METODI D’INFEZIONE
I virus penetrano negli organismi animali
attraverso la cute e le mucose. La cute
generalmente costituisce una barriera molto
efficace contro i virus poiché lo strato corneo
dell’epidermide, formato da cellule morte e
cheratinizzate, non ne permette l’ingresso.
L’entrata diretta attraverso la cute avviene infatti
solo quando sono presenti delle lesioni, oppure per mezzo di un vettore, ad esempio
attraverso la puntura di un insetto o il morso di un animale.
Le mucose invece (del canale alimentare, del tratto respiratorio, del tratto urogenitale,
dell’occhio) rappresentano una facile via di entrata dei virus, anche se la presenza di muco e
di immunoglobuline secretorie di classe A oppone una forma di resistenza.
Le caratteristiche di labilità o
resistenza dei virus
nell’ambiente determinano la
modalità di trasmissione, che
può essere orizzontale (diretta
ospite-ospite o attraverso un
vettore),
verticale (tra generazioni: in
utero, attraverso l’allattamento,
attraverso la linea germinale), o
attraverso fomiti (attrezzi,
materiali di uso comune).
Dopo l’ingresso nell’ospite, i
virus possono replicarsi e
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determinare una patologia nel sito d’ingresso (ad esempio il virus del raffreddore) oppure
diffondersi nell’organismo e determinare danni in sistemi d’organo o tessuti a seconda dello
specifico tropismo cellulare (ad esempio il poliovirus). Il fatto che un virus si replichi e possa
danneggiare un determinato tessuto od organo dipende quindi dal suo tropismo cellulare,
legato alla presenza di proteine recettoriali specifiche sulle cellule bersaglio in grado di
interagire con le proteine virali superficiali.
L’esito di un’infezione virale può però essere differente e, in base agli effetti indotti sulle
cellule e alla persistenza del virus, l’infezione di cellule suscettibili, ovvero in cui un virus
animale può penetrare, può dare luogo a infezioni litiche e a infezioni persistenti di tipo
cronico, latente o trasformante.
.Infezioni acute >> sono caratterizzate da una comparsa abbastanza rapida e da una
durata ridotta; le cellule infettate generalmente vanno incontro a morte (effetto citopatico) e
vengono liberati numerosi virioni.
Le infezioni acute sono tipiche dei Picornavirus, Herpesvirus e Adenovirus.
Effetti citopatici:
1) inibizione della sintesi di DNA, RNA e proteine
2) danneggiamento dei lisosomi con liberazione di enzimi idrolitici
3) alterazione della membrana plasmatica per inserimento delle proteine virali (attacco
del sistema immunitario)
4) alta concentrazione delle proteine virali
5) rotture cromosomiche
.Infezioni croniche >> la replicazione virale è a bassi livelli
o, in alcuni casi, incompleta; questo fa sì che il virus
rimanga nell’ospite per lungo tempo prima di causare danni
evidenti e quindi i sintomi di una malattia. . I virus possono
replicarsi più lentamente senza causare una sintomatologia
clinica. La morte cellulare può essere assente o ridotta.
Sono presenti anticorpi diretti contro il virus infettante.
Molto spesso questi anticorpi non riescono a debellare la
malattia, poiché questa è cronica, quindi permane.
Tipiche infezioni croniche sono quelle causate dal virus
dell’epatite B (HBV, Hepadnaviridae) e dell’epatite C (HCV,
Flaviviridae), che infettano le cellule del fegato e che
inducono danno all’organo diversi anni dopo l’infezione.
Possono durare anche molti anni.
.Infezioni latenti >> il virus, o meglio, il suo
genoma, è presente nella cellula ospite ma non
è attivo o lo è solo in minima parte: in ogni caso
non avviene la replicazione virale produttiva.
La latenza s’instaura in seguito all’infezione di
cellule non completamente permissive per la
replicazione virale; può durare un certo
periodo dopo il quale può verificarsi una
ripresentazione dell’infezione con una
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manifestazione simile o spesso diversa da quella iniziale.
Un esempio tipico è dato dagli herpesvirus. Gli herpesvirus causano diverse patologie virali
acute quali l’herpes orale e genitale, la mononucleosi infettiva, la varicella e l’herpes zoster.
Nel caso del virus herpes simplex (HSV), avviene dapprima un’infezione acuta citolitica
in cellule epiteliali permissive a livello delle mucose labiali o genitali. Da qui il virus viene
trasportato in senso retrogrado negli assoni dei nervi sensori che innervano i tessuti
superficiali fino ai neuroni dei gangli, dove può instaurare un’infezione latente.
Il virus della varicella zoster (Herpes zoster) provoca la varicella come prima
manifestazione; non viene eliminato dal sistema immunitario ma diventa quiescente nei
gangli dei nervi spinali. La manifestazione ricorrente è il “fuoco di Sant’Antonio” a causa
della riattivazione del virus a livello dei nervi intercostali.
.Virus Oncogeni >> Il ruolo attivo dei virus
nell’insorgenza del cancro è stato dimostrato da studi
epidemiologici che hanno stabilito che circa il 15% dei
tumori umani sono correlabili a un’infezione virale.
