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MICOBATTERI NON TUBERCOLARI (MOTT)
I micobatteri non tubercolari (MOTT o micobatteri atipici) sono microrganismi ambientali
che si trovano nel terreno e nelle acque. Le infezioni da micobatteri non tubercolari
avvengono principalmente attraverso l'esposizione ad ambienti contaminati, specialmente
51
mediante aerosol d'acqua, ma non esiste contagio interumano: queste micobatteriosi non
si trasmettono da persona a persona.
I micobatteri non tubercolari si dividono in base alla loro velocità di crescita:
A rapida crescita (5-7 giorni):
● includono specie come M.
fortuitum e M. chelonae, che
possono causare infezioni in
soggetti immunocompromessi.
A lenta crescita (14-21 giorni):
● comprendono patogeni
opportunisti come M. avium e
patogeni franchi come M.
marinum e M. ulcerans. Questi
ultimi causano patologie cutanee; M. ulcerans è noto per causare l'ulcera di Buruli,
una grave malattia endemica nei paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa. M.
marinum, invece, provoca infezioni granulomatose della pelle, principalmente a
livello delle mani e degli avambracci, e colpisce spesso persone che lavorano con
acquari o pesci.
Esiste anche un'altra classificazione, la classificazione di Runyon, che divide i micobatteri
non tubercolari anche in base alla loro capacità di produrre pigmenti:
Fotocromogeni: producono un
● pigmento giallo limone
quando esposti alla luce e
crescono lentamente (14-21
giorni).
Scotocromogeni: crescono
● anch'essi lentamente (10-14
giorni) e presentano colonie
che diventano giallo-arancio in
presenza di luce.
Non fotocromogeni: non
● producono pigmenti e
includono specie come M.
avium, che può causare infezioni opportunistiche nei soggetti immunodepressi.
Tra i micobatteri non tubercolari, il principale patogeno opportunista per l’uomo è il
complesso Mycobacterium avium-intracellulare (MAI complex), che include la specie
intracellulare M. avium che può causare diverse infezioni:
Infezioni polmonari negli anziani, soprattutto in quelli con patologie polmonari
● preesistenti.
Linfoadenopatie nei bambini, con infezioni ai linfonodi.
● 52
Infezioni disseminate nei soggetti immunocompromessi, come i pazienti oncologici, i
● trapiantati e, in passato, i pazienti HIV positivi. Negli anni ’90, l’infezione da M. avium
era una delle principali cause di morte tra i pazienti con HIV, ma con l'introduzione
delle terapie antiretrovirali, questo rischio è stato notevolmente ridotto, poiché la
soppressione immunitaria non è più ai livelli di un tempo.
Mycobacterium avium è uno dei micobatteri non tubercolari più frequentemente isolati
dall’uomo e causa una varietà di quadri clinici, rendendolo un patogeno opportunista di
rilievo. La tabella a cui ci si riferisce suddivide i micobatteri non tubercolari in base alla
patologia che provocano, evidenziando la versatilità di M. avium nelle infezioni umane.
È importante notare che M. ulcerans è l'unico micobatterio noto per la produzione di una
tossina, il mycolactone, che è associato a patologie cutanee come l’ulcera di Buruli.
MYCOBACTERIUM TUBERCULOSIS
TUBERCOLOSI
• agente eziologico della
TUBERCOLOSI: UNA MALATTIA ANCORA ATTUALE
Dichiarata emergenza mondiale dall'OMS nel 1993, la tubercolosi rimane una
preoccupazione globale. Negli anni '90, l'epidemia di HIV ha reso la tubercolosi
particolarmente pericolosa per gli individui immunocompromessi. Per le persone affette da
HIV/AIDS, la tubercolosi è una delle infezioni opportunistiche più frequenti e difficili da
controllare. Nel 2022, si stima che 10,6 milioni di persone abbiano contratto la tubercolosi,
con circa 1,3 milioni di decessi, di cui 167.000 tra individui sieropositivi. Le aree più colpite
includono le regioni dell'OMS del Sud-Est asiatico, dell'Africa e del Pacifico occidentale, con
picchi in India, Indonesia e Cina.
In Italia, la tubercolosi è considerata a bassa endemia, ma i tassi di incidenza rimangono
stabili, con circa 4 casi ogni 100.000 abitanti. Tuttavia, la diffusione di ceppi resistenti ai
farmaci, particolarmente in Africa, Sud-Est asiatico ed Europa dell'Est, rappresenta una
sfida significativa per il controllo della malattia.
COINFEZIONE TUBERCOLOSI/HIV
La tubercolosi è l'infezione opportunistica più frequente nei pazienti affetti da AIDS, poiché il
virus HIV attacca i linfociti T CD4+, riducendo la loro capacità di contrastare le infezioni, tra
cui quella tubercolare. Circa un terzo dei decessi correlati all'AIDS è causato dalla
tubercolosi. La presenza simultanea di queste due patologie accelera il decorso
dell'infezione da HIV, aggravando ulteriormente le condizioni del paziente. Questo legame
sottolinea l'importanza di un'attenta gestione e prevenzione della tubercolosi nei pazienti
sieropositivi.
SUSCETTIBILITÀ ALL’INFEZIONE TUBERCOLARE 53
In generale, l'uomo è naturalmente resistente all'infezione tubercolare e, nella maggior
parte dei casi, riesce a controllare l'infezione mantenendola in uno stato di latenza.
Tuttavia, vari fattori possono aumentare la suscettibilità individuale:
Fattori genetici e etnici: Alcuni individui o gruppi etnici sono più predisposti a
● sviluppare la malattia.
