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Possibilità di sostituzione
● Beni necessari e beni di lusso
● Quota destinata a quel bene all’interno del bilancio di spesa
● Tempo
●
La spesa totale raggiunge il livello massimo al prezzo che corrisponde al punto in cui l’elasticità è
unitaria (punto medio della curva di domanda).
Quando il prezzo è basso, l’elasticità è bassa ( < 1): un aumento del prezzo provoca una
● piccola riduzione della quantità domandata → un aumento del prezzo provoca un aumento
della spesa (= ricavo) → per incrementare i ricavi, il venditore deve aumentare il prezzo.
Quando il prezzo è alto, l’elasticità è alta ( > 1): un aumento del prezzo provoca una grande
● riduzione della quantità domandata → un aumento del prezzo provoca una diminuzione della
spesa (= ricavo) → per incrementare i ricavi, il venditore deve diminuire il prezzo.
Solo quando l’elasticità è unitaria, il ricavo del venditore è massimizzato.
●
Quando l’elasticità al prezzo di un prodotto è maggiore di 1, le variazioni del prezzo e della spesa
totale si muovono sempre in direzioni opposta. Quando l’elasticità al prezzo di un prodotto è minore
di 1, le variazioni del prezzo e della spesa totale si muovono sempre nella stessa direzione.
L’elasticità della domanda di un bene rispetto al reddito è la variazione percentuale della
● quantità domandata di quel bene in risposta ad una (piccola) variazione percentuale del
reddito del consumatore, e si indica con: = ∆//∆/ = ∆/∆ × /Q. Dove ∆/∆ è la
variazione della domanda in risposta alla variazione del reddito. Può essere positiva (bene
normale) o negativa (bene inferiore). Anche l’elasticità della domanda rispetto al reddito può
essere positiva (bene normale) o negativa (bene inferiore).
L’elasticità incrociata della domanda del bene 1 rispetto al prezzo del bene 2 è la variazione
● percentuale della quantità domandata del bene 1 in risposta ad una (piccola) variazione
percentuale del prezzo del bene 2, e si indica con: = ∆1/1/∆2/2 = ∆1/∆2 ×
1,2 2/1.
Dove ∆1/∆2 è la variazione della domanda del bene 1 in risposta alla variazione del prezzo
del bene 2. Può essere positiva (beni sostituti) o negativa (beni complementari). Di
conseguenza, l’elasticità incrociata della domanda può essere positiva (beni sostituti) o
negativa (beni complementari).
L’elasticità dell’offerta di un bene rispetto al prezzo è la variazione percentuale della quantità
● offerta di quel bene in risposta ad una (piccola) variazione percentuale del prezzo del bene, e si
indica con: = ∆/7∆/ = ∆/∆ × Dove ∆/∆ è la pendenza della curva di offerta (=
/.
reciproco della pendenza della curva di offerta inversa). Poiché la curva di offerta ha
(generalmente) inclinazione positiva, l’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo ha segno
positivo. L’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo non è costante, ma varia al variare del
prezzo di partenza.
Quali sono le determinanti dell’elasticità dell’offerta?
La flessibilità/mobilità degli input
● La capacità di produrre input sostitutivi
● La capacità produttiva
● Il tempo
●
Dietro la domanda
Quando il prezzo di un bene aumenta, la domanda di quel bene generalmente diminuisce (legge della
domanda), quando il reddito varia, la curva di domanda si sposta e quando il prezzo di un altro bene
varia, la curva di domanda si sposta. Ora vogliamo mostrare formalmente da dove origina la curva di
domanda e perché la domanda varia al variare di prezzi e reddito. Supponiamo che un consumatore
abbia un reddito R, deve capire come allocarlo, quindi quali beni acquistare e in che quantità.
Supponiamo vi siano due beni X e Y, i rispettivi prezzi e le rispettive quantità. Il consumatore deve
scegliere la coppia (x;y), definita come paniere di consumo, che massimizzi la sua utilità. Il vincolo di
bilancio è l’insieme dei panieri di consumo che il consumatore può acquistare, cioè quelli il cui costo
non supera il reddito del consumatore: × + × ≤ Quelli che sono minori o uguali sono detti
.
panieri accessibili, quelli che sono maggiori non sono accessibili. L’equazione della retta di bilancio
può essere scritta come = − × + Dove -pX/pY è l’inclinazione e R/py è l’intercetta
/ /y.
verticale. L’inclinazione è pari al rapporto tra i prezzi dei due beni (con segno negativo). L’intercetta
verticale corrisponde al caso in cui il consumatore spende tutto il suo reddito per il bene Y. Invece
l’intercetta orizzontale è R/pX : corrisponde al caso in cui il consumatore spende tutto il suo reddito
per il bene X. Cosa accade se il reddito del consumatore Y aumenta?
= − × + . L’inclinazione della retta di bilancio non cambia e l’intercetta verticale aumenta
→ Il vincolo di bilancio si sposta parallelamente verso l’esterno (aumentano i panieri che posso
permettermi). Se invece il reddito del consumatore Y diminuisce, la retta di bilancio si sposta
parallelamente verso sinistra/verso l’interno e l'intercetta verticale diminuisce (diminuiscono i panieri
che posso permettermi).
