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I. FREQUENTATIVI
Chiamati anche iterativi e intensivi. Morfologicamente sono i verbi in -ā derivati dal tema del dictāre, pulsus pulsāre, quassus quassāre participio perfetto o del supino: da dictus da da etc. Daiĭto (come rogo/rogĭto, ago, agĭto, nosco/noscĭto ecc.) questo suffisso verbi in si è esteso ai temi del ā presente, soprattutto nella I coniugazione, onde evitare la successione di due e fu utilizzato anche per creare una serie di frequentativi di secondo grado. In qualche caso il grado intermedio manca o è attestato solo nei composti.
Semanticamente i frequentativi in quanto derivati dal participio perfetto che indica stato, sono “sto a guardare”, “mi tengo sempre in un luogo, abito”. Originariamente durativi: specto habito
Affiché questo valore sia evidente, occorre che sussista l’opposizione con il verbo primitivo. Se il verbo primitivo indica anch’esso stato, il frequentativo ne mette in risalto la continuità o la consuetudine.
Se il primitivo è scomparso, l'opposizione è tra il derivato frequentativo e i composti. Se invece l'opposizione manca, il valore durativo tende a sbiadire, come in momentanei. hortor inseguito alla scomparsa del primitivo horior. Il fondamentale valore di durata si screzia in varie accezioni: l'iterazione e quindi l'intensità (iacto, negito, pulso), (presso, quasso, rapto), il conato (in quanto l'azione non giunge a compimento: "cerco di prendere"), l'intermittenza, prenso, capto, e quindi la consuetudine (cenito, cubito, uisito, in prevalenza con il suffisso -ito), e, più di rado, in quanto azione diluita nel tempo, l'attenuazione "sonnecchio", "sono impacciato" (dormīto, haesito). Infine, il derivato può essersi specializzato in un'accezione particolare. Per la loro regolarità ed espressività, questi verbi sono preferiti dalla lingua d'uso. Anzi, qualchevolta hanno soppiantato ilMa anche la lingua poetica ne apprezza l'espressività,verbo primitivo come specto rispetto a specio.benché più sobriamente, o la comodità metrica.
II. INCOATIVI incŏho, "imposto, incomincio") questi verbi dellaSecondo il loro nome tradizionale (da IIIl'inizio del processo verbale.coniugazione, caratterizzati dal suffisso -sco, indicherebbero Mabasterà considerare alcuni esempi per vedere chiaramente che in realtà si tratta di processi verbali chesi realizzano progressivamente, durante un certo spazio di tempo. È dunque più giusto dire che gli25incoativi indicano un divenire graduale, un progressivo cambiamento di stato. È il loro dinamismoad opporli ai verbi di stato in -ē , egualmente durativi. E così la progressione può concentrarsi in unmomento, nel momento in cui si cambia stato, e allora il valore passa da progressivo a ingressivo,cioè da durativo
a momentaneo: ma questo mutamento d'aspetto avviene normalmente, come vedremo, mediante l'aggiunta di l'aurora
preverbi: rubescit, ma il volto umano erubescit. Ad "sono rosso", "divento rosso", "divento rosso" (così come esempio abbiamo: rubeo, rubesco erubesco gli altri composti con ex) è ingressivo (azione momentanea) rispetto a rubeo, ma egressivo o terminativo rispetto a rubesco in quanto ne indica la completa realizzazione. Negli incoativi dove il valore ingressivo predomina sul progressivo, si è generalizzata la forma del composto (doleo/condolesco, mi vien male). Più raramente gli incoativi, semplici e composti, si oppongono a "ho in mente", "mi torna in mente", verbi di stato con temi diversi da -ē, come memini reminiscor "ho voglia". Talvolta l'incoativo deriva direttamente da un nome, sostantivo o aggettivo, senza cupio l'intermediario di un verbo
(cioè è un denominativo e non un deverbativo), come irascor da ira, mollesco da mollis. Se non è chiaro né il rapporto oppositivo né quello derivativo, l'incoativo rischia di perdere la sua caratterizzazione semantica: è il caso di quiesco, posco e ulcisor, mentre il valore dinamico, ("prendo il cibo"), progressivo o ingressivo, è ancora percepibile alla base di cresco, pascor e uescor ("prendo conoscenza" opposto a "so"), ("mi pongo in cammino"), nosco noui, proficiscor nascor ("vengo al mondo") è limitato all'infectum: etc. Il suffisso -sco il perfectum è comune al verbo distato, in quanto nell'azione compiuta (che è l'originario valore aspettuale del perfectum) non occorre "è giorno", "si fa giorno", "si è fatto giorno". Distinguere fra stato e progressione: lucet lucescit luxit assunse ilvalore temporale di passato poté distinguersi l'aspettoSolo quando il perfectum complessivo (cioè comprendente uno spazio di tempo concluso) da quello ingressivo tramite ipreverbi. Naturalmente i perfetti obdormiui, exarsi rimandano agli incoativi obdormisco, exardesco, exhorreo, expalleo, erubeo, condoleo, conticeo: di norma, i verbi di stato in -ē in forza della staticità del loro aspetto rifiutano i composti dinamici coi preverbi. L'azione ingressiva può essere espressa con l'infinito, poi mediante sostantivi: "mi innamoro" anche da perifrasi, prima di tutto incipio/coepi > in amorem incĭdo, amore capior.
