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FONDAMENTALI:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e
valorizzazione dell’ambiente; 10
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b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, costruzione e
gestione delle strade provinciali regolazione della circolazione stradale ad
esse inerente;
c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della
programmazione regionale;
d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli
enti locali;
e) gestione dell’edilizia scolastica;
f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e
promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;
g) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma
associata in base alle specificità del territorio medesimo;
h) La provincia può altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le funzioni di
predisposizione dei
documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di
servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive
L’idea di svuotare la provincia di poteri per poi cancellarle con il referendum
(alla fine non cancellate), rimangono oggi un ibrido: hanno perso le funzioni,
c’è stata un’emorragia di personale (dipendenti si sono spostati su regioni
e comuni), rimane un punto interrogativo sul ruolo.
Non più rappresentanza politica diretta (a livello locale contano le persone
sopra l’appartenenza politica).
CI SONO ALTRI ENTI LOCALI:
Città metropolitane = 14, ente locale con presidente, là dove
1)
esiste è legato ai centri più importanti, sostituisce le funzioni della
provincia e ha una grande funzione di coordinamento delle politiche.
Dove c’è un centro urbano catalizzatore di un territorio, meglio che ci
sia una sede istituzionale dove una serie di politiche sono condivise.
nascono negli anni ’70 in relazione al fatto che le decisioni assunte da
città molto importanti, come Milano, hanno effetto anche sui territori
limitrofi.
Nascono sulla base dell’“effetto traboccamento” e sul fatto
che dove c’è un comune importante ci sono dei comuni
satellite che ne sono influenzati: le città metropolitane nascono
con l’idea di svolgere una funzione di coordinamento tra
comuni di grandi dimensioni e i comuni satellite collocati nelle
vicinanze. Acquisiscono le funzioni della provincia e svolgono
ulteriori funzioni previste dal proprio statuto.
1. La gestione associata (dal 1990)
La gestione associata è stata introdotta in Italia con la Legge n. 142/1990, per
affrontare il problema della frammentazione amministrativa, ovvero l’eccessiva
presenza di piccoli comuni con capacità gestionale molto limitata.
Cos'è la gestione associata?
È una modalità organizzativa in cui due o più comuni collaborano nell’esercizio
di alcune funzioni, come i servizi anagrafici, la polizia municipale o la raccolta 11
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rifiuti, senza creare un nuovo ente. I comuni mantengono la loro autonomia
giuridica e istituzionale.
Perché si è resa necessaria?
In Italia esistono molti comuni con meno di 1.000 o persino 100 abitanti, che
non hanno né risorse economiche né personale sufficiente per garantire servizi
efficienti. La gestione associata permette di unire le forze, pur mantenendo
ogni comune la propria identità e struttura.
2. Le unioni di comuni (anni 2000 in poi)
A partire dagli anni Duemila, la gestione associata si è evoluta con
l’introduzione delle unioni di comuni, uno strumento più strutturato e
formalizzato di cooperazione tra enti locali.
Cos'è l’unione di comuni
È un nuovo ente locale, dotato di propri organi (presidente, giunta, consiglio),
che nasce dalla volontà di due o più comuni, solitamente confinanti e con meno
di 5.000 abitanti, di gestire insieme più funzioni in modo stabile e continuativo.
Differenza chiave rispetto alla gestione associata:
Mentre la gestione associata è una semplice convenzione tra comuni, l’unione
è un ente pubblico autonomo con personalità giuridica propria. È un passo
avanti nella cooperazione, più stabile e integrata.
Evoluzione normativa e fasi principali
Fase iniziale (anni 2000): obbligatorietà e resistenze
I piccoli comuni erano obbligati a esercitare in forma associata le funzioni
fondamentali (gestione associata o unione).
La legge prevedeva che, dopo 10 anni DI GESTIONE ASSOCIATA , si
dovesse procedere alla UNIONE obbligatoria (creazione di un nuovo
comune unico).
Questa impostazione ha generato forti resistenze, per via di:
Campanilismo
o Paura di perdere l’identità locale
o Scarsa cultura amministrativa
o
Nonostante gli incentivi statali, le unioni inizialmente sono state poche
(meno di 50 attive nei primi anni).
Fase successiva: volontarietà e sviluppo (metà anni 2000–2012)
Il legislatore ha abbandonato l’obbligo e reso facoltativa la creazione di
unioni.
Alcune regioni (es. Emilia-Romagna) hanno promosso attivamente le
unioni con:
Leggi regionali dedicate
o Contributi economici
o Supporto tecnico e formazione
o
Questo modello ha favorito la crescita del numero di unioni sul territorio.
Fase Delrio (dal 2014): ritorno all’obbligo
La Legge Delrio (L. 56/2014) ha reintrodotto l’obbligo di gestione
associata (anche tramite unione) per i comuni sotto i 5.000 abitanti.
