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COSA HA FATTO ESSELUNGA
Esselunga espose dei cartelli dove diceva: <<caro consumatore da oggi non troverete i
prodotti barilla perchè barilla ti voleva far pagare un prezzo più alto rispetto a quello che
volevo farti pagare io>>. L’impatto positivo per i consumatori che apprezzarono la sua
condotta in un periodo di inflazione. Esselunga decise di lanciare la sua marca commerciale.
Per lanciare una marca ci vogliono diversi anni, il dubbio che è venuto è che esselunga non
vedeva l'ora dell'assenza della marca leader per posizionare la sua marca commerciale.
Esselunga sviluppò la marca commerciale contro il leader per: comunicare la convenienza;
guadagnare di più perchè aveva una marginalità più alta. Compensò le mancate vendite di
barilla con la vendita della propria marca commerciale, valorizzò altri fornitori concorrenti di
barilla. <<Esselunga prezzi corti>> lanciò questo slogan e aprì nuovi punti vendita. Anche
altri distributori iniziarono ad abbassare i prezzi e imitare la sua strategia dimostrando
ancora una volta che esselunga era arrivata prima degli altri. Ma poi Esselunga modificò gli
assortimenti come ad esempio i freschi e freschissimi, gastronomia, frutta e verdura, salumi,
formaggi. I supermercati iniziarono la vendita di prodotti freschi e freschissimi che prima
venivano venduti nei punti vendita specializzati.
GLI INSEGNAMENTI DEL CASO BARILLA-ESSELUNGA
1) Esiste una forte relazione tra contesto macroeconomico e marketing: le aziende
cercano di capire come cambiano gli scenari e come questi cambiamenti impattano
le politiche di marketing.
2) Comportamento di consumo vs comportamento di acquisto e nuova gerarchia tra il
brand loyalty e lo store loyalty: mentre in passato c’era una prevalenza del brand
loyalty, adesso con il caso Barilla-Esselunga, inizia ad affermarsi lo store loyalty. Per
analizzare il comportamento dei consumatori, bisogna stabilire la differenza tra beni
banali e beni problematici. I beni banali sono quei beni che il consumatore consuma
quotidianamente , beni verso i quali ha un’esperienza di consumo consolidata, beni
che non perde tempo a scegliere per acquistarli. Nei beni comuni prevale lo store
loyalty, perchè non si vuole perdere tempo per acquistarli. I beni problematici non si
acquistano tutti i giorni (auto, profumi, vestiti), ma vengono acquistati in base ai
bisogni del consumatore e alla propria disponibilità economica. Per i beni
problematici, il consumatore è disposto a dedicare tempo all’attività d’acquisto,
quindi cambia vari punti vendita e prevale la brand loyalty
3) La presenza nei mercati della concorrenza verticale tra industria e distribuzione: in
passato c’era la concorrenza orizzontale cioè la concorrenza tra imprese
appartenenti allo stesso mercato che producevano uno stesso prodotto. Nel caso
Barilla-Esselunga, ci si era resi conto che era nata una concorrenza verticale, cioè la
concorrenza tra produttore e commerciante, perché Esselunga ha sostituito la
propria marca commerciale al posto di Barilla e ha fatto il mestiere del produttore,
siamo passati ad una concorrenza verticale tra aziende che operano in mercati
diversi.
4) Il mercato intermedio della distribuzione è diventato un mercato da conquistare al
pari del mercato finale del consumatore: per guadagnarsi il mercato della
distribuzione, si possono assumere 2 orientamenti: orientamento pull (il produttore
porta il cliente a domandare nei punti vendita quella marca) e orientamento push (il
produttore convince i punti vendita a commercializzare la loro marca)
IL MERCATO DELLA DISTRIBUZIONE
Formato da:
- punti di vendita: ne esistono di varie dimensioni. Per esempio Mediaworld ha punti di
vendita di grandi dimensioni mentre Expert ha piccoli punti vendita
- format distributivi
- canali di vendita
- aziende commerciali
- insegne commerciali: ogni azienda commerciale ha un name
Il mercato della distribuzione è caratterizzato da prodotti commerciali (punti vendita e
canali di vendita) e imprese di distribuzione (gruppi distributivi e insegne commerciali).
I prodotti commerciali sono diversi dai prodotti industriali, perché i prodotti commerciali si
riferiscono ai punti vendita, i prodotti industriali invece si riferiscono a categorie di prodotto.
Le imprese commerciali non vendono categorie di prodotto, ma assortimento, offrono le
marche. Tra i prodotti commerciali e industriali cambia anche il tipo di comunicazione, le
logiche sono diverse e non c’è coincidenza d’interesse tra i due prodotti.
CRITERI DI DIFFERENZIAZIONE DEI PUNTI VENDITA
CRITERI DI BASE: pulizia dei locali, qualità dei prodotti freschi, facilità nella ricerca dei
prodotti, presenza delle marche note, libertà di movimento
CRITERI DI DISTINTIVITA’: comodità parcheggio, rifornimento del contenuto negli scaffali
(una rottura di stock, cioè la mancanza della marca sugli scaffali perchè non sono stati
riforniti, fa diminuire le vendite), gentilezza del personale, code alle casse, orari di apertura
CRITERI DI LOYALTY: presenza prodotti MDD; ordine sugli scaffali, reparti specializzati,
consegna a domicilio, vantaggi carta fedeltà, omnicalità (integrazione tra i punti vendita fisici
e i canali digitali). I criteri di loyalty sono fonte di vantaggio per i punti vendita.