III. DESIDERATIVI –(s)ĕre –ŭrīre.
Si tratta di due formazioni diverse: una in e e una in i. Entrambe in comune hanno il valore "desidero ottenere", esurio "voglio" volitivo o conativo: quais-so (derivato da quaiso > quaero) > quaeso mangiare" (da ĕdo). La differenza semantica con i primitivi
è piuttosto debole nel primo gruppo evivace nel secondo. Tant’è vero che Cicerone poté coniare le scherzose neoformazioni sullaturio e“voglio fare il Silla, le proscrizioni”.
proscripturio: 26IV. CAUSATIVIperché “causano” oppure “fanno fare” l’azione espressa dalla radice. Non sonoDetti anche fattitivi, “faccioa rigore, verbi derivati, ma temi in -ē caratterizzati dal vocalismo radicale o: mon-e-oricordare”, di fronte a “mentem”, doc-e-o “faccio imparare” di fronte a disco. Quest’arcaica categoriaè importante meno per se stessa che per le conseguenze lessicali e sintattiche provocate dalla suail concetto di “far fare” il latino ricorse:improduttività. Per rendere
- A composti con facio del tipo calefacio (faccio riscaldare), feruefacio (faccio bollire), madefacio,(faccio bagnare), stupefacio, commonefacio.“faccio fuggire”
“faccio lavorare”, “faccio2) A verbi di vario significato (come fugo, exerceo sopiodormire”). con l’infinito,
3) A perifrasi varie, elencate nelle sintassi (iubeo curo col gerundivo, facio/efficio ut,con l’ablativo etc.), di cui la più ricca di avvenire fu quella che le sintassi non citano,afficio faciocon l’infinito, bene attestata nella lingua d’uso e nella lingua poetica.
La formazione del perfectum
Il perfectum latino è una forma sincretica, ovvero congloba morfologicamente due diverse formel’aoristo. Esso indica originariamente l’azioneverbali indoeuropee: il perfetto propriamente detto egiunta a compimento e si oppone all’infectum, che, come dice il suo nome, indica l’azione incompiuta
Sull’antitesi morfologica fra i temi dell’infectumo in via di svolgimento. e del perfectum ècostruito tutto il verbo latino, secondo uno schema binario che si riscontra anche ad altri livelli
dellalingua latina, di fronte alle varietà e molteplicità di temi verbali del greco. Il latino conosce 4 tipi di perfetto: 1) In -uī 2) A raddoppiamento 3) Ad alternanza vocalica 4) Sigmatico. Il primo e il quarto sono produttivi per tutto l'arco della latinità, mentre il secondo e il terzo sono residui ereditari che subiscono la concorrenza degli altri due. VII. IL PERFETTO IN -E È la formazione del perfetto più tipica del latino, per quanto se ne abbia qualche traccia in sanscrito. Questo tipo di perfetto è proprio dei temi in vocale lunga, dopo la quale il suffisso assume la forma -ui, semivocalica (-vi); inoltre si trova in alcuni verbi la cui radice termina in una vocale lunga, ma che formano il tema dell'-infectum nōsco, nōui (vi), pāsco, pāui etc. mediante vari suffissi: (per alternanza: ā/ă, ē/ĕ), il suffisso assume la forma vocalica ui domă- (dom-ui, sec-ui, mon-ui), in.Quanto la vocale breve per apofonia si assimila alla u del suffisso: domĭtus, monĭtus,ui> dom-ui. La brevità della vocale tematica riappare al participio perfetto: Infine l’analogia ha avuto larga parte nella diffusione di questosectus, doctus. tipo, con una specie dicupīui,reazione a catena. Cupio, attratto parzialmente nella IV coniugazione, ha ricevuto un perfettoche ha influito su una serie di verbi semanticamente o fonicamente affini. Su potui si è modellatosu quest’ultimo si sonouolui, modellati colui, alui, etc. 27II. IL PERFETTO A RADDOPPIAMENTO .Prosegue in gran parte il perfetto indoeuropeo (memini, La vocale del raddoppiamento eraĕ (mentre nel raddoppiamento del presente era ĭ: bĭbo, sisto, gigno ecc): cĕ-cini, fĕ-felli, pĕ-puli etc.Si hanno casi di assimilazione alla vocale radicale: momordi, spo-pondi ecc., ma abbiamo prove chein molti di essi il raddoppiamento originario era con e: Gellio ci attesta che memordi,
Pepugi espepondi non erano solo negli autori arcaici, ma anche in Cesare e Cicerone. Il raddoppiamento si perdeva nei composti: cecĭdi ma in-cĭdi, peperi ma com-peri; poche le eccezioni: per ovvie ragioni fonetiche si conservano i perfetti bisillabici (dedi/ad-didi, steti/ad-stiti) e si ha qualche caso di ricomposizione coi perfetti didici (per-didici), poposci (de-poposci), cucurri (de-curri etc.) in questi ultimi due per evitare l'omofonia col presente. La scomparsa del raddoppiamento nei composti ha avuto tre conseguenze:
- L'omofonia con alcune forme del presente (compĕrit, concĭdit, refellit)
- La formazione di un altro tipo di perfetto nel composto (cecini ma con-cinui, pepigi ma com-pēgi)
- Il passaggio del perfetto senza raddoppiamento dal composto al semplice (pēgi accanto a pepigi)
III. IL PERFETTO AD ALTERNANZA VOCALICA RADICALEϝin parte l'aoristo.