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PROTEINA CHIMERICA.
Questo è importante perché mi permette di rendere fluorescente una proteina, quindi si per
microscopia vogliamo individuare dove si localizza una proteina possiamo far produrre alla cellula
una proteina chimerica fluorescente e quindi in base a dove si osserva codesta fluorescenza
possiamo stabilire dove si trova la proteina. Questo è ciò che si chiama “ fluorescenza diretta“,
perché la proteina è chiusa alla proteina fluorescente e quindi è lei che diventa fluorescente in
modo diretto.
Inoltre…
Io posso far esprimere alla cellula anche 2,3 proteine diverse con 2, 3 proteine fluorescenti diverse
chiamano spettri diversi e quindi io all’interno della cellula contemporaneamente posso stabilire
dove sono situate queste proteine e soprattutto le posso distinguere perché la luce che serve ad
eccitare una determinata proteina sarà differente da quella che servirà ad eccitarne un’altra.
Per vedere come appaiono i vari compartimenti all’interno di una cellula si può utilizzare una sorta
di trucchetto, ovvero far utilizzare alla cellula una proteina chimerica fluorescente. Questo tipo di
espressione si chiama ESPRESSIONE ESOGENA.
INVECE…
L’ ESPRESSIONE ENDOGENA è quando la cellula produce da se stessa una proteina.
Poi ci sono una serie di proteine che spesso vengono utilizzate con funzione di
“marcatori degli organelli intracellulari”. Ma questo perché?
Perché come detto prima ogni proteina svolge la propria funzione solo in un determinato
organello, quindi una volta che viene prodotta deve essere smistata in maniera precisa, selettiva,
quindi vuol dire che quella determinata proteina si trova in quel determinato compartimento e
non in un altro.
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Ex. Spesso la CALNEXIN viene utilizzato come marcatore del reticolo endoplasmico, ovviamente
non soltanto essa perché nel reticolo ci sono tante altre proteine.
Il reticolo quindi si riconosce quando una
proteina fluorescente di quel
compartimento gli mostra quello che è il
“contorno del nucleo”. Perché come
vedremo successivamente li membrane del
reticolo sono in continuità con quelle
nucleari perciò si marca il contorno del
nucleo.
Poi c’è anche una regione del citoplasma
che è una sorta di rete dove all’interno si
trovano le proteine. Per quanto riguarda invece il GM130 è
uno dei 15 marcatori dell’apparato del Golgi. Ha una localizzazione vicino al nucleo, quindi una
localizzazione perinucleare spesso a forma di mezzaluna ma non sempre perché dipende dai vari
tipi cellulari infatti ad esempio a volte in alcune cellule è molto più compatto oppure in altri casi è
molto più a mezzaluna, in altri casi ancora è del tutto intorno al nucleo. E poi perché è positivo a
questo marcatore, perciò ci sono i marcatori perché spesso se uno potesse guardare con i propri
occhi gli organelli sarebbe difficile distinguere le membrane perché sono tutte molto vicine E
quindi per capire dove inizia e dove finisce un compartimento l’approccio migliore è utilizzare il
concetto di fluorescenza con delle proteine che risiedono in cui determinati compartimenti in
modo da avere una sorta di spazio buio e di poter accendere soltanto quella determinata proteina
e di fatto quel determinato compartimento.
Per quanto riguarda invece i mitocondri hanno come marcatore il TOM. Il Tom sarebbe il
traslocatore e della membrana esterna (poi lo vedremo più avanti meglio). I mitocondri appaiono
come delle strutture più allungate che non hanno una struttura sferica o come spesso viene
rappresentata sui libri come una forma di fagiolo. In realtà il mitocondrio attivo ha una forma
molto più allungata, quando non funzionano bene sono piccoli e frammentati e non
necessariamente solo quando non funzionano bene ma dipende dal grado di attività. Questo
perché anche i mitocondri che funzionano poco e quindi che non è che non funzionano bene
appaiono frammentati, un po’ più piccolini.
Infatti una delle caratteristiche morfologiche che ci permette di distinguere una cellula sana da
una non sana, tumorale, è una cosa del genere: le cellule tumorali fanno molta più glicolisi per fare
ATP piuttosto che utilizzare la catena di trasporto degli elettroni, dunque hanno meno bisogno di
mitocondri. Infatti nelle cellule tumorali i mitocondri tendono ad essere più frammentati mentre
normalmente una cellula sana tende ad avere mitocondri più allungati, di fatto è una cellula che fa
molta respirazione aerobica.
