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MARX

Nelle opere di marx, anziché vede e proprie riflessioni sul diritto, si rinviene una

straordinaria ricchezza di osservazioni e intuizioni. Marx giunge fino a prefigurare

l’estinzione del diritto e in un certo senso anche dello stato, proseguendo con una

critica del diritto stesso.

CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA:

Nella prefazione della sua opera “critica dell’economia politica” marx delinea il filo

conduttore della sua ricerca, ossia la concezione materialistica della storia: nella

produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati,

necessari, indipendenti dalla oro volontà, i rapporti di produzione che corrispondono

ad un esterminano grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali.

L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della

società.

CRITICA DELLA RIDUZIONE DEL DIRITTO A LEGGE

Marx intende muovere una critica della concezione volontaristica del diritto, che è

insieme una critica della riduzione del diritto alla legge, infatti secondo lui,

ricondurre il diritto alla presunta volontà libera significa ricondurlo alla legge,

attribuendo cosi al legislatore una potente discrezionalità politica che di fatto non ha.

La determinazione dei contenuti e delle caratteristiche del dritto va di pari passo con

le esigenze dei diversi modi di produzione e della divisione del lavoro ad essi

corrispondente.

STATO

Rispetto ad hegel, marx ha una concezione strumentale dello stato, ossia lo stato

come apparato al servizio della classe dominante, lui associa in maniera molto

originale una teoria rivoluzionaria della società, partendo dalla concezione realistica

dello stato, per cui che uno stato sia buono o cattivo dipende da chi ha in mano le

redini. Per marx la società prestatale non è considerata come il luogo dello

scatenamento degli interessi che deve risolversi nello stato elevato a luogo della piu

alta forma di con Vicenza, secondo Marx per abolire veramente lo stato di natura

bisogna affidarsi non allo stato civile o etico, ma abolirlo.

GIUSTIZIA

L’idea di giustizia di Marx, coincide con la società senza classi, ovvero con il

comunismo. La soluzione quindi è quella dell’eliminazione di ogni forma di governo,

da qui l’estinzione dello Stato.

Quindi:

1. Critica del capitalismo in un epoca in cui il sistema capitalistico non ha rivali

2. Concezione materialistica della storia

3. Centralità del concetto di sfruttamento

4. Critica alla reificazione del mondo: da oggetto di contemplazione a dominio

dell’azione. ALEXIS DE TOQUEVILLE

Il su libro “La Democrazia in america” è la struttura sociale che determina la

trasformazione dei valori, dei modelli ideali, delle aspettative, della cultura e, non da

ultimo, del “gioisco giuridico istituzionale”.

L’autore tematizza un dispotismo di una nuova specie, quello appunto connaturato

all’espansione della democrazia. Il problema centrale riguardava la limitazione e il

controllo del potere politico. In questo contesto la democrazia è strutturalmente

insediata dal rischio della concentrazione del potere nelle mani della maggioranza, da

cui deriva il rischio di degenerazione della democrazia in dispotismo e tirannide,

ossia quel potere incontrollato della maggioranza.

Secondo l’autore la tipologia dispotica sarebbe composta da 4 fenomeni distinti:

1. Un dispotismo legislativo delle assemblee

2. Una tirannia del conformismo

3. L’imporsi del potere carismatico di uno solo

4. Un processo di accentramento dei poteri che rimanderebbe alla burocratizzazione

dello stato

1. La giuria come strumento di democrazia partecipativa

Tocqueville osserva che l’istituto della giuria consente a cittadini di prendere parte

direttamente all’amministrazione della giustizia e all’esercizio delle pubbliche fu

azioni.

Inoltre si occupò anche della questione della schiavitù: il liberalismo coloniale

applicato da Tocqueville ammetteva la schiavitù

JOHN STUART MILL

Fu un filosofo e un deputato britannico.

Discepolo di Bentham rielaborò utilitarismo del maestro. Egli riconsiderò: le

modalità di calcolo dell'utilità: la condizione della donna nella società (suffragio

femminile)

Ciò infatti che Mill mette in discussione è lo stesso caposaldo della teorizzazione di

Bentham, ossia la calcolabili di ogni principio morale in termini aritmetici: secondo

lui sarebbe possibile stabilir per via di calcolo quando una singola azione, un atto o

una politica legislativa siano giusti secondo il principio di utilità, non è dimostrabile

che sia giusto il principio di utilità e che la stessa impassibilità valga per ogni

principio ultimo.

Secondo Mill il valore del principio di utilità può essere apprezzato in sé soltanto se

si accetta che il fine ultimo debba essere la felicità, che è un fine il cui valore non è

dimostrabile.

Egli si differenziava dal paradigma ortodosso tentando infatti di introdurre una

gerarchia dei piaceri, che riconosceva la superiorità delle disposizioni intellettuali e

sociali sulla ricerca del piacere meramente sensibile: “è meglio essere una creatura

umana inappagata che un maiale appagato”.

Contrario ai manners di Burke, mill credeva che le consuetudini non possono

determinare le regole di condotta.