CRITERI DI DIFFERENZIAZIONE DELLE IMPRESE DI DISTRIBUZIONE
Le imprese di distribuzione, hanno dei criteri di differenziazione, dato che esistono vari
modelli di business (strategie diverse di marketing, di prezzo).
- FORMA SOCIETARIA: esistono società per azioni anche quotate in borsa e gruppi
distributivi indipendenti gestiti da singole persone. Esistono proprietari diversi in base
al gruppo distributivo (per la coop i consumatori, ?????)
- PORTAFOGLIO PUNTI DI VENDITA: fa riferimento ai gruppi specializzati e
multispecializzati o meglio tra i gruppi mono canalizzati (esselunga e carrefour per
esempio operano attraverso ipermercati) e multi canalizzati (hanno un portafoglio di
vendita molto vario, per esempio coop e conad possiedono dai piccoli ai grandi
supermercati). La relazione tra un produttore e distributore mono canalizzato è
diversa rispetto a quella con un distributore multi canalizzato.
- PRESENZA TERRITORIALE: esistono distributori locali, regionali, interregionali,
nazionali, internazionali (esselunga per esempio è interregionale, coop è nazionale).
Fare marketing con distributori che hanno un posizionamento geografico diverso gli
uni dagli altri, fa variare le tecniche.
- BRANDING DISTRIBUTIVO: è l’orientamento dell’impresa commerciale a creare la
propria marca MDD (chiamate anche marche commerciali o private). A causa
dell’inflazione, alcuni distributori hanno sviluppato in maniera intensa il branding
distributivo, creando una marca di prodotti vendibile a prezzi più bassi rispetto alle
grandi marche. Nell’epoca dove tutto sta andando veloce, bisogna sapersi adattare
ai cambiamenti del mercato.
- STRUTTURA ORGANIZZATIVA: ci sono strutture organizzative centralizzate e
alcune più periferiche. La struttura organizzativa è influenzata dal modello di
business, ci sono strutture organizzative accentrate e decentrate. Alcune
multinazionali sono organizzate in maniera tale da far prendere le decisioni alla casa
madre, in altre invece i manager prendono decisioni in base al posto in cui si trovano.
- RELAZIONI CON I FORNITORI: alcune imprese sviluppano una relazione di
partnership, altre di coomarketing con i consumatori. Alcuni gruppi pensano che il
distributore debba essere autonomo e sono soprattutto quelli che hanno la propria
marca commerciale.
Tutto questo ha portato a una serie di riflessioni su chi fa cosa e chi decide cosa all’interno
dei mercati.
- chi studia i bisogni dei consumatori? il produttore o il distributore?
- Chi governa i processi logistici? Chi gestisce il magazzino e i trasporti dei prodotti?
- Chi deve decidere quali marche trattare nei punti vendita? Chi forma gli assortimenti
nei punti vendita?
- Chi si assume il rischio del lancio dei nuovi prodotti?: negli scaffali, gli spazi sono
limitati quindi per inserire un nuovo prodotto bisogna toglierne uno vecchio e questo
porta al rischio commerciale. Se il prodotto non ha successo, il distributore perde
vendite
- Chi stabilisce i prezzi al consumo? Chi è il leader del prezzo? Il distributore o il
produttore?
- Chi realizza le attività di comunicazione?: oggi entrambe le parti fanno degli
investimenti pubblicitari quindi entrambe hanno orientamenti di marketing, ma sono
diversi. Il distributore fa pubblicità al punto vendita, all’insegna commerciale; il
produttore fa pubblicità al prodotto.
MODELLI DI ANALISI
- MODELLO FUNZIONALE (anni 90): l’idea di fondo era quella che la distribuzione
fosse una funzione delle industrie e come tale perfettamente controllabile da esse. Il
leader della filiera (channel leader) era l’industria che decideva la comunicazione, i
prezzi, le attività di rilevazione.
- MODELLO SETTORIALE (anni 2000): l’idea era che la distribuzione non fosse una
funzione dell’industria, ma un settore, un mercato da conquistare. Molte aziende
hanno dovuto cambiare le loro strategie di marketing. In passato il marketing era
indirizzato al consumatore finale, adesso invece si sviluppa il trade marketing
finalizzato a conquistare il settore del mercato. Questo modello finisce con la crisi del
2008-2011
- MODELLO SISTEMICO-ECOLOGICO: con il termine “ecologia” si intendono le
relazioni di interdipendenza che esistono tra le componenti di un sistema; se cambi
un componente, questo ha impatto su tutti i componenti. Industria, distributore e
consumatore sono collegati tra di loro. C’è un’ interdipendenza tra i componenti della
filiera e questo ha portato le imprese a rivedere i loro modelli di business. Durante
questo periodo si inizia a parlare di shopper marketing cioè un tipo di marketing
indirizzato a chi acquista, il consumatore decide il successo della marca e delle
insegne commerciali. Produttore e distributore sono sullo stesso livello perché
devono entrambi soddisfare il consumatore.
PROCESSI DI MARKETING DELLA DISTRIBUZIONE
La distribuzione fa sempre più marketing, è in concorrenza con l’industria. Il posizionamento
di mercato della distribuzione è sempre più forte rispetto al passato. La distribuzione svolge
alcuni processi di marketing fondamentali:
- FORMAZIONE DEGLI ASSORTIMENTI: il distributore svolge un’attività di selezione
delle marche e dei prodotti, organizza l’esposizione dei prodotti nei punti vendita,
classifica le categorie di prodotto e offre un servizio ai consumatori che consiste in un
servizio di concentrazione deg