La trasformazione neoplastica che porta
all’insorgenza di tumori è comunque sempre un
evento multifattoriale: non è cioè sufficiente la sola
infezione virale a produrre neoplasia, bensì serve un
insieme di fattori predisponenti. L’infezione virale è
soltanto la prima tappa; solo successivamente la
cellula immortalizzata, più predisposta di una cellula
normale a mutazioni e riarrangiamenti, segue la via
della trasformazione.
L’infezione trasformante di una cellula può avvenire in seguito
all’infezione con virus oncogeni sia a DNA
sia a RNA. I virus immortalizzano e
concorrono alla trasformazione delle cellule
con meccanismi molecolari differenti:
- alcuni alterano la crescita inattivando
le funzioni di proteine cellulari
fondamentali nel controllo della
proliferazione e dell’apoptosi cellulari
- altri stimolano la crescita cellulare
esprimendo proteine virali che
mimano, in modo patologico, le
funzioni di fattori di crescita e dei loro
recettori, di trasduttori del segnale e
di fattori trascrizionali.
Nella maggior parte dei casi l’infezione
trasformante non è produttiva e il genoma
virale o parti di esso rimangono nella cellula
immortalizzata.
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Tra i virus oncogeni degli animali, i più studiati e noti ormai da diversi decenni sono i
retrovirus, tra cui il più famoso è senz’altro il virus del sarcoma di Rous, che causa
osteosarcoma nei polli e il cui studio ha portato alla scoperta, negli anni ’70-’80, degli
oncogeni; a questo seguono il virus linfotropo T-cellulare umano di tipo 1 (HTLV-1) e il
virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV).
A differenza dei retrovirus animali, i virus oncogeni a DNA non hanno delle sequenze
omologhe a protooncogeni cellulari ad esempio, i papillomavirus (HPV), il virus SV40 e gli
adenovirus.
Tra gli herpesvirus, l’herpes virus umano di tipo 8 (HHV-8) induce la produzione di
citochine che stimolano la proliferazione cellulare e può concorrere a determinare il sarcoma
di Kaposi in pazienti immunocompromessi, come negli individui infettati da HIV.
Il virus di Epstein Barr (EBV) causa in genere una malattia acuta: la mononucleosi
infettiva.
EVASIONE DEL SISTEMA IMMUNITARIO
L’infezione virale non passa inosservata ai sistemi di difesa dell’ospite che sviluppa, nei
confronti del virus, una risposta da parte del sistema immunitario. La risposta immunitaria è
fondamentalmente costituita dall’integrazione di due componenti: la risposta innata e quella
adattativa. La prima è non specifica ma rapida e si sviluppa attraverso il riconoscimento di
molecole estranee all’organismo (non-self) e caratteristiche dei patogeni microbici, mentre la
seconda, suddivisa a sua volta in risposta umorale e cellulo-mediata, produce una risposta
molto specifica e finalizzata, anche se più lenta, che determina l’instaurarsi di uno
stato di memoria immunitaria nei confronti di specifici antigeni.
I virus attivano entrambi i tipi di risposta, innata e adattativa, cellulare e umorale.
Il confronto continuo tra virus e sistema immunitario degli ospiti ha portato all’evoluzione da
parte di questi virus animali di un’ampia gamma di contromisure costituite da meccanismi
molecolari che limitano e/o permettono di eludere la risposta immunitaria, consentendo di
continuare la replicazione e la diffusione nelle popolazioni di ospiti.
Con il termine di evasione immunitaria attiva si intende una serie di meccanismi codificati
dai virus per interferire con le attività di componenti del sistema immunitario dell’organismo
ospite e per inibire l’apoptosi cellulare. Un meccanismo tipico di questo genere di
immunoevasione interferisce con la presentazione di peptidi virali nel contesto di molecole
MHC-I, riducendo il riconoscimento delle cellule infette da parte dei linfociti T citotossici; a
questo fine il citomegalovirus (CMV, un herpesvirus) è uno dei virus più specializzati
nei meccanismi di evasione, in quanto è in grado di bloccare la maturazione e l’esporto sulla
superficie delle cellule infette di molecole MHC-I che si sono caricate, a livello del reticolo
endoplasmatico, di peptidi virali.
Per evasione immunitaria passiva si intende invece l’insieme delle strategie virali per
cambiare continuamente assetto antigenico, così da presentarsi sempre in modo diverso al
sistema immunitario. Fanno parte di questo gruppo anche altri sistemi con cui i virus
riescono a “nascondersi”, ad esempio rimanendo latenti all’interno delle cellule infette senza
che queste siano riconosciute dal sistema immunitario dell’ospite.
- Deriva antigenica
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- Riassortimento antigenico
- Latenza
MECCANISMO DI INFEZIONE/ REPLICAZIONE DEI VIRUS ANIMALI
E’ il RE che produce le proteine che sono veicolate in membrana. I processi non sono per
tutti uguali, perché a volte non si deriva dalla membrana plasmatica, bensì dalla nucleare
(es. herpesvirus).
HERPESVIRUS
Ne esistono di due tipi:
- Herpes Simplex: a sua volta è diviso in:
1. HSV I (bambini e rimane quiescente per anni) → labbra.
2. HSV II (quello genitale) → è altamente contagioso, viene trasmesso mediante
il rapporto, oppure mediante lo scambio di fluidi corporei.
- Herpes Zoster
Anche infezioni genitali possono essere passate con il tipo I.
Replicazione
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