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Piano Particolareggiato di esecuzione (PPe): seconda fase, sempre di iniziativa pubblica, consiste nel
progetto del disegno urbano. Sempre pubblicato e sottoposto alle osservazioni delle corporazioni sociali e
in più alle opposizioni delle proprietà interessate. Ha validità decennale per la sua esecuzione (ovvero
attraverso la facoltà espropriativa), ma a tempo indeterminato quanto all’obbligo dei privati di realizzare i
propri edifici seguendo le prescrizioni progettuali del piano.
Piano di Fabbricazione (PdF): possibilità per i comuni di minore importanza di allegare al Regolamento
edilizio (già previsto dalla legge 2359 del 1865) un allegato grafico (PdF) in cui venga indicato in quali parti
del territorio si applichino le disposizioni del Regolamento Edilizio stesso. Il PdF ha un iter di approvazione
più esile (solo approvazione Consiglio Comunale e pubblicazione sull’albo Pretorio, no osservazioni e
controdeduzioni) nel corso degli anni ’50 e ’60 i Comuni non obbligati ad approvare un PRG preferirono
utilizzare questo strumento, ma indicando all’interno del PdF le aree ad uso pubblico e quindi non
edificabili procedura riconosciuta come legittima in un’epoca, poi nuovamente limitata.
Commissione edilizia: istituita e disciplinata dal Regolamento edilizio, è un organo tecnico consultivo, con il
compito di esprimere un parere tecnico ma non vincolante sulla conformità dei piani urbanistici e dei
progetti edilizi al PRG e ai Regolamenti edilizio stesso. ulteriore volontà di affidare la pianificazione
urbanistica ai tecnici (quindi all’epoca alle corporazioni); obbligatoria fino a dopo Tangentopoli, quando la
sua istituzione diviene facoltativa (fatta eccezioni per alcuni ambiti es. paesaggio, barriere architettoniche).
DOPOGUERRA dopo la fine delle guerra, la necessità di ricostruire velocemente le città
distrutte dai bombardamenti rese impossibile l’applicazione della legge 1150/42 (per i tempi troppo lunghi
e la complessità delle procedure per l’approvazione degli strumenti urbanistici), si ricorse invece a
strumenti di emergenza per la ricostruzione. A partire dagli anni ’50 e ’60 le trasformazioni urbane in corso,
determinate dalla ripresa economica, furono affrontate attraverso la prassi delle convenzioni, accordi
diretti tra enti pubblici e privati proprietari, in assenza di qualunque progetto complessivo di assetto della
città. Il comune vincolava quindi l’emissione di licenze edilizie alla realizzazione da parte del privato di
opere di urbanizzazione e talvolta alla cessione di aree private da destinare a servizi pubblici (il privato
talvolta contribuiva ai costi di realizzazione degli stessi). caos urbanistico su tutto il territorio nazionale.
1966 _ Frana di Agrigento mise in luce lo sfruttamento selvaggio del territorio, quindi
il Parlamento varò la legge Ponte del 1967.
1967 legge 765/67, “Ponte” proprio perché parziale e d’urgenza (in attesa di una riforma organica
della materia urbanistica, in realtà mai avvenuta) introdusse una serie di modifiche alla legge 1150/42,
subordinando la legittimità delle “convenzioni” con i privati all’approvazione di un Piano Regolatore che
predeterminasse aree e quantità edificabili, dotazione di spazi e opere pubbliche in vista di un’edificazione
ordinata e civile.
Piano di Lottizzazione (PL): richiesta di approvazione da parte della proprietà delle aree edificabili per la
realizzazione di un progetto, dopo la pubblicazione di un PRG (anche in assenza di Piano Particolareggiato,
di fatto equiparato ad esso) e in conformità con lo stesso. In caso di approvazione da parte del Consiglio
Comunale il Piano di Lottizzazione viene attuato attraverso una convenzione in cui i lottizzanti si impegnano
a cedere gratuitamente le aree pubbliche previste dal PRG, ad assumersi l’onere di realizzare tutte le opere
di urbanizzazione primaria e di una quota delle opere di urbanizzazione secondaria proporzionale all’entità
insediativa dell’intervento previsto (cosiddetti “oneri di urbanizzazione”). I limiti che i Piani Regolatori
Generali e i loro strumenti esecutivi (PPe, Piani di zona, Piani di Lottizzazione) dovevano prevedere (in
termini di densità edificatoria, altezza, rapporti tra pubblico e privato etc. ) venivano demandati dalla legge
765/67 all’emanazione di Decreti Ministeriali, cogliendo quindi la necessità che fosse la legge dall’esterno
ad imporre dei limiti. ( negli ultimi due decenni si è molto discusso e criticato in merito a
quest’imposizione per legge di limiti e standard, ritenuti limitanti per la libertà progettuale accade oggi
che tali limiti siano forzati con strumenti derogatori).
I Piani di Lottizzazione di iniziativa privata si sostituiscono di fatto ai Piani di Particolareggiati nella
conformazione del disegno urbano. Il disegno urbano risultante non è occasionale come “nell’epoca della
convenzioni (anni ’50-60)”, in quanto, dovendo essere conforme al PRG, è garantito che siano rispettati gli
standard urbanistici; tuttavia ciò si è spesso tradotto in spazi pubblici che, pur rispettando quantitativamente
gli standard previsti (cosiddetta ragioneria degli standards), non risultino essere il frutto di una
conformazione urbana ragionata e siano dunque scarsamente fruibili. Il disegno urbano è quindi una variabile
dipendente rispetto alla volontà dei privati di massimizzare la propria rendita fondiaria.