Fattori fisiologici: Malnutrizione, sovraffollamento, stress e invecchiamento possono
● ridurre la capacità dell'organismo di contrastare l'infezione.
Uso di farmaci immunosoppressori: Ad esempio, i cortisonici possono indebolire il
● sistema immunitario, rendendo più probabile l'infezione.
Altre malattie concomitanti: Patologie come silicosi, AIDS e tumori aumentano il
● rischio di sviluppare la malattia attiva.
IL CASO DI LUBECCA: UN INCIDENTE CLINICO
Nel 1930, a Lubecca (Germania), si verificò un tragico incidente in cui a 251 neonati fu
somministrato per errore il ceppo virulento di Mycobacterium tuberculosis invece del
ceppo vaccinale attenuato BCG. Di questi bambini, circa un terzo sviluppò la malattia con
esito letale, mentre quasi la metà presentò manifestazioni cliniche ma guarì
spontaneamente senza antibiotici. Circa un quinto dei bambini non mostrò alcun sintomo.
Questo evento evidenziò come la resistenza all'infezione possa variare a seconda di fattori
genetici, etnici e fisiologici. Ad esempio, nei soggetti malnutriti o anziani, la tubercolosi
tende a riattivarsi più facilmente a causa dell'immunodepressione legata a queste
condizioni.
MECCANISMI PATOGENETICI
Molti meccanismi patogenetici del bacillo tubercolare rimangono poco conosciuti, il che
limita lo sviluppo di vaccini più efficaci rispetto al BCG attualmente disponibile.
M. tuberculosis non possiede i classici fattori di virulenza, come le tossine, che
caratterizzano altri batteri patogeni. La sua virulenza è quindi multifattoriale e si basa su
meccanismi specifici che permettono al micobatterio di resistere alle difese dell'ospite, in
particolare ai macrofagi.
Uno dei principali meccanismi patogenetici di M. tuberculosis è la sua capacità di resistere
all’azione battericida dei macrofagi. Una volta fagocitato, il bacillo è in grado di bloccare la
fusione tra il fagosoma, che lo contiene, e il lisosoma, che dovrebbe degradarlo. Questo
meccanismo è essenziale per la sua sopravvivenza e replicazione all'interno del
macrofago. Inibendo la fusione lisosoma-fagosoma, il micobatterio riesce a rimanere
vitale e a replicarsi all'interno del macrofago, danneggiandolo e, infine, uscendo per
infettare altre cellule.
Un importante fattore di virulenza di M. tuberculosis è il trealosio dimicolato, noto anche
come fattore cordale. Questo composto, presente nella parete cellulare, inibisce la fusione
fagosoma-lisosoma, permettendo al bacillo di "sfuggire" dall’ambiente ostile del fagosoma
e continuare la propria replicazione nel citoplasma del macrofago. E' responsabile
54
dell’effetto “cordale” che conferisce ai bacilli una particolare struttura filamentosa quando
vengono osservati al microscopio.
Due proteine prodotte dal bacillo, ESAT-6 (Early Secreted Antigenic Target-6) e CFP-10
(Culture Filtrate Protein-10), sono coinvolte nella virulenza di M. tuberculosis. Queste
proteine sono piccole e vengono secrete all’esterno del batterio, facilitando la sua
fuoriuscita dal fagosoma e contribuendo alla sua capacità di replicarsi nel citoplasma.
ESAT-6 e CFP-10 sono fondamentali per la sopravvivenza del micobatterio all’interno dei
macrofagi e giocano un ruolo chiave nella sua diffusione all'interno dell'organismo ospite.
TRASMISSIONE
Mycobacterium tuberculosis è in grado di replicarsi in quasi tutti i tessuti umani, ad
eccezione del tessuto muscolare, della tiroide e del pancreas; per questo motivo, la
tubercolosi può avere molteplici localizzazioni, portando ad una varietà di campioni clinici
da analizzare. Tuttavia, la localizzazione prevalente è quella polmonare, poiché la via di
trasmissione più frequente è quella aerogena, attraverso il contatto stretto tra un individuo
infetto bacillifero e uno sano. L’infezione si verifica per inalazione di bacilli aerosolizzati,
emessi nell’ambiente da una persona malata attraverso colpi di tosse, starnuti e fonazione.
Si stima che ogni colpo di tosse possa rilasciare circa 3000 droplet contenenti bacilli. Le
particelle più piccole, con diametro tra 5 e 10 m, sono particolarmente insidiose poiché
μ
possono rimanere in sospensione nell’aria per diverse ore, aumentando il rischio di
inalazione da parte di individui sani presenti nelle vicinanze.
INFEZIONE
30% delle persone esposte
● intensamente (stretto contatto con
infetti bacilliferi) contrarrà l'infezione.
Tra i soggetti infetti:
90-95% manterrà l'infezione in uno
● stato latente, controllata dal sistema
immunitario.
5-10% svilupperà la malattia attiva:
● 5% svilupperà la malattia attiva
○ entro i primi due anni
dall’infezione.
5% svilupperà la malattia attiva
○ più avanti nel tempo.
La tubercolosi si trasmette principalmente per via aerogena attraverso il contatto stretto
con individui infetti e bacilliferi, dove circa il 30% delle persone esposte intensamente,
come coloro che convivono con un paziente infetto, contrarrà l'infezione. Questo processo
dipende sia dalla carica batterica e dalla virulenza del ceppo, sia dalla resistenza naturale
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dell'ospite, poiché generalmente l'uomo è abbastanza resis