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ONCOGENESI CHIMICA

La cancerogenesi chimica è un processo a due fasi:

1. Iniziazione deriva dall’esposizione delle cellule a una dose sufficiente di un agente

cancerogeno (iniziatore); una cellula iniziata è alterata, il che la rende potenzialmente

capace di dare origine a un tumore. L’iniziazione da sola, tuttavia, non è sufficiente per la

formazione di un tumore, causa una mutazione nel DNA;

2. Promozione altre sostanze dette “promuoventi” rendono la cellula suscettibile a

mutazioni aggiuntive causando proliferazione cellulare incontrollata. Il promotore agisce

inducendo proliferazione cellulare, con conseguente amplificazione dell’elemento

trasformato e selezione clonale della cellula iniziata, conferendole un vantaggio replicativo

rispetto alle cellule normali.

Può essere difficoltoso identificare un agente cancerogeno a causa di numerose attività industriali,

agricole, prodotti chimici domestici presenti a livelli bassi, esposizione a numerose sostanze

chimiche, lunga fase di latenza.

I cancerogeni iniziatori sono composti elettrofili altamente reattivi (mancano di elettroni) che

possono reagire con siti nucleofili (ricchi di elettroni) presenti nella cellula. I loro bersagli sono

DNA, RNA e proteine e, in alcuni casi, queste interazioni provocano la morte cellulare. Le sostanze

chimiche capaci di iniziare la cancerogenesi possono essere classificate in due categorie: agenti ad

azione diretta e agenti ad azione indiretta.

Gli agenti ad azione diretta non richiedono una conversione metabolica per divenire cancerogeni.

Per la maggior parte sono deboli cancerogeni ma dotati di una particolare importanza, alcuni di essi

sono farmaci chemioterapici (ad es. gli agenti alchilanti), che hanno consentito di guarire con

successo ovvero controllare o ritardare la recidiva di certi tipi di cancro, rendendosi tuttavia

responsabili di una seconda forma di tumore (Linfoma di Hodgkin).

Gli agenti ad azione indiretta necessitano di conversione metabolica per divenire cancerogeni.

Alcuni dei più potenti cancerogeni chimici indiretti, gli idrocarburi policiclici, sono presenti nei

combustibili fossili, mentre altri cancerogeni, tra cui il benzopirene, si formano durante la

combustione del tabacco ad alta temperatura nel fumo di sigaretta. Questi prodotti fanno parte dei

fattori che provocano il tumore polmonare nei fumatori di sigarette. Gli idrocarburi policiclici

possono essere prodotti anche a partire dai grassi animali durante il processo di arrostimento delle

carni e sono presenti nelle carni e nel pesce affumicati.

Altri agenti cancerogeni possono essere naturali, come l’aflatossina B1 che è un potente

cancerogeno epatico. Viene prodotto in modo naturale da alcuni ceppi della muffa Aspergillus

flavus che si sviluppa su granaglie e frutta secca non correttamente conservate. Esiste una stretta

correlazione tra l’ingestione di questo contaminante alimentare e l’incidenza di carcinoma

epatocellulare in alcune regioni dell’Africa e dell’Estremo Oriente.

Poiché la trasformazione maligna deriva da mutazioni, è logico che la maggior parte degli agenti

chimici iniziatori sia mutagena. Il DNA rappresenta il bersaglio principale dei cancerogeni chimici,

ma non esiste una singola o unica alterazione associata all’iniziazione della cancerogenesi chimica.

Sebbene qualsiasi gene possa divenire il bersaglio di cancerogeni chimici, gli oncogeni e gli

oncosoppressori più frequentemente mutati, quali ad esempio RAS e Tp53 (codifica per la proteina

p53). È stato osservato che l’aflatossina B1 produce mutazioni nel gene Tp53, le mutazioni di p53

sono invece molto meno frequenti nei tumori epatici in aree dove la contaminazione alimentare con

aflatossine non rappresenta un fattore di rischio. L’individuazione di una mutazione caratteristica

nel gene p53 prova dunque il ruolo causale dell’aflatossina.

L’azione cancerogena di alcune sostanze chimiche è aumentata dalla somministrazione successiva

di promotori (esteri del forbolo, ormoni, fenoli, alcuni farmaci) che di per sé non sono cancerogeni.

ONCOGENESI FISICA

L’energia radiante, in forma di radiazioni solari di tipo UV o di radiazioni ionizzanti

elettromagnetiche, è un cancerogeno noto. I raggi UV sono sicuramente implicati nell’insorgenza

dei tumori della cute e l’esposizione alle radiazioni ionizzanti per motivi medici o professionali,

incidenti nucleari o esplosioni di bombe atomiche, è causa di numerose neoplasie maligne.

Le radiazioni causano rotture cromosomiche, traslocazioni, mutazioni puntiformi.

I raggi UV di origine solare causano una maggiore incidenza di carcinoma squamoso, carcinoma

basocellulare e melanoma della cute, causano ogni anno circa 600.000 tumori della pelle.

La porzione UV dello spettro solare può essere divisa in tre intervalli di lunghezza d’onda: UVA

(320-400nm), UVB (280-320nm) e UVC (200-280 nm). Tra questi, si ritiene che i raggi UVB siano

responsabili dell’insorgenza di tumori cutanei, mentre gli UVC, pur essendo potenti mutageni, non

sono considerati significativi poiché vengono filtrati dallo strato di ozono che circonda la Terra.

La cancerogenicità dei raggi UVB è attribuita alla formazione di dimeri pirimidinici nel DNA.

