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GLI ORDINI ARCHITETTONICI
Gli ordini architettonici costituiscono il lessico e la sintassi dell’architettura antica che subisce trasformazioni
nel tempo. L’ordine non è il risultato dell’applicazione di regole canonizzate atte a consentire il
raggiungimento di quella proporzione che donava armonia all’architettura antica. I trattisti del Quattro e
Cinquecento sono responsabili del radicamento di questa convinzione nella cultura architettonica, ma il
punto di riferimento dei loro scritti è Vitruvio, il cui trattato servì da modello ai loro scritti, che a sua volta
raccoglieva, spesso in forma disorganica, concetti tratti da fonti antiche di età ellenistica.
Nelle fasi iniziali gli ordini sono molto sperimentali, mutano più velocemente e sono maggiormente
diversificati, con il passare del tempo si concretano in forme più omogenee e seguono un processo di
progressiva trasformazione. Gli ordini architettonici di età arcaica hanno una grande variabilità determinata
da una forte situazione di sperimentazione, vi è una stabilizzazione sulla fine dell’arcaismo, un
consolidamento tra proto-classicismo e secondo classicismo, infine una forte destrutturazione attraverso una
serie di infinite modificazioni nell’età ellenistica.
Un’altra eredità dell’opera vitruviana è l’identificazione di quattro ordini architettonici diversi: il dorico, il
tuscanico, lo ionico e il corinzio, ai quali i trattisti del Rinascimento aggiunsero un quinto ordine, il composito.
Ma nel mondo greco si svilupparono solo due ordini architettonici, nati da culture autonome in aree
geografiche tra loro diverse e con caratteri compositivi ben distinti: il dorico e lo ionico.
I dialetti sono l’esito delle progressive ondate che dall’Europa centrale scendono a partire dagli inizi del II
millennio a.C. verso il Mediterraneo. Queste ondate di popolazioni indoeuropee che parlavano una lingua
indoeuropea, accomunata da un ceppo comune greco, si succedono durante un intero millennio. Il
sovrapporsi delle diverse ondate ha portato ad una frantumazione delle forme linguistiche. E’ possibile
riconoscere un dialetto: dorico, ionico, nord-occidentale, beotico, tessalico, acheo. Le progressive ondate
fanno pressione sulle popolazioni già insediate determinando dei fenomeni migratori, la cosiddetta “Grande
Migrazione” che ha inizio con la caduta del sistema economico miceneo e si protrae fino al protogeometrico,
agli inizi dell’età del ferro. Le linee migratorie sono una:
che dalla zona beotica-tessalica si sposta verso l’Anatolia nord-occidentale e si insedia sull’isola di
Lesbo e sulla costa antistante dove si forma la dodecapoli eolica;
proveniente dalle aree della madrepatria dove è diffuso il dialetto ionico, quindi l’Attica, l’Eubea e
attraverso il ponte delle isole Cicladi centro-settentrionali raggiunge le coste centrali dell’Asia
Minore, quindi le isole di Samo e di Chios e i territori antistanti dove si costituisce la dodecapoli ionica;
che tocca le Cicladi meridionali e Creta per raggiungere la parte sud-occidentale della penisola
anatolica, in particolare le isole di Rodi, di Kos e la costa antistante situata in Caria, dove nasce
l’esapoli dorica.
Sul finire del II millennio non si costituisce alcun linguaggio architettonico consolidato, ma si verrà a costituire
tra l’VIII e il VII secolo con la nascita delle poleis. Quindi il linguaggio architettonico si viene a costituire nel
momento in cui un nucleo consistente di popolazioni greche parlanti il dialetto eolico, ionico e dorico si erano
già insediate in Asia Minore. Il linguaggio architettonico che si verrà a formare in queste aree è caratterizzato
dall’influenza di regni orientali, come la Frigia, la Libia, evoluti culturalmente.
Tutti i greci di Asia Minore sviluppano un linguaggio architettonico ionico, ma che a sua volta si declina in
forme dialettali specifiche nei diversi centri. Coloro che restano nella madrepatria elaborano un linguaggio
architettonico dorico che si incentra su alcuni modelli di riferimento come i resti micenei visibili nell’area
peloponnesiaca. Gli ordini architettonici coincidono con le aree geografiche e non con i diversi dialetti parlati.
Vitruvio nel suo manuale cerca di costruire un sistema di proporzioni avvalendosi di manuali ellenistici. Nel
terzo libro “De Architectura” parla dei “ritmi”, mettendo in relazione l’interasse e l’altezza della colonna. Per
quanto riguarda l’ordine ionico identifica come modulo il diametro di base ed afferma che esiste: il ritmo
1
pycnostylos che prevede un intercolunnio* di 1 e un’altezza di 10 diametri, il ritmo systulos che ha un
2
1 1
interasse** pari a 3 e l’altezza a 9 , nel ritmo dyastylos l’interasse è pari a 4 e l’altezza a 8 , nel ritmo
2 2 1
aracostylos l’interasse è maggiore di 4 e l’altezza è 8, infine il ritmo eustylos dove l’interasse è pari 3 e
4
1
l’altezza 9 .
2
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
*intercolunnio = vuoto tra le colonne
*interasse = distanza tra gli assi delle colonne 1
Nei primi quattro esempi, tratti dallo stesso manuale, la somma tra i due elementi è pari sempre a 12 .
2
Quanto più aumenta l’interasse, cioè quanto più le colonne diventano distanti, tanto più il diametro delle
colonne aumenta, diventano più tozze. L’ultimo esempio, invece, preso da un altro manuale, segue una logica
diversa.
Non è possibile parlare di un canone delle proporzioni della colonna ionica o dorica. Il dorico e lo ionico hanno
differenziazioni che riguardano anche i rapporti relativamente ai quali viene concepita la funzione del tempio
e il rapporto tra il luogo e la divinità.
Il mondo greco è costituito per la gran parte da città-Stato con identità che si manifestano attraverso il
linguaggio architettonico. Esistono quindi delle scuole regionali e un elemento fortemente indicativo per
riconoscerle sono le coperture in terracotta che vengono introdotte nel secondo quarto del VII secolo a.C.
Gli ordini architettonici sono la trasposizione formale del sistema costruttivo trilitico costituito da elementi
portanti, siano essi colonne, pilastri o ante, e l’elemento portato, la trabeazione. L’elemento verticale
portante può essere suddiviso in tre componenti: base, fusto e capitello. La base, assente nell’ordine dorico,
raccorda il piano di posa delle colonne, lo stilobate, con il fusto, che è a sua volta raccordato alla trabeazione
dal capitello, il quale fornisce un più ampio piano di appoggio. Il fusto quindi assolve la funzione primaria di
elemento verticale portante. Il fusto presenta una progressiva rastremazione verso l’alto, infatti l’ampiezza
alla base, all’imoscapo è sempre maggiore di quella alla sommità, cioè al sommoscapo. L’elemento
orizzontale portato, la trabeazione può essere scomposto in tre componenti principali: l’architrave, il fregio
e la cornice. L’architrave, che costituisce l’elemento di raccordo tra i sostegni verticali, svolge una funzione
statica raccogliendo tutti i carichi delle strutture superiori e trasmettendoli alle strutture verticali portanti. Al
di sopra è posto il fregio dove si concentra la componente decorativa e figurativa. Il fregio è sormontato dalla
cornice, a sua volta scomponibile in sottocornice e gocciolatoio, quest’ultimo ha un profilo sagomato a becco
ed ha funzione strutturale perché allontana l’acqua piovana dalle superfici decorate. A coronamento
dell’intera struttura è la sima, ovvero la tegola di bordo del tetto.