Cosa accade se il prezzo del bene Y aumenta (diminuisce)? = − × + L’inclinazione della
.
retta di bilancio, in valore assoluto, diminuisce (aumenta). L’intercetta verticale diminuisce (aumenta)
e l’intercetta orizzontale non cambia. → Il vincolo di bilancio ruota verso l’interno (l’esterno) facendo
perno sul punto di intersezione con l’asse orizzontale, cioè quello relativo al bene il cui prezzo non è
cambiato.
Tra i panieri accessibili il consumatore sceglie il suo paniere preferito, cioè quello che gli dà la
massima soddisfazione, cioè quello che massimizza la sua utilità. Come facciamo ad individuare il
paniere preferito dal consumatore? Dobbiamo introdurre le preferenze del consumatore, esse
vengono rappresentate tramite la funzione di utilità, la quale a sua volta viene rappresentata tramite
le curve di indifferenza, ossia un insieme di panieri di consumo che danno al consumatore lo stesso
livello di utilità. Fondamentale è scegliere la curva di indifferenza più alta. La pendenza di una curva
di indifferenza si chiama tasso marginale di sostituzione (MRS) ed è il rapporto al quale il
consumatore sostituisce un bene con l’altro mantenendo inalterato il suo livello di utilità. La proprietà
che le curve di indifferenza hanno normalmente una forma convessa equivale a dire che,
normalmente, il MRS è, in valore assoluto, decrescente. Il fatto che il MRS sia decrescente riflette
l’ipotesi dell’utilità marginale decrescente. Il tasso marginale di sostituzione è uguale al rapporto tra
le utilità marginali dei due beni: = . Abbiamo detto che il consumatore deve scegliere
/
la curva di indifferenza più alta per massimizzare la sua utilità: la scelta del consumatore è data dal
punto di tangenza tra la retta di bilancio e una curva di indifferenza, le quali hanno la stessa
pendenza. Inoltre, sappiamo che le curve di indifferenza generalmente sono convesse, ma ci sono 2
casi particolari:
curve di indifferenza lineari: beni sostituti perfetti
● curve di indifferenza ad L: beni complementari perfetti
●
Un altro caso particolare lo si nota nella legge della domanda: essa non sempre vale, un esempio sono i
beni di Giffen, i quali nonostante l’aumento di prezzo, aumenta anche la quantità domandata del bene.
Dietro l’offerta
L’offerta lega la quantità e il prezzo, questo concetto ha senso solo nel contesto di concorrenza quindi
l’ambiente in cui l’impresa si trova ad operare nella realtà.il contesto può essere: concorrenziale, più o
meno concorrenziale o poco concorrenziale. Nel nostro caso analizziamo l’offerta nel contesto di
concorrenza perfetta. Abbiamo visto che, quando il prezzo di un bene aumenta, l’offerta di quel bene
generalmente aumenta. Ora vogliamo analizzare formalmente le determinanti della curva di offerta di
un’impresa (che opera in concorrenza). Vedremo che la curva di offerta è determinata dalla struttura
dei costi di produzione. Un’impresa produce un certo prodotto, per produrlo, utilizza due soli input (o
fattori di produzione):
lavoro
● capitale (macchinari)
●
L’impresa deve decidere quanto produrre (e vendere) e come. L’obiettivo dell’impresa è massimizzare il
profitto. Alcuni input sono facilmente reperibili (es. materie prime, energia, lavoro non specializzato).
Altri input, invece, necessitano di tempi lunghi per essere procurati o realizzati (es. capannoni,
macchinari sofisticati, etc.).
breve periodo: periodo in cui alcuni input NON possono essere modificati. Tali input vengono
● chiamati input fissi (mentre quelli che possono essere modificati sono chiamati input
variabili).
nel lungo periodo: non esistono input fissi.
●
Nel nostro modello con due input (lavoro e capitale), assumiamo che, nel breve periodo, il capitale sia
l’input fisso e il lavoro sia l’input variabile. Ad esempio nel breve periodo, poiché il capitale è fisso, per
aumentare la produzione l’impresa può solo aumentare l’impiego di lavoro. Infatti la legge dei
rendimenti decrescenti: al crescere dell’impiego di un input l’incremento di output che se ne trae è via
via minore = la produttività marginale di un input è decrescente. Adesso concentriamoci sulle varie
funzioni di costo: la funzione di costo totale (TC) associa ad ogni livello di output, il costo degli input
necessari a produrre quel livello di output. Il costo degli input fissi è chiamato costo fisso (FC). Il
costo fisso non varia al variare della quantità prodotta. Il costo degli input variabili è chiamato costo
variabile (VC). Il costo variabile varia al variare della quantità prodotta. Quindi il costo totale è la
somma del costo fisso e quello variabile: TC(q) = FC + VC(q). Sapendo che il costo fisso non varia al
variare della quantità prodotta, anche se l’impresa decide di non produrre nulla (cioè di chiudere
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