cioè che risponde di tutte le
informazioni necessarie per valutare le possibili alternative per risolvere un
problema, attribuire un punteggio, comprarle e alla fine scegliere la migliore
tra tutte. Nella maggior parte dei casi l’imprenditore non dispone di tanto
tempo e di tutte le informazioni per approcciarsi alla razionalità assoluta.
Quindi non può fare una scelta di ottimo ma una scelta soddisfacente.
Infatti, mentre la razionalità assoluta si base su strategie ottimizzanti, ossia
scegliere la migliore alternativa tra tutte quelle possibili, la razionalità
limitata si basa su una strategia soddisfacente, scegliere tra tutte le
soluzione quella che è in grado di soddisfare dei requisiti he ho stabilito a
priori, la soluzione che è in grado di risolvere il problema anche se non è la
migliore tra tutte.
Simone dice che è impensabile che un imprenditore abbia molto tempo e
tutte le informazioni per poter valutare ogni singola alternativa e poi
addirittura compararle. Invero, similmente non effettuo una scelta di ottimo
ma una scelta soddisfacente, cerco , non la migliore alternativa ma
l’alternativa che mi consente di rispondere al problema.
IL PROCESSO DECISIONALE à COME AVVIENE IL PROCESSO DECISIONALE E
QUALI SONO LE FASI CHE CONSENTE AL’INDIVIDUO DI PRENDERE UNA
DECISIONE?
I DATI vengono elaborati e trasformati in INFORMAZIONI. à conoscenza, è
l’insieme delle informazioni di cui l’individuo dispone in un determinato
momento. Questa definizione segue l’approccio che si chiama “del possesso”,
cioè quello che l’individuo possiede nella sua testa e quello che può utilizzare,
con il tempo le informazioni cambiano e cambia anche la conoscenza.
Il processo decisionale si suddivide in diverse fasi:
1) Identificazione del problema à quest’ultimo deve essere definito, quando
si definisce un problema, il decisore può commettere degli errori: l’errore
tipico è quello di analizzare il problema da una sola prospettiva (in natura
il problema non esiste, è l’uomo che lo crea). Per definire il problema
bisogna guardarlo nella sua interezza e non solo da un lato tanto è vero
che questo problema che è tipico della razionalità individuale è risolto
con l’uso dei gruppi, cioè piè persona sono in grado di guardare da
diverse prospettive (a 360 gradi). L’errore che si commette è che se si
analizza il problema da una sola angolazione (effetto framing), le
informazioni rilevate sono relative a quel singolo problema, magari ci
sono altre che consentono di risolverlo in maniera diversa.
2) Ricerca di soluzioni, posto che il problema è stato identificato, definito le
alternative che consentono la soluzione del problema. Le alternative
vengono generate in base alle informazioni relative al problema.
3) Scelta di una soluzione ottimizzante o soddisfacente.
4) Implementazione e valutazione della soluzione.
LEZ 4
Il principale limite basato sul modello della razionalità assoluta è che non trova
sempre applicazione nella pratica perché non sempre il decisore dato un
determinato problema è in gr