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TECNICA PAGE
Questo tipo di elettroforesi è svolto su un supporto chiamato gel di poliacrillamide. Si tratta di superfici
piane, delle specie di foglietti che creano un gel. Questo gel è poi spalmato su supporti lineari. Le proteine
sono fatte passare attraverso questi supporti e migrano nel gel. È un supporto solido flessibile. Le proteine
vengono caricate in appositi pozzetti. Si può eseguire una separazione di questo tipo se voglio separarle in
base alla loro dimensione. si fa in modo di lavorare a un pH ottimale, che tenga conto del punto isoelettrico
delle proteine. Ci saranno proteine con una carica minore e altre con una carica maggiore, quindi quelle con
una carica più negativa tenderanno a migrare più velocemente. Quelle più grosse incontreranno inoltre
maggiore resistenza. Questo tipo di tecnica è chiamata ELETTROFORESI SU GEL NATIVO, perché non è
necessario denaturare il campione prima della corsa.
Una tecnica di questo tipo può essere fondamentale se nell’ADC si creano aggregati. Se abbiamo nel
campione degli aggregati nel campione, essi hanno un ingombro maggiore. Di conseguenza risentiranno di
più delle forze frizionali e avranno molta più difficoltà ad attraversare il gel.
Quello a destra è un risultato di una tecnica PAGE fatta su degli anticorpi
monoclonali su questo gel di poliacrillamide. In questo gel le proteine
rimangono intrappolate e colorate. Dove ci sono le
macchie, vuol dire che ci sono le proteine. La
macchia più scura sarà il monomero dell’anticorpo,
quella più in alto sarà quella che ha avuto più
difficoltà a migrare quindi sarà un aggregato. Infine
è presente in mezzo una variante basica, cioè una variante dell’anticorpo
che ha un punto isoelettrico differente da quello atteso. Quindi migra con
una velocità inferiore rispetto all’anticorpo tradizionale. Questa tecnica è
manuale, non strumentale.
ELETTROFORESI CAPILLARE ZONALE
L’equivalente strumentale della tecnica page è l’elettroforesi capillare zonale: il mezzo attraverso cui le
proteine corrono è una soluzione libera. L’attrito è dato solo dalla viscosità del solvente, contenuto
all’interno di un tubo di diametro molto piccolo. Proprio a causa del suo piccolo diametro, viene chiamato
capillare. Le proteine si muoveranno da un capo all’altro del capillare in funzione della loro carica e della
loro dimensione.
In questa tecnica esiste un terzo fattore chiamato effetto elettroendosmotico:
Quando ho un capillare in cui c’è una soluzione con elettroliti, spesso il solvente principale è acqua ricca di
ioni. Se stiamo lavorando su un capillare di dimensioni ridotte in silice si instaura questo fenomeno: è un
flusso netto direzionato a uno dei due elettrodi. Questo succede perché le pareti interne di silice hanno dei
gruppi carichi negativamente, i silanoli. In pratica, è come se il capillare fosse rivestito da cariche negative. I
silanoli infatti sono dei gruppi acidi, quindi dissociano.
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La figura sopra è una rappresentazione in sezione del capillare in silice. Siamo in una soluzione acquosa
elettrolitica, quindi ci saranno ioni di carica positiva che saranno attratti dalla carica negativa delle pareti.
Come risultato, la superficie del capillare sarà rivestita da cariche positive. Ci sarà quindi una maggiore
concentrazione di cationi adesi alla parete del capillare. Chiaramente, applicando un potenziale ai due lati
de capillare gli ioni positivi tenderanno ad andare verso il catodo e quelli negativi verso l’anodo.
I silanoli tendono a trattenere i cationi, che a loro volta tendono a migrare verso il catodo. Quindi questi
cationi che sono adesi alla parete sono rallentati. Gli anioni al centro sono rallentati perché trovano cariche
opposte che vanno in direzione opposta. (i cationi invece non sono rallentati perché vanno nella stessa
direzione). Su tubi molto grossi questo effetto non è così rilevante. È rilevante se abbiamo capillari con
diametro di pochi micron.
In base a questo fenomeno, possiamo dire che il tempo che la molecola impiega ad andare da una parte
all’altra del capillare dipende dalla lunghezza del capillare e della mobilità delle molecole.
2
=
( )
+
Dove µ è la mobilità. Nel caso del flusso elettroendosmotico, la mobilità deve tener conto sia della mobilità
intrinseca della molecola ma anche dal flusso elettroendosmotico.
=
6 × ×
Alla fine del capillare c’è un rilevatore, che analizza gli analiti che arrivano in maniera automatica.
Se lo stato della carica è zero, riesco comunque ad avere una mobilità dato dal frutto endosmotico. Quindi
con questa tecnica riesco a lavorare anche con una proteina non carica.
DOMANDA:
per cosa possono essere utilizzate separazioni basate sulla mobilità globale?
RISPOSTA:
In caso di analisi di ADC, possiamo utilizzarlo per vedere se l’anticorpo è coniugato al farmaco o no (solo se
la coniugazione varia la mobilità della proteina). Inoltre, si può capire se ci sono eventuali aggregati
→
proteici. Infatti l’aggregazione comporta un raddoppio delle dimensioni. raggio idrodinamico cambia così
come la modalità.