Per quanto riguarda invece i lisosomi abbiamo il marcatore di tipo: LAMP1, è una proteina
transmembrana e come abbiamo detto prima ciò che riusciamo a distinguere sono dei puntini
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luminosi. Anche lisosomi hanno una forma sferica e ed essendo una transmembrana dobbiamo
colorare soltanto il contorno della sfera perché è come se la sfera del nucleo sia vuota, non viene
colorata, non è illuminata (anche se in realtà non è vuota). E quindi la proteina illuminata ovvero
quella che dà luce sta solo sulla periferia, come se colorassimo soltanto la circonferenza di una
sfera che dentro resterebbe non colorata, buia, spenta. Dato che nell’immagine della slide viene
guardata soltanto una sezione dovremmo poter vedere tanti cerchietti ma realtà i cerchietti non li
vediamo e la maggior parte sono dei puntini proprio perché la distanza tra due proteine tra un
punto e l’altro della sfera è al di sotto del limite di risoluzione del microscopio, vedo tutta una
sfera luminosa. Se il microscopio fosse più risoluto vedrei, appunto, dei cerchietti con un punto
nero dentro. Con il microscopio utilizzato forse riusciamo a vedere qualche cerchietto ma soltanto
perché quella sfera è più grande rispetto alle altre e quindi il potere di risoluzione di questo
microscopio ci permette di vedere il cerchietto con il buco ma non la sfera piena come negli altri
casi (essendo troppo piccoli).
Nell’ultimo caso invece vediamo quella che è la struttura del citoscheletro della cellula, in
particolare solo il citoscheletro della tubulina, meglio dire micro-tubulina (E poi vedremo che ci
sono tre tipologie di strutture citoscheletriche nella cellula e questa è soltanto una di quelle). In
questo caso la proteina che viene utilizzata per marcare queste strutture e la ALFA-TUBULINA.
Infatti i micro tubuli sono costituiti in particolar modo da alfa e beta tubulina ma questo lo
vedremo successivamente. Quindi se io rendo fluorescente una di queste proteine e ciò mi
permette di osservare tale struttura.
Il trucchetto di far esprimere alle cellule una proteina fluorescente lo posso utilizzare anche per
comprendere meglio quella che è la dinamica della cellula.
Questa è un’immagine molto più risoluta sul reticolo
endoplasmico. Prima non si distinguevano le maglie nel
miglior modo possibile ma ora si riesce a vedere bene tutta
questa rete ed ognuno di questa sorta di filamenti è un
tubo, un cavo, un compartimento all’interno deve essere
ovviamente cavo.
● Un’altra cosa che si
può fare è seguire una proteina e vedere come si sposta all’interno della cellula.
Ad esempio una proteina che solitamente troviamo sulla membrana plasmatica, per
arrivare a tale membrana plasmatica deve passare per la via secretoria. La via secretoria
parte dal reticolo endoplasmico, quindi è lì che devono accedere queste proteine, le quali
proteine vengono smistate in delle vescicolette di trasporto, che viaggiano sui microtubuli,
arrivano al golgi e poi alla membrana plasmatica.
Quindi questo processo non ci dà soltanto delle informazioni su dove deve arrivare e
passare ma anche sulla cinetica, ovvero voglio capire quanto ci mette a svolgere questo
cammino e quanto ci metti invece in presenza di una mutazione, ovviamente più
lentamente.
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Uno dei problemi di questa tipologia di trucchetto (la fluorescenza) è che spesso quando si fa
esprimere qualcosa ad una cellula, in questo caso una proteina fluorescente, la stessa proteina
verrà espressa a dei livelli più alti sicuramente.
Questo ovviamente in alcuni casi può non comportare nulla ma in altri potrebbe essere un
problema perché alcune funzioni cellulari dipendono proprio da quella che è la quantità della
proteina espressa, quindi in alcuni casi io non posso far esprimere alla cellula la proteina a livelli
più alti perché altrimenti potrei modificare quella che è la fisiologia della proteina stessa o
addirittura in alcuni casi l’attività di quella proteina. Tendenzialmente in parole più semplici spesso
non posso “esagerare” perché potrei star alterando qualcosa. (Infatti per avere delle conferme
spesso non si fa soltanto un esperimento ma se ne fanno tanti a livelli differenti).
Inoltre un altro problema potrebbe sussistere proprio nella formazione di una proteina chimerica,
abbiamo visto che ogni catena polipeptidica ha una estremità N-terminale ed un’estremità C-
terminale quindi per costruire una proteina chimerica devo estendere una di queste due
estremità. A volte però questo non è possibile ovvero aggiungere un pezzo di una proteina ad
un’altra può cambiare la natura della proteina stessa, può influenzare il folding di una proteina.
Ancora… molte proteine per localizzarsi nel posto giusto della cellula devono esporre delle
“sequenze segnale“, molte di queste sequenze spesso sono terminali e questo significa che
possono funzionare soltanto se si trovano all’estremità C-terminale o a quella N-terminale. Quindi
aggiungere un pezzo in più significherebbe farle perdere questa localizzazione all’estremità della
proteina perché sta dentro e quindi potrebbe non funzionare più, potrebbe cambiare la
localizzazione della proteina. Per questo c’è bisogno sempre di più approcci quando si fanno
queste cose e non uno solo.
Un’altra cosa che si può fare proprio per evitare questo problema è quello di utilizzare un
approccio alternativo che prende il nome di IMMUNOFLUORESCENZA INDIRETTA. In questo caso
l’immunofluorescenza indiretta perché io stabilisco dov’è la proteina sulla base di dove si fanno
posizionare gli anticorpi, perciò si chiama immunofluorescenza perché utilizza anticorpi.
Questo dà un vantaggio ovvero quello di poter osservare la localizzazione di una proteina a livello
fisiologico perché in questo caso non sto esprimendo quella che è la proteina. Per questo motivo è
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