Mill inoltre abbracciava una concezione pluralistica della felicità, infatti i fini della

vita per lui erano molti, non uno solo.

Le azioni sono lecite proporzionalmente alla felicità che promuovono, quest’ultima

intesa come assenza di dolore.

LIMITE DI INTERFERENZA E LIBERTÀ

Il problema teorico pratico che il filosofo si pone è quello del limite dell’interferenza

legittima dell’opinione collettiva nell’indipendenza individuale. Di conseguenza

devono essere imposte delle regole di condotta, in primo luogo dalla legge, in

secondo luogo dall’opinione dei campi che non si prestano a legislazione.

La libertà di ognuno trova il suo limite nella libertà dell’altro e da tale presupposto

scaturisce il principio del danno: esso determina in assoluto i rapporti di coartazione e

controllo tra società e individuo. Il principio è che l’umanità è giustificato,

individualmente o collettivamente, a interferire sulla libertà di azione di chiunque,

soltanto al fine di proteggersi. Il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare

un potere su un qualunque membro di una società, contro la sua volontà, è per evitare

danno agli altri.

La libertà individuale ha tre pilastri:

1. Libertà di pensiero, di religione e di espressione (quindi la sfera interiore)

2. Libertà di gusti, di progettare la propria vita secondo il proprio carattere e le

proprie inclinazioni.

3. Liberta di associazione.

Si tratta quindi di una libertà al plurale. Queste tre libertà possiedono tutte e tre il

principio del danno, quindi se qualcuno commette un’azione che danneggi altri vi è

un motivo per punirlo legalmente. Mill ha quindi elaborato un criterio per verificare

la legittimità o meno di una norma penale: per lui il diritto penale dovrebbe

intervenire soltanto quando un comportamento reca danno ad altri.

DIRITTO PENALE

Il diritto penale però non deve intervenire contro le self- reguarding actiones, cioè

esclude l’uso del diritto al fine di rendere coercitiva una concezione del bene, cioè

una morale (moralismo giuridico), ed esclude il diritto per imporre ai cittadini il loro

stesso bene ( paternalismo giuridico).

Quindi per mill il diritto penale deve intervenire solo quando un comportamento reca

danno ad un altro. Non dovrebbe intervenire invece per punire comportamenti

eccentrici, difformi dalla norma, immorali, qualora non arrechino danno ad un terzo.

“ASSERVIMENTO DELLE DONNE”

Opera nella quale Mill mira a perorare la causa del suffragio femminile contro

l’orizzonte di un compiuto suffragio universale paritario. Mille propone una

raffigurazione vivida del carattere oppressivo delle leggi vigenti sul matrimonio e

della violenza mentale e fisica che le donne subiscono in seguito al dominio

maschile.

Per confutare il pregiudizio sulla naturale inferiorità mentale delle donne, egli porta

esempi storici di donne esemplari ma anche la regola, molto empirica, secondo la

quale non ci si può esprimere sulle capacita intellettuali delle donne fino a quando ad

esse non sia concesso di godere delle stesse opportunità e libertà degli uomini.

JOHN AUSTIN E IL GIUSPOSITIVISMO

John Austin fa parte della scuola dell’utilitarismo. Egli tentò di purificare il

diritto da altri ambiti della riflessione, e dunque distinguere la categoria

giuridica da quella della morale, della teologia e della politica, circoscrivendo il

campo proprio della scienza giuridica.

Austin e Bentham sono i capostipiti del giuspositivsmo in quanto elaborano il

postulato fondamentale: “le istituzioni sociali possono essere studiate in modo

obbiettivo, senza pregiudizi o influenze ideologiche”.

Austin ha fornito importanti contributi che hanno fatto maturare strumenti più

scientifici e cruciali per la razionalizzazione del diritto moderno, attraverso:

• La distinzione tra leggi in senso proprio e leggi non giuridiche;

• Una nuova e più rigorosa concezione della sovranità

• Una versione del concetto di comando che è stellato a lungo preminente nel

dibattito giuridico e comunque sempre ampiamente dibattuto, fino ad Hart.

Austin è inoltre anche il capostipite della concezione imperativistica che

identifica sostanzialmente con la legge, intesa come un comando sanzionato

emanato dal sovrano. Nella concezione di Austin il diritto non deve essere

analizzato a partire da categorie metafisiche che ne condizionino, dall’esterno,

la validità, esso deve infatti essere studiato come campo esclusivo ed autonomo

Egli segnala la necessità metodologica di pensare al diritto come scienza,

suscettibile di uno studio che possa individuare i principi e concetti ricorrenti

che attraversano le manifestazioni particolare degli ordinamenti. Quindi la

giurisprudenza non è metafisica ma teoria generale del diritto, ossia scienza del

diritto positivo, è la scienza del diritto qual è, non quale dovrebbe essere.

Austin puo essere quindi identificato come il padre della teoria generale del

diritto inglese, il quale grazie lui muta anche la connotazione dell’espressione

jurisrpudence, l quale adesso viene a designare solo un particolare tipo di

dottrina, una teoria dei concetti giuridici fondamentali, come le prop

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
40 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cclaudd di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Rigo Enrica.