Il lottizzanti nel presentare il PL, secondo quanto modificato dalla legge 765/67, non solo si assumono gli
oneri di urbanizzazione ma anche la progettazione e l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, purchè entro
limiti temporali stabiliti (max 10 anni). I Comuni hanno fatto largo ricorso a questa possibilità, che evitava il
ricorso a gare d’appalto, soprattutto con riferimento alle opere di urbanizzazione primaria, di carattere
tecnico funzionale e quindi controllabili da parte degli Uffici Tecnici Comunali povertà e banalità
dell’arredo urbano.
Più frequentemente i Comuni si riservano la progettazione e la realizzazione delle opere di urbanizzazione
secondaria, in quanto opere che rispondono dal punto vista tipologico a diverse opzioni politico
amministrative. attualmente i piani di trasformazione urbana (soprattutto su aree ex industriali) hanno
fornito spesso l’occasione per affidare all’attuatore privato le proposte progettuali di opere pubbliche di più
rilevante impatto di immagine per la città (nonostante la UE spinga affinchè tali interventi siano realizzati con
fondi pubblici e dunque affidati con procedure di evidenza pubblica). le amministrazione comunali si
limitano a verificare la congruità del valore economico dell’opera pubblica proposta rispetto agli oneri di
urbanizzazione dovuti dal proponente, con la conseguenza che l’immagine pubblica della città sia il risultato
della scelta del privato proponente (convenienza d’immagine del privato /imprenditoriale).
Decreto ministeriali 1044/68:
prevede che i Piani Regolatori suddividano il territorio comunale in zone territoriali omogenee:
A- contiene agglomerati che rivestono carattere storico, artistico, pregio ambientale (si possono non
attuare le superfici pubbliche previste, reperendole nelle immediate vicinanze).
B- zone parzialmente edificate (Sc non inferiore al 12,5%), diverse dalle zone A (si possono non
attuare le superfici pubbliche previste, reperendole nelle immediate vicinanze).
C- Parti non edificate (<12,5%) destinate a nuovi complessi insediativi
D- Parti destinati a nuovi insediamenti industriali o assimilati.
E- Parti destinate ad usi agricoli.
F- Parti destinate ad attrezzature e impianti.
Stabilisce un rapporto tra edificazione e dotazioni di spazi riservati alle attività
pubbliche Insediamenti residenziali 18 mq/ab.; 1 vano=25mq=1 ab. (in Lombardia con la legge
51/75 viene portato a 26,5 mq/ab, anche se oggi si è tornati di nuovo ad indici simili a quelli del DM
1044/68).
Sentenza 55 della Corte Costituzionale _ Maggio: dichiara incostituzionale la previsione di vincoli ad uso
pubblico a tempo indeterminato, in quanto equiparabili ad espropri senza indennizzo novembre ’68
legge Tampone 1187/68 stabilì la perdita di efficacia dei vincoli ad uso pubblico previsti dal PRG qualora nei
5 anni dalla sua approvazione non fossero approvati i relativi Piani Attuativi (PP indennizzo dei
proprietari; PL cessione gratuita delle aree). escamotage per un vincolo temporale così
irragionevolmente breve fu quello di reiterare i vincoli destinandoli a funzioni urbanistiche parzialmente
diverso 1982 _dopo numerosi ricorsi al TAR la Corte Costituzionale che consente di reiterare i vincoli
preordinati all’esproprio per uso pubblico solo per consentire l’avvio di opere pubbliche già concretamente
in progetto.
1977 Legge 10/77 – legge Bucalossi: si esprime in materia di espropri e indennità (vd schema), ma
soprattutto prevede l’obbligo per i Comuni di allocare gli oneri di urbanizzazione in un apposito capitolo di
bilancio vincolato all’esecuzione di tali opere.
1978 legge 1/78 ha previsto che la localizzazione di opere pubbliche su aree diverse da quelle
indicate nelle previsioni del PRG ma comunque pubbliche non costituisse variante al PRG, mentre la loro
localizzazione su aree diverse da quelle previste e non già destinate ad un uso pubblico dal PRG
determinasse una procedura di variante del PRG, con conseguente possibilità dei privati coinvolti di fare
osservazioni (snaturando però il senso dello strumento stesso).
1992 Programmi Integrati di Intervento (PII): previsti della legge 179/92 “Norme sull’edilizia
residenziale pubblica”; sono usati per dare spazio alle libere contrattazioni i privati, aggirando le
imposizioni del PRG.
1994 legge quadro sui lavori pubblici 109/94 (anche legge Merloni). Fino all’approvazione di tale
legge era il Consiglio Comunale ad essere incaricato di affidare l’incarico di progetto (su base fiduciaria e
discrezionale) e l’approvazione del progetto esecutivo degenerazione clientelare e corruttiva dovuto alla
discrezionalità nella scelta dei progettisti esterni proposti dal sindaco e dalla giunte/ostruzionismo al
progetto motivato da ragioni politiche e non tecniche.
La legge 109/94 ha previsto che il Consiglio Comunale approvasse un Piano triennale delle opere pubbliche
con i relativi impegni di spesa e costi di progettazione e la progettazione di opere pubbliche si articolasse in
3 fasi:
- Preliminare: definizione delle caratteristiche qualitative e funzionali dell’opera, delle
esigenze da soddisfare e delle prestazioni da for