Questo tipo di danno del DNA viene corretto dal sistema di riparazione con l’escissione dei

nucleotidi lesi. È stato ipotizzato che, in caso di un’eccessiva esposizione solare, la capacità del

sistema di riparazione per escissione dei nucleotidi sia sopraffatta, con la conseguente attivazione di

meccanismi di riparazione del DNA suscettibili ad errore.

Le radiazioni ionizzanti (raggi X e raggi γ e corpuscolate, come particelle α, particelle β, protoni e

neutroni) sono tutte cancerogene. Possono causare leucemie e linfomi, ma anche tumori alla

mammella, al polmone, all’esofago e alle ovaie. Rappresentano il fattore di rischio maggiormente

studiato in ambito di rapporto esposizione-effetto.

La maggior parte delle evidenze sono basate su esposizioni nei:

- Sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaky

- Pazienti sottoposti a trattamenti diagnostici e terapeutici

- Esposizioni lavorative (minatori)

- Incidenti nucleari Chernobyl e Fukushima

Le radiazioni ionizzanti possono trasferire la loro energia direttamente su macromolecole

biologiche o indirettamente su molecole di acqua, provocando la formazione di specie radicaliche

molto reattive. Le radiazioni possono causare danni a carico delle membrane cellulari, a carico di

organuli citoplasmatici, a carico delle macromolecole cellulari, a carico del DNA.

I radicali reagiscono in tempi brevissimi con le molecole vicine provocando la rottura di legami

chimici o l’ossidazione delle molecole.

Il danno al DNA può essere una rottura a singolo filamento

oppure a doppio filamento. Le rotture a singola elica sono

più facili da riparare, si basa sull’escissione enzimatica del

segmento danneggiato e la nuova sintesi del segmento

integro; nel caso di rotture a doppia elica il meccanismo è più

complicato, comporta la ricongiunzione dei segmenti

interrotti.

Si possono distinguere tre condizioni:

Riparazione senza errore sopravvivenza senza mutazione;

Riparazione imperfetta può portare all’introduzione di

mutazioni puntiformi, delezioni o riarrangiamenti;

Non riparazione comporta la morte cellulare.

La cellula mutata può andare incontro a:

→le

- Morte programmata mutazioni sono incompatibili con la sopravvivenza cellulare a

lungo termine →

- Morte riproduttiva la cellula sopravvive fino alla fine del proprio ciclo vitale ma non è

più in grado di dividersi

- Sopravvivenza la cellula mutata può dividersi e trasmettere le mutazioni acquisite alle

cellule figlie, con la conseguente formazione di neoplasie.

ONCOGENESI BIOLOGICA

Molti virus a RNA e DNA si sono dimostrati oncogeni in specie animali diverse, dagli anfibi ai

primati, sono stati correlati con l’insorgenza di tumori umani.

VIRUS A RNA:

Il virus della leucemia umana a cellule T di tipo 1 (Human T-cell Leukemia Virus type 1, HTLV-1),

risulta essere sicuramente implicato nella cancerogenesi umana. HTLV-1 è un retrovirus, causa una

forma di leucemia/linfoma a cellule T che è endemica in determinate regioni del Giappone e del

bacino caraibico, ma viene riscontrata sporadicamente anche in altri Paesi, inclusi gli Stati Uniti.

È implicato nella patogenesi dei linfomi non-Hodgkins, codifica per proteine capaci di trasformare

le cellule normali in cellule neoplastiche latenti. L’infezione umana avviene per trasmissione di

cellule T infette attraverso rapporti sessuali, emoderivati o durante l’allattamento. La leucemia si

sviluppa solo nel 3-5% degli individui infetti dopo un lungo periodo di latenza di 40-60 anni.

Il genoma di HTLV-I codifica per una proteina virale detta TAX, che attiva nei linfociti T infetti

geni per citochine e recettori citochinici. Ciò induce la formazione di un sistema di segnali

autocrino e paracrino che stimola la proliferazione dei linfociti. Le cellule T proliferanti hanno un

maggiore rischio di mutazioni e di instabilità genomica indotta da Tax. Questa instabilità consente

l’accumulo di mutazioni e anomalie cromosomiche, determinando infine l’emergere di una

popolazione di cellule T neoplastiche, causando leucemia. Inoltre, è stato visto che TAX inattiva

molti geni oncosoppressori come Tp53, causando appunto la crescita di linfociti T.

Il virus dell’epatite C HCV è responsabile di epatocarcinoma e di Linfomi NH. Causa dapprima

infiammazione cronica, che provocano epatite e cirrosi epatica. Induce angiogenesi, disturbi del

sistema immune, ha capacità trasformanti.

VIRUS A DNA:

Dei vari virus umani a DNA, quattro sono stati associati a tumori umani: il papillomavirus umano

(HPV), il virus di Epstein-Barr (EBV), il virus dell’epatite B (HBV) e l’herpesvirus del sarcoma di

Kaposi, detto anche herpesvirus umano 8.

Il virus di Epstein-Barr EBV è un membro della famiglia degli herpesvirus, è stato implicato nella

patogenesi di vari tipi di tumore umano: la forma africana del linfoma di Burkitt, i linfomi a cellule

B nei soggetti immunodepressi, un sottogruppo del linfoma di Hodgkin, i carcinomi del rinofaringe,

alcuni carcinomi gastrici e rare forme di linfoma a cellule T e a cellule natural killer (NK).

È responsabile di mononucleosi infettiva. Alcuni geni di EBV contribuiscono all’oncogenesi

promuovendo le normali vie di attivazione della proliferazione dei linfociti B.

Il virus dell’epatite B HBV è endemico in nazioni dell’Estremo Oriente e in Africa, aree che

presentano la più alta incidenza di carcinoma epatocellulare, il suo genoma può integrarsi nel DNA

della

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
140 pagine
SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gdl2312 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia generale e sperimentale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Mauro Loredana.