Questo ha segnato un ritorno all’approccio impositivo, ma con risultati
contrastanti. 12
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4) Comunità montane e isolane, unioni di comuni con
caratterizzazione morfologica del territorio ben precisa. enti locali
costituiti fra comuni montani e parzialmente montani (o
comuni costituiti nella stessa isola o arcipelago), anche
appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle
zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni
conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali.
Nascono con l’intento di assicurare una valorizzazione di territori
che possono subire disagi. Al 2021 risultano circa 7000 organismi
partecipanti, di cui 4800 società e circa 2200 di altri organismi (consorzi,
fondazioni, aziende speciali).
Il numero di dipendenti pubblici nel paese sta scendendo, ha tendenza
calante. Ad oggi sta intervenendo il tentativo di ripotenziare gli organici. È un
ambiente che attira molte lavoratrici, più donne a tempo pieno, anche se
salvo eccezioni, non ricoprono ruoli dirigenziali (tante donne si trovano poi
nella scuola, sanità). Altro tema importante per la parità di genere è quello del
part-time, ci sono persone che sono a tempo parziale e li vedi negli enti poco
più di due mezze giornate a settimana a organizzare il lavoro.
difficoltà
Confronto
Quando parliamo di PA stiamo parlando di realtà aziendali importanti, il comune
di Milano prevede 10 miliardi di euro di entrate e ha 14 mila dipendenti.
Noi in Italia non abbiamo un paese con apparato pubblico così pesante se
rapportato al numero di residenti, il rapporto è maggiore in altri paesi del
continente.
Anche in relazione al rapporto tra dipendenti pubblici – forza lavoro, in generale
nel resto d’Europa i valori sono maggiori rispetto al nostro. Da questi punti di
vista non siamo messi così male.
IL RUOLO DELLA PA NEI SISTEMI SOCIO-ECONOMICI E IL RITARDO -
LEZIONE 17-18 FEB
Qual è lo spazio che la PA occupa in un sistema socioeconomico, quali
sono i confini dell’intervento pubblico, quanto ampio il ruolo della PA?
13
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I CONFINI DELL’INTERVENTO PUBBLICO DIPENDONO DA DIVERSI
FATTORI:
Concezione politica e modello economico: La portata
dell’intervento pubblico varia in base all’orientamento politico e al
modello economico adottato da un paese:
- Nei sistemi che pongono lo Stato al centro, l’intervento pubblico è
ampio.
- Nei modelli liberisti, invece, i confini dell’intervento statale sono più
ristretti.
- Esiste infine una “terza via”, basata sul principio di sussidiarietà,
secondo cui si riconosce un ruolo attivo anche ai corpi
intermedi (famiglie, associazioni, enti del terzo settore), mentre lo
Stato interviene solo quando la società civile non è in grado di
rispondere autonomamente ai bisogni collettivi.
- La sussidiarietà verticale stabilisce che debba intervenire per
primo il livello di governo più vicino ai cittadini; se questo non è in
grado, subentra un livello superiore.
- La sussidiarietà orizzontale, invece, riconosce che non tutto ciò
che è di interesse pubblico debba essere gestito direttamente dalla
pubblica amministrazione: anche soggetti privati possono erogare
servizi utili alla collettività, con l’intervento della PA solo in caso di
incapacità del tessuto sociale.
Paradigmi e modelli di stato
Nel tempo, il ruolo dello Stato e della pubblica amministrazione ha subito una
profonda evoluzione:
- Stato dei diritti (Ottocento): lo Stato promulga leggi e garantisce alcuni
diritti fondamentali.
- Welfare state: lo Stato si assume la responsabilità di soddisfare bisogni
collettivi come istruzione, sanità e previdenza, diventando un erogatore
diretto di servizi.
- Stato dei servizi: lo Stato diventa anche imprenditore, con un forte
intervento economico. Questo modello, però, ha mostrato spesso
inefficienze nelle imprese pubbliche.
- Stato regolatore (o relazionale): emerge la necessità di ridurre
l’intervento diretto della PA. Lo Stato assume un ruolo di
programmazione, regolamentazione e controllo, lasciando spazio alla
privatizzazione e all’adozione di strumenti di public management.
Concezione dell’interesse pubblico = Il concetto di interesse pubblico
è dinamico e complesso, poiché implica il passaggio da bisogni individuali a
una sintesi collettiva. Esistono diverse teorie per interpretarlo: 14
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- teoria del valore unitario, (teoria utopistica), se è vero che esiste un
MCD dell’interesse pubblico, si può passare da un approccio istituzionale
ad uno funzionale, ossia anche gli enti privati possono concorrere al
perseguimento dell’interesse pubblico (questo è accaduto in tuti i paesi
occidentali). Si è arrivati ad un’idea di PA più snella, che riduce il suo
ruolo di intervento nell’economia, perché nel tempo si è passati
attraverso più mod