ESEMPI DI ELETTROFORESI Esempio di elettroforesi su gel di poliacrilammide nativa. Lo
svantaggio della tecnica page è che essa è eseguita manualmente,
quindi è più difficile interpretare i risultati.
Esempio di tecnica strumentale, in cui siamo collegati a un
detector che legge l’assorbanza in funzione del tempo. Ci sono tre
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diversi picchi che corrispondono a tre isoforme diverse del prodotto: una acida, una basica e una originale.
Il prodotto conservato a 40 gradi è diverso rispetto a quello conservato a 2-8 gradi.
La mobilità complessiva deve essere monitorata quando si fanno degli ADC, perché se esso mantiene la
stessa mobilità complessiva dell’anticorpo da cui è stato preparato è un buon segnale.
Se invece preparo un ADC con mobilità complessiva diversa, vuol dire che potrebbero esserci dei problemi
di solubilità, non desiderabili.
È anche possibile isolare la componente frizionale, e quindi separare le molecole non sulla base del loro PI
ma sulla base del loro ingombro (peso molecolare).
- SDS PAGE: tecnica planare, sodium dodecile solphate poliacrillamide gel electrophoresis. Si opera in
un tampone con un certo pH, che serve per conferire alle molecole la carica opposta rispetto a
quella del polo verso cui devono migrare. Si cerca di cancellare l’effetto della mobilità dovuto alla
carica elle proteine. Il peso molecolare di queste proteine è
definito apparente, questo perché c’è una correlazione tra PM e
raggio idrodinamico, ma non è sempre lineare e valido per tutte
le molecole. Il SDS è il reattivo base di questa tecnica. Esso è un
acido forte con una catena alchilica molto lunga. Si tratta di un
detergente, una molecola cioè che ha una porzione idrofilica e
una idrofobica. La catena alchilica è insolubile in acqua, mentre la
testa è polare e solubile in H2O. il SDS a contatto con le proteine è in grado di rompere le
interazioni idrofobiche deboli delle proteine. Il SDS “riveste” la proteina, in modo che all’interno ci
siano le code idrofobiche e all’esterno le teste polari.
Si produce quindi un costrutto che è ora solubile in acqua. La proteina è ora linearizzata.
DOMANDA:
nella conformazione di una proteina, sono solo i legami deboli gli unici responsabili del mantenimento della
proteina?
RISPOSTA:
Dipende dalla proteina. Infatti, molte proteine possono avere altri legami che stabilizzano la sua struttura:
ad esempio, i ponti disolfuro che sono legami covalenti.
L’SDS non è in grado di rompere i ponti disolfuro, perché può rompere solo i legami deboli. Per questo
motivo, quando si aggiunge l’SDS è possibile aggiungere un agente chimico che rompe i ponti disolfuro.
La riduzione dei ponti disolfuro avviene tramite:
1) Beta mercaptoetanolo 54
2) DTT
3) TCEP
Si tratta di agenti riducenti in grado di rompere i ponti disolfuro.
Avendo ottenuto una specie di micella in cui le cariche esterne sono negative, tutte le proteine avranno una
carica così negativa che correranno tutte dal punto di vista della carica con la stessa velocità da un polo
all’altro. Ciò che cambierà invece sarà la grandezza della micella: quelle più piccole migreranno più
velocemente.
DOMANDA:
Data la mobilità su gel come faccio a ricavare il peso molecolare apparente?
RISPOSTA:
Tramite i marker, cioè dei campioni a peso molecolare noto.
È importante ricordare che quando si fa questa corsa, il gel è trasparente così
come le molecole che migrano. Quindi a un certo punto è importante staccare la
corrente per fare la colorazione e capire dove si trovano le molecole.
Come faccio a sapere quando la corsa è finita?
Solitamente si mette una sostanza colorata a basso PM. Quando la banda colorata
ha raggiunto l’estremità del gel stacco la corrente.
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Per questa tecnica, esistono delle possibilità diverse: posso scegliere un gel con maglie più o meno fitte. I
marker corrono in modo diverso su gel con densità diversa: maggiore è la densità, più le maglie sono
strette. Quindi in base al PM dell’analita scelgo maglie più o meno strette. Si può anche creare un gradiente
di gel se gli analiti hanno una netta differenza di PM.
Teoricamente con una SDS PAGE è anche possibile fare un’analisi quantitativa: non si tratta però di
un’analisi quantitativa molto precisa. Esistono degli scanner che riescono a capire qual è la densità delle
bande. Questa densità è proporzionale alla quantità di proteine nella banda.
Lo scanner può richiedere la colorazione del gel oppure può essere a fluorescenza.
DOMANDA:
come ricavo la quantità di proteina avendo la misura della densità?
RISPOSTA:
Tramite retta di calibrazione.
LAVORO DI GRUPPO: Rispondi al seguente quesito:
gli anticorpi monoclonali pesano circa 150 KDa e sono formati da due catene pesanti da 50KDa ciascuna e
da due catene leggere da 25KDa. Le catene sono unite tra loro da ponti disolfuro. Che risultato avremo
analizzandoli in SDS-PAGE?
RISPOSTA:
Se non si usa il riducente per ponti disolfuro, nell’elettroforesi uscirà una singola macchia da 150kDa perché